Donne cattoliche, vorreste più spazio nella Chiesa?

CMIo personalmente non vorrei più spazio nella Chiesa, anzi, se qualche uomo di Chiesa viene a casa mia gli trovo io uno spazio per fare qualcosa (versioni di greco, merende, dubbi esistenziali preadolescenziali…). Ma capisco di essere in una posizione particolare, e dunque, poiché il Papa vuole promuovere il nostro ruolo attivo nella comunità ecclesiale, chiedo alle mie amiche cattoliche – e solo a quelle – se loro vorrebbero essere più ascoltate nella Chiesa, e in che modo concreto, e se qualche volta si sono sentite trasparenti anche negli ambienti ecclesiali (oltre che nel resto del mondo).

Costanza Miriano

leggi anche Le donne nella Chiesa sono il vento

78 pensieri su “Donne cattoliche, vorreste più spazio nella Chiesa?

  1. Io sono cattolica e appartengo alla fraternità di CL e vedo nascere tante opere di cui sono protagoniste le donne, compresa me ,le quali, con i propri talenti e propensioni ,si aprono alle periferie del mondo , luogo , come dice Papa Francesco, che appartiene alla realtà che ci chiama. Ciao e grazie

    1. Annalisa

      Ciao mondidascoprire, anche io sono una “ciellina”… e confermo che nel nostro movimento le donne hanno molti ruoli importanti e interessanti che mettono al servizio dei più deboli, che sono una voce indispensabile della Chiesa e non credo nessuna chieda più di così. Al di fuori del movimento io sono catechista nella mia parrocchia e in più faccio parte di un gruppo di formazione apologetica del “Timone” e la mia vocazione ne è appagata in pieno. Trovo che se una donna è parte viva della Chiesa, è difficile che si senta messa parte, perché quello che abbiamo da dare è molto. Di salire sull’altare non ne ho la minima intenzione…lasciamolo fare a chi è stato incaricato di farlo… 🙂

  2. Irene85

    Io sono donna (ragazza), cattolica (almeno mi pare), credente (sì, io credo) e praticante (forse non abbastanza). Non credo di voler più spazio nella Chiesa, direi di no. Anzi, mi piacerebbe più partecipazione maschile. Nel mio paesino di 1200 anime nella pianura trevigiana un tempo la vita in parrocchia era riservata quasi esclusivamente agli uomini, attualmente sembrano estinti. Nella Chiesa, quella grande, bella e discussa ritengo che le donne possano essere utili nè più nè meno di quanto lo siano state fino ad ora: pregando.

  3. cielomare

    Molte volte donne e uomini non cattolici parlano a nome nostro. Forse però travisano :io sono una donna peccatrice e cattolica ma già da moltissimi anni sono stata accolta dalla chiesa con amore, come una figlia prediletta sono contenta del mio ruolo e soddisfatta :figlia ,sposa,madre ,nonna.Tanto impegno per testimoniare in tutti questi ambiti che non ambisco ad avanzamenti di carriera nella chiesa che rimane sempre la mia carissima MADRE.Scusate gli errori ho scritto di getto.

  4. Sono donna e cattolica. Ovviamente rispondo in base alla mia personale esperienza e posso dire che non è che manca lo spazio, ma forse da parte di più di un sacerdote, soprattutto, manca il riconoscimento di alcune capacità che è il preambolo all’affidamento di responsabilità più importanti all’interno della Chiesa. Secondo me sono soprattutto i sacerdoti in parrocchia che devono fare qualche passettino di quelli giusti verso le donne. Non ho esperienza di uomini di Chiesa più in alto….
    Grazie Costanza per tutto ciò che ci offri in questo blog!

  5. Franca 35

    Cara Costanza, ti va bene il parere di una cristiana cattolica avviata agli ottant’anni?
    Sono pervenuta ad occupare un posticino nella Chiesa in parrocchia, circa 40 anni or sono, e ho fatto di tutto un po’: ho frequentato seminari e corsi di teologia per laici, ho allestito spettacoli, giornale, fiere di beneficenza, catechesi per adulti, preparazione di adulti alla Cresima in occasione del matrimonio, ritiri spirituali in ogni dove, pulizia della chiesa, Caritas e soprattutto catechismo ai bimbi. Ora ho diminuito molto la mia opera, per ovvie ragioni, (anche se l’estate scorsa mi sono impegnata per la raccolta delle firme per Unodinoi), ma sto portando i miei ragazzi alla Cresima, con fatica ed entusiasmo. Con mio marito siamo stati, per qualche anno, anche missionari laici con i frati francescani in Abruzzo, durante le missioni al popolo, e ogni volta è stata una grazia a piene mani.
    Sono sempre andata d’accordo con i miei sacerdoti, che ricordo tutti con affetto, e devo proprio dire che la mia Chiesa ha riempito i miei giorni, il mio cuore e le mie preghiere. E in questi giorni sono orgogliosa del fatto che il Vescovo Bassetti, che ha iniziato il suo incarico proprio nella mia Diocesi, sia stato nominato Cardinale. Lode al Signore per tutto quanto, e grazie alla Vergine Maria che mi ha riempito sempre di gioia durante il mio cammino in parrocchia. Ciao, con affetto.

  6. admin

    Riporto alcune risposte da twitter:

    GIOVANNA sarà che, secondo me, noi donne abbiamo uno spazio così enorme di azione, che io questa “limitazione” non la sento proprio.

    MAESTRASERENA se per chiesa si intende un ufficio in Vaticano, ultimamente le donne ne occupano diversi, se si intende uno spazio di ascolto, quello serve sempre. Per essere più protagoniste nell’evangelizzazione, quello è già compito nostro come battezzate. Ma tanto si capiva, no? Non smanio neanche per un posto al consiglio pastorale parrocchiale, ma ci sono donne lì

    MONICA chi vuole servire questo problema non ce l’ha,in piu’ la chiesa che vuole imitare Gesu’ conosce il valore delle donne

    CINZIA Credo che se c’e’ un posto dove spazio non manchi,sia proprio la Chiesa,nella quale noi donne godiamo di profondo rispetto

    FRANCA Direi che sia più che sufficiente quello che c’è… E non è poco!

