Riccardo Paracchini, o della Trasfigurazione

di Sergio Mandelli

L’Italia (ma si potrebbe dire l’Europa, il mondo) è divisa, culturalmente parlando, grossomodo in due.
Da una parte ci sono i santoni del laicismo, sempre presenti, onnipresenti, su giornali, televisioni, radio, università, redazioni, ovunque. I vari savianolittizzettoscalfari serragalimbertimarzanoeccetera, scritti tutti di seguito perché, più o meno, dicono tutti le stesse cose e li trovi dappertutto.
Poi ci sono i cattolici.


Fra i due mondi c’è una cesura netta, nel senso che i cattolici sanno benissimo che cosa dicono i precedenti “pensatori”, mentre questi non sanno nulla, ma proprio nulla, del mondo cattolico, salvo pochi, invariabili, stantii pregiudizi; conosco molto bene entrambi i mondi (per i quali provo uguale affetto, perché si possono detestare le idee, ma non le persone), visto che li ho frequentati, e so cosa dico.
Però, devo essere sincero, alla gente che considera come intellettuali di riferimento un Galimberti – o persino un Saviano, mioddio! – , io mi sento di dire, scusate, ma sono abituato troppo bene; dopo aver ascoltato una conferenza di Padre Giuseppe Barzaghi, i primi due mi sembrano pane raffermo e scipito, senza sale, nutriente, forse, ma senza gusto, senza sapore.
E se da una parte mi propongono un trio femminile tipo Marzano, Concia, Bonino (e perché no Boldrini, Murgia, Cirinnà), io replico, così, tanto per riferirmi a persone che frequento su Facebook, con Costanza Miriano Silvana De Mari e Paola Bonzi.
State tranquilli, se non le conoscete, non vanno in televisione, non ce le fanno andare.
Ma vi assicuro che, se le leggete, senza fermarvi ai (pochi) titoli scandalistici dei soliti giornali, vi accorgete di essere in presenza di gente tosta, in gamba, divertente, sapiente. E poi, per quanto riguarda Paola Bonzi, ci sarebbe da aprire una parentesi enorme tutta solo per lei: è una che da sola, con pochissimi mezzi, ma con grande amore, ha convinto 21000 donne ad non abortire; ciò significa avere 21000 bambine e bambini in più in Italia, una piccola città, e 21000 donne felici. Se in televisione e in parlamento ci fosse andata lei invece della Bonino, non avremmo problemi demografici, in Italia.
E poi che dire dei Mienmiuaif, coppia di giovani sposi capaci di dedicare canzoni a Santa Teresa di Lisieux, a San Leopoldo e a Radio Maria: se essere trasgressivi vuol dire fare cose che gli altri non fanno, allora questi due sono addirittura osceni!

Questa premessa, magari un po’ lunga, è doverosa per introdurre l’artista che sono andato a trovare recentemente in studio, Riccardo Paracchini.
Riccardo è un artista dal curriculum di tutto rispetto, avendo fondato, insieme a Luca Scarabelli, anni fa, una piccola, preziosa rivista d’arte chiamata Vegetali Ignoti, dove sono state ospitate (e dove si è parlato di) alcune delle migliori esperienze artistiche degli anni novanta.
La sua carriera d’artista ha sempre preso in considerazione l’aspetto della mistica: i suoi lavori degli anni novanta, che coinvolgevano pittura e ambiente, già erano dedicati a San Francesco, Santa Chiara e a Teresa di Lisieux (sì, ancora lei).
Io, invece, sono stato attratto da alcuni dipinti recenti che ho scoperto in rete e che trovo incantevoli.
Sono figure sacre, madri con bambino, sacre famiglie, ma soprattutto angeli.
Infatti, negli ultimi anni, la sua biografia ha conosciuto una presenza sempre più forte della fede, che lui ha raccontato in forma di fiaba o di racconto. In particolare ha approfondito il mistero della Chiesa, e ha indagato il senso di appartenenza a questa strana associazione, nata da dodici autentici cialtroni (gli apostoli), che però è stata, ed è tuttora, in grado di fare cose impossibili per chiunque altro.
Ora, che sia cattolico, e convinto, Paracchini non ha nemmeno bisogno di dirlo, e non fa nulla per nasconderlo, anzi.

