di Raffaella Frullone
Come tutte le mamme degli anni Ottanta, anche la mia guardava al futuro con ottimismo, e sognava per me un lavoro. Fisso, sicuro, stabile, una certezza per il mio avvenire. Più che “sognava”, diciamo che immaginava che sarebbe andata così, che sarebbe stato normale, finita la scuola superiore, o anche dai, spingiamoci fino all’università, trovare un lavoro a tempo indeterminato. In provincia di Bergamo le possibilità sono maggiori che altrove, e mia mamma sarebbe stata contentissima se io fossi riuscita “Ad entrare alla Nolan, o alla Brembo. Prova a mandare il curriculum!”.
Per la cronaca la Nolan produce caschi per motociclisti mentre la Brembo è un’azienda di impianti frenanti a disco per le automobili. Ora, so per certo che mia mamma è perfettamente cosciente che l’unico casco che io conosca è quello del parrucchiere, e che in macchina non ho mai avuto bisogno un impianto frenante perché a me la tecnologia non interessa, mi basta una cosa semplice, il pedale del freno. Da questo deduco che il suo auspicio sul mio futuro lavorativo derivasse da due fattori: 1. La Nolan e la Brembo stanno a 5 minuti da casa mia; 2. Sono aziende stabili.
Non aveva idea che sarei passata attraverso: 1 anno di lavoro da apprendista in uno studio di medicina legale, 3 anni part time apprendista nell’ufficio di una metalmeccanica, contemporaneamente due co.co.co rispettivamente col giornale diocesano e il L’eco di Bergamo, uno stage di tre mesi in un grande network, 3 mesi di “rapporto occasionale” con una radio locale a 133 euro al mese, un anno da praticante giornalista alla radio diocesana, un anno con contratto da consulenza per un ufficio stampa, un altro anno collaborazione continuata e continuativa con una tv, tre sostituzioni estive, due invernali, una e mezza di maternità, collaborazioni varie ed eventuali, un articolo 1 contratto giornalisti e un articolo 2, collaborazioni radio, tv, web, carta stampata, varie ed eventuali. Il tutto condito da progetti mai andati in porto, colloqui della serie “le faremo sapere” e migliaia di curricula inviati in tutti i luoghi e in tutti i mari. E, sottolineo, mi ritengo estremamente fortunata.
Come i miei compagni di generazione siamo cresciuti anelando l’impossibile, il tanto agognato posto fisso. Ho visto amici, colleghi, compagni di scuola e vicini di casa ingoiare a fatica rospi di flessibilità, precarietà e mobilità, cucchiaiate di elasticità e versatilità con un solo obiettivo: il contratto a tempo indeterminato. Da obiettivo, negli anni è diventato un diritto, un atto dovuto, un momento da attendere più che da cercare.
Ok, metto le mani avanti, so cosa implica. Non avere un contratto a tempo indeterminato significa nebbia totale sul futuro, non sto parlando di grandi progetti tipo comprare una casa, sposarsi, mettere al mondo dei bambini, ma anche obiettivi decisamente più basic: posso fare un abbonamento in palestra per sei mesi, se tra tre mi scade il contratto e magari devo cambiare città? Posso iscrivermi, per migliorare le mie competenze professionali, ad un corso di lingua araba che si svolge il mercoledì dalle 21 alle 23 se tra due mesi mi scade il contratto e potrei cambiare orario? Posso fare il cateschista (parolone!) dei ragazzi il sabato alle 18 se poi mi scade il contratto e trovo lavoro in una pizzeria?
Insomma, senza bisogno di disturbare sociologi del lavoro, economisti o psicologi, so che cosa è che spinge le persone a cercare “la stabilità”.
