La donna: umana, femminile, particolare

di Claudia Mancini    La Porzione 

La riflessione sulla donna – sulla specificità dell’essere femminile e del suo valore peculiare – è uno dei temi più caratteristici ed apprezzati della produzione di Edith Stein. I contributi su questo tema risalgono soprattutto agli anni della sua attività di conferenziera – tra gli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta dello scorso secolo – ma sono sempre attuali, e di grande fascino, perché fondati su un’articolata ed originale “filosofia della persona”.

In Edith Stein la tesi della differenza specifica fra essere femminile e essere maschile è sostenuta accanto alla tesi dell’unità specifica dell’essere umano: la donna e l’uomo sono esseri umani e in ciò consiste la loro uguaglianza, ma sono anche diversi. Questa unità nella differenza è la vera vocazione (Berufung, vocazione, o “chiamata”) umana, che viene dallo stesso Creatore: «E Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina lo creò» (Genesi 1, 26-28). Già nella prima narrazione della creazione dell’uomo si parla subito della differenza in maschio e femmina. Il triplice compito che ad essi è assegnato, essere immagine di Dio, procreare una posterità e dominare la terra, non è affidato specificamente all’uno o all’altro, ma che ci sia una diversità, lo si può considerare eminentemente enunciato dalla stessa distinzione in sessi. Quando si parla della vocazione della donna come tale – nota sapientemente la Stein, dando così un suo contributo originale alla “filosofia della persona” cristiana –, si cade in sospetto di volerle contestare ciò che le spetta di diritto in quanto personalità individuale. A tale proposito, bisogna dire espressamente che la vocazione della donna è triplice: è quella comune ad ogni essere umano, è quella del tutto individuale della singola persona, e quella specificadella donna. Per la Stein, sul fondamento di questa triplice vocazione, vanno riconosciuti alla donna tutti i diritti – e rispettivi doveri – che le competono come essere umano, come donna, e come persona individuale – con i propri talenti, le proprie aspirazioni e le proprie inclinazioni. Sul riconoscimento di questa triplice vocazione, nel pensiero della Stein, e solo nel Suo pensiero, si trova un equilibrio ed un’armonia perfetta tra tutto ciò che una donna è per natura e tutto ciò che può essere per scelta.

La specificità dell’essere femminile, quindi, è basata innanzitutto sulla sua vocazione originaria – così come è espressa nella creazione: essere sposa e madre. Sono due cose intimamente connesse. Il corpo della donna è formato in modo da essere «un’unica carne» con un altro e per nutrire in sé una nuova vita umana. A ciò corrisponde il fatto che l’anima della donna ha disposizione – scrive la Stein – ad essere sottomessa ad un capo in premurosa obbedienza e, nello stesso, a essergli di valido appoggio, così come un corpo ben disciplinato per lo spirito che lo vivifica è uno strumento docile, ma è anche per lui una sorgente di forza, e gli offre la possibilità di occupare una propria salda posizione nel mondo esterno. Questa vocazione naturale può e deve accordarsi, però, anche con le personali attitudini e aspirazioni di ciascuna donna. Ecco che le due cose, l’essere in spirito compagna e madre, non sono limitate ai rapporti del matrimonio e della maternità fisica, ma si estendono a tutti gli esseri umani che entrano nel suo orizzonte; ogni donna ha disposizione ad essere asilo e dimora di altre anime che in lei possono svilupparsi: «L’anima della donna deve, perciò, essere ampia e aperta a tutto ciò che umano; deve essere silenziosa, perchè nessuna tenue fiammella sia spenta dal soffio della tempesta; deve essere calda, per non raggelare i teneri semi; deve essere luminosa, perché, negli angoli bui e nelle pieghe oscure, non allignino, erbe cattive; deve essere riservata, perché le irruzioni dall’esterno non mettano in pericolo la vita nell’intimità; deve essere vuota di sé, per lasciare in sé ampio spazio alla vita altrui; infine deve esserepadrona di sé e del proprio corpo, così che tutta la sua personalità sia sollecitamente disponibile a ogni appello». (Edith Stein, La donna. Questioni e riflessioni., trad. it. di O. Nobile – A. M. Pezzella sulla base del testo della ESGA, (a cura di) A. Ales Bello – M. Paolinelli, Città Nuova, 2010, p.48).

