“Amor, ch’a nullo amato amar perdona”. L’inganno dell’amore omosessuale spiegato da Dante

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di Benedetta Frigerio   Intervista per TEMPI a Anthony Esolen, fra i maggiori traduttori inglesi della Divina Commedia. «Si ama davvero una cosa quando si riconosce la sua natura e il suo fine ultimo»

«“Amor, ch’a nullo amato amar perdona”. È questa la menzogna su cui si fonda la recente sentenza della Corte Suprema americana». Spiegando il verdetto federale che ha fatto dei rapporti omosessuali un diritto costituzionale pari al matrimonio, Anthony Esolen, fra i traduttori inglesi più noti della Divina Commedia di Dante Alighieri e professore di letteratura inglese al Providence College di Rhode Island, non può che tornare «all’inganno antico di cui parla Francesca nel canto V dell’Inferno».

Professore, lei ha scritto che l’amore omosessuale «non è amore, ma odio». Cosa intende?
Ho ripreso un’espressione del poeta Edmund Spenser. Si tratta del falso amore esclamato da Francesca nell’Inferno: «Amor, ch’a nullo amato amar perdona», per cui al vero amore sarebbe impossibile resistere, deve per forza essere contraccambiato. Perché Francesca lo afferma? Perché vuole scaricare la sua responsabilità sulle circostanze («galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse»), negando che la natura umana ci rende esseri liberi dotati di ragione. Ma se si negano la ragione e la libertà, anche la differenza fra la passione, l’attrazione, l’istinto e l’amore scompare. L’amore, infatti, implica il riconoscimento di uno scopo a cui si può scegliere di aderire o meno: si ama davvero una cosa quando si riconosce la sua natura e il suo fine ultimo e lo si rispetta, usandola per il suo scopo. Allo stesso modo, si ama una persona quando si agevola il suo cammino verso la meta per cui è stato creato. Per questo un uomo che vuole sposare un uomo non lo ama, ma lo odia. La natura dell’uomo, infatti, ha il suo compimento nel rapporto con la donna. Persino la biologia dimostra che l’uomo e la donna sono fatti per unirsi e diventare una carne sola. Perciò, dicendo che quella omosessuale è un’attrazione irresistibile, si giustifica, come fa Francesca, il proprio egoismo narcisista usando l’altro secondo le proprie voglie. Al contrario, Beatrice si muove verso Dante non per portarlo a sé, ma per condurlo in Paradiso: a conoscere il suo Creatore, Colui per cui Dante è fatto e in cui solo può trovare la sua piena realizzazione.

Chi ci rimette in questa interpretazione dell’amore come forza irresistibile e irrazionale?
Come dice il Papa nell’enciclica Laudato si’, siamo abituati a guardare le cose come materia da manipolare a nostro piacimento. Parliamo dei bambini come fossero cose, fino a teorizzare che sia giusto usarli come strumenti da indottrinare al fine di cambiare le idee dei loro genitori e quindi della società bigotta. Se invece li guardassimo con onestà, ci accorgeremmo della loro innocenza, che ci avvicina al divino, da contemplare e da proteggere come un valore. E così, al posto di usarli, li serviremmo, sacrificando i nostri istinti in loro favore. Se non cerchiamo di conoscere, se non ci facciamo delle domande sull’essere e sul suo significato tradiamo, oltre che gli altri, la nostra stessa natura razionale trasformandoci in esseri capaci delle follie peggiori.

Lei ha scritto che oggi c’è confusione anche sul riconoscimento di ciò che è evidente e questo perché abbiamo perso la capacità di usare la coscienza. Cosa intende?
La rivoluzione sessuale ci ha convinti che importa solo quello che vuole il soggetto, indipendentemente dal discernimento sulla bontà del suo desiderio e sulle conseguenze che ha sugli altri. Così la Corte Suprema, schiava di un concetto astratto di amore e di diritto, ha emesso una sentenza in cui l’amore concreto, il diritto naturale e il bene comune sono soppiantati dal potere dei giudici e dall’individualismo.