E’ uno che è stato capace di fare una indagine a tappeto su tutto il territorio nazionale per raccogliere quante più litanie possibili dedicate alla Vergine Maria, e di pubblicarle tutte, inframmezzate da splendide immagini della stessa Madonna provenienti dalla tradizione, in una invocazione che accompagna il nostro cammino esistenziale, giorno dopo giorno.
Una prelibatezza per raffinati intenditori.
Ovviamente, lui sa benissimo che, nel mondo dell’arte contemporanea, dichiararsi cattolici vuol dire scontare parecchi pregiudizi e oggettive difficoltà di collocazione nel mercato: ma lui è fatto così, cosa ci volete fare. I cattolici, se sono convinti, non c’è niente che li faccia tacere, hanno bisogno di parlare, di dire, di testimoniare, di raccontare…
E cosa ci racconta Paracchini?
Ci racconta la Trasfigurazione, né più né meno.
Ossia, prende dei rotocalchi e poi ci dipinge sopra, trasformando figure di modelle seducenti e modelli prestanti in angeli e santi.
Oppure sono semplici foto di gente comune, oppure ancora (attività per la quale ha costantemente delle richieste) di persone che vogliono essere “trasformate” da lui.
Quello che ci dice, in queste delicatissime opere, è che se Gesù si è trasfigurato, la stessa cosa può capitare ad ognuno di noi, quando incontriamo la Grazia.
Perché, a suo parere, e secondo il parere di qualche milione di persone, l’incontro con Dio ci fa diversi, più disponibili verso il prossimo, più sereni, più teneri, più attenti. Persino più felici.
E questo, Paracchini, lo racconta con uno stile scarno, pudico, immediato. Forse non c’è bisogno di scomodare Beato Angelico, per la sua delicatezza, e Matisse, per le tinte piatte e l’apparente semplicità della composizione, o forse sì.
Fatto sta che queste immagini mi hanno incantato, e ve le voglio proporre.
Perché uno che dipinge così, con tutto quello che ha studiato, o è un matto o è uno che si sta avvicinando alla santità. E, a mio parere, vale la pena dedicargli qualche minuto di attenzione. Può darsi che non vi piaccia.
Ma, magari, vi trasfigurate pure voi.

fonte: facebook

 

25 pensieri su “Riccardo Paracchini, o della Trasfigurazione

  1. vale

    un solo appunto:
    oltre ai santoni del laicismo ci sono delle figure intermedie che pencolano molto di più verso il santonlaicismo che no.
    sono i così detti “cattolici adulti”. ovviamente progressisti.

    sono anche quelli che non hanno votato la Bonzi alle scorse comunali a Milano. e che ,magari, sgomitano per farsi vedere agli eventi di raccolta fondi a suo favore, meglio, a favore del cav mangiagalli.

    1. Oppss… mente “postavo”, @vale individuava un’altra categoria 😉

      Veramente triste che il termine “cattolici adulti” debba ormai avere un connotazione negativa.

  2. Riguardo la premessa: c’è una terza categoria. Quella di mezzo…

    Quella di coloro che sono stati all’interno della Chiesa e che conoscono molto di più dell’ateo (più che laico perché anche laico è termine appartenente alla sfera religiosa) sentenziante.

    Sono coloro i quali (per molteplici ragioni impossibili da elencare tutte, talvolta non in comoleta malafede, talvolta si), ribaltano tutto ciò che hanno conosciuto in diffamazione, dubbio quando non vera e propria menzogna.
    Per certi versi ancora più induriti nel loro inganno, del più duro degli atei.

    Riguardo all’artista, mi piaccciono molto immagini come questa
    http://www.riccardoparacchini.it/wp-content/uploads/2016/06/DSC01768.jpg
    che rimandano a realtà che l’occhio non percepisce, alla possibilità di una divina presenza anche dove dubiteremmo trovarla.

    Mi piacciono meno (questione di gusti personali) le opere molto “naif” dallo stile piuttosto infantile.

    1. Ti ringrazio perché ti piace questo angelo nella città (in cui vi è complice, come lo chiamo io, il ricatto materico, pittorico), e ti ringrazio che non ti piacciono per gusti personali i nuovi dipinti. Che sono esprimono lo stesso concetto, sotto un’altra forma.

      Quando iniziai i dipinti blu, ebbi molti detrattori perché era meglio i dipinti rossi. Idem ora. Però non posso farci nulla, ora sono qui, in questi questi dipinti un po’ naif e infantili.

      Mi piace la tua sospensione “La possibilità di una divina presenza anche dove dubiteremmo trovarla”.

      1. admin @CostanzaMBlog

        Mi scuso con Riccardo Paracchini, ma i suoi commenti erano finiti nella cartella spam (non so per quale motivo) me ne sono accorto e ho potuto recuperarli solo ora.