    AVALENT ci sono già troppe catechiste. Urgono catechisti uomini per esempio

    CRISTINA assolutamente serena!Vivo una realtà in cui le donne sono coinvolte e considerate tanto quanto gli uomini!Grazie

    ORSESTA più spazio in che senso… per carità! Finisce che diventa un gineceo!! 🙂

  7. Leggo ora sul corriere della sera un’intervista a ermanno Olmi:

    – Ma non era il vecchio Olmi il simbolo stesso di una certa fede? Il regista cristiano?

    – “Pensano a Olmi come al bambino che andava all’oratorio: chi è Dio? “Dio è l’essere perfettisiimo…”
    Ma ce ne vuole, per essere cristiano. Diciamo che sono un aspirante cristiano…
    Essere cristiano vuol dire non derogare dai comportamenti che Cristo ci ha lasciato. E anch’io, invece…
    Come faccio a dirmi cristiano?”

    1. Cosa c’entrerebbe di grazia qui questo discorso?
      Alvise abbi la grazia almeno ogni tanto di rispettare il tema, seppure quello che proponi potrebbe generare qualche riflessione.

    2. Giusi

      Oltre ad uscirtene come un cavolo a merenda (come sempre) sei pure obsoleto. Dall’Albero degli zoccoli (1978) a Centochiodi (2007) intercorrono quasi 30 anni e già allora, 7 anni fa, a proposito dell’ultimo film citato si scrissero pagine e pagine circa il fatto che Olmi fosse ormai solo il simbolo di se stesso. Penso che possiamo sopravvivere qualunque sia il modo nel quale voglia definirsi Olmi.

  8. Silvia Tomaselli

    Premesso che a me sta bene essere trasparente per il mondo, francamente vorrei vedere molti più uomini interessati alla Chiesa; e la questione non è tanto, a mio avviso: più donne, meno donne, quanto piuttosto più persone intelligenti, fattive, collaborative, costruttive. E capaci di lavorare in gruppo, donne o uomini che siano.
    Se mi rifaccio alla mia esperienza,devo dire che le donne, in genere, si rivolgono alla Chiesa per avere un potere che altrimenti non avrebbero o hanno perso, particolare questo che limita o inficia del tutto il loro contributo.
    Per quello che riguarda me, se un Sacerdote dovesse ravvisare la necessità di una mia partecipazione attiva, forse sarei disponibile; spontaneamente no

  9. Lorenza

    Ho appena finito di leggere per la seconda volta”la mia natura é il fuoco” di de Whol su Santa Caterina da Siena. Il suo ruolo nella Chiesa del ‘300 é stato fondamentale. Era una donna analfabeta e umile, figlia di un tintore. Ha riportato il Papà da Avignone a Roma, ha trattato la pace per Firenze, ha incontrato i potenti del mondo. Solo nella Chiesa, in forza della fede e della santità una donna senza alcun potere puó acquistare un simile peso. Mi permetto anche di segnalare il libro di Regine Pernoud “La donna al tempo delle cattedrali” . Il mondo non ha nulla da insegnare alla Chiesa sulla donna e sulla sua dignità, e tutte le conquiste femminili moderne derivano dalla cultura cattolica.

  10. Lalla

    È la questione stessa ad essere mal posta, non da parte di Costanza ovviamente. Il modo di porsi cristiano (maschile o femminile) non può né deve essere la rivendicazione di uno spazio (o di un ruolo, o di un potere, o di un ascendente…o comunque lo si voglia declinare). Se la domanda fosse: “Come posso io donna servire Dio e il prossimo il meglio possibile, secondo la mia propria vocazione?” (perché oltretutto le donne non sono mica un tutte uguali, hanno carismi e vocazioni diverse) allora la mia risposta sarebbe: di sicuro la Chiesa (di cui del resto già fai parte come cattolica) già ti offre la possibilità di mettere a frutto la tua vocazione: cerca, e se la tua ricerca è autentica, in armonia con la tua vocazione e supportata dalla preghiera e dai sacramenti, troverai il modo e il luogo per dare grandi frutti.

  11. Giusi

    La donna nella Chiesa si prende lo spazio che si merita. Non faccio nessun elenco perchè sarebbe troppo lungo. Non ci sono le quote rosa, tutte donne di valore, nessun rischio di trovare le Minetti o le Madia.

  12. Posso dire una cosa un po’ scomoda, anche se sono maschio?
    Io non vorrei donne in posizioni di potere nella Chiesa, però non vorrei nemmeno dei maschi in posizioni di potere. Io vorrei che non ci fossero posizioni di potere, ma di servizio.
    E non è solo una boutade, perché purtroppo spesso sono vescovi, cardinali e preti ad interpretare il loro servizio come potere.
    Se si mette a posto questo dettaglio credo che tutto filerebbe meglio.

    1. Giusi

      Certamente. Lo spazio al quale mi riferivo è spazio per servire. E’ quello che hanno fatto e fanno tutte le “grandi” donne e i “grandi” uomini nella Chiesa.

