Dall’argilla di Dio

argilla

di Gilles Bernheim  – Gran Rabbino di Francia

La complementarietà uomo-donna è un principio strutturante nell’ebraismo, in altre religioni, nelle correnti di pensiero non religiose, nell’organizzazione della società, come pure nell’opinione di una vastissima maggioranza della popolazione. Questo principio, per me, trova il proprio fondamento nella Bibbia. Per altri, può trovare il proprio fondamento altrove.

Mi concentrerò qui sulla visione biblica, che non esclude altre visioni. «Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» (Gn 1, 27). Il racconto biblico fonda la differenza sessuale sull’atto creatore. La polarità maschile-femminile attraversa tutto ciò che esiste, dall’argilla a Dio. Fa parte del dato primordiale che orienta la vocazione rispettiva — l’essere e l’agire — dell’uomo e della donna. La dualità dei sessi appartiene alla costituzione antropologica dell’umanità.

Così, ogni persona è portata, prima o poi, a riconoscere che possiede solo una delle due varianti fondamentali dell’umanità e che l’altra le sarà per sempre inaccessibile. La differenza sessuale è quindi un segno della nostra finitezza. Io non sono tutto l’umano. Un essere sessuato non è la totalità della sua specie, ha bisogno di un essere dell’altro sesso per produrre il suo simile.

La Genesi vede la somiglianza dell’essere umano con Dio solo nell’unione dell’uomo e della donna (1, 27) e non in ognuno di essi preso separatamente. Ciò suggerisce che la definizione dell’essere umano è percettibile solo nella congiunzione dei due sessi. Di fatto ogni persona, a motivo della sua identità sessuale, viene rinviata al di là di se stessa. Dal momento in cui prende coscienza della propria identità sessuale, ogni persona umana si vede così messa a confronto con una sorta di trascendenza. È obbligata a pensare al di là di se stessa e a riconoscere come tale un altro essere inaccessibile, essenzialmente simile a lei, desiderabile e mai totalmente comprensibile.

L’esperienza della differenza sessuale diventa così il modello di ogni esperienza della trascendenza che designa un rapporto indissolubile con una realtà assolutamente inaccessibile. Su questa base si può comprendere perché la Bibbia utilizzi volentieri la relazione tra l’uomo e la donna come metafora del rapporto tra Dio e l’uomo; non perché Dio è maschile e l’uomo femminile, ma perché la dualità sessuale dell’uomo è ciò che esprime più chiaramente un’alterità insormontabile anche nel rapporto più stretto.

È importante che nella Bibbia la differenza sessuale sia enunciata subito dopo l’affermazione del fatto che l’uomo è a immagine di Dio. Ciò significa che la differenza sessuale s’iscrive in questa immagine ed è benedetta da Dio.

La differenza sessuale va dunque interpretata come un fatto naturale, permeato d’intenzioni spirituali. Ne è prova il fatto che nella creazione in sette giorni gli animali non sono presentati come sessuati. A caratterizzarli non è la differenza dei sessi, ma la differenza degli ordini e, all’interno di ogni ordine, la differenza delle specie: ci sono i pesci del mare, gli uccelli del cielo, le bestie della terra, tutti gli esseri viventi sono generati, come un ritornello, «secondo la loro specie» (Gn 1, 21).

In questo racconto la sessuazione è menzionata solo per l’uomo poiché è proprio nel rapporto d’amore, che include l’atto sessuale mediante il quale l’uomo e la donna diventano «una sola carne», che tutti e due realizzano il proprio obiettivo: essere a immagine di Dio.

Il sesso non è dunque un attributo casuale della persona. La genitalità è l’espressione somatica di una sessualità che riguarda tutto l’essere della persona: corpo, anima e mente. È proprio perché l’uomo e la donna si percepiscono diversi in tutto il loro essere sessuato, pur essendo entrambi persone, che ci possono essere complementarietà e comunione.

«Maschile» e «femminile», «maschio» e «femmina» sono termini relazionali. Il maschile è tale solo nella misura in cui è rivolto verso il femminile e, attraverso la donna, verso il figlio; in ogni caso verso una paternità, sia essa carnale o spirituale. Il femminile è tale solo nella misura in cui è rivolto verso il maschile e, attraverso l’uomo, verso il figlio; in ogni caso verso una maternità, sia essa carnale o spirituale.

Il secondo racconto della creazione approfondisce questo insegnamento presentando l’atto della creazione della donna sotto forma di un’operazione chirurgica mediante la quale Dio toglie dal più intimo di Adamo quella che diventerà la sua compagna (Gn 2, 22). Da quel momento né l’uomo né la donna saranno il tutto dell’umano, e nessuno dei due saprà tutto dell’umano.

Viene qui espressa una duplice finitezza:

— Io non sono tutto, non sono neppure tutto l’umano.

— Io non so tutto sull’umano: l’altro sesso resta per me sempre parzialmente inconoscibile.

Ciò conduce all’irrealizzabile autosufficienza dell’uomo. Questo limite non è una privazione, ma un dono che consente la scoperta dell’amore che nasce dalla meraviglia dinanzi alla differenza.

Il desiderio fa sì che l’uomo scopra l’alterità sessuata in seno alla stessa natura: «Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa» (Gn 2, 23) e l’apertura a questo altro gli consente di scoprirsi nella sua differenza complementare: «lei si chiamerà Isha perché è presa da Ish» (cfr. Ibidem).

«L’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne» (Gn 2, 24). In ebraico «una sola carne» rimanda al «Solo», Ehad, il nome divino per eccellenza, secondo la preghiera dello Shema Israel: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo – Adonaï Ehad» (Dt 6, 4).

È nella loro unione insieme carnale e spirituale, resa possibile dalla differenza e dall’orientamento sessuale complementare, che l’uomo e la donna riproducono, nell’ordine creato, l’immagine del Dio Solo.

A mo’ di contrappunto, il capitolo tre della Genesi presenta il peccato come il rifiuto del limite e quindi della differenza: «Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male» (Gn 3, 5).