  3. Pare che come gusti mi trovo molto vicino a quelli di Bariom, almeno in questo caso. Tuttavia io vorrei commentare non l’artista, ma un passaggio della critica.

    E questo, Paracchini, lo racconta con uno stile scarno, pudico, immediato. Forse non c’è bisogno di scomodare Beato Angelico, per la sua delicatezza, e Matisse, per le tinte piatte e l’apparente semplicità della composizione, o forse sì.

    Per favore, non fateci leggere cose come queste. Io non voglio star a discutere, ora, se il pittore recensito è bravo o no, se le sue opere sono belle o no, e quanto, perché non è una cosa che si può fare in cinque minuti, dopo aver dato una rapida occhiata alla galleria. Quello che si può e si deve criticare è che anche in ambito cattolico ci sia la rincorsa ai superlativi che appiattiscono ogni metro di giudizio, per cui ogni cosa dev’essere paragonata subito al Beato Angelico, o a Giotto, o a Caravaggio, eccetera. È un superlativismo che tradisce uno sbilanciamento emozionale delle valutazioni e impedisce, anziché favorirla, una sana formazione del gusto; che dev’essere capace di distinguere non solo il brutto dal bello, ma anche le varie gradazioni del bello. Altrimenti, se tutto è bellissimo, niente è bellissimo; e si perde la capacità di cogliere l’unico Superlativo vero che è Dio e distinguerlo da tutto il resto. Questo spiega tante cose che non vanno oggi (tanto per dire: la deificazione dell’uomo che porta all’individualismo, la confusione tra bellezza del Creatore e Creato che porta al panteismo, eccetera).

    Non lamentiamoci poi se siamo arrivati in un’era in cui anche dentro la Chiesa si dice che tutto è parimenti buono e c’è la smania a santificare tutto a prescindere, è una diretta conseguenza anche della demolizione dell’estetica: in altre parole, il “sed etiam” in estetica porta al “sed etiam” nella morale (si noti proprio il modo con cui è introdotto il paragone con il Beato Angelico: “Forse non c’è bisogno… o forse sì” – lo stesso linguaggio, puramente retorico e privo di sostanza del pastoralismo). È la Chiesa più ignorante di cui parlava il card. Caffarra che, invece di elevare le persone, distrugge gli ascensori. O lo capiamo o moriamo.

      1. Anche io mi trovo d’accordo…

        Banalmente poi, per quanto riguarda Arte e Fede (non a caso con la maiuscola), non basta – o non dovrebbe bastare – dipingere una Madonna per gridare al miracolo… artistico 😉

    1. Klaus B

      Come spesso mi capita, mi trovo anch’io d’accordo con Fabrizio Giudici. Per quanto riguarda Paola Bonzi, da tempo penso che dovrebbe essere Senatrice a vita. Ma ci vorrebbe un Presidente della Repubblica non solo cattolico, ma anche molto coraggioso.

    2. Non credo che Mandelli abbia voluto fare una recensione, una analisi critica del mio lavoro. Ha raccontato un incontro, che è scaturito innanzitutto da una condivisione della fede, del passato e del presente.
      In questo vi è la mia grande ignoranza e la sua grande cultura.

      Per questo il testo ha le suggestioni del momento, la poetica, le rimembranze storiche e pittoriche.

      Non v’è neppure da scomodare il miracolo artistico. È una semplice pittura. Nulla di più.

      Per il rapporto tra Chiesa, Arte e Fede, vi rimando a questa raccolta di appelli:
      https://itunes.apple.com/it/book/le-lettere-dei-papi-agli-artisti/id927371978?mt=11

      1. Caro Paracchini,

        non so quali siano state le intenzioni di Mandelli, presumo buone. Ma quel che è scritto è scritto. Noi viviamo in un mondo in cui l’arte non si insegna a scuola (così almeno di fatto era ai miei tempi, non so com’è adesso, ma ho i miei dubbi) e la Chiesa, che è sempre stata la fonte di tutto ciò che è bello anche in campo artistico, incluso la liturgia, ha quasi completamente mollato questo fronte da tempo: l’educazione delle masse oggi la fanno la televisione, il cinema, i cantanti delle grandi compagnie discografiche e – in misura minore – i critici, la cui maggioranza purtroppo è asservita alle ideologie dominanti. I risultati sono quelli che si vedono. Dunque, quando abbiamo noi la rara opportunità di dare qualche messaggio, non possiamo permetterci di non essere efficaci, il che vuol dire soprattutto chiari.

