di Fabio Bartoli
Ieri mattina mi è accaduta una cosa, una di quelle cose che di solito il mondo definisce “spiacevoli incidenti”, dando così un segno quasi certo della loro origine provvidenziale: a causa di una sbadataggine sono rimasto per tre ore chiuso in una cantina buia.
Così ho avuto l’opportunità di raccogliere delle informazioni utilissime, informazioni vitali, decisive per la mia vita e quella di tante persone che mi sono affidate, informazioni che molti cercano, ma solo in una cantina buia si possono trovare, ecco perché esorto tutti voi a farvi chiudere in qualche cantina prima o poi.
Innanzitutto ho scoperto che il mondo può fare a meno di me. E’ una scoperta estremamente liberante. Ieri dovevo assolutamente, o così credevo, andare a Grosseto (due ore e mezzo di macchina) e invece mi sono accomodato su una cassa trovata a tentoni e sono rimasto in silenzio e al buio e senza neppure un cellulare: nessuno è morto, nessuno si è fatto male, niente di terribile è successo e così ho avuto la mia prima informazione.
La seconda notizia è stata che non sono solo, appena il silenzio e il buio hanno preso il sopravvento la mia mente ha scoperto intorno a me un’infinità di amici a cui di solito non presto abbastanza attenzione e con cui ho iniziato subito una conversazione molto fitta, che sarebbe durata anche più a lungo se avessi potuto, accanto a me ho trovato subito Pasolini, S.Agostino, Gandalf, mia nipote e anche qualcun altro che non ricordo e subito ci siamo lanciati in un dibattito affascinante, di quelli che si fanno tra vecchi amici appunto.
La terza cosa che ho scoperto è che tutti noi in fondo veniamo da una cantina buia: è lì che le nostre prime cellule sono cresciute e abbiamo (anche letteralmente) mosso i nostri “primi passi”, ritornare in una cantina buia è come tornare nell’utero materno, un’esperienza esaltante, perché mi ha detto che il meglio deve ancora venire, in effetti ho appena cominciato a nascere.
La quarta novità infine è stata percepire la dolcezza e la profondità dello Sguardo di Dio su di me, mi veniva in mente una canzone che ho imparato in sudamerica: “è Jesus el que te va a cuidar, noche y dia sin cèsar…” e mi sono quasi ubriacato di questa consapevolezza, non è la prima volta che sperimento la sobria ebrezza, ma devo dire che la cantina buia l’ha amplificata enormemente.
Quando i miei “soccorritori” hanno aperto la porta immagino che siano stati stupiti dal mio sguardo di perfetta beatitudine e mi chiedevano: “ma perché non chiamavi aiuto?” ed io: “perché avrei dovuto?
In conclusione cari amici credetmi, fatevi chiudere in qualche cantina buia per qualche ora, ci guadagnerete soltanto.
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Per chi fosse interessato qui c’ è un blog di don Fabio e qui ce n’è un altro
Reblogged this on i cittadini prima di tutto.
Visto che siamo in vena di deserto e Quaresima, contriobuisco
http://dellegioieedellepene.blogspot.com/2012/02/le-tre-tentazioni.html
Grazie Paolo! Copiato per la pagina quaresimaleeee! Ormai non chiedo più nemmeno il pemesso! Smack! 😀
fatto bene, la mia vanità ringrazia
Anche chi lo leggerà in quella pagina ringrazierà! 😉
Stupendo don Fabio, ho capito cosa vuoi dire. Il problema è che se lo faccio nella mia cantina mi trovano allegro a cantare con la migliore annata in mano.
Luigi, si può avere l’indirizzo della tua cantina? 😉
No, mi dispiace.
Sigh, sigh! 🙁
Possiamo barattare qualcosa se vuoi.
Ti piace il pesce fresco? 😀
Certo. Cosa mi stai proponendo?