Tuttavia nell’epoca della modernità liquida, parallelamente, a liquefarsi sono stati anche le relazioni. Abbandonata la tradizionale via “obbligata” del desueto matrimonio in chiesa, che addirittura dura – che noia!- tutta la vita, siamo passati a forme più flessibili, elastiche e malleabili di relazione. Si va dallo “stiamo insieme ma vediamo come va”, “ti lascio perché non ti amo”, conviviamo, ci vediamo a week end alterni, ci sposiamo e poi ci separiamo, mi metto con lui che ha già un figlio, andiamo a Natale dalla ex moglie così vede l’altro figlio, ci lasciamo perché “la carriera è più importante”, stiamo insieme ma ognuno a casa propria, ci sposiamo ma il mercoledì e il venerdì dormo fuori, ci sposiamo ma io vivo a casa mia, conviviamo ma con un’altra coppia, relazione aperta, relazione sostenibile, tradimenti, io lei e l’altra, io lei e l’altro, lui lui e l’altra, ti ho tradito ma solo con il corpo, hai il mio cuore, ma solo al 50%, non mi piaci più, dormo solo con il mio cane, non sopporto come parcheggi la macchina, come cucini la pasta, chiedo l’aiuto del pubblico, compro una vocale.
Se il lavoro si liquefa, lo stesso fanno le relazioni. Flessibili, intercambiabili, precarie. Si è passati dal “finché morte non ci separi” al “finché la barca va”, dal “nella gioia e nel dolore” a “fino a che dura la festa” nell’arco di un ventennio. Insieme ai ghiacciai, con il surriscaldamento del pianeta, sembra sciogliersi anche tutto il resto.
Ma una differenza c’è. Mentre a difendere quel che resta del “posto fisso” ci sono schiere di sindacalisti, politici, studiosi del diritto del lavoro e opinionisti di ogni ordine e grado, difendere il matrimonio è considerato un atto contro la morale, fuori dal tempo. Mentre il “contratto a tempo determinato” entra a far parte dei beni tutelati dall’Unesco, diritto insindacabile da tutelare con le unghie e coi denti, simbolo dell’accesso alla libertà di poter fare e comprare tutto, il matrimonio è un relitto, un cimelio del passato da dimenticare e debellare, da fare estinguere perché socialmente pericoloso in quanto limita fortemente le libertà individuali in quanto fondato sulla fedeltà e sulla procreazione.
Allora ecco, una ingenua come me può cadere facilmente in confusione, perché il tanto sbandierato diritto alla stabilità vale quando si parla di lavoro ma diventa pericoloso quando si parla di relazioni? Perché il tempo determinato va bene nei sentimenti e non sul posto di lavoro? Perché non siamo disposti a farci licenziare da un’azienda, ma se ne va il padre dei nostri figli è normale “perché non ci amavamo più? Quanto conta la stabilità?
Pensando a questo, alla stabilità, al lavoro, alla famiglia, non potevo non pensare, a pochi giorni dal Natale, a San Giuseppe. Diceva il Papa esattamente un anno fa “pur avendo provato turbamento, Giuseppe agisce ‘come gli aveva ordinato l’angelo del Signore’, certo di compiere la cosa giusta. Anche mettendo il nome di ‘Gesù’ a quel Bambino che regge tutto l’universo egli si colloca nella schiera dei servitori umili e fedeli, simile agli angeli e ai profeti, simile ai martiri e agli apostoli”.
Grande lavoratore, sposo di Maria, padre di Gesù, Giuseppe è il primo vero Santo. Stabile e saldo diventa il custode della vita terrena di Gesù.
Non c’è stabilità che non passi da un uomo saldo come Giuseppe, non c’è certezza che non passi da un padre, stabilità che non passi da una famiglia solida.
Senza questo non c’è contratto a tempo indeterminato che tenga, non c’è posto fisso che ci possa far sentire al sicuro, e la stabilità diventa intermittente come le lucine sull’albero.
Invece quello che conta sono le radici.