    2. Alessandro

      Ma che c’è che non va con il potere? E’ una deformazione sessantottina (per intenderci) la convinzione che il potere sia sinonimo di prevaricazione, di sopraffazione, e che chi esercita il potere occupi una posizione di iniqua discriminazione nei confronti di coloro sui quali esercita il potere.
      Da contestare è il potere degenerato, abusato, degradato a violenza, ad arbitraria tracotanza, non il potere in quanto tale.
      Che qualcuno comandi e altri obbediscano è necessario al prosperare di ogni umana società ed è intrinseco alla Chiesa. Quando il Papa, esercitando un potere che solo lui può esercitare tra gli esseri umani, proclama una verità di Fede, io ringrazio Dio e obbedisco (e devo obbedire), non mi lagno del fatto che il Papa occupi una posizione di potere che io non occupo, non mi sento conculcato nella mia dignità. Certo, si tratta del potere del servus servorum Dei, ma si tratta di schietto e pretto potere: inutile e dannoso esorcizzare il vocabolo e ciò che significa.

      Associazine di idee: giusto oggi è uscito un documento della commissione teologica internazionale che al n. 34 dice:
      “La diffusione di una certa cultura radicale induce il sospetto verso ogni figura dell’autorità e della legge considerate come forme mascherate di prevaricazione, sempre inaccettabili.
      Il corrispettivo simmetrico a questo fondamentalismo critico è una retorica sentimentale dell’amore che si sottrae ad ogni giudizio etico e ad ogni serio impegno con la giustizia.”

      1. Alessandro

        Sul munus regendi splendida catechesi di Benedetto XVI:

        “Negli ultimi decenni, si è utilizzato spesso l’aggettivo “pastorale” quasi in opposizione al concetto di “gerarchico”, così come, nella medesima contrapposizione, è stata interpretata anche l’idea di “comunione”.
        E’ forse questo il punto dove può essere utile una breve osservazione sulla parola “gerarchia”, che è la designazione tradizionale della struttura di autorità sacramentale nella Chiesa, ordinata secondo i tre livelli del Sacramento dell’Ordine: episcopato, presbiterato, diaconato.
        Nell’opinione pubblica prevale, per questa realtà “gerarchia”, l’elemento di subordinazione e l’elemento giuridico; perciò a molti l’idea di gerarchia appare in contrasto con la flessibilità e la vitalità del senso pastorale e anche contraria all’umiltà del Vangelo. Ma questo è un male inteso senso della gerarchia, storicamente anche causato da abusi di autorità e da carrierismo, che sono appunto abusi e non derivano dall’essere stesso della realtà “gerarchia”. L’opinione comune è che “gerarchia” sia sempre qualcosa di legato al dominio e così non corrispondente al vero senso della Chiesa, dell’unità nell’amore di Cristo.
        Ma, come ho detto, questa è un’interpretazione sbagliata, che ha origine in abusi della storia, ma non risponde al vero significato di quello che è la gerarchia. Cominciamo con la parola. Generalmente, si dice che il significato della parola gerarchia sarebbe “sacro dominio”, ma il vero significato non è questo, è “sacra origine”, cioè: questa autorità non viene dall’uomo stesso, ma ha origine nel sacro, nel Sacramento; sottomette quindi la persona alla vocazione, al mistero di Cristo; fa del singolo un servitore di Cristo e solo in quanto servo di Cristo questi può governare, guidare per Cristo e con Cristo. Perciò chi entra nel sacro Ordine del Sacramento, la “gerarchia”, non è un autocrate, ma entra in un legame nuovo di obbedienza a Cristo: è legato a Lui in comunione con gli altri membri del sacro Ordine, del Sacerdozio. E anche il Papa – punto di riferimento di tutti gli altri Pastori e della comunione della Chiesa – non può fare quello che vuole; al contrario, il Papa è custode dell’obbedienza a Cristo, alla sua parola riassunta nella “regula fidei”, nel Credo della Chiesa, e deve precedere nell’obbedienza a Cristo e alla sua Chiesa. Gerarchia implica quindi un triplice legame: quello, innanzitutto, con Cristo e l’ordine dato dal Signore alla sua Chiesa; poi il legame con gli altri Pastori nell’unica comunione della Chiesa; e, infine, il legame con i fedeli affidati al singolo, nell’ordine della Chiesa.

        Quindi, si capisce che comunione e gerarchia non sono contrarie l’una all’altra, ma si condizionano. Sono insieme una cosa sola (comunione gerarchica). Il Pastore è quindi tale proprio guidando e custodendo il gregge, e talora impedendo che esso si disperda.”

        http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/audiences/2010/documents/hf_ben-xvi_aud_20100526_it.html

          1. Giusi

            Che chiarezza! Grazie Alessandro. Ma credo che nessuno mettesse in dubbio il potere e la gerarchia così intesi. Chi è più potente di Dio? Eppure Gesù ha detto di essere venuto non per essere servito ma per servire.

        1. Sara

          Alessandro, se non fosse già stato utilizzato per un altro, direi che meriti l’appellativo di Magno!

          Sullo spazio per le donne nella Chiesa, avendo già altrove espresso la mia opinione, non mi ripeterò. Mi limito a gioire per i tanti commenti di altrettante donne che, come me, sono felici così! W la Chiesa così come è ed è sempre stata!

    3. Giancarlo

      Il potere, in sé, non è cattivo. Il potere è un mezzo che può essere usato per servire gli altri …o se stessi. Dio ha concepito il mondo secondo una scala gerarchica. L’importante è relazionare il proprio potere alla responsabilità. Significa che, chi ha il potere di fare qualcosa, deve rispondere del proprio operato. La chiesa ha un potere, che le viene direttamente da Gesù: è il potere di rimettere i peccati. Non credo che esista un potere più grande di questo. Tuttavia è un potere che non deve spaventare, perché è un potere legato alla verità, di cui la chiesa è depositaria.

      Io sono padre di famiglia ed esercito, sui miei figli, un potere quasi assoluto. Ma è un potere del quale sono pronto a rispondere in qualsiasi momento a Chiunque, perché esercitato secondo coscienza e verità.

      Il potere discende direttamente da Dio ed è sinonimo di nobiltà, di santità, di servizio.

