L’opzione messa di Natale

di Emanuele Fant per Credere

Molte scuole superiori cattoliche stanno rendendo facoltativa la Santa Messa d’istituto di Natale. È una notizia che non sentirete al telegiornale, ma che anima dibattiti nei collegi docenti, tra insegnanti, studenti e genitori.

Chi applaude alla scelta, ricorda che la fede non può mai nascere per costrizione, fa notare che al momento della comunione, un intero popolo di ragazzini che si è guardato intorno perplesso fino a un momento prima, si alza e riceve il Signore, senza aver chiaro il valore del gesto, senza nessuna adesione interiore.

La seconda fazione non vuole avvallare un passo che pare un rischioso “rompete le righe”, una rinuncia epocale ad un gesto che non è solo una funzione, ma il culmine visibile di un patrimonio di valori condannato per nostra stessa colpa a tramontare.

Come al solito, non ho nessuna risposta, ma un bel bouquet di questioni, legate insieme dal filo sottile di un’esperienza personale: la mia fede è germogliata frequentando le comunità di fratel Ettore Boschini. Il frate dei poveri, a me e ai miei amici non credenti, imponeva tre rosari per ogni pomeriggio di lavoro, ci invitava a messe animate senza fine, proponeva processioni in corso Buenos Aires dalle quali poi nessuno poteva scappare. Faceva lo stesso con i malati di mente, con i mussulmani, con i giornalisti del Manifesto che lo andavano a intervistare. Non chiedeva adesione, ma presenza al Mistero che muoveva il suo lavoro.

Devo ammettere che è proprio a causa di questa ripetuta imposizione che a un certo punto mi sono sentito soffocare, e ho troncato ogni rapporto con lui. Per un po’ è stato molto liberante, mi ripetevo con fierezza: “Hai fatto bene”.

Eppure, il giorno in cui la vita quotidiana non mi è sembrata più bastare, dove sono andato a citofonare? Al cancello delle sue comunità per barboni. Chiedevo di essere riammesso a quel contenitore di riti fuorimoda che restituivano ai miei giorni un significato universale, e io ne conoscevo già la grammatica principale.

 

61 pensieri su “L’opzione messa di Natale

  1. Fabrizio Giudici

    Secondo me, con questi “cattolici” progressisti non bisognerebbe neanche più discutere: l’idea era già stupida cinquant’anni fa, ma a posteriori e con il disastro che abbiamo sotto gli occhi per sostenere certe tesi devono essere o molto stupidi (e allora discutere è fatica sprecata) o in malafede (fatica sprecata lo stesso) – io propendo per la seconda ipotesi. Se però proprio insistete, potremmo – per umiltà – abbassarci al loro livello mentale e proporre questo scenario (che certamente affronta il problema in modo terra-terra): premettiamo che le cose dello Stato sono importanti, ma meno di quelle di Dio (e già verificare se sono d’accordo, cosa non scontata). Dunque, quando pago le tasse sento la questione come una cosa da “rigidi”, una costrizione, mi guardo intorno perplesso e non ho chiaro il valore del gesto, che non riceve nessuna mia adesione interiore. Dunque, perché dovrei pagarle? Ecco, non le pago sinché la cosa non mi viene spontanea, mi sgorga dal cuore. Una variante, visto che parliamo di scuole cattoliche (private), potrebbe essere il pagamento della retta d’iscrizione. Se poi il direttore è un prete, estendere il discorso all’8×1000. E vediamo un po’ cosa rispondono…

  2. 61angeloextralarge

    Bel dilemma!
    Sono una devota di due versetti: “Il Signore ama chi dona con gioia”… “Se vuoi…” non solo oggettisticamente, anzi soprattutto spiritualmente.
    Tra l’altro anche io ho avuto un rifiuto totale della fede imposta.
    Quando mi sono sentita sazia delle cose del mondo ma assolutamente infelice… ho cercato direttamente Dio e Lui si è fatto incotrare.
    Grazie, Signore, grazie, non finirò mai di dirti grazie!
    Tuttora non impongo e non pretendo da altri quello che non ho dato per i miei primi 33 anni, proprio perché dovere e non amore.
    Ai posteri l’ardua sentenza, ricordando bene che noi non convertiamo nessuno: l’unico che converte è Dio.

  3. (non sono sicuro di avere premuto “pubblica” prima, però questo commento potrebbe essere un duplicato)

    Secondo me, con questi “cattolici” progressisti non bisognerebbe neanche più discutere: l’idea era già stupida cinquant’anni fa, ma a posteriori e con il disastro che abbiamo sotto gli occhi per sostenere certe tesi devono essere o molto stupidi (e allora discutere è fatica sprecata) o in malafede (fatica sprecata lo stesso). Io, personalmemte, propendo per la seconda ipotesi. Se però proprio insistete, potremmo – per umiltà – abbassarci al loro livello mentale e proporre questo scenario: premettiaamo che le cose dello Stato sono importanti, ma meno di quelle di Dio (e già verificare se sono d’accordo, cosa non scontata). Dunque, quando pago le tasse sento la questione come una cosa da “rigidi”, una costrizione, mi guardo intorno perplesso e non ho chiaro il valore del gesto, che non riceve nessuna mia adesione interiore. Dunque, perché dovrei pagarle? Ecco, non le pago sinché la cosa non mi viene spontanea, mi sgorga dal cuore. Una variante, visto che parliamo di scuole cattoliche (private), potrebbe essere il pagamento della retta d’iscrizione. Se il direttore è un prete, estendere il discorso all’8×1000. E vediamo un po’ cosa rispondono…