L’anima femminile, conformemente alla triplice vocazione della donna, deve avere – nell’ambito privato, famigliare, ed anche professionale – i seguenti attributi: ampia, silenziosavuotà di sé, calda e luminosa. Come si può giungere a possedere tali qualità?

«Credo – scrive la Stein – che non si tratti di una molteplicità di qualità a cui si possa por mano e acquisire una per una; si tratta, piuttosto, di uno stato complessivo dell’anima che non possiamo acquisire con la sola volontà, ma deve essere frutto dell’opera della grazia: porre nelle mani di Dio tutta la nostra anima, pronta ad accettare e a lasciarsi formare. Per natura l’anima è ricolma di molte cose, e l’una scaccia l’altra, spesso nella tempesta e nell’agitazione. Quando la mattina ci svegliamo, subito i doveri e le cure del giorno cominciano ad assediarci e si affaccia l’interrogativo: “Come si può sistemare tutto in un giorno? Quando farò questo, quando farò quello? Come affrontare questo dovere, come porre mano a questa faccenda?”. Ci si vorrebbe alzare d’impeto e cominciare a correre. Allora è necessario prendere in mano le redini e dirsi: Calma! La mia prima ora del mattino appartiene al Signore. Il lavoro quotidiano che Egli mi affida voglio affrontarlo, ed Egli mi dirà la forza per portarlo a termine. Così voglio andare all’altare del Signore. E quando il Signore viene a me nella santa Comunione, Gli potrò chiedere: “Che desideri da me Signore?” E ciò che, dopo il silenzioso colloquio con Lui, mi si presenterà come il compito più immediato, darà inizio al mio lavoro. Se comincio la mia giornata lavorativa dopo la Messa mattutina, vi sarà in me un sacro silenzio e la mia anima sarà vuota da ciò che vorrebbe inquietarla e affaticarla e sarà, invece, piena di santa gioia, di coraggio ed energia. Essa è divenuta grande e spaziosa, perché è uscita da sé entrando nella vita divina. Poi comincia il lavoro quotidiano. Magari l’insegnamento – 4 o 5 ore consecutive. Ciò significa: attenersi all’argomento, in un’ora o nell’altra si può non ottenere ciò che si vorrebbe, stanchezza, interruzioni impreviste, ragazzi intrattabili. Oppure lavoro burocratico: rapporti con superiori intrattabili, pretese inaccettabili, rimproveri ingiusti, meschinità umane. Giunge la pausa di mezzogiorno. Si torna a casa esauste, affrante. E qui si trovano nuove prove. Allora si rischia di entrare in agitazione e di esplodere: indignazione, rabbia, rimorso. E c’è ancora tanto da fare fino a sera! Non si deve dunque ricominciare subito? No! Non prima di aver trovato almeno per un istante un po’ di silenzio. Ciascuna deve conoscersi o imparare a conoscersi per saper dove e come trovare un po’ di calma. Il miglior modo, se è possibile, sarebbe tornare al tabernacolo per un breve tempo, per riversarvi tutte le preoccupazioni. Chi non può farlo, chi forse ha anche bisogno di un po’ di riposo fisico, si prenda un momento di respiro nella propria stanza. Ma se non è possibile un momento di calme esteriore, se non c’è uno spazio in cui potersi ritirare, se doveri improrogabili impediscono un’ora di silenzio, sarà necessario almeno chiudersi in sé per un istante, separandosi da tutte le cose e rifugiandosi nel Signore. Egli è certo là e può concederci in un solo istante tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Quando verrà la notte, e, guardando indietro, vedremo quanto è rimasto incompiuto e che molto di quanto ci eravamo proposto non lo abbiamo fatto, allora prendiamo ogni cosa così come è, e mettiamo tutto nelle mani di Dio, abbandoniamolo a Lui. In Lui potremo così riposare, veramente riposare, per cominciare il giorno nuovo come una nuova vita». (Ivi, pp. 60-63).

Ecco solo un semplice accenno a come una donna potrebbe, secondo Edith Stein, organizzare la giornata, per far posto alla Grazia di Dio e realizzare il proprio essere femminile nel modo rispondente alla propria triplice vocazione: essere umano, individuo, donna. Ciascuna dovrà applicarla nel modo migliore alle concrete circostanze della propria vita. È compito di ciascuna riflettere su come debba ordinare i propri giorni e il proprio anno, secondo le proprie attitudini e le situazioni che si trova a vivere.  È importante trovare, di volta in volta, il mezzo che giova e saperne trarre profitto.