Raffaella ale ale
Raffaella ale ale
“La grandezza e la bellezza di un Dio che si fa bambino, di un tutto che si fa nulla, di un Signore che si fida a tal punto della potenza della famiglia da consegnarsi ad una giovane coppia per irrompere nella nostra storia per salvarci. Come si fa a non piangere di gioia oh mio amato Dio Bambino?”
e poi
“Comunque questo episodio (della ragazza di Trento) mi fa pensare nell’importanza della figura di Giuseppe: anche nella famiglia di Nazareth una fanciulla incinta, anche lì in un momento non opportuno, se Giuseppe l’avesse ripudiata pubblicamente (come era suo ‘diritto’ all’epoca), lei sarebbe stata lapidata a morte! L’amore e l’accoglienza di Giuseppe hanno salvato il bambino Gesù.”
Dani,mi hai preceduta,mi piace tanto questo post,è vero il lavoro a tempo indeterminato ma per il resto và dove ti porta il cuore.Perchè? forse perchè il matrimonio non è un contratto,e non basta bilanciare le obbligazioni e le prestazioni per farlo funzionare.
Buonanotte.
http://youtu.be/6kVBqefGcf4
O Bêbado e A Equilibrista
(L’UBRIACONE E LA EQUILIBRISTA)
João Bosco e Aldir blanc
(…)
Mas sei, que uma dor
(LO SO CHE UN DOLORE)
Assim pungente
(COSI’ PUNGENTE)
Não há de ser inutilmente
(NON POTRA’ ESSERE INUTILE)
A esperança…
(LA SPERANZA)
Dança na corda bamba
(BALLA NELLA CORDA TESA)
De sombrinha
(CON L’OMBRELLO)
E em cada passo
(E AD OGNI PASSO)
Dessa linha
(DI QUESTO FILO)
Pode se machucar…
(PUOI FARTI DEL MALE)
Azar!
(MA CHI SE NE IMPORTA!)
A esperança equilibrista
(LA SPERANZA EQUILIBRISTA)
Sabe que o show
(SA CHE LO SHOW)
De todo artista
(DI OGNI ARTISTA)
Tem que continuar…
(DEVE CONTINUARE)
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Quanto ci ha fregato la Tamaro!
La prima pietra della valanga dal suo infame titolo.
L’amore non è emozione, né tantomeno sentimento.
E’ azione dell’uomo, di tutto l’uomo. Quindi anche, e soprattutto, intelletto e volontà.
Sennò è solo passione animale.
E come tale invece che nella gioia e nel dolore è nella gioia. Punto.
Non so quale cecità ci colpisca per non comprendere più il principio di causa ed effetto. Anche e sopratutto nelle relazioni.
Perché siamo persone e viviamo di relazioni.
Come scriveva Nedoncelle: aut duo aut nemo.
E sembra che proviamo un piacere mefistofelico nel liquidarle (in tutti i sensi) liquefarle diluirle annacquarle tradirle.
Grazie Raffaella.
Molto lucida e tagliente.
Apprezzo.
APPREZZO GRANDEMENTE (sia il post sia il commento qui sopra)!
http://www.wga.hu/cgi-bin/highlight.cgi?file=html/m/master/flemalle/merode/2mero_r.html&find=st+joseph
Non concordo con Paolo: il titolo della Tamaro è PERFETTO!!
E’ l’interpretazione che ne viene data che è sbagliata, ma se uno seguisse VERAMENTE i desideri del proprio CUORE (che poi non è altro che il desiderio di felicità) non arriverebbe a fare quei macelli che vanno tanto di moda nelle relazioni sentimentali e che Raffaella ha così bene riassunto.
Se il CUORE è quello che ci insegnal la Bibbia il titolo della Tamaro è il miglior consiglio possibile per la vita di un uomo
Oltre a te quanti altri al mondo lo capiscono? Che cosa si intende oggi per cuore?
Sarà perfetto, ma è devastante.
D’accordo, Paolo, ma allora potremmo anche dire: oltre a te, noi, mettici quelli che vuoi, quanti altri al mondo capiscono realmente la Bibbia ed il suo messaggio?.
Mi sembra un’obiezione sensata ma altrettanto deleteria.