Una cena virtuale, è ovvio! Tu metti il vino, rigorosamente bianco, ed il il pesce fresco! 😀
“ed il il pesce fresco!”… ed IO il pesce fresco!
ortografia: ancora -5
Ok, direi che mi conviene anche. Dove facciamo? Da me?
Da tutti e due! Ognuno davanti al proprio pc! Smack! 😉
Io sono claustrofobica(ma dà fastidio persino la mascherina dell’areosol, figurati),quindi in una cantina buia non mi ci chiuderò mai di mia volontà,però oggi sto rimanendo a casa con un figlio con la febbre e un altro con il mal di pancia,in ufficio ancora non lo sanno e lì c’è qualcosa come una cinquantina di fascicoli urgenti sul mio tavolo.Sono sicura che il mondo non cadrà e che il mio posto è qui,sono altresì sicura che anche qui non combinerò molto,a parte esserci,non riuscirò probabilmente a spuntare neanche un punto dalla mia lista di incombenze domestiche arretrate da fare.
Sarà questa la mia cantina buia?
“il mondo può fare a meno di me”
Quanto è riposante questa consapevolezza. Peccato che è così difficile ricordarselo!
Reblogged this on La fontana del villaggio and commented:
La carissima Costanza oggi pubblica un mio articolo
Anche fare una passeggiata da solo in montagna procura delle sensazioni simili, l’importante credo sia saper ascoltarsi, riflettere a fondo sulla vita. Assomiglia un po’ al discorso dell’eremo.
Certo che il mondo può fare a meno di me ma poi il peso ricade su mia moglie che ha già mille cose da fare.
Ho notato che spesso, per noi donne, è particolarmente difficile chiuderci “nella cantina buia”.
Siamo abituate a fare mille cose insieme e, se si hanno bambini, malati o anziani che ci sono affidati, la frase “il mondo può fare a meno di noi” sembra diventare un po’ meno vera…
Eppure sarebbe così importante perdersi, qualche volta, nella contemplazione e nel pensiero.
Credo valga la pena mollare i remi, ogni tanto, per ricordarci verso dove stavamo remando.
sono sicura che se accidentalmente dovessi rimanere chiusa in una cantina buia mio marito penserebbe che la cosa non è molto “accidentale”. A parte gli scherzi, credo che la mia cantina buia, oggi, sia spegnere presto il computer e mettermi sotto a sfaccendare le mille cose che devo fare e ho procrastinato fino adesso.
Intorno e a volte anche dentro le nostre città ci sono splendide “cantine” in cui rifugiarci, sono i monasteri, che generalmente sono felicissimi di accogliere chi cerca isolamento, anche per qualche ora.
Qui a Roma ad esempio segnalo la Trappa alle tre fontane (non ci fanno solo la cioccolata, credetemi), vicino al Luneur e proprio accanto la casa generalizia delle piccole sorelle di Charles de Foucauld, nel settore Nord della città invece c’è il Carmelo, in v. dei tre orologi (zona Parioli), nel settore Est, appena fuori città, un’altra Trappa, alle Frattocchie, e in pieno centro l’abbazia Cistercense di S. Bernardo, vicino alla stazione Termini.
Grazie don Fabio per questo post! Ma la cantina era buia buia? L’idea di rimanerci chiusa non mi sfinfera molto, ma solo perché ho avuto un’esperienza simile (non tre ore, grazzie a Dio) da ragazzina e siccome la cantina era di quelle vecchie (ragnatele, muffa e rumorini strani) per me ha avuto l’effeto di film horror. Tuttora se posso evito di entrare “sola” in questi luoghi. Ho poche paure ma una è questa. 🙁
Capisco però che tu da “uomo” queste cose le hai di sicuro superate: a me è rimasta la fobia dei ragni e degli scorpioni (adesso perà riesco ad ammazzarli, un piccolo passo avanti – lasciamo stare il discorso che San Francesco amava anche loro, grazie, lo so già!). Capisco soprattutto il concetto che hai voluto esprimere e condividere con noi.