      1. Giancarlo

        Ora che ci penso, Dio è l’onni-potente, cioè Colui che ha ogni potere. Di conseguenza, quanto uno ha più potere quanto più è simile a Dio. Quindi, con buona pace di don Fabio, rifiuto categoricamente di associare il potere a qualcosa di negativo. Il potere è un dono di Dio del quale, ovviamente, saremo chiamati a rispondere.

        1. Tenendo sempre presente (ma lo hai detto Roberto all’inizio del tuo primo commento) che Dio l’Onnipotente, si è fatto, in suo Figlio Gesù Cristo, servo (il Servo di Javhe) 😉

          1. Roberto

            Chi mi chiama? 😉

            Comunque a me sembra abbastanza chiaro quel che voleva dire don Fabio; potrei sbagliare, ma ho la sensazione che sappia bene quanto o più di noi che il potere in sé non è una brutta cosa, anzi. Voleva invece portare una stoccata ai carrieristi, tipologia umana diffusa in ogni campo, e particolarmente nociva in campo spirituale, specie tra chi ha ricevuto il Sacramento dell’Ordine. Sono poi spesso quei carrieristi che ci regalano perle di eterodossia da una posizione preminente e perciò in grado di fare tanti guasti ai fedeli…
            Così c’è il rischio di impostare il discorso “donne nella Chiesa” viziandolo già all’origine da questa ansia da riconoscimento, che risente un po’ del vizietto di correre appresso al “mondo”, e perciò può ridursi a un tristissimo ragionar di poltrone.

            1. Ho fatto confusione (non so come) quindi il mio citare Roberto era in realtà citare Giancarlo, così Roberto, sentendosi “chiamare” ci ha però dato anche il suo contributo (della serie: non tutti i mali…) 😉

  13. Maria elena

    Quando parlo alle mie amiche e cerco di dispensare consigli eccelLenti porto sempre l’esempio di Rebecca in primis e chi se la scorda, Giuditta, Ester, Debora, ma non da meno miriam Rachele, Maddalena, poi se voglio fare proprio bella figura, passo alla super Maria…dopodiche passo a Santa Caterina, Santa teresina, Teresa, Agnese, chiara, Elena ….e ce ne son all’infinito…insomma il problema non credo che sia il posto nella Chiesa, io sono convinta che l’autorità viene dalla Sapienza. E se c’è un prete misogino beh…peggio per lui.

  14. Maria elena

    …non dimentico Eva…felice colpa che merito in così grande Salvatore…a quella assomiglio di più 😉

  15. M.Cristina

    Mi ritrovo nel commento di “mondidascoprire”, anche se penso che la preoccupazione del Papa non sia sulle cose da fare o sugli spazi, ma sia per così dire più “ontologica”…la questione di Maria e gli apostoli mi incuriosisce, e siccome lo Spirito Santo ci sta sorprendendo ogni giorno, aspetto la prossima sorpresa….

  16. M.Cristina

    A proposito, Costanza, ma tu non capiti mai in Brianza? Mi piacerebbe organizzare qualcosa; dopo aver disseminato l’area dei tuoi libri, penso che molte sarebbero entusiaste di un dialogo…

  17. Claudia Pitotti

    Più spazio nella Chiesa? Alle donne? Ma stiamo scherzando? Che con tutte le perpetue presenti h24 già faccio fatica a convincere i miei coetanei che essere cattolici è roba di attributi 😉 😉 😉

  18. Cinzia

    Propongo la mia riflessione. A me pare che maggiore spazio nella chiesa lo richiedano le donne consacrate, almeno questo è quello che deduco dal fatto che in passato il discorso è stato sollevato spesso durante e dopo alcuni loro convegni sul ruolo della donna nella chiesa e argomenti affini.

    1. 61Angeloextralarge

      Cinzia: nel concreto credo che non sia così. Teniamo conto che tantissime consacrate sono in clausura… tantissime consacrate sono in missione, quindi hanno già un bel daffare oltre al pregare… le consacrate che vivono nel mondo, cioé quelle comunemente “senza abito”, se appartengono ad un realtà ben precisa hanno il loro da fare lo stesso e anche al servizio del loro vescovo locale.
      Conosco tantisime consacrate che sono molto soddisfatte di quello che fanno… poi le consacrate acide ci sono, come pure le mogli zitelle, ma questo è un altro discorso.
      Sinceramente non ho mai incontrato una consacrata desiderosa di “dire Messa” ma so che alcune ce ne sono… mosche bianche… ma so anche che hanno qualche loro “problemino” di orgoglio e prevaricazione (quelle che so io).
      Tutta sta smania di trasformarsi in uomo… condiziona anche qualche consacrata? Tutto è possibile, ma come non lo ritengo “regolare al 100% ” in una donna nubile o sposata e mamma… tantomeno lo ritengo “regolare” in una consacrata.

  19. Se mi è permesso intervenire, secondo me dipende da cosa significa “più spazio nella Chiesa”.
    Il reverendo Don Fabio Bartoli ha toccato il tasto giusto, secondo me.
    E’ innegabile che, soprattutto in basso, molto del lavoro è sulle spalle delle donne (perpetue, segretarie, ecc.); e d’altra parte, con il Concilio Vaticano II si è cominciata ad invertire una tendenza consacrata dal Concilio di Trento secondo cui per aver voce nella Chiesa (in Curia come nei sinodi) bisogna essere per forza chierici. C’è ancora però una certa resistenza, anche a livello del linguaggio comune, secondo cui chiesa = preti e vescovi, e soprattutto considerare il sacerdozio non servizio ma potere. Mi è sembrato significasse questo il “clericalismo” su cui il Santo Padre ha posto il dito. Le teologhe, come disse Benedetto XVI, possono dare un contributo fondamentale, nelle università, ma anche nei sinodi e nei pontifici consigli.
    C’è, in secondo luogo (se la norma non è cambiata) ancora il fatto che la custodia della clausura dei monasteri femminili è data al vescovo; perché non può esser data alla superiora della comunità, come avviene nei monasteri di clausura maschili? E’ una norma forse un po’ datata, come disse anche Jean Leclercq, elaborata al tempo del Concilio di Trento, quando prevaleva la convinzione che le donne non fossero in grado di gestirsi da sole e che ci volesse sempre un uomo per “tenerle sotto controllo”.