Perché l’uomo non usa più la ragione per conoscere la realtà?
La ragione non viene più usata perché manca un’educazione, un allenamento alla bellezza. Siamo facilmente ingannati dai media e finiamo per accontentarci. Abbiamo perso la capacità di immaginare, come dice C. S. Lewis che spiegava che se la ragione è l’organo della verità, l’immaginazione è quello del significato. In altre parole, non riusciamo a comprendere il vero significato di una parola, “amore”, senza un’immagine collegata ad essa. Il mondo ci fornisce immagini dell’amore riduttive. Per questo il potere odia la tradizione che, al contrario, ci fornisce immagini alte. Abbiamo sostituito Shakespeare con una svilente educazione sessuale.

Basta Shakespeare?
Ci credo perché l’ho visto con i miei studenti. Mi spiego con un esempio: i personaggi femminili di Shakespeare sono così puri, pieni di grazia e belli da suscitare ammirazione in chi legge. Lo stesso accade di fronte all’amore vissuto e descritto da tanti altri poeti e letterati. I giovani desiderano ancora l’amore vero, ma non lo sanno finché non scoprono cos’è. Finché, come dice appunto Lewis, non hanno davanti un’immagine che esemplifichi che cosa significhi adorare e rispettare l’amato. Ho visto giovani ispirati dalla letteratura e dalla poesia.

Basta davvero solo un libro?
Certamente, se i giovani non incontrano persone che incarnano l’amore vero faranno più fatica a convincersi che sia ancora possibile amarsi così. Per questo bisogna continuare a dire la verità sull’amore e, nello stesso tempo, occorre viverla. Noi cristiani dobbiamo cambiare. E fare, come i primi di noi, che non divorziavano, che non uccidevano i loro figli, che soccorrevano i deboli e gli anziani. In una parola dobbiamo amarci davvero. I pagani vedendoli si convertivano. Sarà una lotta non senza travaglio, perché veniamo da oltre cinquant’anni di diseducazione.

 

56 pensieri su ““Amor, ch’a nullo amato amar perdona”. L’inganno dell’amore omosessuale spiegato da Dante

    1. …dove anche si dimostra che Francesca era molto
      meglio che stesse sottomessa (nel senso di posta sotto a basamento, ovviamente e paolinamente)
      (un bellissimo canto della Divina Commedia
      ridotto miseramente a una mera condanna dell’amore)
      (perfino, forzatamente, omosessuale)!

  1. Esolen è un grande! Quanto a Paolo e Francesca, dev’essere l’episodio più frainteso della Divina Commedia. Tutti (Benigni buon ultimo, ovviamente…) a sbrodolare su quanto sono dolci, quanto sono romantici, quanto sono innamorati… Ma nel «Questi che mai da me non fia diviso» ci si sente il digrignare dei denti (mai, mai, mai, ce l’ho appiccicato/a addosso e non me lo/la spiccicherò mai, mai, mai…).

      1. Orazio Pecci

        A dire il vero e a guardarlo bene, non è mica sicuro che Paolo è poi tanto contento di aver la signora avvinta come l’edera…

  2. …sembra quasi scritto dalla Miriano sotto pseudonimo!
    ( non uccidere i figli, soccorrere gli anziani, aiutare i più deboli:
    sono cose che tanti già fanno) (anche cristiani)

    p.s. Anthony Esolen non capisce nulla di poesia (almeno di questa)!

    1. Orazio Pecci

      Anthony Esolen’s [relatively] new translation of Dante’s Divine Comedy is my personal favorite for leisure reading. Here he captures the high drama, rage, fear, and pathos of Dante’s poem better than any other translator I’ve read (and I’ve read many). I had already read Inferno umpteen times when I bought Esolen’s translation, and it was like reading it for the first time again. I was almost brought to tears by Ugolino and his story, a story, like I said, that I had already read what seemed like a million times. A good translator makes the familiar seem new again, and Esolen’s version of Dante accomplishes just that.
      One nice thing, poetically, about this translation is that Esolen avoids most of the flaws of other translations. His poetry is neither ridiculously ornate nor boringly literal, as many have the tendency to be. He walks the tightrope gracefully, sticking to an iambic pentameter line. He doesn’t attempt to force rhyme on the translation (the fatal flaw of the otherwise excellent translation by Dorothy Sayers), but does use a rhyme when it presents itself naturally.
      This translation is highly recommended for anyone interested in The Divine Comedy. The notes section is scanty, especially compared to the Ciardi and Musa translations, but should be quite enough for even beginning readers.