    1. exdemocristianononpentito

      Scusa Fabrizio, non avertene a male, ma giallo con gli atei, gli agnostici e i seguaci di altre religioni, non credo proprio che un cattolico denominato “tradizionalista” (da quelli che NON sono tali) o “genuino, sincero, verace” ( da quelli che SONO tali), insomma un cattolico come te (*), POSSA dialogare proficuamente su questioni anche solo “indirettamente” afferenti alla religione, ora, se nemmeno coi cattolici c.d. modernisti, non si deve discutere, ne consegue che i cattolici allineati sulle posizioni tue e di Luigi, possano dialogare solo fra loro…….
      Non ti sembra eccessiva questa chiusura .al dialogo? Considerato che ogni questione ( a cominciare da quelle di natura politica o morale) è molto facile che, direttamente o indirettamente, inerisca la religione, e quindi resterebbero pochissimi argomenti di cui parlare col non cattolico o col diversamente “cattolico” (*).

      (*): per l’amor di Dio, evitiamo questioni terminologiche almeno su questi punti!

      1. Luigi

        “ne consegue che i cattolici allineati sulle posizioni tue e di Luigi, possano dialogare solo fra loro…….”

        Forse nella tua weltaanschauung è così. Nella mia no, ma proprio no.
        Lo dimostra il fatto che da mesi discutiamo qui, io e te, praticamente di tutto.
        Dalla storia alla dottrina cattolica alla politica, fino allo sport.
        O forse, come tanti, pensi che “dialogo” sia il semplice adeguarsi al pensiero altrui…

        Ciao.
        Luigi

  4. Quando i ragazzi di catechismo o i miei figli dicevano:- Non vado a Messa perché non me la sento, che senso ha fare una cosa contro voglia? – Io raccontavo di quante notti mi sono alzata controvoglia per allattarli, per cambiare loro il pannolino. “Se avessi fatto solo le cose che “mi sentivo” di fare, sareste morti di fame e con le piaghe al sedere”. Se iscrivi i figli in una scuola cattolica devi sapere che il fondatore, la fondatrice o coloro che ci lavorano lo fanno perché ispirati da quell’insegnamento chetano ritenuto buono per loro e per le generazioni a venire. Quindi la Messa fa parte dell’educazione, poi un giorno i tuoi figli sceglieranno se lasciarsi amare da cristo o se rinnegarlo. La fede rende liberi.

  5. Giusi

    Quand’ero piccola il prete del mio paese, un santo sacerdote, se i ragazzi non andavano a messa non li faceva giocare a pallone. Quando mai si è visto che i ragazzi fanno qualcosa spontaneamente? Nemmeno a scuola andrebbero spontaneamente! Inoltre diceva il rosario al microfono in latino e nessuno si lamentava anzi tutti rispondevano durante le varie occupazioni. Risultato: tutto il paese era cattolico, tutte le famiglie unite. Adesso che tutto questo è diventato politicamente scorretto anche nel mio paese divorziano, ci sono problemi di droga e tutto il resto. Don Antonio, il parroco di cui sopra, conosceva tutte le famiglie e se c’era qualche problema si fiondava in casa e tanto faceva e diceva che lo risolveva e riportava tutti sulla retta via. Tutti lo ascoltavano e sapete perché? Stava sempre in chiesa a pregare, confessare, adorare. Quando non era in chiesa era dalle suore a seguire i ragazzi e le ragazze. Ricordo che veniva pure a vedere i ricami. Poi andava a scuola a fare catechismo. Allora si poteva e veniva accolto con tutti gli onori. Poi faceva scuola di canto, era pure musicista e passava ore a preparare le messe, cantavano tutti. In chiesa non potevi rifiatare perché c’è il Signore lì: si parla, si scherza e si ride fuori. Era capace pure di cacciarti se mancavi minimamente di rispetto a Dio. E’ morto a 90 anni, ancora se lo ricordano in paese: quello si che era un santo dicono…

  6. …fratel Ettore Boschini. Il frate dei poveri, a me e ai miei amici non credenti, imponeva tre rosari per ogni pomeriggio di lavoro, ci invitava a messe animate senza fine, proponeva processioni in corso Buenos Aires dalle quali poi nessuno poteva scappare.

    Ecco, andiamo da un estremo (estremo??) all’altro. Da fratel Boschi al “liberi tutti”, magari perché “al momento della comunione, un intero popolo di ragazzini che si è guardato intorno perplesso fino a un momento prima, si alza e riceve il Signore, senza aver chiaro il valore del gesto, senza nessuna adesione interiore.”
    Cosa tutta da dimostrare quest’ultima, essendo pur sempre dei ragazzini e del contatto tra il loro cuore e il Corpo di Cristo poco possiamo sapere…
    Peché già che ci siamo, vogliamo parlare di quello nostro di noi adulti “consapevoli” e della nostra “adesione interiore”? Non so se ne uscirebbe un quadretto edificante sempre e comunque…

    Poi seguendo la logica, cosa li facciamo battezzare a fare? Aspettiamo che siano grandi e consapevoli…

    La Bibbia parla di “fede inculcata” ai figli, mica “opzione A o B”.

