L’EP più cool dell’estate: Quando saremo piccoli


di Andreas Hofer

Confessioni di un Coverman

Sono ancora al lavoro quando leggo il messaggio di mia moglie: «Sta arrivando il cd!», mi scrive giubilosa su Messenger. Un arrivo non privo di imprevisti, scoprirò una volta rientrato a casa. Il corriere aveva dovuto telefonarle per concordare il ritiro del pacchetto. Non trovando l’indirizzo di casa nostra il poveretto stava girovagando senza meta. Sull’indirizzo di consegna c’era scritto Rossini (il compositore) anziché Rosmini (pensoso filosofo e teologo roveretano che dà il nome alla piazza dove abitiamo).

Suo malgrado l’ignaro spedizioniere, disperso tra una «esse» e una «emme», peregrinava niente meno che tra gl’infiniti spazi della musica, della filosofia, della teologia. Tra coordinate scoordinate e massimi sistemi, si capisce bene che a giostrarsi in questa maniera il minimo che possa capitare è di incorrere in qualche «distorsione», come quando si maneggia una chitarra elettrica.

Sorrido e penso, tra me e me, che quel buffo cortocircuito esse-emme non marca soltanto la differenza tra Rossini e Rosmini. Non ci si può ingannare: una buona dose di musica, un pizzico di filosofia, umorismo a non finire e, soprattutto, tanta fede nel buon Dio. Sì, qui c’è anche una buona fetta del pazzo mondo cattopunk costruito, un pezzo (musicale) alla volta, da Anita e Giuseppe, i nostri cari amici Mienmiuaif.

Neanche a dirlo, è loro il cd che aspettavamo con ansia: Quando saremo piccoli, l’EP (anche se nessuno sa bene cosa voglia dire) uscito proprio in questi giorni e realizzato con una pionieristica operazione di «marketing questuante», crowdfunding nella astrusa lingua albionica. Per i non questuati le tracce sono disponibili su iTunes.

Che dire? Faccio outing. Già da tempo immemorabile canticchio sotto la doccia – per la irrefrenabile gioia della vicina – i loro pezzi. Ma c’è di peggio. Come quando, tutto ad un tratto, sento risvegliarsi il supereroe dormiente in me. Questo ospite inquietante fa sempre le stesse cose, come costretto a seguire un oscuro rituale. Dapprima è solito impadronirsi della impolveratissima chitarra parcheggiata in qualche angolo della casa. Poi giunge il turno degli occhiali da sole. Una volta indossati, senza che io possa fare o dire nulla si realizza la mia trasformazione in Coverman, il coverizzatore (ufficioso e non autorizzato, beninteso) della Wedding Band. Non ci posso fare niente. Devo coverizzare. Non riesco a farne a meno. La mia vita da Coverman continua a darmi soddisfazioni, anche se ultimamente ho dovuto fronteggiare l’agguerrita concorrenza di Gabriele, otto anni di puro talento, che ha già ipotecato il futuro (per non dire il presente) della coverizzazione.

Ma per quanto prossimo al pre pensionamento, come potrei smettere? Amo la voce jazz di Anita. Perdo la testa per il surrealismo mistico di Giuseppe. Mi godo il duetto «rassicuratore» con Lorenzo Belluscio. Un sound ancor più valorizzato dal super arrangiamento di Federico Lopez. Senza parlare della band al completo (non presente nell’EP ma udibile nei concerti live dei Mienmiuaif). Allora vado in trance per gli assoli spettacolari di Enoch. Non mi schiodo dal ritmo tamburellante di Nicolò.

Non lo avete ancora capito? I Mienmiuaif sono terapeutici. Sono untori del buonumore. Altro che il vischioso eroticume di Despacito. La vera trasgressione di questa estate 2017 sta nell’amarsi fino in fondo. Senza guanti, naturalmente.

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