di Emanuele Fant
Dei sette vizi capitali, ce n’è uno che non prendiamo sul serio. È la gola. Alzi la mano chi lo riconosce come proprio difetto in confessionale. La smodatezza nel mangiare e nel bere è tollerata con compiacenti sorrisini, a volte è imposta ai bambini (“Ancora un cucchiaio!”), si impiega per festeggiare sacramenti e cerimonie.
L’uomo medievale aveva una vita spirituale meno disinvolta. Dante Alighieri immaginava una pena tutt’altro che leggera per i golosi del suo Inferno: si rotolavano nel fango come maiali, erano colpiti in eterno da una pioggia scura e puzzolente e, se questo non bastava, a turno venivano scuoiati da un grosso cane a tre teste.
“Non è un po’ troppo per dei semplici mangioni?”, ci chiediamo sbigottiti rileggendo le tragiche terzine che ci giungono, ancora vivide, da lontano.
I peccati sono spesso desideri nati sani (la necessità di nutrirsi), corrotti dalle eccessive attenzioni che dedichiamo loro. Come figli viziati, gli istinti eletti a ragione di vita, pretendono uno sguardo continuo ed esclusivo. E finiscono per farci soffocare.
È proprio l’apnea una delle patologie più comuni tra gli obesi. Gli accumuli di adipe premono sul diaframma e sulle vie respiratorie, il cuore deve pompare maggiormente un sangue con scarsi livelli di ossigenazione. Le conseguenze di tanto sforzo possono essere anche molto gravi: ben mille persone a settimana muoiono per complicazioni legate all’obesità, e la tendenza è tutt’altro che in diminuzione.
Se ai tempi di Dante era in sovrappeso solo qualche esponente delle classe sociali elevate, oggi le statistiche dicono che a mangiare troppo e male siamo in molti e, curiosamente, le persone meno abbienti sono le prime, vista la ricca offerta di cibo-spazzatura a basso prezzo.
Alla luce di questo allarme universale che preoccupa le organizzazioni di sanità, forse dovremmo rivalutare la bilancia come dispositivo per un allarme spirituale; ammettendo che l’anima sta addirittura in relazione con la nostra, imminente, prova-costume.
fonte: Credere
La professione del futuro?
Il nutrizionista!
Il paradosso, forse tutto italiano, è che si mangia benissimo e allo stesso tempo malissimo.
Il cibo come sport nazionale!
Grazie per l’articolo. San Filippo Neri, ad esempio, riteneva che il peccato di gola fosse all’origine di tanti altri vizi (ira, cupidigia, lussuria, ecc.) e raccomandava ai suoi figli spirituali una grande attenzione su questo aspetto.
I peccati capitali sono sette e ognuno è sufficiente per andare all’Inferno, quindi non dev’esserci nessuna sottovalutazione. Che Satana si sia impegnato attivamente anche in questo campo lo dimostra l’ossessione per il cibo propagata dalle televisioni, con quarantamila trasmissioni culinarie e la ribalta che hanno conquistato i grandi chef. Non per niente in inglese si è diffuso il termine “food porn” che la dice lunga.
Quello su cui sono in disaccordo è la questione della bilancia: nel senso che può essere certamente utile per mostrare il problema, ma il discorso è più complesso. Intanto non si può dire che l’obesità sia un segno di per sé del peccato di gola: il bilancio calorico dell’uomo è fatto di entrate ed uscite, come tutti i bilanci, ed è ovvio che in Occidente si fa vita troppo sedentaria. Per non parlare dei cibi-schifezza, nei quali non sempre l’apporto calorico è proporzionato al senso di riempimento, dunque uno può assumere eccesso di calorie senza accorgersene. Quindi uno può essere sovrappeso, e anche un po’ obeso, senza necessariamente peccare di gola. La bulimia (che può essere anche moderata, giusto una tendenza) fa mangiare non per golosità, ma per pressioni di tipo psicologico. D’altro canto, tanto per fare un esempio sul fronte opposto, i romani usavano provocare il vomito durante i banchetti per far più spazio alle portate successive, il che testimonia che peccassero di gola, ma non necessariamente diventassero sovrappeso. Uno può peccare di gola e contemporaneamente peccare di edonismo, diventando fanatico della palestra e del proprio corpo, e tenersi quindi in perfetta linea nonostante mangi molto. Secondariamente la bilancia riduce la comprensione del peccato alla mera quantità, mentre esso può essere compiuto anche per qualità: basta pensare a chi per esempio è ossessionato da cibi rari, pregiati, costosi, eccetera.