    1. 61Angeloextralarge

      mercuriade: conosco monache (in Italia), non specifico gli Ordini di appartenenza, che invece che dal vescovo, fanno custodire la clausura dalla Madre Superiora. Lo so per certo perché ho vissuto per un periodo in alcuni monasteri claustrali.

      1. Mi fa piacere che la norma sia stata modificata.
        Comunque indico la fonte della notizia, per completezza: Jean Leclercq, La clausura. Punti di riferimento storici, in “La figura della donna nel Medioevo”, Milano, Jaca book, 1994, pp. 127-138.

        1. 61Angeloextralarge

          mercuriae: non so se la norma è stata modificata, né, se sì, come e quando. So che nei monasteri dove sono stata è così e anche da tanto. Forse delle dispense particolari? Boh… 😉

  20. perché non pensare a una vocazione femminile di servizio pastorale? per esempio per gestire un oratorio? per fare formazione adulti? che le donne possano scegliere di dedicare la loro vita alla pastorale, non soltanto qualche ora di volontariato,mentre la loro vita affettiva e lavorativa è altrove.Io capisco tutte queste risposte di soddisfazione per quello che già fanno nella chiesa, ma questi sono…ritagli di vita! Se invece una ragazza, da giovane, volesse scegliere o si sentisse chiamata a offrire la propria vita all’apostolato, potrebbe studiare e prepararsi e poi essere sicura di essere utilizzata per questa sua vocazione specifica.Questo sì, sarebbe un vero cambiamento a favore delle donne nella Chiesa. Io ho avuto una figlia ,oggi sposata, che da ragazzina, più di una volta mi aveva detto di voler fare …il prete, non la suora! e questa è la pura verità. Oggi collabora molto in tanti ambiti( famiglia, catechesi,ecc) ma capite che non è la stessa cosa. Io vi ho detto il mio pensiero e la mia esperienza. Ciao a tutte. Chiara di BG.

    1. fish

      anche io ho sentito ragazze che, affascinate da alcune figure di sacerdoti, dicevano cose come “se fossi nata uomo avrei voluto essere prete”. però ecco, erano quasi battute, perchè appunto se si è donne non si è uomini e quindi la cosa decade da sè! diversamente, per la dedizione all’apostolato mi sembra che se una donna volesse dare tutta la propria vita in questa strada avrebbe già moltissimi modi per farlo: tanti movimenti e comunità hanno figure di laiche o consacrate missionarie che si preparano e attuano questa vocazione specifica, non mi sembra ci sia un vuoto in questo senso…

    2. 61Angeloextralarge

      Chiara Paganoni: fare il prete non è possibile se si è donna. Il resto è possibile.
      Mia sorella da ragazzina diceva di voler fare “il veterinario” e se le si diceva: “la veterinaria?”… rispondeva: No, il veterinario…

  21. Cara Costanza, credo che per diversità vocazionale propria per la diversità che intercorre tra uomo e donna, non dovremmo pretendere più spazio nella Chiesa (di spazio a mio avviso ce n’e eccome!) ma imparare ad utilizzarlo meglio, prendendo parte alla comunità con dedizione e accoglienza. Partendo dalla nostra famiglia ovviamente…quindi forse piu che chiedere dovremmo ricominciare a guardarci intorno e a riscoprire quello che ci e chiesto nel quotidiano, come educatrici e protettrici delle relazioni.

  22. fish

    credo che mercuriade abbia ragione, forse il punto che, almeno a me, sfugge, è quanto sia valorizzata la presenza femminile “in alto”, se ha senso ragionare in termini di alto e basso nella chiesa.
    io, come molti qui, posso parlare solo della vita della chiesa “dal basso”. Anche appartengo al movimento di CL, nata e cresciuta in questo pezzo di chiesa, e devo dire che in tutta la mia vita, non ho mai capito, perchè non ho mai sperimentato, il problema della discriminazione femminile nella Chiesa, anzi.
    in primo luogo ho sempre notato che nei luoghi e con le persone del movimento che frequentavo, le donne, me compresa, venivano trattate in modo bellissimo, che mi ha sempre molto colpito. questo lo dico perchè ho sempre notato, soprattutto quando andavo a scuola, la grande differenza tra come venivo trattata tra gli amici grandi o coetanei del movimento e come venivo invece trattata altrove, spesso con totale mancanza di rispetto e di delicatezza.
    in secondo luogo ho sempre sperimentato, oltre a questo grande rispetto, una valorizzazione del cuore delle persone e quindi del contributo che la propria sensibilità particolare poteva dare alla vita della Chiesa e del movimento, che in un certo senso prescindeva dall’essere uomini o donne. il valore della persona era la cosa principale, perchè il Signore ci ha donato un’anima e un cuore preziosi e ci ama per primo, e da questo è sempre disceso il fatto che ognuno contribuisce secondo la propria possibilità e secondo quello che lo spirito gli mette in cuore e chiunque può diventare guida e autorità proprio per questo. nella pratica ho visto donne guidare gruppi di scuola di comunità, diventare riferimento per intere comunità o gruppi di famiglie, organizzare e dirigere occasioni e manifestazioni culturali (per dirne una eclatante, la presidente del Meeting di Rimini è dagli inizi, quindi da ormai trent’anni, una donna), fondare nuovi istituti di religiose, e chi più ne ha più ne metta. tutto ciò non perchè donne (la cosa delle quote rosa mi è sempre sembrata una cosa da “specie protetta”, da categoria inferiore e da proteggere), ma in quanto persone con la loro specificità, con il loro carisma e la loro sensibilità particolare che poteva essere un dono per tutti. in conclusione io non ho mai sperimentato questa urgenza di valorizzare maggiormente la figura femminile nel pezzo di Chiesa da me conosciuto.
    ma, ripeto, non so se il discorso può essere ampliato a livello “più alto”.