L’albero della conoscenza del bene e del male — «l’albero del conoscere bene e del conoscere male» — simboleggia proprio i due modi di comprendere il limite:

— il «conoscere bene» rispetta l’alterità, accetta di non sapere tutto e acconsente a non essere tutto; questo modo di conoscere apre all’amore e quindi all’«albero della vita», piantato da Dio «al centro del giardino» (Gn 2, 9);

— il «conoscere male» rifiuta il limite, la differenza; mangia l’altro nella speranza di ricostituire in sé il tutto e di acquisire l’onniscienza. Questo rifiuto della relazione di alterità conduce alla bramosia, alla violenza e infine alla morte.

Non è proprio questo che propone il gender, ovvero il rifiuto dell’alterità, della differenza, e la rivendicazione di adottare tutti i comportamenti sessuali, indipendentemente dalla sessuazione, primo dono della natura? In altre parole, la pretesa di “conoscere” la donna come l’uomo, di diventare il tutto dell’umano, di liberarsi da tutti i condizionamenti naturali, e quindi «di essere come Dio»?

Io sono tra coloro che pensano che l’essere umano non si costruisca senza struttura, senza ordine, senza statuto, senza regole; che l’affermazione della libertà non implichi la negazione dei limiti; che l’affermazione dell’uguaglianza non comporti il livellamento delle differenze; che la potenza della tecnica e dell’immaginazione esiga di non dimenticare mai che l’essere è dono, che la vita ci precede sempre e che ha le proprie leggi.

Ho voglia di una società in cui la modernità occupi tutto il suo posto, senza che però vengano negati i principi elementari dell’ecologia umana e familiare.

Di una società in cui la diversità dei modi d’essere, di vivere e di desiderare sia accettata come una possibilità, senza che tale diversità venga però diluita riducendola a un denominatore più piccolo che cancelli ogni differenziazione.

Di una società in cui, nonostante i progressi del virtuale e dell’intelligenza critica, le parole più semplici — padre, madre, coniugi, genitori — conservino il loro significato, allo stesso tempo simbolico e incarnato.

Di una società in cui i bambini siano accolti e occupino il loro posto, tutto il loro posto, senza però diventare oggetto di possesso a ogni costo o posta in gioco del potere.

Ho voglia di una società in cui ciò che accade di straordinario nell’incontro tra un uomo e una donna continui a essere istituito, con un nome preciso.

***

1

A novembre, quando in Francia hanno manifestato contro la legge sui cosiddetti matrimoni omosessuali e sulla libertà di adozione da parte di persone dello stesso sesso, in piazza c’erano molte persone ragionevoli, tra cui atei, ebrei, omosessuali, femministe. Insieme ai cattolici (non c’è bisogno di studiare le encicliche del Papa per avere un po’ di buon senso).

Domenica 13 si manifesterà di nuovo. Non sappiamo quante persone risponderanno all’appello, in Francia. Di qua dalle Alpi, comunque, a Roma, domenica dalle 15 alle 16,30 alcuni di noi saranno in piazza Farnese, in sostegno fraterno alla manifestazione parigina, per ricordare alcune verità naturali: l’acqua è bagnata; se tiri un sasso a un certo punto questo cade verso il basso; per fare un bambino servono un uomo e una donna. Non c’è bisogno di essere scienziati, e neanche cristiani per notare questi elementari dati di fatto, come dimostra l’articolo scritto dal Gran Rabbino di Francia.

C.M.

98 pensieri su “Dall’argilla di Dio

  1. Sara

    Grazie per questo brano: è bellissimo! Lo terrò accanto alle catechesi che GP2 dedicò all’argomento!

  2. Lau I.

    Io credo che abbia poco valore di per sè nascere maschi o femmine; siamo, prima di ogni altra cosa, persone, ognuna con il suo personalissimo mix di elementi “maschili” e “femminili”. I ruoli di genere credo siano costruiti in larga misura dalla cultura in cui una persona cresce prima ancora che dai suoi connotati biologici. Possono forse questi ultimi ancorarci ad una scelta di vita esclusivamente eterosessuale? Ben vengano le coppie gay, in nulla meno naturali di quelle etero (un omosessuale non sceglie il suo orientamento sessuale, ci nasce; non è forse questo un fatto naturale?). Io credo che la Chiesa dovrebbe iniziare ad essere più accogliente nei confronti della “diversità” (metto la parola tra virgolette perchè per me non c’è alcuna differenza tra una famiglia etero ed una omosessuale), invece che considerare questi fenomeni “una minaccia alla pace e alla giustizia nel mondo”.
    Laura, femmina eterosessuale, in tutto e per tutto uguale a tante sue amiche femmine omosessuali

    1. Davide

      Laura, metto un attimo da parte il tuo ragionamento per farti notare come l’affermazione che si nasca omosessuali sia falsa (sono sicuro che tu sia in buona fede): non c’è alcuna prova scientifica che l’abbia dimostrato, semmai ci sono studi che mostrano come siano altre le cause, che intervengono nella vita della persona. Ciò non toglie il rispetto per chiunque: non perchè omosessuali, eterosessuali o cos’altro, ma perchè persone in quanto tali. Ma questo non significa abdicare alla ragione o, pensando di essere più giusti, rinunciare alla verità dei fatti. Cordialmente

    2. Giusi

      Non è vero che omosessuali si nasca. Consiglio la lettura, senza pregiudizi, del libro di Luca Di Tolve che, oltre ad essere scritto in un buon italiano, spiega con molta chiarezza come la mancanza della figura maschile possa portare a prenderla in considerazione in modo sbagliato. La sua vicenda peraltro la dice lunga circa la tolleranza dei gay. E’ costretto a recarsi alle presentazioni del suo lobro in incognita e con la scorta solo perchè ha osato raccontare che non è più omosessuale, che si è sposato e che intende avere un figlio normalmente dalla moglie. Per questo è stato minacciato di morte. E lo psicanalista che l’ha curato è fatto oggetto di ostracismo da parte dei colleghi. Non si ha il diritto di non vivere bene l’omosessualità e di volerne uscire. Io ritengo che il libro di Di Tolve, se non vivessimo in un mondo alla rovescia, dovrebbe essere adottato nelle scuole, perchè al di là dell’omosessualità, illustra molto bene l’abisso nel quale si può cadere abbandonandosi agli istinti sganciati da qualsivoglia componente spirituale o morale. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: i ragazzi ormai fanno sesso già a 12 – 13 anni, non sanno nemmeno con chi perchè la norma è ubriacarsi ed impasticcarsi. Se poi ci sono delle spiacevoli conseguenze c’è sempre l’aborto o la pillola del giorno dopo…

      1. Più che la mancanza di una figura di riferimento è spesso (non sempre e non solo) il RIFIUTO di assumere su di sé l’identità di genere della figura referente – figlio > padre / figlia > madre.