Va anche detto che è un peccato più difficile da controllare degli altri: mi pare che fosse Sant’Agostino a sottolineare che è più semplice praticare la castità, perché gli atti sessuali non sono necessari per vivere, ma è necessario mangiare sempre, più volte al giorno, ed è più complicato fare attenzione a non passare la linea dal normale all’eccesso.
Dopodiché, non credo che parteciperò a questa discussione, perché sto per partire per la montagna: mi aspettano quattro giorni di escursioni a piedi, visto che devo anche… perdere qualche chilo di troppo. 🙂 🙂 🙂
Buona vacanza 😉
@ Fabrizio Giudici
Buone vacanze e buon riposo sia nel corpo sia nello spirito…Ciao !!!
Ho appena finito di mangiare un cornetto!
La prova bikini perfetta!
Lo leggo dopo……….
Provare a leggere o rileggere le considerazioni di Berlicche sul peccato di gola sulle sue modalità e sulla sua utilità per la causa del “padre nostro che sta laggiù”.
Il mio don dice che la gola è un vizio collegato alla lussuria …. onestamente io me lo confesso, ma il sacerdote sembra che non gli dia peso …
A dir la verità tanti non danno peso nemmeno alla lussuria…
Ed ecco che il digiuno dal cibo (digiuno? Cos’è roba da fachiri o da radicali – politici o spirituali) oltre ad altre valenze, acquista anche il senso pratico-pedagocico del “dominio di sé”.
Quell’esercizio che porta alla supremazia dello spirito, della volontà, sulle esigenze del corpo – che spesso si traducono in semplici “voglie” – fossero anche “primarie” – senza il quale difficile affrontare combattimenti più grandi, tentazioni più insidiose…
Ad ogni modo, sebbene il “vizio della gola”, può avere tante sfaccettature, credo ne possiamo individuare due basilari:
Il darsi un piacere (una forma di “lussuria”).
Il riempire un vuoto del nostro cuore/psiche/persona.
Uno dei centomila modi di riempire quel vuoto – che può divenire un vero “buco nero” che tutto ingiotte e distrugge – che solo da Dio può essere riempito.
Come è vero che ciò che piace, porta a deviazione se non stai attenti spiritualmente…
Ed è facile cadere prima di rialzarti….anche li ci vuole discernimento..
“Una delle grandi conquiste degli ultimi cento anni è stata quella di ottundere la coscienza umana su quell’argomento, tanto che ora ti sarà difficilissimo sentire una predica su questo tema o trovare una coscienza che ne sia turbata in tutta l’Europa, presa in lungo e in largo. È stato in gran parte l’effetto dell’aver noi concentrato tutti gli sforzi sulla golosità di Delicatezza, e non sulla golosità di Eccesso”. Berlicche a Malacoda.
Quindi non proprio una cosa recentissima.
Gli obesi sono spesso stigmatizzati perché sono incapaci di controllarsi, ma certe volte penso che siano altrettanto golosi quelli che mangiano solo germi di grano e crusca e stramazzano dall’orrore al sentir nominare un crispy mc bacon. Che poi, che sei matta, fa MALISSSIMO (lo sapranno questi che anche mangiando solo foglie di cactus a un certo punto ci tocca morire comunque?)