      1. Orazio Pecci:

        “Anthony Esolen’s [relatively] new translation of Dante’s Divine Comedy is my personal favorite for leisure reading”

        “my favorite” di chi?

        1. Orazio Pecci

          Perché Anthony Esolen è uno che ha perso un po’ di tempo per tradurre Dante in inglese (americano). E lo ha fatto bene, come testimonia il loquente inglese americano citato più sopra, nella sua lingua. Anthony Esolen di poesia ne capisce eccome, e anche di inglese e di italiano. Se un’opinione su Dante varrebbe la pena di considerarla invece di farci del sarcasmo un tanto al chilo, come il signor filsofiazero.

              1. …significato dantesco dell’accidia (molto più che la semplice pigrizia):

                “Fitti nel limo dicon: Tristi fummo
                Nell’aer dolce che del sol s’allegra,
                Portando dentro accidioso fummo:
                Or ci attristiam nella belletta negra.”

        2. Anonimo69

          Belle e nobili parole, ma esse riposano sul fatto che si accetti la verità cristiana, sul fatto che si ama per davvero solo quando si parta dal presupposto che la persona amata è tale solo perchè “si riconosce la sua natura e il suo fine ultimo e lo si rispetta, usandola per il suo scopo. Allo stesso modo, si ama una persona quando si agevola il suo cammino verso la meta per cui è stato creato”.
          Per meglio chiarire: una tale concezione dell’amore è vera solo per chi riconosce un senso teleologico all’esistenza e all’operato umano (e nell’accezione cristiana per giunta).
          Ne conseguirebbe, a quanto ho capito, che un ateo materialista non sarebbe capace di provare e portare il vero amore, a meno che non mutasse la sua visione del mondo…………molto interessante!
          Sono d’accordo che un omosessuale se vuole amare qualcuno deve farlo FUORI dal cristianesimo (o perlomeno fuori dal cattolicesimo, perchè soprattutto quest’ultimo ritiene che l’amore abbia uno scopo conforme al “fine” per cui le creature sono state create).
          Naturalmente sto parlando dell’amore completo (anche fisico) verso qualcuno, NON dell’amore in generale verso il prossimo.
          La Corte suprema, dovrebbe, almeno in teoria, analizzare le questioni che le vengono rivolte sotto il profilo del diritto positivo e non potrebbe guardare a categorie molto controverse e soggettive come il diritto naturale, il bene comune e l’amore concreto (quante opinioni diverse in merito a tali concetti!).
          Quasi tutti i lettori di Dante, hanno commesso l’errore di Benigni, che è quello di voler chiarire e specificare il significato dei versi danteschi, forzandolo in un senso o in un altro.
          NO! Perchè al profondo significato della Commedia ci si arriva con l’INTUITO e NON con un insegnamento ex cathedra.
          L’unico lettore che inquadrò bene il capolavoro dantesco fu il grande Carmelo Bene, che non faceva precedere la sua “lectura dantis” da spiegazioni e chiarimenti, ma lasciava che gli ascoltatori intuissero la profondità del testo attraverso le spendide modulazioni della sua inimitabile voce. Come avviene per l’ascolto di una musica.
          I personaggi di Shakespeare sono sublimi anche quando malvagi (lady Macbeth, Jago) o furfanti (Falstaff) o anche quando la natura del loro amore non si sa bene quale sia (Amleto). I personaggi del grande “Bardo” suscitano l’ammirazione di chi legge perchè sono tutti, a loro modo, “grandi anime” non tanto perchè sono “puri, pieni di grazia e belli”.
          L’amore, come lo intende Esolen sta a valle, l’adesione al cristianesimo sta a monte. A69

          1. Anonimo69

            PS: Naturalmente è condivisibile che anche Dante (buon cattolico) avesse la concezione dell’amore che illustra Esolen (almeno cosiì parrebbe). A69