        Rifiuto che altrettanto spesso non deriva da decisione conscia, ma da serie e dolorose vicende famigliari e/o traumi infantili.

        1. Giusi

          Si certo. E pensa che Luca racconta nel libro che quando la mamma, che si era accorta di qualcosa di strano, lo portava, adolescente, dagli psicologi questi le dicevano che il figlio era gay e che bisognava assecondarlo!

  3. Claudia

    Qualcuno di voi sa se è già in rete una traduzione integrale del saggio del Gran Rabbino di Francia? La cerco disperatamente. Grazie 🙂

  4. Carlo

    LAU I. credo che il tuo intervento meriti attenzione e chiarimenti. Se non sbaglio citazione, è stato Chesterton che ha detto:” la chiesa non ti permette niente ma ti perdona tutto…il mondo ti permette tutto…ma non ti perdona niente!”
    La chiesa è sempre stata molto accogliente con ogni diversità ed a me sembra che tu sia un pò succube di stereotipi culturali tipici della modernità. Infatti sei tu (mi rivolgo a te certamente non nel senso personale ma come portatrice di certe suggestioni), sei tu, dicevo, che metti tra parentesi la parola diversità. Questa ideologia ha bisogno di annullare le differenze; anche quando è in buona fede non si rende conto che non riesce ad amare se non rendendo tutto uguale.
    Invece tutto il creato vive di diversità, forse è uno dei segreti del creato…e le diversità si amano così come sono non omologandole.
    E’ ovvio che l’omosessualità è naturale dal momento che esiste, ma naturale è anche una cardiopatia ischemica! Noi constatiamo che la realtà ha una struttura di base di un certo tipo, in larga misura intuiamo che è bella e buona ma vediamo che è inquinata dal male in mille forme ed è fatta di regole e di eccezioni alle regole.
    Bisogna rifletter molto ed aderire prima di tutto alla realtà prima di aderire facilmente a concetti astratti che dicono sempre che è tutto fattibile, tutto ok e impongono questioni che nemmeno si porrebbero. Il matrimonio gay non nasce dal reale bisogno umano degli omossessuali; è uno slogan imposto, una bandiera che afferma che ogni desiderio è un diritto…il buon senso che è in ognuno di noi sa che ogni vita è un mistero da amare e rispettare ma che una coppia di due donne o due uomini sono una cosa ma una famiglia è un’altra cosa con finalità diverse.

    1. Senza dimenticare (ma chi non condivide questa visione teologica e antropologica fatica a condividere) che la natura che conosciamo e profondamente ferita sin dalla sue origini e anch’essa “attende e geme per la sua liberazione” (citazione non letterale). Quindi non tutto che appare come naturale – e sottolineo “appare” – è intrinsecamente buono.

      Sarebbe inutile, ma é bene sempre farlo, ricordare la distinzione tra i comportamenti e le persone in quanto tali.

  5. vale

    ancora con la bufala che gay si nasce? certo. come le piramidi le han costruite gli alieni,i preti son tutti pedofili( ed in subordine,simoniaci, scollacciati,ecc.),i commercianti son tutti evasori fiscali,l’uomo discende dalla scimmia-anzi, è solo una scimmia un po’ più evoluta. naturalmente per caso-,tutto è relativo per cui nulla esiste in sé. anzi ,non esisto neppure io. sono un avatar di me stesso…..

  6. …a me.personalmente, che omosessuali si nasca o si diventi non mi sembra che faccia nessuna differenza, come uno è o diventa è così come è o diventa. Qualcuno (forse) scoprirà il gene dell’omosessualità, come anche quello di chi è portato a avere fede o il gene del ballerino di tango, ma questo lascerà sempre aperta la questione
    “Let it be” cantavano i Beatles!!!
    Per quanto riguarda Dio: è maschio o femmina? e se è maschio in che modo lo è?

    1. Giusi

      La fa invece perchè se si diventa vuol dire che non è una condizione naturale. Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza, maschio e femmina li creò. Dunque la somiglianza dell’uomo e della donna con Dio è da ricercare al di là del sesso è nello Spirito.

        1. Giusi

          O nel Vangelo fai tu. Il Catechismo si basa sul Vangelo. Perchè? Non sei d’accordo? Trovami una cosa cattiva!

          1. Il vangelo lo trovo ottimo, non buono. Uno dei più bei libri mai scritti. Quello che volevo dire è che che la natura è la natura, noi possiamo solo cercare di fare il meglio che sia nelle nostre possibilità per vivere il meglio (in tutti i sensi)possibile. Importante è anche non pretendere di giudicare quello che fanno gli altri. A giudicarli, se sarà il caso, ci penseranno i codici (civile e penale) i quali codici sono, per altro migliorabili, come anche si spera che siano migliorabili le nostre prigioni (a proposito di gente in prigione).

            1. Giusi

              E ti pare opera di un uomo? La natura non è ineluttabile, possiamo plasmarla: Dio ce ne ha dato la facoltà. Non giudicare è una massima evangelica, non dovremmo farlo mai ma non sempre ci riusciamo. Per quanto riguarda i nostri legislatori non è che nutra una gran fiducia in loro e in più a giudicare sono i giudici, sulla base di quelle leggi, i quali…. lasciamo perdere…. Le prigioni sono vergognose ma si sprecano anche tanti soldi in presunte strutture rieducative che non rieducano un bel niente e qui mi fermo perchè il discorso ci porterebbe troppo lontano… Conclusione: menomale che c’è Dio: solo Lui sarà un giudice giusto, solo Lui saprà fare il giusto calcolo delle attenuanti e delle aggravanti, solo presso di lui la purificazione sarà vera e ci renderà più bianchi della neve, solo presso di lui ci sarà la certezza della pena per quelli che proprio, essendo de coccio, non sapranno “approfittare” della Sua Infinita Misericordia!