    Oh certo, qualcuno come ci racconta Emanuele, appena possibile se la darà a gambe, ma sempre come racconta, quando è stato il momento del deserto, nel profondo, saprà bene dove trovare l’unica “acqua che disseta”.

    Sapeste quanti baldi giovani ho visto e conosciuto che testimoniano come dopo aver fatto la parte del figliol prodigo, sono tornati da adulti consapevoli (l’età non c’entra) alla casa del padre (quello celeste e anche quello terrestre, almeno quanto a riconciliazione), sapendo che lì sempre c’è stata per loro solo la Verità… non l’opzione A o B.

  7. blaspas59

    La prima cosa sarebbe essere coerenti, se gli obblighiamo ad andare a Messa dovrebbe essere d´obbligo conoscere cos´é la Messa, cosa sono i scaramenti, l´Eucarestia, le condizioni per riceverle. Educano nella fede le scuole cattoliche? Se non fanno quello Messa obbligatoria o no il disastro continuerá.

  8. Antonio Spinola

    Io continuo a ritenere che sia la semplice obbedienza, più che il coraggio o la coerenza, la virtù alla quale è necessario educare oggi. Ma la crisi dell’idea di “precetto” che ha investito il clero post-conciliare rende particolarmente difficile questo recupero.

    E mi tornano in mente queste parole di un grande cardinale:
    “…Tutti noi conosciamo la critica alla legge mosaica che si trova nelle lettere di Paolo. Ho tuttavia il sospetto che qualche assalto al «precetto festivo» trovi ispirazione più nella concezione nominalistica, largamente presente nella cultura contemporanea, che non in quella paolina.
    …la legge – lungi dall’essere oppressiva – aiuta il soggetto «misurato» a conoscersi nella sua verità e gli consente di essere autenticamente se stesso. Press’a poco come, quando acquisto un’automobile, non posso giudicare una prepotenza e un’insidia alla mia gioia di proprietario, se il venditore mi avverte che nella macchina, per farla marciare, devo mettere la benzina.”

    (Giacomo Biffi, “Riflessioni sul Giorno del Signore” 2003)

    1. O avere la patente, o mettere la cintura di sicurezza…

      Nell’ambito della Fede comunque, tutte le “leggi”, hanno funzione pedagogica e propedeutica.

      1. Antonio Spinola

        L’automobile senza le cinture potrebbe anche funzionare, senza la benzina no. Per l’uomo è lo stesso, per questo la Legge è per l’uomo (e lo fa “funzionare”).

  9. fra' Centanni

    In una scuola cattolica la messa dovrebbe essere obbligatoria, altrimenti non è una scuola cattolica.

    Non si tratta di imporre niente a nessuno, si tratta semplicemente di capire che chi è cattolico va alla messa e chi non va alla messa non è cattolico, fine dei ragionamenti. E chi non è cattolico non dovrebbe frequentare una scuola cattolica., evidentemente. E se invece la frequenta pur non essendo cattolico, allora accetta le regole della scuola cattolica senza discutere e va alla messa. Anche se non crede.

    Non è possibile imporre la fede, non ha senso. Però si può e si deve imporre delle regole. In una scuola cattolica si va alla messa, perché questa è la regola. Chi non vuole andare cambia scuola, mi sembra così semplice…

    Invece, il fatto che alcune scuole cattoliche lascino la libertà di andare o meno alla messa, è indice di un diffuso e malinteso senso di libertà. Si pensa che i figli di Dio siano liberi e quindi possano andare o meno alla messa, senza che questo possa avere conseguenze. Falso. E’ vero che la fede non può essere imposta, ma è anche vero che se vuoi avere salva la vita (eterna) devi avere fede e devi andare alla messa, altrimenti finirai all’inferno.

  10. POSSA dialogare proficuamente su questioni anche solo “indirettamente” afferenti alla religione, ora, se nemmeno coi cattolici c.d. modernisti, non si deve discutere

    I modernisti sono eretici e con gli eretici si disputa, non si dialoga. Mi sembra di averlo detto chiaramente tempo fa. Fuori dalla questione terminologica, mi pare di aver pure detto che a posteriori dello sfacelo presente, o abbiamo a che fare con gente sciocca o che vuol di proposito distruggere tutto, e con queste persone il dialogo, o la disputa, è tempo perso. Si è stufato anche il Padreterno, che li ha messi nella condizione di uscire rapidamente dalla Chiesa, cosa che sta avvenendo, anche se loro credono invece di “aver vinto”. Quello che dobbiamo fare è cercare di trattenere quei pochi che vogliono stare a sentire; prepararci a recuperare quelli che, presa la facciata, rinsaviranno; e il resto, amen. D’altronde è scritto nel Vangelo che, oltre un certo limite, ci si scuote la polvere dai calzari.

