L’invadente

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di Emanuele Fant

Davide Rondoni è uno scrittore e contemporaneamente uno di poche parole (si vede che le finisce nella carta). Mi scrive: “Ci stai a fare un libro su fratel Ettore?”.Con il dubbio che non conosca le mie note biografiche, rispondo, scusandomi: “In verità io lo avrei già fatto, un libro su fratel Ettore“.

Replica: “Fanne uno migliore. Ci stai o no? Altrimenti ti sostituiamo”.

“Sto già aprendo il portatile”.

La proposta è di far parte della nuova collana di San Paolo “Vite esagerate” che racconta, tramite romanzi, la storia di grandi figure spirituali.

Resta il problema di cosa scrivere, visto che tutta la mia fascinazione per il camilliano dei barboni l’ho spremuta nel libricino in cui racconto come lo abbiamo incontrato, in età scolare.

Questa volta ci vuole una storia che stia fuori da me. Voglio vederlo più da lontano. E poi c’è un problema: fratel Ettore è morto solo dodici anni fa (a differenza degli altri protagonisti della collana), come posso romanzarlo, farne un personaggio, quando ancora in molti hanno memoria della persona?

Infine: che cosa mi resta davvero da dire di lui, che mi preme?

Svuotando i cassetti del servo di Dio, in vista del suo processo di beatificazione, tempo fa mi capitò tra le mani un articolo di cronaca nera impressionate. Parlava della morte di una parrocchiana per mano di un povero ospite della comunità di fratel Ettore. Il camilliano aveva riempito tutti i bordi con appunti a penna quasi illeggibili, nei quali si domandava furiosamente quale fosse il giusto atteggiamento da tenere di fronte all’accaduto: chiudere le sue comunità, come chiedevano i vicini? O dare aiuto ad ancora più persone, per contrastare l’evidenza del male? E poi, ancora: era più  urgente pregare per la donna defunta o per l’assassino in carcere? (Qui, in realtà, fratel Ettore una risposta se la dava: “Lei è già in paradiso, lui ha bisogno di conversione”).

Simili domande scarabocchiate a mano riportavano alla luce un fratel Ettore molto differente dal religioso naïf con la madonnina sulla macchina che in molti ricordiamo: un uomo condannato (per scelta) a calarsi nei fondali più torbidi del dolore. Un condottiero con tanti punti esclamativi, ma pure la ferita aperta di alcuni brucianti interrogativi.

Questa volta racconto in terza persona la storia di un mistico al limite che salva morti viventi a cento metri dalla rassicurante routine di una parrocchia normale. E di come l’incontro tra il tempio delle mezze misure e i suoi metodi estremi, sia destinato a portare scompiglio, o del bene ad entrambi.

 

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L’Invadente  il nuovo libro  di Emanuele Fant

http://www.ibs.it/code/9788821598395/fant-emanuele/invadente-fratel-ettore.html

 

3 pensieri su “L’invadente

  1. fra' Sereno (François Marie)

    Che bella presentazione. “La pastorale dello schiaffo” come dice papa Francesco, quella che porta scompiglio evangelico appunto

  2. monitore

    “E poi, ancora: era più urgente pregare per la donna defunta o per l’assassino in carcere? (Qui, in realtà, fratel Ettore una risposta se la dava: “Lei è già in paradiso, lui ha bisogno di conversione”).”

    Misericordismo ante litteram.

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