              1. …ma come è possibile che persone come siamo io voi loro tutti dal chiuso delle nostre casettine-ine, con le nostre macchinine-ine, i nostri lavorucci-ucci, le nostre cacatine-ine economiche. la nostra mezzasegaggine umana, , le nostre paure per il lavoro, i figlioli, le scuole, il riscaldamento, la salute dei suoceri eccetra eccetra ci si permetta anche di permetterci di parlare di Gesù, della misericordia, delle cose escatologiche o quant’altro quando poi in realtà si vive nei nostri tinelli con i divani brutti e la televisione!!!(me escluso, ovviamente)

                1. Intanto ci si permette in quanto Cristo – Dio ha scelto di condividere con noi la nostra (a volte misera) realtà, poi perché quale, che sia la nostra condizione, non v’è in verità null’altro di cui valga veramente la pena di parlare.

                  1. …la nostra (vostra) vita testimonia per voi, non il parlare, e testimonia che non vivete da cristiani, ma da gente comune, perché sennò se voi foste cristiani, tutti allora si sarebbe cristiani, vivendo uguale. Pregare non serve a nulla senza “convertirsi” (cambiare vita e mente)

                2. Giusi

                  Ma dove dovremmo andare, dove? E poi che ne sai tu di ognuno di noi? Dai giudizi sommari, pretendi di insegnare tu ateo come si fa ad essere cristiani. Il nostro Dio è un Dio con noi, ci accetta nella nostra pochezza, non ci chiede chissà che cosa, ci chiede di stare al nostro posto, fare la nostra vita, cercando di osservare i comandamenti e di aiutare gli altri. Non se ne importa nulla della marca del divano, del lavoro che facciamo, queste son cose che interessano agli uomini non a Dio. Gesù non è un faraone, ha piacere che parliamo di Lui, che stiamo con Lui, non vede l’ora! .Ti dò ragione solo sulla televisione (che peraltro guardo molto poco e in modo selettivo). Padre Pio diceva: “Quando nelle case entrerà l’imperatrice (la televisione), uscirà la Regina (la Madonna). Oh se aveva ragione! Prima si diceva il Rosario in famiglia, adesso si guarda il grande fratello e i risultati si vedono!

        2. Ah certo che quello è un buon punto di partenza… anche per discernere ciò che è buono da ciò che non lo è.

          Poi anche il vino delle tue parti è buono, ma non ricordo sia citato nel CCC 🙂

          1. Giusi

            Come no? E’ quello delle nozze di Cana. Alvise ne ha bevuto talmente tanto che non se ne ricorda… 🙂

  7. …stare al vostro posto? tutti si sta al nostro posto (e si aiuta anche gli altri, ma senza per questo usare la parola cristiani) che autorizzazione ci avete a usare sempre questa parola riferita a voi?ma ve le deve insegnare un ateo coteste cose?

  8. Lalla

    Infatti non basta stare al proprio posto e cercare di aiutare gli altri: bisogna amare Gesù e fidarsi di lui.

      1. Giusi

        Sei cristiano pure tu perchè sei battezzato (almeno spero…. per te dico). Dal Vangelo secondo Alvise: il Signore ha detto: se non siete esseri perfettissimi non potete definirvi cristiani.

      2. Giusi

        Rilassati, non tocca a te, questo è compito di Dio. Nel frattempo Dio ci concede di poterci definire cristiani per cui scendi dal podio e fai l’uomo!

  9. Daniela

    credo non sia corretto dire che si nasce prima di tutto persone. Infatti “maschio e femmina li creò” e a “Sua immagine e somiglianza” . Dunque prima di tutto si nasce sessuati o maschi o femmine. Cristo stesso ha preso la natura umana e ha scelto un corpo sessuato per entrare nel tempo e condividere la nostra storia fino a sanarla con il suo amore infinito. Quello stesso amore che ebbe quando ci creò, maschio o femmina. Poi c’è la libertà di scegliere la propria strada per vivere con o senza Dio ma ciò non ci deve far stravolgere la realtà di quello che siamo. Inoltre non credo che la Chiesa non sia accogliente nei confronti della diversità. Anche perchè la Chiesa è il Corpo Mistico di Cristo cioè Cristo e noi e non mi sembra che Cristo sulla terra abbia discriminato nessuno, anzi è stato semmai discriminato da noi che spesso pensiamo di essere come Dio (origine di ogni tentazione e peccato). E’ per questo stesso motivo che pensiamo di stravolgere la realtà di chiamare le cose con nomi diversi da quelli originali. Penso che la Chiesa cioè noi, faccia un grande sforzo per comprende ed accogliere il mistero della natura umana di tutti e di ciascuno. L’errore sta nel giudizio nella condanna che utilizziamo per nasconderci come fecero Adamo ed Eva.

  10. Lau I.

    Giusi–> l’omosessualità, alla luce degli studi attuali, sembra avere cause multifattoriali che comprendono fattori biologici innati oltre a quelli ambientali (altrimenti per quale motivo si verificherebbe il caso di fratelli cresciuti nello stesso ambiente, con gli stessi genitori e con esperienze simili di vita che hanno un orientamento sessuale diverso?). Sono state riscontrate differenze a livello anatomico (ad es. la grandezza dell’ipotalamo) In uomini eterosessuali ed omosessuali. Per approfondimenti-> http://www.eulabs.eu/Downloads/Lucidi%20orientamento%20sessuale%20e%20omosessualita%60.pdf
    Lo psicoterapeuta di cui parli è stato giustamente ostracizzato dai suoi colleghi perchè l’omosessualità non è considerata una patologia psichiatrica in nessun manuale diagnostico ormai dal 1973 e pertanto non va curata. Se una persona convive male con la sua omosessualità (vive cioè il suo orientamento sessuale in modo egodistonico) il compito dello psicoterapeuta è quello di intervenire sullo stato di disagio portando il paziente ad accettare la sua condizione!
    @Carlo–> Rispetto a questo tema per me uguaglianza non è sinonimo di appiattimento delle differenze ma, piuttosto, di esaltazione delle possibilità, tutte ugualmente valide, con le quali una persona può vivere la sua vita affettiva. Da non credente per me famiglia non è necessariamente l’unione di un uomo e di una donna che ha come finalità la procreazione, ma ogni aggregato sociale in cui due o più persone decidono di progettare in comune la propria vita. Perchè per gli omosessuali il matrimonio non dovrebbe essere un bisogno reale? I desideri devono potersi trasformare in diritti se non ledono gli altri (e il riconoscimento di un legame d’amore non potrà mai ledere nessuno!). Ricordiamoci che viviamo in uno Stato laico e che abbiamo una bellissima Costituzione che recita così:Art.3–>Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
    E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