Non apprezzo molto la Tamaro, ma condivido il punto sottolineato da Alberto Conti.
sono d’accordo con Alberto.
Trovo peraltro molto pericoloso definire l’uomo come fatto “soprattutto” di intelletto e volontà. L’uomo è anche corpo, emozioni, passioni, oltre certamente a intelligenza e volontà.
E quindi direi che l’uomo è soprattutto cuore, ma il cuore non sono le emozioni, non è la semplice volontà guidata dall’intelligenza, non è l’attrazione fisica o la passione, non è niente di tutte queste cose ed è tuttte queste cose insieme, perchè è l’essenza più profonda dell’uomo.
Non ricordo più neppure cosa intendeva la Tamaro con quella frase, il libro lo trovai noioso e un po’ insulso ma non ne ho conservato nulla nella memoria, neppure la trama, dovrei rileggerlo ma non ho tempo.
Trovo il rischio del volontarismo nell’amore pericoloso quanto l’eccessiva emozionalità. Anzi, forse anche un po’ di più, perchè spesso si traveste da sacrificio virtuoso.
(p.s paolo non ce l’ho con te 😉 , ricordo una discussione simile già avuta con te sullo stesso tema)
Ai tempi di “va dove ti porta il cuore” avevo osato dire che la Tamaro ci stava confondendo le idee….. venni emarginata dalle coetanee oratoriane che la seguivano come fosse una catechista. .. ora sono per la maggior parte cattoliche “adulte” che seguono Mancuso.
oserei anche dire che la Tamaro mi pare molto cambiata, almeno dagli ultimi due-tre libri…
Considerando le mie letture degli ultimi anni (no Brown, no Faletti, no Tamaro, no Vespa, no Volo, no omonimo dello Zabov) mi viene il sospetto di preferire i long-sellers ai best-sellers 🙂
ultimamente Avvenire ha recensioni favorevoli alla Tamaro
http://www.avvenire.it/Rubriche/Pagine/Leggere,%20rileggere/Tamaro%20%20salvarsi%20dal%20naufragio%20sull%20isola%20del%20Decalogo_20111123.aspx?Rubrica=Leggere,%20rileggere
Grazie Paolo!
Mi piace molto questo post, per una volta sono quasi d’accordo con Raffaella! 🙂 Per S. Giuseppe, poi, ho sempre nutrito una grandissima simpatia.
Mi permetto di richiamare l’attenzione su uno scambio di opinioni fra “cristiani” che c’è stato, e è passato inosservato, anche se io l’avevo s-postato da emergenze teologiche
a lavorare nella luce e nessuno ne ha parlato. Di questo scambio di opinioni tra due credenti consiglio la lettura a tutti per rendersi conto del grado di chiusura mentale che può allignare nella mente dei fondamentalisti sotto il nome di dottrina ortodossa.
Io credevo che essere cristini volesse dire
1) credere in Dio Gesù Cristo
2)osservare i comandamenti
3)amare gli altri come sé stessi
Non credevo che fosse impegolarsi nellle relazioni sentimentali familiari degli uomini con la prestesa di sapere che cosa essi pensino davvero nella loro testa e senza il minimo rispetto per il loro impegno (che viene negato a-priori) e anzi irridendo con luoghi comuni le coppie “liquide” o comunque sempre presentate nello stile che le presenterebbe Fiorello alla televisione.
Se ancora mi è permesso: babyduckling non ci sta dando a tutti la l’esempio di un più che dignitoso modo di vivere?
Pensate che non esistano babyduckling non-credenti?
Per amore si cambia, Alvi’, e ci si corregge. A vicenda. Con amore. Veritas in caritate, caritas in veritate.
Luoghi comuni? Non credo. Curioso, poi, che Fiorello possa presentare il “salvavita” nel suo stile e che “noi” non si possa presentare il Salvavita in un qualsivoglia stile (suo o “nostro”). Non si irride il “loro” impegno, quando c’è, ma si considera che magari le energie vengono dissipate in modo antieconomico e improduttivo in ordine al fine dichiarato (magari, appunto, in piena onestà).