    Ecco, andiamo da un estremo (estremo??) all’altro.
    Qui, infatti, è questione di evitare sia il lassismo che la caserma prussiana. A me sembra che Nerella abbia detto le cose fondamentali. Ma bisogna ripetersi. C’è un’equivoco di fondo, che deriva da una narrazione fasulla. Il punto corretto è che l’incontro con Cristo deve essere libero e spontaneo; la narrazione fasulla è che le imposizioni (ribadisco: da distinguere nell’intensità) producano sempre e solo effetti negativi e necessariament allontanino da quell’incontro. Questa narrazione fasulla, per lo meno nell’epoca recente, inizia dallo spontaneismo di Rousseau (percolato poi attraverso vari cattivi maestri, dai rockettari a Don Milani): e già questo dovrebbe far capire da quale fonte avvelenata stiamo andando ad abbeverarci. Contraddice totalmente l’idea di obbedienza e sacrificio che è alla base dell’incontro con Cristo. Se si educa così, non stiamo favorendo l’incontro con Cristo, lo stiamo allontandando. O gli si predica un Cristo falso, tutto pacche nella schiena e pollici alzati (e non ci sarà l’approdo sicuro a cui quelli potranno ritornare dopo aver preso le facciate, perché non esiste), o quando arriverà il momento di capire che l’incontro è un prendersi la Croce sulle spalle, quelli fuggiranno.

    Veramente, mi sembra di dover dire cose ovvie. Io faccio un lavoro che mi piace, ma inevitabilmente ci sono attività che mi pesano di più. Quando mi capitano dopo periodi più lunghi del solito in cui ho fatto cose più piacevoli, trovo molto più pesante intraprenderle. Questo perché se non ci si mantiene “allenati” al sacrificio, si è sempre meno disponibili a farlo.

    Senza contare che il “fate solo quello che vi sentite di fare”, poi, è quello che porta al “se ti senti maschio/femmina/capra allora sei maschio/femmina/capra”. Che se tua moglie ti piaceva prima e ora non più, be’, allora si cambia senza problemi, e giù di famiglie sfasciate (d’altronde, il matrimonio monogamo ed eterno cos’è in questa ottica, se non un’imposizione?). E qui non mi dilungo perché si arriva a tutti i temi caldi affrontati in questo blog.

    Senza contare che poi stiamo creando dei falliti anche dal punto di vista umano, perché – a meno che uno non sia stra-ricco e possa campare per parecchi decenni dilapidando l’eredità dei genitori – per ottenere qualsiasi cosa nella vita ci vuole sacrificio. Finiranno a farsi canne in un centro sociale, ribellandosi al mondo perché è pieno di imposizioni, nel senso che non gli permette di passare il tempo a far solo quello che loro piace.

    Devo ripetermi: queste dinamiche le vediamo da cinquant’anni – stiamo per entrare nell’anniversario del ’68 – l’esperimento sociale è stato eseguito per un tempo molto lungo e in diverse culture, i risultati disastrosi sono sotto gli occhi di tutti; e dobbiamo ancora starci sopra a discutere?

    1. ” Il punto corretto è che l’incontro con Cristo deve essere libero e spontaneo…”

      Sempre deve esserlo o arrivare ad esserlo, ma tralasciando casi in cui questo incontro avviene in moo quasi “miracoloso”, una educazione all’incontro, al dialogo, alla scoperta, al rapporto con Cristo – che passa ovviamente in primis per i Sacramenti – è necessaria se non indispensabile.

      I nostri figli li obblighiamo ad andare a scuola o no? (ce lo impone anche la legge)

      La parola obbligo sempre ci fa torcere il naso, ma tornando all’esempio scolastico, diciamo forse ai nostri figli: “questa mattina cosa ti va di fare?”.
      E perché ci imponiamo? Nella speranza e convinzione di poterli aiutare per il loro futuro professionale e umano.
      Quanti andranno a lezione mugugnando, poi, si spera, e spesso è così, arriva il tempo della maturazione in cui la strada che abbiamo loro indicato sperando di far bene, diventa la loro o comunque sulle premesse impostate, fanno scelte anche diverse, ma più consapevoli e prendono a studiare perché è divenuta una loro scelta e un loro obbiettivo.

      Perché non dovremmo seguire lo stesso ideale percorso per “qualcosa” che è molto più importante dello studio o della professione?

      Naturalmente non è tutto così semplice e lineare, ma spero di aver reso il concetto.

    2. exdemocristianononpentito

      A Fabrizio e Luigi
      So benissimo che abbiamo sempre disputato e che disputate con altri, ma solo la dicitura perentoria di Fabrizio, nel post di oggi delle 11:54, (“neanche psua di chiù discutere) mi ha fatto pensare ad una nuova determinazione da parte sua di “chiudersi al dialogo”.
      Mi era sembrato………………………..
      Anche la disputa, poi, secondo me, è una forma di dialogo, perchè si tiene conto, pur per contraddirle, delle ragioni dell’ “altro”.
      Non ho mai pensato che dialogare sia adeguarsi al pensiero altrui, ma comprenderlo si, però.

  11. Cupo

    Non mi stupisco. Viviamo in un mondo opzionale. A scuola non è più obbligatorio nemmeno studiare e si passa lo stesso.

  12. L’incontro con Dio per grazia non ha eta ( Certo l’educazione in famiglia e scuola sono di una grande importanza di base che lo ritrovi sempre prima o poi )….Grazie.