    1. Alessandro

      “Se una persona convive male con la sua omosessualità (vive cioè il suo orientamento sessuale in modo egodistonico) il compito dello psicoterapeuta è quello di intervenire sullo stato di disagio portando il paziente ad accettare la sua condizione!”

      No, uno psicoterapeuta che ravvisa in un paziente un vissuto egodistonico della sua omosessualità deve aiutare il paziente a sanare l’egodistonia connessa alla condizione omosessuale. E non può essere escluso a priori che questo percorso di risanamento comporti una dismissione della condizione omosessuale: dismissione che ovviamente non può essere imposta al paziente ma va liberamente accettata come transito necessario al risanamento dell’egodistonia del paziente. Lo psicoterapeuta valuterà il singolo caso. Uno psicoterapeuta che escludesse a priori che la dismissione della condizione omosessuale di Tizio sia necessaria alla risoluzione dell’ egodistonia patita da Tizio sarebbe vittima di un pregiudizio antiscientifico (che sarebbe oltretutto nocivo per Tizio): il pregiudizio secondo il quale è impossibile che il risanamento dell’egodistonia di Tizio omosessuale necessiti della dismissione della condizione omosessuale di Tizio. Il pregiudizio non cesserebbe di essere antiscientifico quand’anche rinomati manuali disciplinari lo consacrassero come verità incontestabile: la storia brulica di manuali “scientifici” infarciti di pregiudizi antiscientifici.

    2. Giusi

      Non è mai stato scoperto il gene dell’omosessualità nè nulla di organico che la suffraghi. Il discorso dei due gemelli non ha senso perchè ogni persona è unica ed esiste sempre l’interazione della propria soggettività con il resto quindi non possono esistere due persone al mondo, sia pur gemelle, che si comportino in modo eguale o che reagiscano nello stesso modo agli stimoli esterni, è ovvio. La psicanalisi e la psicologia non sono scienze esatte infatti esistono diverse scuole di pensiero. Ci sono parecchie persone che non sono più omosessuali non certo perchè qualcuno le ha legate e gli ha fatto seguire per forza una terapia alternativa a quella dominante, lo hanno fatto spontanemente perchè non vivevano bene la loro omosessualità ma sono costrette a vivere nella clandestinità perchè vengono fatte oggetto di minacce e persecuzioni. Non possono fare outing! Eppure l’art. 3 della Costituzione dovrebbe valere anche per loro!
      La nostra Costituzione tutela altresì i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio ove per matrimonio si intende l’unione tra un uomo e una donna. D’altro canto, per fortuna, ci sono anche tanti gay che la pensano così.
      http://www.tempi.it/sono-gay-francese-e-contro-le-lobby-non-voglio-ne-matrimonio-ne-ladozione-e-ora-provate-a-dire-che-sono-omofobo

    1. angelina

      Ritengo sia un falso titolare tale notizia come apertura all’adozione per coppie gay. Si tratta di una sentenza in merito ad un contenzioso tra coniugi per l’affidamento della figlia. La bambina è stata affidata alla madre, come prevalentemente avviene; i giudici hanno ritenuto non nociva per lei la relazione della madre con un’altra donna. Ho letto però che questa mamma convive con un’operatrice sociale della comunità di recupero per tossicodipendenti in cui si è curata. Sul rischio che un minore diventi “solo” uno strumento funzionale alla riabilitazione e al recupero di autostima di un genitore in grave disagio, bisognerebbe discutere con ampio documentato dibattito.
      Quanto alla notizia, è stata presentata in tutt’altro modo. Negligenza o dolo da parte dei professionisti dell’informazione, …. altro punto caldo. Tendenza a commentare a casaccio (anzi no, a tema preconcetto…) da parte di esultanti fautori dei diritti individuali, …lasciamo stare. E anche chi oppone qualche obiezione non argomenta sul fatto reale ma solo sulla distorta e parziale informazione veicolata in giro. Ormai è buona regola, leggendo i giornali, assumere che è in effetti successo qualcosa riguardante X, ma come veramente X sia successo non è dato sapere perché è pressoché impossibile che emerga dai fumi del pressappochismo e dai clamori del commento ideologico.

      1. “Quanto alla notizia, è stata presentata in tutt’altro modo. Negligenza o dolo da parte dei professionisti dell’informazione, …. altro punto caldo. Tendenza a commentare a casaccio (anzi no, a tema preconcetto…) da parte di esultanti fautori dei diritti individuali…”

        Come in quasi tutti i radio-giornali di questa mattina.

        Più che “commenti a casaccio” vedo precisi commenti a rafforzare la nuova “teologia” della “liberazione” (termini ovviamente tra virgolette) dell’uomo.

        1. angelina

          Si aggiunge dolore a dolore, errore ad errore. E’ una storia triste, di violenza, debolezza, incomunicabilità. Relazioni che hanno generato sofferenza (il padre, la madre, la piccola) ora sono portate in piazza ad uso ideologico; procedimenti giudiziari che dovrebbero tutelare il minore, agiti da adulti poco equilibrati e strumentalizzati a fini ideologici dai magistrati. Povera bambina!
          http://www.lastampa.it/2013/01/11/societa/la-cassazione-sulle-coppie-gay-nessun-danno-per-i-figli-kOInz9mVlIf2CjA7KKtXnN/pagina.html.