Quanto alla paperella, in quanto può essere una brava persona (cosa che non sono propenso a credere di nessuno, tranne che dei soliti due noti: il peccato originale è una cosa seria) mi fa piacere che stia con noi. Di qui a considerarla “esemplare” ce ne passa parecchio.
Certamente esistono paperelle non credenti, e nulla vieta che tante di queste possano risultare esemplari in molto. Quindi…?
3)amare gli altri come sé stessi
Gesù ci ha chiesto e ci chiede di più: amare gli altri come Dio ama noi! E’ moooooolto di piùùùùùùù!!!!!
Sono (inusitatamente) d’accordo con Raffaella 🙂
La stabilità nel lavoro è un valore, per me , imprescindibile, ma persino quella viene travisata.
Dovrebbe essere vista come la condizione migliore per espletare il proprio diritto/dovere nella propria occupazione, ma purtroppo alcuni la interpretano come un traguardo, raggiunto il quale non si ha più motivo di “sbattersi”.
A mio parere nelle relazioni accade più o meno lo stesso.
Troppo spesso ci sediamo in poltrona aspettandoci dall’altro una serie di benefits.
Casa accogliente-trofeo da esibire-dispensatore di regali e bigliettini-oooopsss, ma la malattia era prevista nel contratto? Cosa, anche la calvizieeee?
Mi avranno fregato con quelle clausale scritte in corpo 1….
E’ rara la capacità di amare davvero.
quanto mi piace Erika….!
Smack!
Di nuovo:
paulbratter, l’altro giorno parlavi di “chi non è contro di voi è PER voi” e avevi ragione
(io uso la traduzione di Fulvio Nardoni che mi sembra molto bella) il latino riporta “pro vobis” e il greco “upèr emòn”, io dicevo (con il Nardoni) “con voi”.
Credo che la sostanza non cambi molto, non è come dici te di un paio di scarpe che è per me, ma che ancora io non ho comprato, ma è come si direbbe “io sono “per” la Fiorentina”
“te sei “per” la Roma, essi sono “per” la Juventus.
sì ma è nella mia predisposizione essere PER la Roma ma per essere CON la Roma devo andare allo stadio, o almeno verderla in televisione, seguire la campagna acquisti e conoscere i nomi dei giocatori altrimenti il mio tifo è inconsistente
Ecco, ora mi è venuto in mente un filosofo che potrebbe vedersela alla pari con Giordano Bruno, come potenza di pensiero, Ratzinger!!!!
paulbratter
Allora quale è,, secondo te, il significato delle parole del Vangelo di Luca?
ci provo: chiunque con cuore sincero che non si pone in contrapposizione a Gesù, ma anzi agisce in Suo nome compiendo prodigi, è un seme dello Spirito pronto a germogliare e al quale non deve essere impedito di crescere anche se non proviene dalla cerchia dei discepoli.
Così a occhio e croce mi viene in mente San Francesco…
Di prodigi si parla sopra.
Lì dice: chi non è contro di noi è per noi (il Nardoni traduce “con noi”) punto…
A me non sembra difficile, ma forse a te non ti piace
che sia così facile essere per solo non essendo contro?
Il Vangelo non un libretto di aforismi, Gesù pronuncia quella frase in risposta a Giovanni il quale riferisce di aver impedito che altri nel nome di Gesù scacciassero i demoni compiendo prodigi (facessero cioè quello che i discepoli ancora non riuscivano a fare nonostante Gesù glielo avesse insegnato): Gesù risponde che non devono impedirlo e che devono lasciarli fare perchè “chi non è contro di noi è per noi”.
Cos’ va meglio…
e che cambia?
Giordano Bruno è piuttosto verboso e confusionario, all’opposto di Ratzinger. Non c’è partita: Ratzinger non lascia nemmeno un set a Bruno
Almeno Bruno, per ora, nella storia della filosofia ci è entrato e Ratzinger no, ma non si può mai sapere….