La via per portare a compimento il proprio essere femminile – sia che una donna viva in casa come madre di famiglia, sia che occupi un posto importante nella vita pubblica, o che trascorra i suoi giorni tra le mura silenziose del chiostro, è una sola: «Ovunque ella deve essere una serva del Signore, come lo è stata la Madre di Dio in tutte le situazioni della sua vita – da giovanetta nel sacro recinto del tempio, nell’operosità silenziosa di Betlemme e di Nazareth, come guida degli apostoli e della prima comunità cristiana dopo la morte del Figlio. Ogni donna un’immagine della Madre di Dio, ognuna una sponsa Christi, ognuna un’apostola del Cuore divino; ogni donna, allora, adempirebbe pienamente la sua vocazione femminile, indipendentemente dalle condizioni in cui vive e dall’attività che occupa la sua vita esteriore». (Ivi, p. 266).

Essere umano, femminile, particolare. Semplicemente donna, perfettamente sponsa Christi.

fonte> La Porzione

46 pensieri su “La donna: umana, femminile, particolare

  1. Lalla

    Una sorgente di gioia e calma interiore. Una pratica attuabile inserita nella realta’ vera della vita di una donna. Donna e Santa, ci indica l’assoluto e ci capisce nel profondo della nostra natura: che Edith Stein possa davvero diventare la guida delle donne del nostro tempo! Per quanto mi riguarda, corro a cercare i suoi scritti. Grazie per avercela fatta conoscere o ritrovare.

  2. “L’anima femminile, conformemente alla triplice vocazione della donna, deve avere – nell’ambito privato, famigliare, ed anche professionale – i seguenti attributi: ampia, silenziosa, vuotà di sé, calda e luminosa”
    Mi piace. Una donna può essere donna ovunque sia. Non deve necessariamente generare 10 figli per rispondere alla sua vocazione di donna. Non è soltanto chiusa in casa a sfaccendare che sottolinea la sua differenza e complementarietà con l’uomo.
    Mi piace perché fa riferimento anche alla vocazione femminile vissuta nella professione, nella vita pubblica. La differenza tra maschio e femmina non è tanto in quello che si fa ma nel modo.

  3. Alessandro

    “Solo la persona può amare e solo la persona può essere amata. Questa è un’affermazione, anzitutto, di natura ontologica, dalla quale emerge poi un’affermazione di natura etica. L’amore è un’esigenza ontologica ed etica della persona. La persona deve essere amata, poiché solo l’amore corrisponde a quello che è la persona. Così si spiega il comandamento dell’amore, conosciuto già nell’Antico Testamento (cf. Dt 6, 5; Lv 19, 18) e posto da Cristo al centro stesso dell’«ethos» evangelico (cf. Mt 22, 3640; Mc 12, 28-34). […]

    Se non si ricorre a quest’ordine e a questo primato, non si può dare una risposta completa e adeguata all’interrogativo sulla dignità della donna e sulla sua vocazione. Quando diciamo che la donna è colei che riceve amore per amare a sua volta, non intendiamo solo o innanzitutto lo specifico rapporto sponsale del matrimonio. Intendiamo qualcosa di più universale, fondato sul fatto stesso di essere donna nell’insieme delle relazioni interpersonali, che nei modi più diversi strutturano la convivenza e la collaborazione tra le persone, uomini e donne. In questo contesto, ampio e diversificato, la donna rappresenta un valore particolare come persona umana e, nello stesso tempo, come quella persona concreta, per il fatto della sua femminilità. Questo riguarda tutte le donne e ciascuna di esse, indipendentemente dal contesto culturale in cui ciascuna si trova e dalle sue caratteristiche spirituali, psichiche e corporali, come, ad esempio, l’età, l’istruzione, la salute, il lavoro, l’essere sposata o nubile. […]

    Se la dignità della donna testimonia l’amore, che essa riceve per amare a sua volta, il paradigma biblico della «donna» sembra anche svelare quale sia il vero ordine dell’amore che costituisce la vocazione della donna stessa. Si tratta qui della vocazione nel suo significato fondamentale, si può dire universale, che poi si concretizza e si esprime nelle molteplici «vocazioni» della donna nella Chiesa e nel mondo.