          1. “… dai magistrati” e dai media.

            Nonché, ahimè, dalla imperante e quasi compulsiva spinta a trovare (o quanto meno “prendere al volo”) l’occasione, per avere la propria mezz’ora di celebrità!
            Finire su tutti i “contenitori” e programmi televisivi possibili, per raccontare la propria verità, il proprio “caso umano”. A cercar conferme e appoggi, notorietà (e forse anche qualche soldino…), trascinando in questa follia mass-mediatica, chiunque ti stia attorno. Raccontando al mondo (almeno al mondo che segue questo “circo”) fatti che un tempo si raccontavano ad una stretta cerchia di persone (o al sacerdote… :-)).

            Mi domando, gli attori di questo triste spettacolo, registrano poi ogni trasmissione che li riguarda, per mostrale orgogliosi… ai propri nipotini?

            Come sempre non un giudizio alle singole persone, ma la constatazione dell’estrema povertà (se di queste cose abbiamo bisogno…) a cui parte dell’umanità sembra destinata.

            1. angelina

              Non intendevo soltanto questo Bariom. Ho pensato, piuttosto, che tanta sofferenza, tanti errori non passano così, senza una riparazione. A un “vuoto” occorre rispondere con un “di più” di amore. Le ferite, in senso individuale e anche in senso sociale, richiedono cura amorevole.

              1. Non c’è dubbio Angelina e concordo… la mia può sembrare solo una piccolissima e banale analisi sociologica, ma mi riferivo proprio ad atteggiamenti che non faranno altro che “stritolare” le persone ad aumentare quel dolore e vuoto di cui, giustamente parli.

  11. Lau I.

    @Alessandro–> Scientificamente non è possibile far smettere una persona di essere omosessuale a meno che 1) la persona in realtà non lo fosse veramente; 2) la persona decida razionalmente (il che non vuol dire cambiare il proprio orientamento sessuale nè essere sereni) di fare una scelta di vita etero, infelicitando se stesso, la persona che sceglie come compagno/a e suoi possibili figli. Credo che l’unica possibilità per un bravo psicoterapueta di intervenire su un caso di omosessualità distonica sia far prendere coscienza alla persona del fatto che l’omosessualità non è una malattia, che non sta facendo nulla di strano ed aiutarlo a convivere pacificamente con questa realtà.

    1. Giusi

      E’ possibilissimo, è successo e succede ma non si può dire perchè non è politicamente corretto…

    2. Alessandro

      La risposta che mi dai presuppone che l’omosessualità sia una caratteristica irreversibile della persona. Ovviamente, se così fosse, una persona potrebbe cessare di essere omosessuale solo se omosessuale non fosse mai stata veramente (e quindi, a rigor di logica, nessuno potrebbe cessare di essere omosessuale, giacché chi non è veramente omosessuale non è omosessuale, simpliciter). Suddetto presupposto però va dimostrato. E la dimostrazione manca.
      Lo psicoterapeuta è un professionista che deve porsi in ascolto della sofferenza. Non ci sono sofferenze indegne di essere ascoltate. Se mi si presenta un paziente che mi palesa una omosessualità egodistonica non posso escludere che il risanamento dell’egodistonia passa compiersi solo dismettendo l’omosessualità (dismissione che richiede ovviamente una scelta del paziente che ne investe l’intera dimensione psico-affettiva-razionale, esigendo una presa di coscienza profonda: non si tratta di decidere razionalmente di punto in bianco di non “comportarsi” più da omosessuale). Ovviamente ciò non potrebbe accadere se l’omosessualità fosse un caratteristica irreversibile del paziente. Ma che l’omosessualità sia una caratteristica irreversibile del paziente è presupposto/pregiudizio indimostrato.
      Così come è indimostrato che in OGNI caso di omosessualità egodistonica la distonia possa essere sanata promuovendo nel paziente un processo adattativo, una sorta di “riconciliazione” con la propria omosessualità.Talora il terapeuta si trova dinnanzi a una così persistente sofferenza ad accettare la propria omosessualità da suscitare il legittimo sospetto che la distonia del paziente non sia sanabile se non tramite dismissione dell’omosessualità. Le sofferenze vanno ascoltate fino in fondo, così come esse sono, spregiudicatamente. Non ha senso interdirsi di ascoltare fino in fondo la sofferenza di un paziente in nome dei dettami di un manuale diagnostico.

  12. Lau I.

    Premesso che ognuno è liberissimo di pensare quello che meglio crede, allo stato attuale della ricerca è stato dimostrato (non uso il termine “scientificamente” a caso!) che le cosiddette Terapie Riparative non solo non sono efficaci ma sono dannose come ricordato nel 2009 dall’APA (American Psychiatric Association) in un’analisi condotta sulla letteratura esistente in materia. Per uno psicoterapeuta non tenere conto della letteratura scientifica pressochè unanimamente riconosciuta (DSM IV, ICD-10), sarebbe una violazione grave del codice deontologico che è tenuto a rispettare.

    1. Alessandro

      “le cosiddette Terapie Riparative non solo non sono efficaci ma sono dannose come ricordato nel 2009 dall’APA (American Psychiatric Association) in un’analisi condotta sulla letteratura esistente in materia”.

      Non è vero. L’analisi dell’APA non dice questo. Dice “che non ci sono sufficienti dati scientifici per sostenere sia i successi proclamati che i danni paventa­ti delle terapie di cambiamento dell’orientamento sessua­Ie, e viene quindi incoraggiata una ricerca condotta con degli standard scientifici più elevati. Infine, come af­fermano anche critici attenti come Burroway (2009) e Throckmorton (2009), iI primo contrario alle terapie ripa­rative ed il secondo scettico, queste modalità di interven­to non sono state vietate in assoluto. Non sono infatti presenti affermazioni del tipo “da ora in poi non dovranno es­sere più praticati tentativi di cambiamento dell’orientamen­to sessuale” (cfr. il link a p. 16):

      http://www.toninocantelmi.com/web/art/2010/omosessualita%20e%20psicoterapia%20tonino%20cantemi.pdf

      Per tenere conto della letteratura scientifica bisogna prima capire che cosa dice la letteratura scientifica.