Hai proprio ragione! Noi non siamo fondamentali e il mondo va avanti anche senza di noi, anzi a volte va avanti meglio senza di noi che siamo capaci anche di rallentarlo
Hai ragione anche sul punto due: non siamo soli e nel silenzio e nella solitudine lo riscopriamo fortemente. Per quel che mi riguarda la prima cosa che riscopro è il rapporto con Dio e poi viene il resto, cioè Lui mi fa “vedere” alcune cose positive e non-positive dei miei rapporti con i fratelli. .
La terza cosa è un’esperienza che non ho ancora vissuto e non mi dispiacerebbe fare: lo so con la testa ma non ancora con il cuore! 🙁
La quarta invece è un’esperienza che ho già avuto e che ancora spero di avere tantissime volte nella vita: la prima volta mi sono detta: “Sono incosciente e fuori di testa!”, ma con tanta gioia dentro che mi piaceva molto esserlo. 😀
Quando i tuoi soccorritori hanno aperto la porta probabilmente hanno visto il volto “trasfigurato” dall’incontro che hai avuto pur ESSENDO FISICAMENTE SOLO. Avrei voluto esserci e farti pure una foto-ricordo. Eh, sì! Certe espressioni purtroppo non durano in eterno sui nostri volti! 😉
Piu che altro tre ore senza andare in bagno,bere o mangiare….al buio. Senza parlare con nessuno. Io sono ansioso e cadrei nel panico. Poi sono anche ipocondriaco e mi immaginerei insetti, microbi..che mi assalgono ….eviterei insomma.
GiulioL: questa fase l’ho superata ma è stata dura! 😀
Intendevo dire quella degli insetti!
TRANNE RAGNI E SCORPIONI! bRRRRRRR! CHE SCHIFO MI FANNO!
Tendenzialmente tutti gli insetti mi fanno schifo o comunque mi viene un prurito solo a pensarci. Solo pensare che ci sta un ragno (quelli grandi poi) e mi sentirei male..
La cosiddetta “deprivazione sensoriale”, che ho sperimentato in quella cantina è considerata una forma di tortura ed in effetti ci vogliono nervi molto saldi per sopportarla, non la raccomanderei a nessuno in realtà. E’ chiaro che l’articolo espone un paradosso…
Però è vero che se uno riesce a padronegggiare la situazione la deprivazione sensoriale aiuta in modo formidabile ad acquisire quella che i buddisti chiamano l’autoconsapevolezza, il senso del proprio corpo, la presenza a se stessi…
Comunque evitando cantine buie anch’io spesso apprezzo la solitudine. Preferisco la compagnia ma tante cose non le vedi se sei in compagnia. A me piace girovagare per dire per una citta, per un centro storico. Visitare dei posti,architetture,ambienti,musei ma anche locali,librerie,centri commerciali. Andare in bici sui navigli a Milano per dire (fatto quest’estate). Io povero napoletano lavoro a Milano (la valigia di cartone non c’e l’ho). O girare per i paesi con la nebbiolina…
Pero anche la solitudine a casa la sera dopo il lavoro e mangiando da soli (quando non si esce e sti sta da soli) come ieri sera leggicchiando, guardando un film e ascoltando la musica (resuscitando cd dal mondo dei morti digitali dove dominano gli mp3)…pure mi piace. Lo trovo rilassante.
allora, visto che più o meno tutti siete convinti che stare soli in una cantina buia (tranne Luigi, che troverebbe un’altra buona scusa per bere un cicchetto) sia cosa da provare, vorrei proporvi invece il mio dubbio. Non è che stare soli, attraversare il “deserto” della solitudine, sia un modo per cadere più facilmente in tentazione? mi spiego… faccio riferimento a quei 40 giorni di Cristo nel deserto: quale occasione migliore per il demonio di tentarlo, invitandolo a trasformare in pane le pietre o nel prendere possesso di tutto il potere sul mondo?