  3. germana

    Questa vision errata dell’amore (un forza a cui non puoi resistere e che condizioni ali tuo agire) si adatta bene anche agli etero sessuali che abbandonano la mogli/marito ed i figli magari dopo anni di matrimonio,e quando gli chiedi di ragionare ti dicono che”è l’amore” e loro non possono farci nulla

  4. Personalmente non sono d’accordo con questa interpretazione: non per nulla quello dei lussuriosi è il primo girone dell’inferno vero e proprio, mentre il marito assassino sarà condannato al girone più profondo, quello dei traditori.
    E non dobbiamo dimenticare la storia di Francesca, merce di scambio di accordi tra famiglie, ingannata purché il contratto avvenisse, usata negli intrighi tra potenti, così come è stato usato Paolo, che hanno ignorato e calpestato la loro interiorità.
    Secondo me, qui ritorna semplicemente un leitmotiv che pervade tutta la Commedia, e che ritornerà spesso, fino all’ultimo canto del Paradiso: l’amore come forza (non come sentimento), come motore, che spinge l’uomo anche a fare ciò che non vorrebbe e dunque di natura superiore ad esso. Se segue il suo corso naturale, porta a Dio, ma se inquinato dal male, cioè dal suo contrario, porta all’inferno.
    Trovo illuminante da questo punto di vista ciò che dice Davide Rondoni, poeta e profondo conoscitore della Commedia, in questa piccola intervista:
    http://ilpalazzodisichelgaita.wordpress.com/2014/06/20/lamore-dai-trovatori-a-dante-intervista-a-davide-rondoni/

    1. Anonimo69

      @ Mercuriade

      Molto interessante quello che dici, infatti anch’io avevo dei dubbi ( è condivisibile che anche Dante – buon cattolico – avesse la concezione dell’amore che illustra Esolen – ALMENO COSì PARREBBE – ).

      E che a Dante la poesia franco-provenzale e le sue tematiche non fossero ignote, è certo (c’è addirittura un piccolo brano, nel purgatorio, in lingua d’oc) e che tutto non debba esaurirsi in una interpretazione tomistica del poema è pure certo.

      Anche se, d’altro canto, non si può dire che la componente tomistica, manchi nella Commedia.

      Stante questa indeterminatezza e pluralità di significati, ecco perchè la migliore lettura del poema dantesco fu quella di Carmelo Bene. A69

          1. Il quale, a sua volta, la trasse dall’anonimo “Ottimo Commento”. Personalmente non liquiderei tutto come “farina del sacco di Boccaccio”, d’altronde non era passato tanto tempo.
            Può essere semplicemente che una circostanza taciuta ufficialmente per paura di ritorsioni da parte delle famiglie (potentissime) ma passata di bocca in bocca con lo shock che suscitò il fattaccio, al momento buono fosse venuta fuori per iscritto.
            A quel tempo, purtroppo, i matrimoni forzati erano ordinaria amministrazione, e sono diffusissimi i lamenti delle “malmaritate”.
            Quindi, un punto interrogativo lo lascerei.

            1. Orazio Pecci

              Ma se i matrimoni forzati erano ordinaria amministrazione, non sarà stata ordinaria amministrazione anche che i mariti cornificati procedessero all’eliminazione fisica delle consorti fedigrafe e relativi drudi? E in questo caso, pensa davvero che un “fattaccio” di tanto ordinaria amministrazione potesse suscitare tanto shock? Quanto alle potentissime famiglie, se erano tanto potenti da farsi alta e bassa giustizia pare strano che potessero preoccuparsi di non farlo sapere in giro. DI chi avrebbero dovuto aver paura i Malatesta? Dei Polentani? Poco credibile: per i costumi del tempo, i parenti di Francesca avrebbero dovuto dar ragione al cornuton 😉

              1. Cavaliere di San Michele

                Per Orazio Pecci, 15:37

                Fedifraghe, per favore, non fedigrafe. La scrittura non c’entra niente… 😉

                1. Orazio Pecci

                  Giusto 🙂
                  Certo, volendo provare a volversi in se medesmi coi denti si potrebbe opinare che la scrittura c’entra almeno per via del contratto di matrimonio tra il Malatesta e la Polentana, ma non stiamo qui a sezionare crini 😉

              2. E’ una domanda che mi sono fatta anche io: Gianciotto Malatesta ha agito nella legalità più completa, il “delitto d’onore” era previsto già dal diritto romano.
                Evidentemente, le potenti famiglie gli diedero ragione, ma non l’ “opinione pubblica”, tant’è vero che anche Dante lo condanna. Chissà quante storie di questo tipo ci saranno state, e i documenti le testimoniano. Perché questa fece tanto rumore?