  23. 61Angeloextralarge

    Indipendentemente dal discorso “vita consacrata” o “vita matrimoniale”, vorrei ricordare le tante donne che hanno fondato realtà molto belle all’interno della Chiesa. Anche oggi ce ne sono alcune… Quindi, anche in questo campo la porta, se è volontà di Dio e opera dello Spirito Santo, è aperta.

  24. Rileggendo nuovamente i commenti qui, soprattutto quelli femminili, si ha la concreta dimostrazione che le “quote rosa” tanto in auge e che dovrebbero salvare il mondo (femminile?) da non si sa bene quale discriminazione e ingiustizia, sono una colossale baggianata.

    1. O anche e contemporaneamente (per certune e certuni) una colossale “marpionata” 😉

      «marpióne s. m. [dal fr. morpion, propr. «piattola», comp. di mords (imperat. di mordre «mordere») e pion «pedone, soldato»], centro merid. – Persona scaltra, senza scrupoli, che approfitta di ogni situazione volgendola a proprio vantaggio…» http://www.treccani.it/vocabolario/marpione/

        1. Aggiungo che non mi sono mai sentita trasparente, né in Chiesa né fuori, a motivo dell’essere nata femmina.
          Potrei essere più “appariscente” se non fossi accidiosa e inconcludente (la rima è voluta 😉 )

          1. E volendo dare un’altra accezione alla parola “trasparente”, che bello (almeno ogni tanto…) sentirsi “trasparente” con i fratelli (e sorelle ovvio) nella Fede, senza maschere e senza dover difendere un’immagine… tanto quello tutti siamo: fragili creature, peccatori, ma tutti amati, perdonati, santificati in Cristo!

            Non è un bella trasparenza? 🙂

            1. Lo è. Per di più questa tua giustissima informazione mi mette in guardia dalle trovate del mio “traduttore simultaneo interno”. Com’è che leggendo “trasparenza” l’ho tradotta automaticamente nel significato secondario “invisibilità”? Il significato primario è quello che dici tu, desiderabilissimo. All’insegna dell’et-et(*) c’è molto da darsi da fare per cercare la buona trasparenza e infischiarsi del presenzialismo.

              (diavolo d’un et-et! non manca mai 😉 )

              1. E nella nostra “trasparenza” Dio si rivela.

                Con più siamo “opachi” o siamo noi ad apparire (fuor di metafora), tanto meno saremo “a Sua Immagine” e cosa vedranno coloro che guardano?

  25. Da ragazza cattolica posso dire che per quanto mi riguarda le cose nella Chiesa vanno bene così; frequento soprattutto l’opus Dei, anche se in passato ho frequentato anche CL, e ho visto moltissime donne attive all’interno della Chiesa e non ho mai sentito nessuna donna lamentarsi di essere emarginata o tenuta poco da conto.

  26. Cacciatrice di stelle

    Spazio? Più di così?

    http://www.catholicmemes.com/captions/queen-of-heaven/

    A parte gli scherzi (per quanto la vignetta ci azzecchi!!) sono donna, sono mamma (da un mese, aiuto!) di una bimba e sono, per Grazia di Dio, cattolica. Mai come nella Chiesa mi sono sentita così apprezzata e valorizzata. Secondo me “più/meno spazio alle donne” è un problema di chi pensa solo al potere, quello che, alla Fine, non conterà assolutamente nulla. E il sacerdozio (perché alla fine è lì che si va a parare) con quel potere non ci azzecca proprio.

  27. alessandra

    noi donne leggiamo, cantiamo, facciamo catechismo, possiamo – se vogliamo – essere ministri dell’eucaristia, siamo presidenti di gruppi e associazioni, organizziamo convegni e incontri, possiamo consacrarci da laiche, studiare teologia e via dicendo…. cosa vogliamo ancora? la carriera ecclesiastica?fare i preti? ok, facciamo i preti. Però dobbiamo farlo pure in piena crisi premestruale, quando la sola vista di un individuo ci urta e innervosisce solo perchè esiste. Dobbiamo farlo pure da incinte con le caviglie gonfie, gli ormoni per i fatti loro, le voglie e le nausee. Dobbiamo farlo anche quando siamo in preda al picco – paranoia – sbalzo d’umore, tipico della donna. Dobbiamo farlo senza poi tornare a casa e dire al marito: caro i pargoli te li appioppi tu, io ho fatto messa, ho confessato, ho ascoltato e riascoltato i vari gruppi della parrocchia e sono stanca, vado a letto. ciao. Ah, però attenzione. Dobbiamo frenare la lingua sempre e per sempre, mica possiamo raccontare in giro le confessioni o gli sfoghi dei fedeli. Non ricadiamo ancora una volta nella trappola della logica del “lo fanno gli uomini, dobbiamo farlo anche noi”. NO. Ognuno ha già il suo posto e va bene così. Non prendo in giro le donne, nè le denigro dicendo questo. Alla fine, sono donna anch’io (e felice di esserlo). Ma è la verità, è scritto nella nostra natura. Siamo troppo fragili (in certi casi troppo poco equilibrate) per occuparci della cura delle anime. E poi il prete è il Cristo sulla terra, e se non ricordo male Gesù era un uomo. Se proprio vogliamo insistere sulla faccenda, un personaggio da imitare ci sarebbe. La Madonna. Conformiamoci a Lei. Imitiamone la dolcezza, la forza nella sofferenza, la fede, la grande fede che le ha fatto dire sì anche se non aveva capito niente del messaggio dell’angelo, la bellezza, l’amore verso tutti, la devozione nella preghiera, l’umiltà. Tutto nel silenzio.