Insomma, io quando mi raccolgo e provo a stare un po’ sola con me stessa, mi vengono in mente un sacco di cose più o meno brutte, cattive, meschine (tipo notare cosa non va nella mia vita e prendermela con questo e con quello, tirare accidenti al vicino di casa che parcheggia al mio posto, criticare la vita banale di Tizio che non c’ha manco un libro in casa….). L’unica cosa che mi “salva” dai miei viaggi mentali è provare a prendere una corona del Rosario in mano e fare spazio ad altro, alla preghiera. Mi devo proprio affidare alle parole che non sono mie per uscire da quel circolo vizioso che è la mia testa…..
Sinceramente non mi piacerebbe rimanere chiuso in una cantina buia. Ma quando capita da solo a casa magari leggendo un libro o guardando un film o in giro per fare una passeggiata non credo sia una brutta cosa. Il diavolo e’ il mondo che ci circonda. Che magari e’ bello e luccicante e pieno di tentazioni.
Il Papa nell’Udienza del 22 febbraio ha rimarcato l’ambivalenza del raccoglimento e della solitudine: tempo di intima comunione col Padre ma anche tempo di esposizione alla tentazione e di lotta strenua contro di essa
“Questa ambivalenza, tempo della speciale vicinanza di Dio – tempo del primo amore -, e tempo della tentazione – tentazione del ritorno al paganesimo -, la ritroviamo in modo sorprendente nel cammino terreno di Gesù, naturalmente senza alcun compromesso col peccato.
Dopo il battesimo di penitenza al Giordano, nel quale assume su di sé il destino del Servo di Dio che rinuncia a se stesso e vive per gli altri e si pone tra i peccatori per prendere su di sé il peccato del mondo, Gesù si reca nel deserto per stare quaranta giorni in profonda unione con il Padre, ripetendo così la storia di Israele, tutti quei ritmi di quaranta giorni o anni a cui ho accennato.
Questa dinamica è una costante nella vita terrena di Gesù, che ricerca sempre momenti di solitudine per pregare il Padre suo e rimanere in intima comunione, in intima solitudine con Lui, in esclusiva comunione con Lui, e poi ritornare in mezzo alla gente. Ma in questo tempo di “deserto” e di incontro speciale col Padre, Gesù si trova esposto al pericolo ed è assalito dalla tentazione e dalla seduzione del Maligno, il quale gli propone una via messianica altra, lontana dal progetto di Dio, perché passa attraverso il potere, il successo, il dominio e non attraverso il dono totale sulla Croce. Questa è l’alternativa: un messianesimo di potere, di successo, o un messianesimo di amore, di dono di sé.”
Inconvenienti all’ingresso della cantina…
Grazie Giuliana per portare avanti il discorso. Effettivamente la solitudine e il silenzio portano con sé anche delle tentazioni, la maggiore, almeno per me, è la tentazione della fuga. E’ talmente consolatorio abbandonarsi all’abbraccio di Dio, si sta talmente bene in quella solitudine e silenzio che uno potrebbe desiderare di restarci per sempre, di “fare tre tende” e invece dobbiamo sempre ricordare che la nostra chiamata è altrove, “il nostro posto è là, là in mezzo a loro”, come si cantava da ragazzi. Il silenzio e il deserto servono, ma bisogna sempre ricordare che non sono una méta, ma una tappa di passaggio, la méta è la Gerusalemme-dal-cielo, la Dimora di Dio in mezzo agli uomini.
ho posto quella domanda perchè a volte mi sembra che voler cercare la solitudine sia spesso un modo per auto-escludersi dagli altri, alla ricerca di un gradino sopra cui porsi per meglio giudicare. E allora mi chiedo di quale tipo di solitudine abbiamo bisogno. Il silenzio di cui necessitiamo davvero è quello del mondo o quello del nostro io, del nostro ergerci a giudici di tutto? fare silenzio, cercare il buio, fare spazio. Ok. Ma per chi, per cosa? se devo fare spazio dentro di me, per esempio col digiuno, come voglio che sia colmato quel vuoto? eh… perchè o chiedo che qualcosa colmi quel vuoto e gli dia senso o altrimenti, se rimango lì concentrato sul mio buco allo stomaco, prima o poi cedo e mi faccio una fetta di pane e nutella…. Si capisce?