        1. Guarda non so cosa dirti oltre a quello che già scritto.

          1 non è un testo di critica d’arte, ma di un incontro, il che sottostà con i suoi poeticissimi e le sue riflessioni al genere (da qui anche la lunga premessa).
          2 mi pare che ancora, come ai miei tempi, la storia dell’arte si insegni ancora (almeno nei licei artistici) anche se la pratica con il disegno e tutta la manualità sono venuti molto meno.
          3 nelle parrocchie ci sono ottimi incontri di formazione, anche legati all’arte (almeno qui nel comasco se ne possono seguire diversi). Dipende dove vogliamo andare a pescare.
          4 comunque ti do ragione, ormai la comunicazione sembra ormai in mano alle “prostitute” della tv. Probabilmente non siamo stati noi stesi dei buoni testimoni?

          1. Probabilmente non siamo stati noi stesi dei buoni testimoni?

            Esattamente quello che scrivevo: ci siamo piegati ai loro modi di comunicare, di fondare irrazionalmente le questioni (o, all’opposto, di fondarle razionalisticamente, seguendo ideologie contorte) e non ci siamo più distinti da loro. Siamo diventati la loro fotocopia. È normale che la gente, tra la fotocopia e l’originale, preferisca l’originale.

            Inoltre, prima che negli “incontri di formazione”, la Chiesa insegnava con la liturgia (l’ho già scritto sopra) e con la bellezza che era nelle chiese (quadri, statue, architettura degli edifici). Poi sono arrivate le schitarrate e le opere di plastica (e gli stessi edifici-chiesa di plastica). E questo insegna (male) più di quanto qualche incontro di formazione possa rimediare.

            1. Non è che siano arrivate “tutto d’un colpo”…

              Né che qualcuno abbia stabilito: “da domani chitarre e pop music e chiese amorfe e prive di segni”.

              Non è così semplice indagare sulle ragioni di un degrado di aspetti della vita di Fede (la Liturgia e l’Arte Sacra) che se da una parte indicano (o dovrebbe indicare – prima la Liturgia e poi l’Arte) la strada maestra, dall’altra sono il preciso riflesso della fede vissuta in un determinato tempo o luogo.

  4. penny

    Chiedo al moderatore di poter riaprire i commenti nell’articolo precedente, visto che sono rimaste in sospeso in moderazione 3 mie risposte a due utenti del blog. O spostare i post in questa sede.

    Anche solo per far sapere agli utenti di cui sopra che non mi sono ne dimenticata di rispondere, me tantomeno mi sono sottratta alla discussione.

    Grazie in anticipo a quello che il moderatore potrà fare

    1. Kosmo

      Le tue “risposte”, come al solito, fanno parte di quelle solite copia-e-incolla prefabbricate che non dimostrano niente. Non appena si presenterà l’argomento ne riparleremo.

      1. Kosmo

        Se poi l’admin volesse riaprire i commenti sull’altro post, non avrei problemi a rispondere compiutamente ad ogni (pseudo-)obiezione.

  5. exdemocristianononpentito

    In conformità con la mia abitufdine di essere più obiettivo possobile e di riconoscere anche i meriti dell’avversario, volevo dire, riguardo a Galimberi, che come divulgatore di certi filosofi, non è affatto male.
    Se andate a vedere i suoi video su Shopehhauer e su Nietzsche (specialmente quelli sul primo) la sua chiarezza e lacapaciatà divulgativa è veramente notevole.
    Certamente il padre domenicano Barzaghi, su Agostino e Tommaso, potrebbe dire di più del Galimberti, però quest’ultimo, in ordine ad altri filosofi, come ad es. i 2 succitati, mi sembra che non sfiguri rispetto al p. Barzaghi.

  6. exdemocristianononpentito

    Parlo del Galimberti come storico della filosofia e, specificamente riguardo al pensiero di alcuni filosofi, s’intede!

  7. Vanni

    Padre Barzaghi è troppo istrionico; forse è meglio leggerlo che ascoltarlo.
    Tuttavia padre Cavalcoli ha avuto qualcosa da dire anche sui contenuti della sua teologia.

    1. exdemocristianononpentito

      Beh….che un buon docente sia un po’ istrionico non è poi un male, perchè, in tal modo riesce maggiormente a catturare l’attenziione dell’uditorio, cosa essenziziale per un buon espositore di teorie, concetti e fatti, specie se questi non sono di immediata e facile percezione.
      Se non si esagera, non è un maie- Transeat.

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