      1. Alessandro ti ringrazio per i tuoi interventi, molto chiari ed estremamente istruttivi (anche per chi della complessità di questi argomenti è digiuno)

  13. Io credo che il “vero” problema che c’è oggi politica (in senso lato)non sia se ci possano essere o meno omosessuali (o ego-distonici o meno, come anche c’è maschi e femmine “normali” egodistonici o in tanti modi)ma se gli omosessuali possano convivere o sposarsi o adottare con gli stessi diritti degli altri cittadini maschi e femmine. E allora le questioni diventano anche di tipo economico, di spesa, di risorse, eccetra. Il fatto puro e semplice che esistano omosessuali o che si sentono tali e che abbiano relazione tra loro credo che sia ormai difficilmente contestabile scienza o non scienza, ma almeno esistenzialmente. non vodo come possa interessare ai non omosessuali cattolici o non cattolici il comportamento sessuale dei propri concittadini, a meno, come dicevo, che non si passi alle questioni giuridico economico pratiche. Sarbbe come se io volessi contestare il fatto nelle coppie eterosessuali sposate o meno venga
    probabilmente praticata la sodomìa, o la fellatio o il cunnilingus eccetra….

    1. Giusi

      Non sarebbe proprio come dici tu. Le “pratiche” ognuno se le fa a casa sua. Quello che si contesta è che due persone dello stesso sesso possano sposarsi e adottare figli che è un assurdo logico prima ancora che giuridico.

    2. Scusa Alvise ma mi pare proprio di questo si parli, non certo se l’omosessualità esista, esista veramente o non esista.
      E più che alle implicazioni economiche, ecc (che non mi pare siano molto citate) si guardi a quelle “morali” (le problematiche d’ordine morale riguardano qualunque società e il suo ordinamento), legislativo, formativo, educativo, ecc, ecc.

          1. E dunque Alvise dicevo di quello si sta parlando (credo). La tua puntualizzazione mi pareva superflua.
            Pareva a me , poi magari non lo è.

            Se non apri un link, peggio per te… a volte troviamo cose scritte molto meglio di come lo avremmo fatto noi, o con dati estesi che sarebbe inutile riportare qui per intero. Chiamali contributi esterni, poi certo non è detto siano tutti da leggere, ma certo non possono essere tutti riportati qui per intero.

            Poi fai tu.

      1. Bariom.
        ….ma di che avete parlato fino a ora(terapie eccetra)?
        Mentre invece, salva tamen libertas cittadinorum, il problema vero è specialmente quello giuridico economico organizzativo (religioso?)….(ma che c’entra la religione?) morale(ma che c’entra la morale?) (quale morale?)
        (quella naturale?) (naturale come?)
        ….

  14. Carlo

    Filosofiazzero hai ragione; nel senso che il problema riguarda le fondamenta di una società, quindi è proprio un problema anche politico, economico, sociale e culturale. Forse secondo te questo è l’aspetto sottaciuto e, infondo, materiale e meschino ma, secondo me, è quello importante e fondamentale per la vita e la prosperità delle persone e delle società. Il problema è proprio che le diverse forme di convivenza che si cerca di equiparare sono frutto di vari desideri soggettivi. I desideri e i diritti sono cose diverse; ed i diritti comportano doveri e assunzioni di responsabilità. Lo stato può sostenere e privilegiare la famiglia (riconosce un diritto) perchè i coniugi si impegnano a vita al sostegno vicendevole, alla crescita e all’educazione dei figli, alla cura degli anziani, alla trasmissione di culture e tradizioni in un clima di sostanziale affetto e riconoscimento individuale. Già il divorzio facile (cioè come opzione normale e non come caso estremo, nella testa delle persone, a parte la legge), già il divorzio è stato il vulnus di questo patto sociale. Oggi se vuoi la casa popolare e un posto all’asilo per il figlio, è meglio se sei separato. L’unità, la laboriosa costruzione e la rinuncia alla facile soddisfazione dell’ego viene sempre più penalizzata. In una apparente allegra danza di felice liberazione da ogni tabù…non mi sembra che si stia costruendo niente di duraturo. Non lasceremo certo cattedrali ai posteri ma di questo passo potremmo non lasciare più neppure molti posteri!

  15. Lau I.

    La psicologia e la psichiatria non potranno mai essere scienze esatte (come quasi tutto lo sciibile umano!) e i risultati della ricerca scientifica saranno sempre limitati entro i confini di verità statistiche e non assolute. Detto questo se l’American Psychiatric Association, l’American Psychological Association, il Consiglio Nazionale Ordine psicologi, il Royal College of Psychiatrists (per citare i più importanti) danno come direttive guida di astenersi dalle terapie riparative ci sarà un motivo no? Giuseppe Luigi Palma, Presidente dell’Ordine Nazionale Psicologi dice: “Lo psicologo non può prestarsi ad alcuna “terapia riparativa” dell’orientamento sessuale di una persona”!

    1. Alessandro

      Come ho già detto, l’APA sostiene che non ci sono sufficienti dati scientifici per sostenere sia i successi proclamati che i danni paventa­ti delle terapie di cambiamento dell’orientamento sessua­Ie. Quindi, l’APA non esclude che le terapie di cambiamento dell’orientamento sessua­Ie possano non essere dannose. Sconsigliando di praticare dette terapie poiché si ritengono dannose, l’APA pertanto contraddice sé stessa: censura una dannosità che non è in grado di dimostrare, per sua stessa ammissione.
      Ma ciò che che inficia alla radice le valutazioni dell’APA e di altri Organismi è il pregiudizio (il mero pregiudizio) che l’omosessualità in quanto tale di Tizio (e non la ripulsa da parte di Tizio della propria omosessualità) non possa mai essere causa di egodistonia tale che il ristabilimento di egosintonia necessiti di un dismissione dell’omosessualità stessa. Questo è il gigantesco pregiudizio (cioè: un dogma che non poggia su alcuna scientifica evidenza) in ossequio (acritico, com’è ogni ossequio a un mero pregiudizio) al quale legioni di psicoterapeuti si oppongono preventivamente (pre-giudizialmente, appunto) a ogni percorso terapeutico che contempli il cambiamento dell’orientamento sessuale del paziente. In fondo, il Grande Pregiudizio è alla base dell’autocontraddizione in cui incorre l’APA quando sconsiglia di praticare, in quanto dannosa, una terapia la cui dannosità l’APA, per sua stessa ammissione, non è in grado di dimostrare: quella terapia si oppone al Grande Pregiudizio, e quindi va squalificata, messa al bando.