  13. Sabino

    Tutto diventa difficile in questo momento, perché non si parla più una lingua comune anche all’interno del mondo cattolico o sedicente tale.. Senza voler descrivere un mondo idillico che non esisteva, chi si iscriveva ad una scuola cattolica sapeva almeno che partecipava ad un disegno educativo che si fondava su principi abbastanza chiari e anche sulla pratica religiosa. Se tutto questo non esiste più, perfino la partecipazione alla Messa natalizia diventa un’opzione lasciata al desiderio dell’alunno. Ma allora a che servono le scuole cattoliche, se esse rinunciano al loro naturale progetto educativo? Evidentemente al momento dell’iscrizione non si ha il coraggio di chiarire che la scuola ha una fisionomia precisa che impone anche degli obblighi ai quali ci si può sottrarre semplicemente iscrivendosi ad una scuola statale. E manca il coraggio perché non si crede più a quel progetto e si preferisce adeguarsi all’aria che tira, rendendoci più simpatici ed aperti di fronte alle persone moderne e aggiornate che considerano la fede solo un bell’ornamento fatto di sentimenti tanto “nobili” quanto vacui, lontani da ogni estremismo incompatibile con la societa’ attuale. E, come si e’ detto negli interventi precedenti, vediamo che tutto si corrompe e si perde ogni fiducia nella vita in un nichilismo ottuso e spensierato, che prepara la fine della nostra civiltà.

    1. Luigi

      “Ma allora a che servono le scuole cattoliche, se esse rinunciano al loro naturale progetto educativo?”

      Nella mia città, in buona sostanza, a far sì che i figli della classe di potere locale (avvocati, ingegneri, chirurghi, giornalisti, magistrati, politici, etc.) possano andare a scuola senza trovarsi in minoranza etnica, senza spacciatori davanti ai cancelli, senza maschietti travestiti da femminucce, senza autogestioni equosolidali, senza idiozie sulle “tre I”, senza educazione a cottimo, etc. etc.

      Va da sè che i genitori di questi incolpevoli bambini sono poi i primi, con le parole e con le azioni, a volere per i figli degli altri tutto ciò che trovano inammissibile per i propri.
      E guai se qualcuno obietta. “Xenofobo, omofobo, femminicida, fascista, populista, ultradestra, alabarda spaziale, raggi fotonici…”

      Ciao.
      Luigi

      1. possano andare a scuola senza trovarsi in minoranza etnica

        Grossomodo è quello che succedeva quando andavo a scuola io (già senza farsi troppe illusioni, i miei si sacrificarono economicamente per i motivi che hai scritto, non illudendosi troppo che la scuola mi offrisse una grande educazione religiosa: comunque, certo non eravamo al livello di oggi).

        Ma diciamo tranquillamente: per ora. Per ora è così. Se guardiamo agli USA, sempre qualche passo più avanti di noi, i maschietti vestiti da femminucce già imperano in certi college “cattolici”, così come già da tempo educazione sessuale “allegra” e abortista. D’altronde già in Italia abbiamo visto i primi fenomeni simili, tant’è che sempre più genitori cercano di organizzarsi con le “scuole parentali”.

        D’altronde non è un caso se c’è un trend di fondo: sempre meno cattolici in chiesa (che progressivamente chiudono i battenti), sempre meno lettori della stampa clericale (che progressivamente chiude i battenti), sempre meno iscrizioni alle scuole private (che progressivamente chiudono i battenti, o mollano gli ultimi barlumi di decenza svendendosi totalmente in un ultimo atto di marketing disperato, il che accelera la chiusura dei battenti): se si perde il sale, c’è tutto un mondo di offerte insipide, e anche più a buon mercato, verso cui è del tutto naturale si orientino i “consumatori”.

        Ma è giusto così: è una selezione naturale, e solo i più adatti a sopravvivere spiritualmente passeranno questa selezione.

  14. La scuola è cattolica? Si va a messa tutti e non solo a Natale, non c’è da discutere.
    Se invece una scuola cattolica rende la messa facoltativa allora facciano una riunione per capire se sono appunto una scuola cattolica.

    1. blaspas59

      In una scuola cattolica ci si comporta secondo le norme cattoliche é si studia la religione cattolica. Ma acosa serve obbligare ad uno chenon ci crede ad andare a Messa? Qui stiamo parlando di scuole superiore non di bambini di prima comunione. Le scuole cattoliche devono fare “proselitismo” e i ragazzi verranno a scuola per convinzione senza bisogno di obbligarli.

        1. blaspas59

          Per conoscere cosa sostiene la religione cattolica non ci vuole la fede. A uno che non crede puoi rendere ragione della speranza che é in te, un po di apologetica é smontare le diverse leggende nere non viene mai male.
          Cosa serve ad uno che non crede essere obbligato ad assistere alla Messa?

            1. Per assistere alla Messa non come si assiste ad una qualunque “rappresentazione” per lingua e gesti a noi sconosciuti, bisogna essere un minimo introdotti al “Mistero”.

              Essere almeno un minimo introdotti al Mistero, significa avere un minimo di formazione, di basi.

              Diversamente sarebbe come ascoltare qualcuno parlare in altra lingua di cui non si hanno minimamente basi neppure scolastiche.

              Poi certo, “non fa male a nessuno”, come non fa male ascoltare mezz’ora di discorso in cinese mandarino e c’è un aspetto sovrannaturale che può intervenire a nostra insaputa come non potrebbe nel discorso in cinese… ma questa è un’altra storia. 😉

              1. Essere almeno un minimo introdotti al Mistero, significa avere un minimo di formazione, di basi.

                È vero, ma la stai facendo troppo complicata. Per imparare ad andare in bici non bisogna essere esperti di fisica: si imita quello che fanno gli altri, all’inizio non si capisce bene cosa si fa, poi facendolo s’impara. Imparare poi qualche principio di fisica migliora le cose, senza dubbio: si impara da entrambe le fonti.