Il dialogo di Ratzinger con Habermas è già nella storia della filosofia
anche Ponzio Pilato c’è entrato, nel Credo, mentre Giovanni, Pietro e Paolo no, ma sai com’è…
San Giuseppe era un imprenditore artigiano. E credo che nemmeno Gesù sia stato messo in regola coi libretti, per tutto il tempo che ha lavorato nella azienda di famiglia.
Cara Raffaella, sei in ottima compagnia 😉
penso fosse una azienda familiare, come da codice civile..
Forse le tasse ai romani le pagava.
Le pagava al Tempio, doverosamente, e ai romani obtorto collo (come diceva il suo quasi omonimo Flavio Giuseppe «no taxation without representation»)
Un post interessante. Una provocazione probabilmente giusta.
La stabilità e’ importante solo nel lavoro?
Io penso comunque che e’ fondamentale capire se tutto nasce da una libera scelta serena o e’ diventata un imposizione,qualcosa che si fà per abitudine o per convenienza.
Lavorare tutta la vita facendo un lavoro che non ti piace ma che ti dà il pane o vivere per tutta la vita con una persona che hai finito di amare…certo non bisogna essere superficiali. Forse vogliamo di piu di quello che ci meritiamo.
La precarietà del lavoro e’ frutto anche di un ideologia,quella liberistica che non cambia solo i rapporti economici ma anche sociali. Cambia l’economia e cambia anche la società. Io comunque ho genitori sposati da quasi 50 anni e sorelle felicemente sposate da decenni,amici sposati e felici. Non ho nessun preconcetto nei confronti del matrimonio. Magari rispetto chi convive e non li condanno.
ERIKA:
io sono COMPLETAMENTE CALVO, naturalmente non sono amato da nessuno, ma
“credo che me la cavo”!!!
sul secondo punto potremmo smentirti in tanti…
Era per dire…anche Bruce Willis è calvo, ma mi pare che se la cavi bene, no?
Anch’io sono calvo 🙂
che amma fa….da quando sono adolescente che ho perso i capelli. Ci sono abituato.
anche Ronaldo era calvo e Cambiasso, Snejder… viva i calvi forza Inter!
ALVISEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!
Come sta la bimba di Isabella?
la situazione è ancora stazionaria, così anche per Filippo bisogna aspettare….
Reblogged this on i cittadini prima di tutto.
Buon giorno ragazzi!
Aspetto notizie di Isabella e Filippo.
Devo dire che con la famiglia sono stata molto fortunata, intendo, il lavoro….lasciamo stare.
Quando Daniele e Andrea ne sono entrati a far parte, le cose sono cambiate………in meglio. Io, figlia unica e viziata, ammetto di essere cambiata parecchio. Quando mi chiedono come ci si sente a dividersi tutto anche i genitori, so che non hanno capito. Noi non ci dividiamo il loro amore, è quest’ultimo che si moltiplica per tre. L’amore non si divide, e non mi interessa se adesso le mie cose sono stipate in due ante anzichè in due armadi, perchè oggi ho molto di più.
Quando abbiamo deciso di tenerli con noi, molti parenti ci hanno criticato ferocemente e sono spariti.
A noi non importa, a chi mi diceva ” Ma un giorno se ne andranno e ciò che fate non conterà “, posso rispondere che ieri Andrea e Daniele mi hanno chiesto tra quanto diventano zii.
Una volta mamma pensava di essere incinta e loro saltellavano felici per il nuovo fratello ( avrebbero voluto un’altro maschio! ).
Non sembra proprio che siano in procinto di sparire.
All’inizio di certo non è stato facile, un conto è dire facciamolo un’altro riuscirci.
Penso a noi come ad un’orchestra a cinque strumenti. Ciascuno suonerebbe per conto suo, anche bene, ma ne verrebbe fuori un ” casino “.