                1. Orazio Pecci

                  Ma chi lo dice che ha fatto rumore? Questo è il punto. “Il racconto dantesco resta l’unica testimonianza antica intorno al dramma di adulterio e di morte consumato alla corte malatestiana, ignorato dalle cronache e dai documenti locali coevi o posteriori. Gli aneddoti e le informazioni di alcuni antichi esegeti derivano sostanzialmente, attraverso una rete visibile di deduzioni fantastiche, dalla casta versione di Dante. Tanto è vero che né Pietro Alighieri (che soggiornò a Ravenna), né i bolognesi Graziolo Bambaglioli e Iacopo della Lana vanno oltre l’identificazione storica degli adulteri protagonisti della rappresentazione infernale. La tradizione leggendaria, che liberamente rielabora il dettato dantesco, ricamandone i rari ed esili dati storici, sembra nascere a Firenze a opera dell’autore dell’Ottimo Commento, ” (http://www.treccani.it/enciclopedia/francesca-da-rimini_(Enciclopedia-Dantesca)/

                  Di documentato c’è solo che: Giovanni Malatesta e Francesca da Polenta si sono sposati, che hanno avuto una figlia (Concordia, come la nonna paterna), che verso il 1286 lui si è risposato e che nel 1304 è morto.

                  Materiale per un best seller da autogrill? E se fosse tutta una spiritosa invenzione di Dante? Una macchina (o carretta) del fango ante litteram? In fondo Dante era filo-Polentani e aveva qualche piccola ruggine con i Malatesta. Ha presente quel che dice del padre e del fratello di Paolo e Giovanni ( il Mastin vecchio e il nuovo da Verucchio)?

                  1. Mah, tutto è possibile.
                    Comunque l’argomento da silenzio è qualcosa che va trattato con una certa prudenza. L’Ottimo Commento è stato scritto dopo poco, quando la memoria era ancora fresca. Perché nessuno si è preoccupato di smentire? Non basta dire “di quella cosa non si parla quindi non c’era”, perché ad un certo punto è venuta fuori.
                    Un’ipotesi che si potrebbe fare è che il fattaccio fosse stato ufficialmente messo a tacere all’inizio. Il silenzio, però, mormora nella memoria della gente, e al momento opportuno, quando non era più pericoloso tirarla fuori, questa storia è stata messa per iscritto.

          2. Anonimo69

            Quella di Gassmann fu senza dubbio una grande interpretazione, ma anche lui commetteva lo stesso errore di fondo che ha commesso Benigni, quello cioè di cercare di spiegare e chiarire, previamente, il senso ed il significato dei versi del sommo poeta.
            C. Bene, non lo faceva, lasciava tutto all’intuito dell’ascoltatore, dimodochè l’ascolto della lectura dantis diventava qualcosa di simile all’ascolto di una sinfonia di Beethoven o di Rossini o di altri. A69

            1. Orazio Pecci

              La Lectura Dantis èla lettura pubblica ad alta voce delle opere di Dante, in specie la Divina Commedia. La formula, inaugurata dal già ricordato Giovanni Boccaccio alla Badia Fiorentina il 23 ottobre 1373 comprende 1) declamazione e 2) commento dei versi. Ergo, quella di Carmelo Bene non era Lectura Dantis, era una carmelobenata. Bella? Probabilmente. Buona? Chissà. Lectura Dantis? No!

              1. Anonimo69

                Anche se, in effetti, dai tempi del Boccaccio, oltre alla declamazione c’è sempre, o quasi, stato il commento, a mio modestissimo avviso, hanno TUTTI (tranne Carmelo Bene) sbagliato! Perchè, con un commento, si finisce sempre con l’attribuire forzatamente all’opera di Dante, un significato, fra gli altri, che il lettore ritiene quello giusto.