                Vedere una celebrazione dove la gente adora il Santissimo in modo degno certamente insegna più di tante lezioni di catechismo, se non altro sull’importanza della cosa, specialmente a un bambino piccolo non in grado di manipolare certi concetti. Poi, quando sarà in caso di capirli, ovviamente si spiegheranno anche le cose che stanno dietro.

                1. Se io ti dicessi che la fai troppo semplice? 😛

                  Cmq non c’è nulla di “troppo complicato” nell’acquisire i rudimenti dela Fede, almeno a livello teorico.

                  Probabilmente è solo che veniamo da esperienze diverse e abbiamo esperienze diverse di pastorale (vissuta e/o praticata).

                  1. Antonio Spinola

                    Non per fare il bastian contrario, ma io a tutti gli adolescenti pseudoagnostici farfalloni indolenti e triviali (ai quali sembra non interessare nulla al di fuori del fighetto/a, cagnetto e smartfone), potendo, ordinerei di assistere una volta al mese a una messa, breve densa e asciutta, ma rigorosamente celebrata in latino (escluse le letture), senza quelle tremende “preghiere dei fedeli” né strette di mano, e meglio ancora senza omelia (che solitamente svilisce le letture e distrae facendo pensare a altro).
                    Così… per vedere l’effetto che fa.

                    1. Mah, io (non per fare il bastian contrario) ho molti dubbi sulla montante idea del latino e dei suoi effetti mistico-spiritual-traumaturgici…

                      A quel punto perché non anche le Letture?

                2. blaspas59

                  Scusatemi ma stiamo parlando scuole superiori o mi sbaglio? Obbligare un adolescente che per stadio della maturazione “gia le sa tutte” ad asistere a quello che lui definisce un “cog—ata” non credo che sia la miglior cosa per aprirlo allo Spirito. Uno che “vuole” imparare ad andare in bicicletta non ha bisogno di sapere fisica, come uno che “vuole” capire la religione non ha bisogno di corsi di teologia. Per chi “non vuole” potete legarlo al banco della Chiesa tutti i giorni della settimana ma dovrete aspettare un miracolo.

                  1. Antonio Spinola

                    Quello che dice e quello che fa un adolescente è tutto teatro, gli serve per stare nel gruppo.
                    Come pensate che si possa aprire allo Spirito? con delle conferenze? con sedute psicoanalitiche? può essere, ma glielo dovete imporre.
                    Io credo che il primo passo, l’incontro più immediato debba essere con “il sacro”, e il latino, il “linguaggio non parlato” della liturgia cattolica è lo strumento (e anche il “segno”, come l’abito del celebrante) che la Chiesa ha ricevuto in dono dallo Spirito per aiutare chi assiste a staccarsi da tutto ciò che è profano e ritrovarsi, quasi a sua insaputa, nel sacro. Tutto ciò viene prima della conversione e della “fede”.

                    1. Da sempre lo Spirito si apre, allo spirito dell’Uomo si arriva, con la stoltezza della predicazione. Mai sentito che l’ateo, il catecumeno, sia messo difronte ad un Celebrazione Eucaristica (in qual lingua si voglia) per chiamarlo a conversione. La Messa non è un “rito magico” dagli effetti miracolosi. C’è e c’è sempre stato un preciso iter, perché partecipare (non come ebete spettatore) ad una Messa presuppone la Fede e parteciparvi appieno con la partecipazione al Corpo e Sangue di Cristo, presuppone aver ricevuto i Sacramenti che precedono. Non mettiamo “il carro davanti ai buoi”…

              2. Per essere introdotti al Mistero cosa meglio di andare a Messa e quanto meno seguirla?
                Io capisco benissimo quello che mi dite e sono anche, in parte d’accordo ma la questione su cui dibatto io è quella dell’identità: una scuola cattolica porta i suoi iscritti a Messa, chi non vuole si dia malato.

                1. “… ma la questione su cui dibatto io è quella dell’identità: una scuola cattolica porta i suoi iscritti a Messa, chi non vuole si dia malato.”

                  Ah, su questo perfettamente d’accordo 😉

  15. sabino

    Il vero problema e’ quindi che spesso si fa solo finta di operare in modo coerente alla propria fede con il risultato ampiamente scontato di allontanare da essa le persone che ci si illude di trattenere alleggerendo la loro responsabilità. Ma allora che cosa si deve fare? Oltre e prima di tutto ad essere fedeli alle cose fondamentali ed essenziali, bisogna essere consapevoli che da molti pastori ci si può attendere poco o nulla, se non chiacchiere vuote ed inutili, ed inoltre che bisogna raggrupparsi in piccole comunità che mantengano la fede e la testimonino, sia pure con tutti i i limiti delle cose umane, Da don Barsotti a Paolo VI e a Caffarra questa consapevolezza si sta diffondendo e deve essere il fondamento di una speranza, della speranza cioe che,superata questa pesantissima prova, la Chiesa ne esca purificata, anche se decimata e spogliata di orpelli e vanità.