Meno male che Dio è un’ottimo direttore d’orchestra, così andiamo tutti e cinque insieme
Bel post Raffaella :-D, e se posso provo a rispondere alla tua domanda: “perchè il contratto a tempo indeterminato è difeso a spada tratta ed il matrimonio no?”
Perchè non c’è niente di più precario di un matrimonio, così come non c’è niente di più precario della vita (e anche sulla difesa di questa avrei d ridire). Come può essere sicuro e a tempo indeterminato un rapporto che si basa su 2 esseri umani e quindi imperfetti e soprattutto a “tempo determinato”.
Il lavoro a tempo indeterminato viene difeso a spada tratta perchè è un’illusione di stabilità, di infinito, di sicurezza: di fatto permette in qualche maniera di censurare la paura della morte illudentoti di essere a posto, di essere bravo e non aver bisogno di nessuno.
La precarietà ti costringe ad affidarti, ti mette davanti costantemente che sei finito che dipendi da Altro; infatti i lavoratori precari sono dei reietti che nessuno difende, schifati come paria.
Quattro anni fa ho abbandonato un gran bel posto fisso (manager) per gettarmi nella peggiore precarietà: la libera professione. Ad oggi sono molto contento di questa scelta, nonostante non abbia avuto ritorni economici rilevanti (diciamo che c’ho rimesso), perchè, oltre ad essere migliorata la qualità della vita, sono costretto ogni giorno ad affidarmi nelle mani di Qualcun’altro, a sperare che continui ad arrivare il lavoro (e soprattutto che arrivino anche i pagamenti ;-)) e capire che ogni cosa è Dono (quel lavoro che ti arriva inaspettatamente, i colleghi che ti accolgono e aiutano ad affrontare cose che non conosci).
Penso che per il matrimonio e le relazioni sia la stessa cosa (così come per la vita); se hai ben presente la tua precarietà allora riesci ad appoggiarti ad una Fondamenta veramente salda e puoi essere felice, se sei tranquillo nella tua stabilità fittizia la prima scossettina distrugge il tuo castello di carta.
‘diciamo che ciai rimesso’ ;-))
MI è venuta una curiosità: ma chi è l’admin? si può dire?
Dicono sia hal9000 ( infatti ogni tanto impazzisce)
oh, sai che sono in pratica 15 gg che tento di vedere i tre giorni del condor e per ragioni varie non ce la faccio mai a finirlo?
Almeno lo sai che c’è del marcio nella CIA?
sì sì. L’ho lasciato a casa della tipa dopo che arriva il postino…
vabbè saranno i quindici giorni del Condor… (counque nel libro i giorni sono sei e non tre quindi il ritardo è minore 😉 )
Mi chiedevo perche hai il logo di quel film che tra l’altro e’ molto bello.
non c’è un motivo particolare ho scelto il nome del personaggio di “A piedi nudi nel Parco”, quindi alterno foto di Redford; però i Tre giorni… è uno dei miei film preferiti e pensandoci bene mi sento più vicino come carattere a Turner che a Bratter.
“Settimana scorsa ho fatto un incontro con 400 coppie del patriarcato di Venezia che si sposano quest’anno.
Di fronte a una delle domande che tornano sempre circa la possibilità e la ragionevolezza della fedeltà dell’amore coniugale, impresa evidentemente non facile, io ho fatto questa affermazione: “Se c’è uno tra voi che, quando si è autenticamente e con verità innamorato della sua donna, abbia potuto dire “Ti amo” senza aggiungere “per sempre”, si alzi e mi sfidi su questo punto”.