                Invece NO! Deve essere l’ascoltatore con la sua sensibilità ad arguire, intuire, subodorare il significato (o la senzazione) profondo, recondito e soggettivo, della poesia dantesca (come di qualsiasi altra poesia).

                Non è saggistica, la Commedia, è POESIA ed il “bello” è la sua essenza. Che la “carmelobenata” fosse “bella”, ERA L’IMPORTANTE! Che fosse “buona” o “filogicamente apprezzabile” era MOLTO MENO importante (se non addirittura controproducente, nel momento della pura fruizione dell’opera d’arte)

                Come ho detto altre volte, l’arte è una sola (non ci sono le arti) che si esprime in diversi modi (coi suoni, con gli scritti, con le raffigurazioni ecc.), per questo, a mio avviso, il modo corretto di ascoltare la lectura dantis è similare all’ascolto di un grande brano di musica che, chiunque, dotato di una qualche sensibilità, può apprezzare, a prescindere dalla sua conoscenza della storia della musica. Conoscenza che è importante sotto diversi aspetti, ma non sotto quello strettamente artistico (o estetico, che dir si voglia).

                Insomma: il commento e l’analisi storico-linguistica-contenutistica sono utili, in un secondo momento e “a freddo”, per valutare la Commedia (come qualsiasi opera poetica) sotto il profilo storico e culturale, ma NON sotto il profilo artistico che prescinde (secondo me), nella fase della sua rappresentazione, da quel commento e da quell’analisi.

                La rappresentazione artistica è un istante magico ed ineffabile, che si limita ad esprimere la “bellezza” nella sua indicibilità.

                Poi, a casa, il fruitore, ripensando alla cosa, leggerà e si informerà sui significati culturali, linguistici, di contenuto, che sono AGGIUNTIVI rispetto al valore artistico dell’opera cui gli è toccato di godere e che è, come ho detto sopra, oggetto di intuizione, ma non di apprendimento. A69

                  1. Anonimo69

                    In che senso “scritto da Victor Hugo”? Casomai ciò che ho scritto è più assimilabile alla concezione dell’arte che aveva O. Wilde (per il quale l’arte “non significa che sè stessa”). A69

                    1. Anonimo69

                      @ Orazio Pecci

                      avere una concezione dell’arte fine a se stessa, non educativa, non politica, come l’avevano i parnassiani, NON significa non essere originale e non produrre opere uniche (come ha fatto Wilde).

                      Come essere un verista non significa produrre opere uguali a quelle degli altri veristi.

                      Una concezione a-contenutistica dell’arte fu anche (per me giustamente) teorizzata anche dal Croce. A69

                      PS: per caso lei è parente di Leone XIII (al secolo V. G. Pecci)?

    2. Orazio Pecci

      @ Mercuriade, che dice “il marito assassino sarà condannato al girone più profondo, quello dei traditori.” Mica vero! E’ Francesca, compresibilmente per altro, ad affermare che ci finirà. Ma tra il wishful thinking e la realizzazione del wish ce ne passa, non ti pare.

        1. Orazio Pecci

          E se ci fidassimo della concretezza contadina 🙂 di Natuzza Evolo? “Dante Alighieri …ha rivelato di aver scontato trecento anni di Purgatorio, prima di poter entrare in Paradiso, perché anche se aveva composto sotto ispirazione divina, le cantiche della Commedia, purtroppo aveva dato spazio, nel suo cuore, alle proprie simpatie ed antipatie personali, nell’assegnare i premi e le pene: da qui il castigo di trecento anni di Purgatorio, trascorsi però al Prato Verde, senza soffrire altra sofferenza che quella della mancanza di Dio. ” http://www.servoinutile.it/?p=2262

          1. Anonimo69

            Bisognerebbe credere a Natuzza Evolo, ma in ambito non cattolico non ci crede nessuno e in ambito cattolico sono molti quelli che non ci credono: è troppo poco.

