L’arte dell’attesa

di don Fabio Bartoli

Qualche giorno fa un’amica, commentando un viaggio che doveva fare in Terra Santa, mi diceva: “sono contenta che domani sia solo lunedì cosi mi godo per due giorni l’attesa della partenza”. La frase lì per lì mi ha fatto sorridere, nella sua ingenuità infantile, ma ripensandoci ho scoperto che nasconde una profonda verità.

Sì perché uomini e donne hanno una concezione totalmente diversa del tempo. Deve essere qualcosa che ha a che fare con la maternità e il ciclo, fattostà che le nostre amiche sanno attendere molto meglio di noi. La loro vita, molto più profondamente della nostra, è scandita da ritmi biologici che insegnano loro fin da bambine che per avere dei frutti bisogna aspettare e che d’altra parte per chi sa aspettare il frutto è certo.

Deve essere per questo che amano tanto farsi aspettare (come sa chiunque abbia mai dato un appuntamento ad una donna): per insegnarci la sublime arte dell’attesa.

Diciamoci la verità: noi maschi conquistatori vorremmo divorare il tempo e lo spazio e mal tolleriamo che qualcosa si frapponga tra noi e il nostro obbiettivo, così se fossimo noi a dover partorire faremmo di tutto per accelerare quei nove mesi e conquistare subito l’agognato bambino, trofeo della nostra virilità.

Il maschio è futurista, per lui tra il pensiero e l’azione non deve frapporsi nulla. La donna invece è impressionista, per lei il presente si frammenta in una miriade di puntini colorati ognuno dei quali ha una diversa sfumatura ed un diverso significato e vanno tutti goduti istante per istante, puntino per puntino.

La donna riceve tutto come un dono, ed anche il tempo dell’attesa, con le sue innumerevoli forme (perché l’attesa del Lunedì è assai diversa da quella del Martedì e quella delle nove del mattino non assomiglia affatto a quella delle cinque del pomeriggio) finisce con l’essere dono esso stesso, anzi, nella certezza del dono l’attesa è già in un certo modo una forma di godimento, più dolce, più languida, più interiore di quella che dà il possesso e anticipando il dono lo interiorizza e lo rende più profondo e vero, più vissuto, più intimo.

Non è l’attesa nostalgica del sabato del villaggio (che ho sempre detestato), ma l’attesa gioiosa della parusia, l’attesa nutrita dalla certezza della fede, dalla fiducia riposta nella mano del donatore che per questo, sulla fede, sulla fiducia, è già godimento.

Imparare ad aspettare significa sottomettere la propria volontà di conquista alla logica del dono, significa riconoscere che la nostra posizione di fronte alla vita non è quella dei dominatori, ma quella dei mendicanti, in attesa di ricevere tutto dalla mano del Padre.

È questo in fondo un altro modo di leggere la beatitudine evangelica “Beati i poveri nello spirito”: beati quelli che sanno aspettare, perché solo chi è davvero povero si riceve costantemente in dono e dunque sa aspettare e solo chi sa aspettare riceverà il dono e non cercherà di rubarlo.

Perciò care amiche insegnateci voi l’arte di attendere, di pregustare il dono e nel frattempo però abbiate pietà della nostra vorace impazienza e non mettetela troppo alla prova.

30 pensieri su “L’arte dell’attesa

  1. Mario G.

    Ben tornato don Fabio!

    Stupendo questo tuo elogio dell’attesa, come disse un sacerdote amico: viviamo questo tempo che ci separa con “curiosa attesa” e fiducia piena. È come scrissi io ad una cara amica, che ti ha letto sempre con simpatia, l’attesa e’ già essa stessa parte della gioia che ci attende…

    A presto e stammi bene!

  2. Non posse che citare S.Paolo ai Romani cap. 8, 19-23:

    La creazione stessa ATTENDE con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità – non per suo volere, ma per volere di colui che l’ha sottomessa – e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.

    Questa attesa viene paragonata anche al parto, e chi meglio delle donne sa cosa questo possa significare?

    E ancora, dai Salmi: Al mattino ascolta la mia voce; fin dal mattino t’invoco e sto in ATTESA.

      1. Occhio Don Fabio che qui si scatenano le nostre donne che per quanto amino gli scritti di Costanza, se vengono punte sul loro “femminismo” mai sopito, potrebbero travolgerti! 😀

        Scherzi a parte, è interessante sottolineare come la Misericordia – uno dei principali attributi del Nostro Dio, e quello a cui più spesso ci piace ricorrere 😉 – deriva dalla parola ebraica “rahamìm” plurale di “rehem” che letteralmente significa “utero”… quindi come la mettiamo? 🙂

        Meno letteralmente potremmo parlare comunque di un amore “viscerale” Dio per noi Sue Creature.

        1. Ma se Dio è maschio io davanti a Lui sono una donna, e qui le cose si complicano… 😉

          Volendo dire le cose in termini più teologici diciamo che Dio è maschio in quanto è tutta sua l’iniziativa nel rapporto mentre invece è madre, cioè donna, quanto alla sollecitudine, alla tenerezza eccetera.
          Ovviamente la cosa se ci si riferisce a Dio in senso stretto non ha molto senso al di là del puro gioco mentale, è invece rilevante se stiamo parlando del nostro rapporto mistico con Lui e allora non c’è dubbio: non so se Dio sia maschio, ma sicuramente io sono femmina, giacché sono la sposa scelta, corteggiata, amata, io sono quello che riceve, quello che attende, quello a cui viene fatto un dono, io sono quello che riceve, come Maria, il dono straordinario di poter generare il Figlio di Dio nella mia carne… e potrei continuare per un bel pezzo.