    1. Il contesto della situazione e la sentenza che ne è derivata vede: Un padre-marito di religione mussulmana che sposa una non-mussulmana, il padre-marito, che se se va quando il bambino nato dalla relazione ha 10 mesi; la madre-moglie che è o diviene in seguito tossicodipendente; una separazione tra i due dove il figlio viene in prima istanza affidato alla madre (come nel 95% dei casi) con visite prestabilita per il padre, che le diserta; una madre-moglie che avvia una relazione omosessuale con l’assistente sociale che la “seguiva”; il padre-marito che si ripresenta per riavere il figlio e aggredisce l’assistente sociale nuova “compagna” della moglie; il padre-marito che si rivolge alla Corte di Cassazione perché sia tolto l’affido del figlio alla moglie adducendo come motivazione la relazione omosessuale della moglie con la di lei assistente sociale.

      Se così stanno le cose (con beneficio d’inventario dato che le fonti giornalistiche sono oggi (in genere) quanto di più superficiale, approssimativo e fazioso si possa trovare (giudizio personale…), la situazione appare di una notevole complessità, per fatti oggettivi, scelte personali dei singoli, contesto culturale e religioso.
      La sentenza (a cui dobbiamo dare credito in quanto a volontà di tutelare gli interessi del minore) appare, a mio giudizio, come la ricerca del “minore dei mali” e soprattutto la motivazione in cui è citato come pregiudizio e non sufficiente argomento, la relazione omosessuale della madre per modificare la scelta sull’affido del minore.
      Anche se è innegabile un giudizio nel merito, che bolla come pregiudizio l’obiezione mossa dal padre, affermando poi che non vi sono dati “scientifici” comprovanti la tesi (sempre del padre) contraddice la definizione di “pregiudizio”. Se non vi sono prove scientifiche dell’una come dell’altra tesi, né l’una, né l’altra tesi possono essere considerate dei “pregiudizi”, ma eventualmente… tesi.

  16. Lau I.

    Quindi, secondo il tuo ragionamento, (tutti!) i suddetti Organismi a livello internazionale sarebbero sostanzialmente vittime di un pregiudizio che impedisce loro di prendere in considerazione che la risoluzione del disagio di Tizio potrebbe verificarsi con il superamento delle sua condizione di omosessualità. Quindi siamo qui a screditare due categorie professionali, psicologi e psichiatri, nella loro pressochè interezza? La questione mi interessa particolarmente dato che sono laureata in Psicologia Clinica e di Comunità ed ho la massima fiducia nella buona fede e nella competenza della mia categoria professionale. Se non vuoi fidarti del fatto che sia nella relazione dell’APA che nella letteratura scientifica più accreditata in merito è stato riportato che in molti casi queste terapie sono state dannose e che, nella quasi totalità nei pazienti non c’è assolutamente stato un cambiamento dell’orientamento sessuale, quale sarebbe la tua proposta? Continuare a sperimentare la validità di tali terapie senza tener conto dei danni che provocano? Senza tener conto che non è possibile “riparare” qualcosa che non è patologia (l’OMS definisce l’omosessualità una “variante naturale del comportamento umano”)? Non trovi ci sia un vizio di fondo?

    1. Alessandro

      Sì, il vizio di fondo è questo: che non c’è alcuna prova che l’omosessualità sia in quanto tale una “variante naturale del comportamento umano”, che non ci siano casi in cui la risoluzione del disagio di Tizio possa attuarsi solo con il superamento delle sua condizione di omosessualità, che ogni condizione di omosessualità sia compatibile con l’egosintonia di Tizio.
      Non si mette in dubbio la buona fede di nessuno: a rigor di logica si può essere vittima di un pregiudizio in buona fede, soprattutto quando il pregiudizio in oggetto è diffuso, annoso e profondamente radicato. Né si scredita nessuno: psichiatri e psicologi afflitti dal pregiudizio in oggetto possono abbondantemente beneficare molti pazienti che presentano patologie anche gravi, ma detto pregiudizio li rende inidonei a intrattenere una relazione terapeutica veramente positiva con pazienti la cui condizione omosessualità egodistonica possa essere superata solo con dismissione della condizione omosessuale stessa, e non con processi adattativi volti a “far accettare” la condizione omosessuale.
      Quanto alla dannosità delle terapie “riparative” (brutto aggettivo, lo ammetto: non si tratta di riparare un’automobile in panne), l’APA sostiene – ribadisco – che non ci sono sufficienti dati scientifici per sostenere sia i successi proclamati che i danni paventa­ti delle terapie di cambiamento dell’orientamento sessua­Ie, e incoraggia quindi una ricerca condotta con degli standard scientifici più elevati.
      Perché non sforzarsi di conoscere meglio l’operato di chi pratica terapie volte al cambiamento dell’orientamento sessuale? Oltretutto, in genere, queste terapie vengono indiscriminatamente annoverate nel novero delle “riparative”, ma spesso differiscono tra di loro anche sensibilmente. So per certo che molti professionisti esecrano queste terapie indiscriminatamente come dannose, senza averle studiate granché, più che altro per sentito dire. Non è questo un atteggiamento figlio del Grande Pregiudizio?

  17. Tutti siamo vittime di qualche pre-giudizio, è inevitabile, bisogna fare il possibile per non considerare i pre-giudizi degli altri dei pre-giudizi e i nostri no. Come? Con il pre-giudizio della democrazia, penso io, con tutti i suoi limiti, o con quello della teocrazia, che limiti non ne conosce, in quanto digià tutto così da sempre e in eterno. Un sistema vale l’altro. ma ora qui è in vigore quello della Repubblica Italiana, che Iddio abbia pietà!!!

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