  28. Elisabetta

    Io penso che sia giusto e legittimo il desiderio di alcune donne non solo di essere consultate ma di avere voce in capitolo, in modo anche decisionale, negli organismi ecclesiali che si occupano di vita laicale e di vita consacrata, in tutte le decisioni che non riguardino le prerogative riservate all’ordine sacerdotale. Personalmente non ho questo bisogno e nessuna competenza in merito, ma ci sono tante donne che li hanno entrambi, e sono molto preparate, e probabilmente in questo senso molto si può fare. Quello che invece noto, come semplice fedele, è l’inevitabile punto di vista maschile nella predicazione ordinaria, della messa domenicale o giornaliera. Perché che uomini e donne siano diversi vale anche per i sacerdoti, e a volte mi sembra che nemmeno ci provino a declinare la predicazione cercando di considerare certe realtà della vita e delle relazioni umane dal punto di vista femminile. Sono sempre maschi che parlano dal punto di vista maschile. E poiché invece la riflessione “al femminile” sulla realtà è un dato ormai entrato nella nostra cultura di donne, di fede o no, penso che questo possa essere uno dei motivi per cui molte donne sentono la Chiesa estranea, se non ostile: sentono semplicemente di non essere viste come loro si vedono, ma con uno sguardo solo maschile.

  29. Il problema dello “spazio” delle donne nella Chiesa non mi riguarda. Non me lo sono mai posta, quindi devo in prima battuta dedurre che è un problema che non ho.
    Spinta a riflettere sulla questione, vorrei distinguere un po’ cosa potrebbe significare “avere più spazio”.
    In primo luogo non vorrei in nessun caso maggior spazio liturgico: anzi, se possibile, anche un po’ meno. Niente chierichette femmine, niente ministre straordinarie dell’Eucarestia, non parliamo delle proposte di diaconesse, sacerdotesse, vescovesse… Ecco, in tal caso, anche un passo indietro può andare benissimo.
    Poi c’è l’aspetto spirituale e sotto questo riguardo non mi manca nulla, anche non parlando del ruolo del tutto particolare di Maria, madre di Dio e della Chiesa, basta pensare a grandi sante come Macrina, Ildegarda di Bingen, Chiara d’Assisi, Rita da Cascia, Caterina da Siena, Teresa d’Avila, Teresa di Lisieux, Caterina Labouré, Edith Stein, Gianna Beretta Molla, per capire che nessun talento viene lasciato da parte, nessuna grandezza femminile, spirituale, intellettuale, morale, viene trascurata.
    Ma usciamo anche dal terreno delle sante: chi, se non la Chiesa, ha portato al superamento del diritto di famiglia romano, che vedeva le donne, non solo le schiave, ma anche mogli e figlie, come proprietà del pater familias? Chi ne ha fatte nel medioevo regine, amministratrici di beni, capi di comunità monastiche?
    Veniamo dunque all’attualità. Francamente non frequento gli ambienti di “potere” della Chiesa, non posso perciò dire che siano esenti da un pregiudizio a favore degli uomini, né che ne siano affetti, perché proprio non lo so.
    Frequento invece gli ambienti comuni: parrocchie, gruppi ecclesiali… Qui le donne hanno un potere in virtù dell’occupazione del campo, della presenza, fanno le perpetue, le catechiste, si occupano delle pulizie, dei fiori, dell’assistenza, ma anche della formazione, della buona stampa, ecc… Si tratta di ruoli che, se svolti con vero spirito di servizio e non con una mentalità di piccolo cabotaggio, di piccolo potere pettegolo e impiccione, hanno una loro dignità.
    Soprattutto, però, si tratta di dare il giusto valore al laicato: se possibile, non cercare di ottenere piccoli potentati parrocchiali all’ombra di qualche parroco, o vescovo, – e questo vale anche per gli uomini – ma di trovare la propria vocazione di laici nella Chiesa: con altri compiti, altro stile, altre priorità rispetto a religiosi e ordinati. In un certo senso, se nella liturgia vorrei un passo indietro, in quest’ambito vorrei un gesto di indipendenza: per quanto riguarda lo studio della dottrina sociale e la sua applicazione, ad esempio, così come per quel che riguarda l’animazione del corpo sociale, non ritengo necessario attendere sempre le parole d’ordine ecclesiali. Se c’è un compito che ha il laicato ben formato, è di adattare i principi del Magistero alla realtà concreta della società, del lavoro, delle famiglie. In questo la donna può esprimere moltissimo.
    Soprattutto per quel che riguarda la famiglia. Non come tema unico femminile, ma come tema particolarmente sensibile. È tramite le donne che, ad esempio, si fanno concreti i temi dell’apertura alla vita, dell’educazione, della cura di malati e di anziani. E, visto che è così, è necessario che le sue necessità vengano comprese e accolte. Faccio un esempio pratico: il tema dell’apertura alla vita. Un tema centrale per la famiglia cattolica. Ma non è sufficiente proclamare la dottrina e lasciare che ognuno si arrangi o schianti. Sarebbe necessario trovare i modi di un supporto reale, anche pratico, alle famiglie numerose e alle donne, in particolare, che impazziscono per conciliare famiglia e lavoro. Ci sono donne che scelgono il lavoro in situazioni di libertà economica: sono situazioni facili, in cui ognuno può acquistare tempo, riposo, aiuto, in proporzione alle proprie necessità. Buon per loro. Ci sono però anche delle famiglie – e sono la maggioranza – per cui la maggior apertura alla vita comporta una crescente difficoltà economica. Il lavoro femminile diventa allora una scelta obbligata, che distoglie invece che favorire ciò che è veramente importante: l’apertura a nuovi figli, la loro educazione e cura. Su questo, che è un tema politico e sociale, non solo ecclesiale, vorrei vedere le donne agguerrite, presenti, esigenti. Sono mesi ormai che molti di noi sono in prima linea sul tema dell’omofobia, dei matrimoni gay, delle adozioni omosessuali: ritengo che sia importante e che bisogni continuare. Tuttavia, dobbiamo essere consci che questi temi riguardano in concreto una fascia marginale della popolazione, e sono rilevanti soprattutto per la loro portata antropologica e sociale.
    Il tema del permettere di fare una famiglia a un padre e una madre che la vogliono fare, di occuparsi dei figli a chi lo desidera, di non rendere la scelta del secondo o terzo figlio un atto eroico, ecco, questo mi sembra ancora più importante. Le due cose sono collegate, certo, ma non dobbiamo illuderci che la famiglia cattolica sopravviva se non si approva la legge sull’omofobia. La famiglia cattolica, e la famiglia naturale in genere, sopravvive se le coppie sono messe nella situazione di fare figli, di allevarli, di educarli, con un minimo di serenità. Su questo punto, ahimé, vedo le donne sbranate. Altroché sacerdozio femminile!