  16. Non capisco che problema sia messa si messa no …. se si è cristiani la messa dovrebbe essere il punto più alto di questa nostra vita : l’incontro diretto con Gesù ed in una scuola Cattolica Cristiana dovrebbe essere il primo insegnamento da dare agli alunni …. se qualche sacerdote non la pensa così, consiglio di cambiare mestiere..

  17. Non tutte le scuole cattolica sono pie….se mi permetto di dirlo, è perché ho visto che anche in questo ambiento c’è ne solo per i più bravi…..ahimè….

  18. roberto

    noi cattolici in italia siamo milioni e paghiamo le tasse ma per i media il nostro pensiero non passa è censurato.Tutte le riforme che vanno contro il Vangelo e contro la dottrina cattolica sono state fatte da un cattolico che va a messa e partecipa all’eucarestia, anzi è osannato e rispettato proprio da coloro che lo dovrebbero richiamare.Un cattolico che ha fatto le riforme che chiedono vendetta al cospetto di Dio.

  19. “Io che, paralizzato nel mio letto, lotto contro l’eutanasia” – Lettera di Salvatore Crisafulli.

    “Dal mio letto di quasi resuscitato alla vita cerco anch’io di dare un piccolo contributo al dibattito sull’eutanasia.
    Il mio è il pensiero semplice di chi ha sperimentato indicibili sofferenze fisiche e psicologiche, di chi è arrivato a sfiorare il baratro oltre la vita ma era ancora vivo, di chi è stato lungamente giudicato dalla scienza di mezza Europa un vegetale senza possibile ritorno tra gli uomini e invece sentiva irresistibile il desiderio di comunicare a tutti la propria voglia di vivere.
    Durante quegli interminabili due anni di prigionia nel mio corpo intubato e senza nervi, ero io il muto o eravate voi, uomini troppo sapienti e sani, i sordi? Ringrazio i miei cari che, soli contro tutti, non si sono mai stancati di tenere accesa la fiammella della comunicazione con questo mio corpo martoriato e con questo mio cuore affranto, ma soprattutto con questa mia anima rimasta leggera, intatta e vitale come me la diede Iddio.
    Ringrazio chi, anche durante la mia “vita vegetale”, mi parlava come uomo, mi confortava come amico, mi amava come figlio, come fratello, come padre. Ma cos’è l’eutanasia, questa morte brutta, terribile, cattiva e innaturale mascherata di bontà e imbellettata col cerone di una falsa bellezza?
    Dove sarebbe finita l’umana solidarietà se coloro che mi stavano attorno durante la mia sofferenza avessero tenuto d’occhio solo la spina da sfilare del respiratore meccanico, pronti a cedermi come trofeo di morte, col pretesto che alla mia vita non restava più dignità?
    E invece tu, caro Pietro (suo fratello), sfidavi la scienza e la statistica dei grandi numeri e ti svenavi nel girovagare con me in camper per ospedali e ambulatori lontani. E urlavi in TV minacce e improperi contro la generale indifferenza per il mio stato d’abbandono. E mi sussurravi con dolcezza di mamma la ninna-nanna di “Caro fratello mio”, per me composta, suonata, cantata e implorata come straziante inno d’amore, ma non d’addio.
    Vi ricordate di quel piccolo neonato anencefalico di Torino, fatto nascere per dare inutilmente e anzitempo gli organi e poi morire? Vi ricordate che dalla sua fredda culla d’ospedale un giorno strinse il dito della sua mamma, mentre i medici quasi sprezzanti spacciavano quel gesto affettuoso per un riflesso meccanico, da avvizzita foglia d’insalata?
    Ebbene, Mamma, quando mi coprivi di baci e di preghiere, anch’io avrei voluto stringerti quella mano rugosa e tremante, ma non ce la facevo a muovermi né a parlare, mi limitavo a regalarti lacrime anziché suoni. Erano lacrime disprezzate da celebri rianimatori e neurologi, grandi “esperti” di qualità della vita, ma era l’unico modo possibile di balbettare come un neonato il mio più autentico inno all’esistenza avuta in dono da te e da lui.
    Sì, la vita, quel dono originale, irripetibile e divino che non basta la legge o un camice bianco a togliercela, addirittura, chissà come, a fin di bene, con empietà travestita di finta dolcezza.
    Credetemi, la vita è degna d’essere vissuta sempre, anche da paralizzato, anche da intubato, anche da febbricitante e piagato. Intorno a me, sul mio personale monte Calvario, è sempre riunita la mia piccola chiesa domestica. Mamma Angela, Marcello, Pietro, Santa, Francesca, Rita, Mariarita, Angela, Antonio, Rosalba, Jonathan, Agatino, Domenico, Marcellino, si trasfigurano ai miei occhi sbarrati nella Madonna, nella Maddalena, nella Veronica, in san Giovanni, nel Cireneo. Mi bastano loro per sentirmi sicuro che nessun centurione pagano oserà mai darmi la cicuta e la morte”.

    Salvatore Crisafulli

  20. Antonio Spinola

    @ Bariom
    Certo che la Messa non ha effetti “magici” (come neppure i sacramenti sono pozioni magiche), anzi. Ciò che voglio dire è piuttosto che oggi abbiamo un problema tecnico con chi non ha nessuna fede.
    Gesù ha predicato in un mondo permeato dal sacro, per questo il Suo messaggio diventava subito dialogo tra terra e cielo. Oggi occorre ripartire dalla percezione della differenza tra sacro e profano, e il rito cattolico (soprattutto quello straordinario) è rimasta l’unica occasione per fare questa esperienza.
    Per questo dico che a Messa dovrebbero andarci tutti, e che la fede viene dopo e, direi, quasi inaspettatamente, quando finalmente tutto della Messa appare necessario e chiaro, si accede all’Eucaristia e la partecipazione diventa piena e feconda.