Ho una collega che da 10 anni mangia uova a colazione e insalata a pranzo 6 giorni su 7, perché va in palestra (e non è che siamo ginnaste, ma banali impiegate). La domenica a pranzo mangia piatti di lasagne per rifarsi e il lunedì ricomincia a “tenersi in forma”. A me pare un’esistenza disperante.
E credo che sia comunque rubricabile come gola, perché sospetto che il punto non stia in quanto uno è capace di autocontrollo tipo stoico, ma in quanto ognuno di noi pensa che la sua esistenza e felicità dipendano dal cibo.
Non so, ma non ce lo vedo Gesù che, a pranzo da Lazzaro chiedeva a Marta: “ma sta pizza quante ore l’hai fatta lievitare? No, perché io solo col lievito madre…”
Secondo me, quando era il caso, si faceva delle gran mangiate in allegria e spensieratezza e magari si alzava da tavola allargando il buco alla cintura e complimentandosi col cuoco. E poi, quando era ora, stava digiuno nel deserto. Ma perché stava parlando con Dio, non perché doveva essere capace di autocontrollo.
Scusate la tirata ma è un argomento che mi infervora.
Non è un problema di gola ma di edonismo, di autocelebrazione di sé, di idolatria per il proprio fisico benessere, dell’inganno di credere di poter allungare anche di una sola ora la propria vita.
Leggendo i vostri commenti, mi è venuta in mente una riflessione: non esiste un aspetto della vita umana che sia indifferente, “neutro” per il cattolicesimo. Per qualunque cosa riguardi l’uomo, la Chiesa ha delle prescrizioni.
Forse (forse!) ne rimarranno fuori gli atti assoutamente involontari…..ma……. chi lo sa..?
“Per qualunque cosa riguardi l’uomo, la Chiesa ha delle prescrizioni.”
Una frase come questa è un esempio di riduzione del cristianesimo a puro moralismo.
Succede questo quando non si capisce il nocciolo della questione, ossia che Cristo è nato, morto e risorto.
Essendosi cioè reso carne, ha preso su di sé tutta la natura umana, non lasciando fuori nulla nemmeno della corporeità. Perciò sì, il cristianesimo (non: la Chiesa) riguarda la realtà TOTALE e quindi non lascia fuori nessun aspetto della vita umana (il cibo, la sessualità, l’uso del denaro, la bellezza, la malattia, la politica, la scienza, l’arte, ecc..). Ti sembra una cosa nuova?
👍🏻😉
ma io non volevo ridurre nulla e non voglio negare quanto hai detto sul “nocciolo della questione”, io semplicmente constatavo che l’attenzione del cristianesimo per la vita umana è “a largo spettro” e non sfugge nulla alla sua “disciplina”.
Constatavo una somma di conseguenze: tutto qua. Mica ho affermato di dire una mirabolante novità.
L’ha ribloggato su gipoblog.
Un amico mi messaggiava: “ho fatto la prova-costume, anche stavolta mi vanno bene solo le ciabatte!”.
A parte gli scherzi, certamente nel Vangelo Gesù si rende conto di quanto conti il cibo per gli uomini e di quanta gioia si provi attorno a una tavola imbandita, dunque parla spesso di banchetti, e persino paragona il Regno di Dio a un ricco banchetto.
Poi però avverte: “non di solo cibo vive l’uomo”, per “vivere” l’uomo ha bisogno anche di altro, ha bisogno di una Parola che lo sazi e lo disseti davvero.
Purtroppo non sono un buongustaio, ma considero il pasto qualcosa di più della semplice e istintiva necessità di “nutrirsi” comune a tutti i viventi. Ciò che rende bello e umano un pasto è il senso di condivisione e di calore dato proprio da una tavola apparecchiata.
Ecco, io credo che il cattolicissimo “peccato di gola” sia un peccato solitario come l’autoerotismo, il pane separato dall’agape.
O anche l’opposto, il rifiuto del cibo in odio all’agape.