          1. “il dono straordinario di poter generare il Figlio di Dio nella mia carne”
            Verissimo! Noi come Maria siamo chiamati a generare in noi stessi Cristo, a favore nostro ma ancor più di questa generazione.

            Bastassero nove mesi!! 🙂

  3. angelina

    ….mi hai fatto venire in mente questo aforisma di GKC
    “Individualmente, gli uomini mostrano un aspetto più o meno razionale: mangiano, dormono, progettano. Ma l’umanità come insieme è mutevole, mistica, incostante, graziosa. Gli uomini sono uomini, ma l’Uomo è una donna”.

    1. O come ha scritto il nostro amato e Beato Giovanni Paolo II:

      “… uomo e donna lo (al posto di li) creò.”

      Mi è sempre piaciuta tantissimo questa interpretazione, da cui deriva la profonda intuizione (che non è certo solo di GPII) della profonda comunione della creatura Uomo pensata da Dio, dove uomo e donna con la compresenza dello Spirito Santo (in assenza del quale la vera comunione viene compromessa) riproducono il modello Trinitario dell’essenza del Creatore.

      Ma temo di avvilupparmi in pensieri troppo alti per le mie capacità, come di allontanarmi troppo dal tema, dell’ATTESA che vale la pena di essere meditato. 🙂

      1. Attesa di un Annuncio
        Attesa di un Evento
        Attesa di una Parola
        Attesa di un Amore
        Attesa di un Figlio

        Attesa di una Luce
        Attesa di Perdono
        Attesa di Salvezza
        Attesa della Morte
        Attesa di un Incontro

        Attesa di un Silenzio
        Attesa di un Dolore
        Attesa di un Pianto
        Attesa di un Tempo
        Attesa di una Speranza

        Attesa di Te
        Attesa di Noi
        Attesa di Lui

        L’Anima mia attende il Signore
        più che le sentinelle l’aurora.

          1. “Sgraffigna” pure… mettici “Anonimo contemporaneo”.
            Hai il permesso dell’ autore 😉 (salvo le ultime due righe che ovviamente sono tratte da un Salmo…)

  4. 61Angeloextralarge

    Grazie don Fabio! Smack! 😀
    Sentire parlare in questi termini, per me, è una manna dal Cielo. 😉
    Grazie Angelina e Bariom! Smack anche a voi! 😀

      1. 61Angeloextralarge

        Angelina: ceeerto che sìììì! Quando arrivano gli auguri li accetto sempre, anche se “ufficalmente” festeggio la Beata Angela da Foligno, 4 gennaio! 😉

        1. Angelina

          Giusto, Angela da Foligno, un tipo tosto. Come pure la conterranea beata Angelina da Marsciano, una donna forte. Ma sai, gli angeli custodi ci piacciono sempre…

          1. 61Angeloextralarge

            Angelina: forse una decina di anni fa sono stata a Foligno, proprio perché volevo pellegrinare fino alla Beata Angela. Dopo essermi inginocchiata e aver pregato davanti a lei, istintivamente mi sono girata, come quando ci si sente osservati, e ho visto dall’altra parte della chiesa una salma vestita allo steso modo, all’interno di un’urna simile alla sua (se non proprio uguale). Da ignorante ma curiosa, ho attraversato la chiesa e ho letto il nome: “Beata Angelina dei Conti di Marsciano”. Beh, mi ha fatto un bell’effetto sapere di aver pregato “tra” due mie omonime “con l’aureola” e mi sono sentita proprio coccolata da entrambe, tant’è che ho scelto come “seconda patrona” la Beata Angelina. So che adesso non sono più insieme, ma potrei aver ricevuto una info sbagliata. 😉

  5. angelina

    L’attesa è un luogo in cui esercitare la virtù della speranza (che peraltro, essendo virtù teologale, resta pur sempre un dono dall’alto). È luogo di fiducia, di confidente operosità (non si può stare ad aspettare con le mani in mano). Mentre si attende un ospite si lavora per rendere bella la casa e calda l’accoglienza; in attesa dello sposo la sposa si adorna prefigurando ogni gesto, parola, sguardo.
    Ma essere in attesa di una guarigione di una persona cara, o del ritorno di chi vuole essere lontano, può diventare combattimento logorante, può ridurre in solitudine e limitare l’orizzonte a quell’unico inarrivabile bene desiderato ogni giorno di più. A cosa tendere allora? Qual è l’attesa che non delude? Come vivere l’attesa del dono, quando il dono non può essere preteso, e anzi arriva ‘ inatteso ‘ per definizione?

    1. Cara Angelina, la tua domands trova risposta nella festa di oggi.
      E’ vero che la popensione femminile ad attendere ha un suo rovescio della medaglia quando questa attesa è vissuta in modo ansioso, come purtroppo di frequente questo tempo ci costringe a fare, ma la memoria liturgica di oggi ci ricorda che siamo custoditi, che siamo nelle mani di Dio e nessun tormento ci toccherà, che Gesù ha detto che non ha perduto nessuno dei suoi e che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio.
      E’ la custodia del padre il fondamento di un’attesa serena e gioiosa, è la certezza della fede che rende dono ogni istante della vita.

  6. angelina

    Grazie don Fabio. E’ la custodia del padre il fondamento di un’attesa serena e gioiosa,………la memoria liturgica di oggi ci ricorda che siamo custoditi…….proprio una bella festa, è vero.

  7. Claudia Pitotti

    Bellissima don Fabio! soprattutto gli ultimi 3 paragrafi! Molto appropriati per me in questo periodo, tra l’altro. Ancora più bello!!

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