            Natuzza Evolo, garantiva solo per se stessa: è ancora troppo poco, quando le scritture ci ammoniscono di diffidare dei falsi profeti che, magari, fanno dei portenti, e quando nemmeno la chiesa si pronuncia ufficialmente (ed, ufficiosamente, si pronuncia in termini assai dubitativi). A69

            1. Orazio Pecci

              Pardòn, non avevo capito di aver a che fare con l’uomo superiore dell’I King. Quello che la chiesa e le scritture le scrive rigorosamente minuscole pur non disdegnando di servirsne per tenere in riga la plebaglia…

              1. Anonimo69

                NOn sono un uomo superiore, non sono l’I king. Sono, purtroppo, una persona piena di difetti e che fa molti refusi quando scrive.

                Dico solo che a Natuzza Evolo c’è tantissima gente che non ci crede (anche in ambito cattolico). Perchè dovrei fidarmi della sua concretezza contadina? Quando di gente munita di concretezza contadina che la pensa diversamente, ce nè tanta? A69

                1. Orazio Pecci

                  Eheheh. Ma mi dica: chi le fa pensare che Dante sia più credibile di Natuzza in quanto agli inquilini di inf e purg?

                  1. Anonimo69

                    Per me non è credibile nessuno dei 2, perchè i passi biblici che trattano dell’ “esistenza” oltremondana, sono di carattere allegorico e simbolico, e quindi non ci è dato di conoscere con esattezza la condizione dei morti (e nemmeno se è possibile entrare in contatto con loro).
                    In quanto alle esperienze di premorte (NDE), a parte che ci sono spiegazioni scientifiche alternative alla “sbirciata nelll’aldilà”, deve dirsi che se ci sono alcuni elementi generalissimi in comune (il “tunnel” e gli “esseri di luce”) le esperienze che seguono sono fra loro diversissime: alcuni dicono di aver visto entità riferibili al cattolicesimo, altri dicono di aver visto entità riferibili ad altre religioni o ad una religione indefinibile, e, i discorsi che hanno fatto queste entità sono spesso (a quanto riferito) di segno diverso.

                    Dante non è credibile perchè era solo un poeta (un grande poeta) ed ha fatto poesia, non cronaca, e, Natuzza non è credibile, perchè non sappiamo se quello che lei diceva di aver visto era una realtà o una sua suggestione. Nè la chiesa (consapevole di ciò) afferma niente. A69

      1. Anonimo69

        Ma non è nemmeno da escludere che ci finisca per davvero, nella “Caina”, il sig. Gianciotto! A69

  5. Brunetto Latini, sodomita, condannato all’Inferno,
    così Dante gli si rivolge:

    “Se fosse tutto pieno il mio dimando”,
    rispuos’io lui, “voi non sareste ancora
    de l’umana natura posto in bando;

    ché ‘n la mente m’è fitta, e or m’accora,
    la cara e buona imagine paterna
    di voi quando nel mondo ad ora ad ora

    m’insegnavate come l’uom s’etterna:
    e quant’io l’abbia in grado, mentr’io vivo
    convien che ne la mia lingua si scerna.”

  6. Luigi

    Perdonate l’OT, a proposito di libri e di amore, voi quale libro consigliereste per aiutare i genitori ad educare i propri figli fin dai primi giorni? A volte il troppo “amore” rischia di danneggiare, di “viziare”, di non dare le giuste priorità nell’educazione dei figli. Per chi ha esperienza, pur nella peculiarità del carattere “unico” di ogni genitore e di ogni bambino, oltre a mettere del proprio e del personale nell’educazione avete cercato di utilizzare anche qualche metodo pedagogico tipo Montessori o altro? E se si come vi siete trovati? Si accettano consigli,
    Grazie
    Luigi

    1. Anonimo69

      Ma gli faccia leggere “I 3 moschettieri”, “20.000 leghe sotto i mari” e libri simili, che danno spazio all’avventura ed all’immaginazione e pongono le premesse per comprendere anche sentimenti pervasivi come l’amore! A69

      1. Anonimo69

        Questi sopra per i figli quando impareranno a leggere. Per i genitori, invece, non c’è da sbagliarsi: i classici della letteratura: Shakespeare, Cervantes, Dostoevskji, Tolstoj, Manzoni, Pirandello, Mann, Thackeray ecc.

        Da quelli non si finisce mai di imparare, per chi sa trarvi (ed è possibile) insegnamenti per la vita pratica e, quindi, anche per il difficile mestiere di genitore. A69

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