    La forza morale della donna, la sua forza spirituale si unisce con la consapevolezza che Dio LE AFFIDA IN UN MODO SPECIALE L’UOMO, l’essere umano. Naturalmente, Dio affida ogni uomo a tutti e a ciascuno. Tuttavia, questo affidamento riguarda in modo SPECIALE la donna – proprio a motivo della sua femminilità – ed esso decide in particolare della sua vocazione.

    Attingendo a questa consapevolezza e a questo affidamento, la forza morale della donna si esprime in numerosissime figure femminili dell’Antico Testamento, dei tempi di Cristo, delle epoche successive fino ai nostri giorni.

    La donna è forte per la consapevolezza dell’affidamento, forte per il fatto che Dio «le affida l’uomo», sempre e comunque, persino nelle condizioni di discriminazione sociale in cui essa può trovarsi. Questa consapevolezza e questa fondamentale vocazione parlano alla donna della dignità che riceve da Dio stesso, e ciò la rende «forte» e consolida la sua vocazione. In questo modo, la «donna perfetta» (cf. Prv 31, 10) diventa un insostituibile sostegno e una fonte di forza spirituale per gli altri, che percepiscono le grandi energie del suo spirito. A queste «donne perfette» devono molto le loro famiglie e talvolta intere Nazioni.”

    (Giovanni Paolo II, Mulieris dignitatem, 29-30)

  4. No, no, no no no….!!!
    Cioè, sì, ma, sarò noioso, lo capisco, ma occorre ripeterlo….
    Tutto quanto nel post fino a quando si comincia a parlare del Signore è vero per TUTTE le donne.
    Le donne che ho conosciuto io , in campagna, che vivevano nella miseria, i cui mariti erano miserabili lavoratori della terra (a mezzadria) la Tani, la Talluri, la Lensi, la Bigozzi, la Cellesi, la Cellai, la Pampaloni, la Gori, la Fusi, la Lepri,
    la Baggiani, la Vignoli, la Ciappi, la Mugnai, la Fossi, la Ninci, la Magnolfi, la Zini….
    Donne che non solo, si sapeva, non credevano in nessun Dio, ma anche lo odiavano, che non solo lo odiavano perché nate nella miseria, nella fatica, nel sudiciume di case indegne di essere chiamate case , ma anche perché poi venute le malattie, le morti, le sopraffazioni, le infermità, il freddo, l’umido, il buio, che però faticavano, stando dietro ai figlioli, ai mariti, alle bestie, ai polli, all’orto, al cucito, poi ancora ai figlioli, la scuola, crescerli, vestirli, vedere che trovassero da lavorare,e la sera trovare il tempo ancora di giacersi coi mariti, che amavano, e di farci all’amore.

        1. 61Angeloextralarge

          Alvise: penso di sì. Tutti noi gli abbiamo visti. Poi, bisogna vedere come fanno effetto e a chi. 😉

    1. Alessandro

      la Necioni, la Cortellai, la Cini, la Valli, la Masi, la Sinibaldi, la Tinti, la Ruffi, la Pigi, la Concia, la Cenci, la Piaggi, la Menci…

    2. Claudia Mancini

      Ma la Stein non dice che queste donne non siano brave madri e brave spose, è proprio quello il punto. E, in riferimento a quando scrivi – “Gertrude Stein (lesbica)”, Edith dice anche che ci sono “donne in cui l’essere maschile è più forte dell’essere femminile”. Questo attiene al loro essere individuale, ma non pregiudica la loro vocazione naturale e femminile. E’ proprio questo il plusvalore della Stein. La Stein ti dice che il Signore dà a quelle donne la Grazia: dà loro la possibilità e la consolazione di fare tutto quello che dici tu con “un’anima ampia, calda, luminosa, silenziosa, vuota di sè”. Chi ti dice che quelle donne, con la Grazia di Dio nel cuore, non avrebbero fatto tutto quello che dici tu con una Forza in più, con un Aiuto in più, con una Mano in più, con un Piacere in più. E che quel “Più” non è un accessorio quantitativo, ma la Qualità che fa la differenza, che ti cambia la vita? Che ne sai che quelle donne che dici tu oltre ad essere brave madri e spose, non avrebbero gioito di più anche ad essere, ognuna a suo modo, “sponsa Christi” ?