Benedetto XVI diceva nel Messaggio per la Quaresima 2009, dedicato a meditare sul digiuno:
“La fedele pratica del digiuno contribuisce inoltre a conferire unità alla persona, corpo ed anima, aiutandola ad evitare il peccato e a crescere nell’intimità con il Signore. […]
Privarsi del cibo materiale che nutre il corpo facilita un’interiore disposizione ad ascoltare Cristo e a nutrirsi della sua parola di salvezza. Con il digiuno e la preghiera permettiamo a Lui di venire a saziare la fame più profonda che sperimentiamo nel nostro intimo: la fame e sete di Dio”.
Insomma, digiuno e silenzio dovrebbero essere strumenti per mortificare la signoria del nostro egocentrismo e così predisporci a lasciarci visitare e rinnovare dalla parola e dalla grazia dell’unico Signore.
In effetti non siamo buddisti. Non è il silenzio di per sé la nostra méta, ma la Parola che nel silenzio deve risuonare, non il digiuno, ma la fame di Cristo che da esso scaturisce. Il rischio di vedere nel silenzio e nel digiuno un fine e non un mezzo è sempre presente.
Però avendo in mente questa tentazione e sapendosene guardare allora diventano strumenti formidabili proprio per far tacere il proprio io.
E poi, diciamoci la verità, in un mondo di chiaccheroni gaudenti, silenzio e digiuno sono una profezia formidabile
GiulioL
“(resuscitando cd dal mondo dei morti digitali dove dominano gli mp3)”
🙂
La mia prima “cantina buia” mi ha fatto capire, appunto, “che il mondo può fare a meno di me” e, soprattutto, che io non sono autosufficiente. Mi ha datto capire che sono io ad aver bisogno del mondo. Questa “cantina” è stata una gamba rotta. Ci vuole veramente poco per farci capire i nostri limiti. Il Signore mi ha tolto per un paio di mesi la mia mobilitá, mi ha fatto stare di più a casa e dipendere degli altri (abitavo da sola e anche fare la spesa era diventato complicato). È proprio vero che la privazione fisica anche temporanea di un arto o di un senso ti possono cambiare la prospettiva.
Un’altro tipo di cantina spirituale sono stati gli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio di Loyola: una settimana senza parlare con nessuno che non sia il tuo direttore spirituale. Che grazia questo raccoglimento. Parliamo troppo e non abbiamo tempo per “serbare nel cuore” la Parola.
Questo post di Don Fabio mi ha fatto tornare in mente una cosa che voglio provare da un sacco di tempo:
http://www.dialogonelbuio.org/
Anch’io ho fatto gli esercizi spirituali. Mi sembra che era il 1995 ( 17 anni fà…) e frequentavo un associazione cattolica (comunità di vita cristiana) o piu che altro avevo fatto amicizia con parecchi di loro. Si organizzavano gite, si andava al cinema, si andava ad aiutare un associazione che si occupava di accoglienza per gli immigrati. E dopo una gita in Polonia dove ho visto tra le cose + belle che mi ricordo in assoluto (tipo il museo di sale sotterraneo con una cattedrale di sale che fu costruita dagli operai che lavoravano alla miniera, Cracovia,Zakopane) e anche tragiche (I campi di concentramento) si fecero gli esercizi spirituali… Poi ci fu il militare,il lavoro e sostanzialmente a parte una parentesi ciellina mi sono allontanato dal mondo dell’associazionismo cattolico (non so io nemmeno perche in effetti).
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