    1. vale

      @perfectio
      bella considerazione.
      il punto,parmi, anche in tale ambito-anche per i “masculi”, è che:
      vanitas vanitatum et omnia vanitas.
      avere delle medaglie appuntate sul petto……

  30. Franca 35

    Nel mio intervento di ieri ho dimenticato di dire quanto ho sempre cantato, sola o con altri, in tante occasioni, con tanta gioia. Nella mia parrocchia vedo con quanta serietà le nostre bimbe che hanno fatto il corso per chierichetti mantengono il loro impegno, mentre i ragazzini masculi uno a uno se ne sono andati, e se non fosse per le bimbe a servire messa non ci sarebbe nessuno. Lo so che qualcuno asserisce che solo i maschi dovrebbero servire messa, ma può essere utile ricordare le donne che seguivono Gesù e lo servivano…..Servizio e potere sono complementari, non è servilismo nè prevaricazione. Se il mio parroco mi dà un compito, cerco di eseguirlo con amore di servizio e con il potere datomi da lui che è il vero responsabile. Ognuno col suo carisma, perché Dio ha dato a tutti quei talenti che sono per la vita di ciascuno di noi e per i fratelli, “a gloria di Dio”. Ciao amici.

  31. G.Maria

    A me piacerebbe che ci fossero piu’ donne presenti nei ruoli chiave in Curia (segreteria di stato, tribunali, pontifici consigli).

    1. lidiaB

      G. Maria, e perché ti piacerebbe?
      A me in quanto donna cattolica mi pare che il problema non si ponga e che nella Chiesa tutti abbiano tutto lo spazio di cui hanno bisogno, donne o uomini che siano, questa almeno è la mia esperienza personale. Mi pare anche che portare alla Chiesa la questione della parità, le quote rose e quant’altro non venga dalle donne cattoliche (e ciò che leggo nei commenti sopra mi conferma questo parere) ma che sia l’ennesimo tentativo di invischiare la Chiesa in una falsa polemica con l’obiettivo di colpirla, ancora una volta, e questo so da dove viene…

      1. G.Maria

        Perche’ se maschio e femmina sono diversi, allora le donne potrebbero dare il loro contributo particolare anche in Curia. Che poi, dal punto di vista puramente tecnico, e’ possibile che per certe posizioni ci possano essere donne piu’ competenti di uomini. Inoltre secondo me, parlare di valorizzazione del laico, va di pari passo con la valorizzazione della donna nella Chiesa.

  32. diavoloextralarge, perché fai subito il papa, ogni volta che dico qualcosa che non ti garba? forse la tua sorellina non sapeva la differenza tra maschile e femminile; mia figlia invece, già grande, sapeva benissimo la differenza tra la vita di un prete e quella di una suora; se vuoi capirla anche tu…. Chiara di BG

  33. per Alessandra: le donne fanno le astronaute, esercitano gli sport estremi, in passato mettevano al mondo fino a 16 figli e più,sgobbano il doppio degli uomini (vedi l’articolo inglese proposto da Elisabetta qui sopra), ma noi “siamo fragili”e fisicamente non potremmo mai sopportare la fatica di fare il prete!!! ancora di queste storie????cerchiamo almeno argomenti più seri,dai!

  34. 61Angeloextralarge

    Chiara Paganoni: non mi pare di averti preso di mira al punto di fare il Papa. Se è successo ti chiedo scusa perché non era assolutamente nelle mie intenzioni. Tra l’altro mi pare che, nella media delle mie riposte a dei commenti, i tuoi sono quelli dove ho risposto di meno.
    “diavoloextralarge” te lo potevi risparmiare perché cambiare in senso dispregiativo un nickname non è molto carino. A questo punto avrei potuto chiamarti “Scura Paganoni”… ma non mi pare il caso né il luogo giusto.
    La frase su mia sorella l’ho riportata solo perché mi era tornata in mente avendo letto il tuo commento… Tutto qui. E comunque sapeva benissimo la differenza tra maschile e femminile.
    Possiamo seppellire l’ascia di guerra? Però, mi raccomando… non vedere in me intenzioni che non ho… soprattutto nei tuoi confronti.

    1. 61Angeloextralarge

      N.B.: non scendo nei particolari che mi riguardano… ma la differenza tra il prete e la suora la so già..

  35. chiara

    Io anche come tante altre penso che di spazio ce ne sia molto. Al limite potrebbe mancare una presenza femminile nelle strutture che provano a “tracciare la rotta” della pastorale, specie a livello diocesano, dove presenza di donne vorrebbe dire poter aggiungere punti di vista, sensibilità e proposte anche molto diverse.

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