      1. Claudia Mancini

        Con “queste donne” mi riferisco a quando tu scrivi: “Le donne che ho conosciuto io , in campagna, che vivevano nella miseria, i cui mariti erano miserabili lavoratori della terra (a mezzadria), la Tani…” 😉

  5. …e anche Gertrude Stein (lesbica)
    “Quando la Gran Bretagna dichiarò guerra alla Germania, durante la Seconda guerra mondiale, la Stein e la Toklas stavano visitando il Regno Unito con Alfred North Whitehead. Tornarono in Francia e, dopo che la Stein ebbe imparato a guidare grazie al suo amico William Edwards Cook, essi si offrirono volontari per guidare veicoli di rifornimento per ospedali francesi; successivamente ricevettero onorificenze del governo francese per questa attività.”

  6. Erika

    Il post mi piace, pero’ parla di come “dovrebbe essere” una donna, non di come e’. Nella vita reale ci sono tante donne che questa vocazione all’accoglienza, alla dedizione, proprio non ce l’hanno (oppure la nascondono proprio bene…;-)
    Donne che amano la solitudine, o che tremano all’idea di doversi prendere cura anche solo di un gatto…non sono molte, ma ci sono. Che ne facciamo di loro?

  7. Claudia Mancini

    Erika, e se quelle donne delle quali tu parli, invece, non riuscissero ad essere quello che sono? La riflessione della Stein sulla donna è immensa, contempla anche i casi di cui tu parli, ma qui non si poteva scrivere tutto ;-). Ti dirò di più, contempla anche tutte le degenerazioni possibili della “donna sottomessa”, della “sposa” e “madre”, in tutte le sue accezioni. Magari, potrei scriverne un altro di post su queste degenerazioni, e “degenerazioni” è un termine della Stein. La Sua riflessione è un pozzo inesauribile. Credo, però, che questa prospettiva della “triplice vocazione” suggerisca già riflessioni per capire come sia possibile accordare la nostra vocazione naturale con quella individuale, o meglio, esprimere quella individuale all’interno di quella naturale.

      1. Claudia Mancini

        Grazie a te, e a tutti, per l’attenzione!! Io ci tengo molto alla diffusione del pensiero di Edith Stein! Sono pazza di Lei, potrei continuare per anni…anzi, continuerò per anni 😉

        1. Sid

          Edith è indescrivibile. E’ un genio, è acuta, profonda, paziente..non trovo parole per descriverla. Sotto ogni aspetto è eccezionale.!

  8. Alessandro

    “Si ponga davvero nel dovuto rilievo il « genio della donna », non tenendo conto soltanto delle donne grandi e famose vissute nel passato o nostre contemporanee, ma anche di quelle semplici, che esprimono il loro talento femminile a servizio degli altri nella normalità del quotidiano.

    È infatti specialmente nel suo donarsi agli altri nella vita di ogni giorno che la donna coglie la vocazione profonda della propria vita, lei che forse ANCOR PIU’ dell’uomo VEDE L’UOMO, perché LO VEDE CON IL CUORE.
    Lo vede indipendentemente dai vari sistemi ideologici o politici.
    Lo vede nella sua grandezza e nei suoi limiti, e cerca di venirgli incontro e di essergli di aiuto. In questo modo, si realizza nella storia dell’umanità il fondamentale disegno del Creatore e viene alla luce incessantemente, nella varietà delle vocazioni, la bellezza – non soltanto fisica, ma soprattutto spirituale – che Dio ha elargito sin dall’inizio alla creatura umana e specialmente alla donna.”

    (Giovanni Paolo II, Lettera alle donne, 1995)

    1. Alessandro

      “lei che forse ANCOR PIU’ dell’uomo VEDE L’UOMO, perché LO VEDE CON IL CUORE”

      La traduzione non fa capire che qui il Papa sostiene che la donna “forse ANCOR PIU’ del MASCHIO VEDE/RICONOSCE L’UOMO [cioè: l’essere umano, la persona, maschio o femmina che sia], perché LO VEDE CON IL CUORE”.

      In inglese: “Perhaps more than MEN, WOMEN acknowledge the PERSON, because they see persons with their hearts”

  9. Alessandro

    “Tra i valori fondamentali collegati alla vita concreta della donna, vi è ciò che è stato chiamato la sua «capacità dell’altro». Nonostante il fatto che un certo discorso femminista rivendichi le esigenze «per se stessa», la donna conserva l’intuizione profonda che il meglio della sua vita è fatto di attività orientate al risveglio dell’altro, alla sua crescita, alla sua protezione.