  21. @Antonio,
    certo che la Messa è la “discesa dal Cielo del Sacro”, ma la tua mi pare una visione ottimistica, quand’anche poetica.

    Il senso del “sacro” in senso molto ampio, giovani e vecchi potrebbero trovarlo anche in tante altre liturgie, cerimonie o riti (persino blasfemi).
    Ecco perché bisogna partire dalle fondamenta, dalla Predicazione, dall’Annuncio, dall’Evangelizzazione. Tutte strade (in verità un’unica strada) tanto proclamate, ma ben poco praticate ultimamente. Questa è sempre stata la prassi.

    Il Signore ha inviato i Dodici non dicendo: “andate e celebrate in ogni dove una Messa”, ma “andate e battezzate”, “andate e predicate”.

    E da lì bisogna ripartire, e non basta farlo “una tantum”, la Predicazione, l’Annuncio (e la catechizzazione o formazione se si preferisce) deve essere permanente, costante.
    Infatti, come dimostrato da tanti casi di “strazio” della nostra Liturgia, la perdita del senso del Sacro l’abbiamo in casa, ma non è forse andata di pari passo con la dicotomia tra vita religiosa e vita feriale che è più che evidente?
    Segni e modi (lingua, per chi crede sia questo il problema), certamente hanno una gran peso e valore, ma non credo sia questo il cuore del problema.

    Dinuovo il rischio è di mettere in carro davanti i buoi (anche se la metafora è un po’ terra terra).

    1. Bariom,

      siamo chiaramente tutti d’accordo che servono entrambe le cose. Ma sulla priorità abbiamo visioni opposte, inconciliabili. Per me (e immagino pure per Antonio) “lex orandi, lex credendi”. Siccome il latino non è mio, è evidente che non è affatto una mia opinione, ma quello che la Chiesa ha sempre insegnato, e purtroppo abbandonato dopo il Concilio. Ma il primato della liturgia – che è “fons et culmen”: la liturgia, mica la catechesi – è ribadito sia dai documenti conciliari, sia p.es. da Ratzinger, nelle parole e nei fatti (con il ripristino del V.O.).

      Quanto a Cristo… in realtà fece proprio l’opposto di quello che dici. Infatti, prima celebrò la Messa. Aveva anche spiegato qualcosa prima, ma gli Apostoli non avevano capito niente. Solo dopo arrivò lo Spirito Santo, gli Apostoli capirono e finalmente iniziarono a predicare.

      1. Appunto, celebrò la messa per i Suoi, che non è vero che non “capirono” nulla… perché con loro celebro la Pasqua Ebraica che loro ben conoscevano e ben ne comprendevano il senso.

        Resta il fatto incontrovertibile che l’invio è ben preciso nei suoi modi e nelle sue priorità.

        Ovviamente nulla di quanto ho scritto sminuisce la CENTRALITA’ della Santa Messa, ma qui si parlava di “effetti educativi” e di chiamata a conversione.

        Per il resto, ognuno si tenga le sue idee sulle priorità, ma ho l’impressione si vada contro la realtà delle cose come contro quella storica della chiamata dei lontani e del Catecumenato (che oggi non si sa più bene cosa sia, ma non è stato cancellato dalla prassi della Chiesa)

        Peraltro “lex orandi, lex credendi” è traducibile in varie sfumature, ma non lo trovo attinente rispetto la chiamata a conversione di chi Cristiano non è (se non per chi si fa servo per quest’Opera).

        Qui mi fermo.

        1. Antonio Spinola

          @Bariom
          Un’ultimo commento (se admn lo consente)

          La tua risposta è chiara e sensata, ma il problema delle priorità resta.
          Quello della desacralizzazione radicale (anche della Messa) è un problema talmente serio e urgente che nel discorso fatto all’Udienza Generale del 13 febbraio 2013 – poco dopo l’annuncio della sua rinuncia – Benedetto XVI tornò a denunciare proprio eclissi del senso del sacro, con l’evidente l’intenzione di lanciare un messaggio pastorale al suo successore e alla Chiesa (come mi pare abbia ravvisato perfino Ravasi).
          Non si è visto niente!

  22. exdemocristianononpentito

    A Roberto:
    “noi cattolici in italia siamo milioni e paghiamo le tasse ma per i media……………”

    Per cortesia, niente falsi ottimismi che fanno più male che bene. Infatti se si considerano, i cattolici tiepidi (non praticanti e poco interessati), i cattolici modernisti e quelli antimodernisti, tutti insieme, dico SI, si ppuò parlare di milioni; ma se si considerano SOLO quelli antimodernisti, dico NO, ai “milioni” non ci si arriva.

  23. Sabino

    Ma nelle scuole cattoliche i due momenti, quello della liturgia e quello della catechesi, non dovrebbero essere contemporanei? Certo, ci dovrebbero essere testimoni credibili, ma forse sono proprio questi che mancano. Intendo per testimoni credibili quelli che sono coerenti nella vita con la fede e che sono capaci di renderne ragione.

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