    Questa intuizione è collegata alla sua capacità fisica di dare la vita.
    Vissuta o potenziale, tale capacità è una realtà che struttura la personalità femminile in profondità. Le consente di acquisire molto presto maturità, senso della gravità della vita e delle responsabilità che essa implica. Sviluppa in lei il senso ed il rispetto del concreto, che si oppone ad astrazioni spesso letali per l’esistenza degli individui e della società. È essa, infine, che, anche nelle situazioni più disperate — e la storia passata e presente ne è testimone — possiede una capacità unica di resistere nelle avversità, di rendere la vita ancora possibile pur in situazioni estreme, di conservare un senso tenace del futuro e, da ultimo, di ricordare con le lacrime il prezzo di ogni vita umana.

    Anche se la maternità è un elemento chiave dell’identità femminile, ciò non autorizza affatto a considerare la donna soltanto sotto il profilo della procreazione biologica.
    Vi possono essere in questo senso gravi esagerazioni che esaltano una fecondità biologica in termini vitalistici e che si accompagnano spesso a un pericoloso disprezzo della donna.

    L’esistenza della vocazione cristiana alla verginità, audace rispetto alla tradizione antico-testamentaria e alle esigenze di molte società umane, è al riguardo di grandissima importanza. Essa contesta radicalmente ogni pretesa di rinchiudere le donne in un destino che sarebbe semplicemente biologico. Come la verginità riceve dalla maternità fisica il richiamo che non esiste vocazione cristiana se non nel dono concreto di sé all’altro, parimenti la maternità fisica riceve dalla verginità il richiamo alla sua dimensione fondamentalmente spirituale: non è accontentandosi di dare la vita fisica che si genera veramente l’altro.
    Ciò significa che la maternità può trovare forme di realizzazione piena anche laddove non c’è generazione fisica.”

    (Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo, 2004, n. 13)

  10. La verginità, un “valore condiviso” da tante culture e religioni. A Roma il tempio di Vesta p.es.
    Maternità e verginità: everything goes.

  11. L’immagine con cui si apre il video sopra, quello su Edith Stein, però, non è una foto di Edith, ma della sua sorella di spiritualità (carmelitana) Teresina di Lisieux.

    1. 61Angeloextralarge

      Ops! Me ne ero accorta e volevo segnalarlo, poi mi è passato di mente: Mi sembrava che, a parte l’errore della fotografia, il video raccontasse a grandi linee la vita di Edith Stein. Ce ne sono altri ma questo mi sembrava più completo. 🙁

  12. Sara

    Perché è sparito l’intervento di the emerald forest? Come d’accordo non si risponde alle provocazioni, ma era un’altra conferma del fatto che dobbiamo sguainare le spade per dimostrare che le foglie sono verdi!
    In alternativa potremmo fare una colletta per comprare a the emerald forest un paio di occhiali….

  13. admin

    l’intervento della signora emerald è sparito perché non ho voglia, tempo, pazienza per polemizzare o anche solo per mediare con chi propone i più ritriti, beceri, banali, inutili, sconclusionati, provocatori, arroganti luoghi comuni.

  14. matrigna di cenerentola

    Grazie, Claudia, per questo bel -difficile- post. Sono così ignorante su questa santa che ho dato un’occhiata al video postato da Angela e ho pensato: ma guarda un po’ come assomiglia a santa Teresina! (Grazie, Costanza). Però da questo Natale sul mio comò c’è un suo pensiero scritto a grandi lettere, in modo da poterlo guardare tutte le mattine:

    “Dove il Bambino divino intenda condurci sulla terra è cosa che non sappiamo e a proposito della quale non dobbiamo fare domande prima del tempo. Una cosa sola sappiamo, e cioè che a quanti amano il Signore tutte le cose ridondano in bene. ”

    Queste due righe mi hanno sostenuto e mi sostengono tuttora in questi mesi in cui il buio è spesso prevalso sulla luce.

  15. CloseTheDoor

    Ma la natura e la vocazione principale dell’uomo-maschio, qual è? Essere sposo e “dominus”? Oppure essere “libero”?

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