Tu puoi dire alla tua donna: “Ti amo”, senza aggiungere “per sempre”? Lascia stare che dopo due minuti non ce la fai, questa è un’altra questione. Vuol dire che il “per sempre” fa parte della natura dell’amore”
card. Angelo Scola, in A. Scola-P-Flores d’Arcais, Dio? Ateismo della ragione e ragioni della fede, Marsilio, 2008, p. 76
“Nello snodarsi delle «grandi meraviglie» che il nostro Salmo [136] enumera, si giunge così al momento del dono conclusivo, nel compiersi della promessa divina fatta ai Padri: «Diede in eredità la loro terra, perché il suo AMORE è PER SEMPRE; in eredità a Israele suo servo, perché il suo AMORE è PER SEMPRE» (vv. 21-22). Nella celebrazione dell’amore eterno del Signore, si fa ora memoria del dono della terra, un dono che il popolo deve ricevere senza mai impossessarsene, vivendo continuamente in un atteggiamento di accoglienza riconoscente e grata.
[…]
Fratelli e sorelle, la lode benedicente del Salmo 136 ci ha fatto ripercorrere le tappe più importanti della storia della salvezza, fino a giungere al mistero pasquale, in cui l’azione salvifica di Dio arriva al suo culmine. Con gioia riconoscente celebriamo dunque il Creatore, Salvatore e Padre fedele, che «ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Nella pienezza dei tempi, il Figlio di Dio si fa uomo per dare la vita, per la salvezza di ciascuno di noi, e si dona come pane nel mistero eucaristico per farci entrare nella sua alleanza che ci rende figli.
A tanto giunge la bontà misericordiosa di Dio e la sublimità del suo “AMORE PER SEMPRE”.
(Benedetto XVI, Udienza generale, 19 ottobre 2011)
.. i fedeli di sicuro avranno riso di cuore quando ha detto: “lascia stare che dopo due minuti non ce la fai, questa è un altra questione”!!!!
Le manfrine dei preti sono sempre le solite!!!
Il titolo, poi, del libro, davvero originale e profondo!!!
Mi sfugge il motivo per cui si dovrebbe ridere.. mi spieghi?.
Sulle manfrine dei preti: mi sa che sono come quelle delle mamme, ma dicono che repetita juvant (almeno io ci voglio credere disperatamente!) 🙂
giusto: i buoni imperituri insegnamenti dei preti come i buoni imperituri insegnamenti delle mamme. Quelli che magari non piacciono al primo impatto (né al secondo), ma fanno crescere davvero…
No, io non rido, ma quella battuta, si capisce benissimo, è per far ridere, come spesso fanno tutti nei loro discorsi, che parlano di una cosa seria, e poi ironizzano, per accattivarsi il sottoposti,o i fedeli, o i dipendenti, o gli scolari, espedienti
comunissimi di persuasione….
no, è una battuta brillante, perché ti ostini a vedere stratagemmi persuasivi dove non ci sono?
Ma lascia perdere il titolo del libro (che c’entra?)!
Quel che conta è che quello che dice Scola è vero: un/a innamorato/a sincero/a non può che ritenere che il suo amore per l’amato/a sia senza limiti di tempo.
E ciò attesta qualcosa di essenziale sui bisogni profondi dell’uomo: l’amore con la data di scadenza ferisce l’uomo, ne frustra un bisogno profondo (che lo si riconosca o no). Ovvio che, quando accade la lacerazione, ci si induca ad occultare a sé stessi questa ferita, a “dimenticare”: ma quest’operazione non sana la ferita, perché il bisogno disatteso è profondamente insito nell’uomo.
Nel mio piccolo alle copppie che preparo al matrimonio faccio anche io il medesimo discorso: “L’indissolubilità del matrimonio non è una legge che ci lega, ma un dono di Grazia che compie il desiderio più profondo di ogni persona che si ama, perché non c’è amore senza l’aspirazione alla “persemprità””
Ma è così l’amore, che acceca, che fa credere chissacché,
e la più grande paura è che muoia, e poi muore (non sempre) e si patisce, ma fa parte della vita, perché stravolgere la vita?
Grazie!
“persemprità”: proprio così, ed è una legge interiore dell’amore, non una costrizione imposta dall’esterno
card. Scola ai giovani
“Gesù è uno per il quale l’amore ha rappresentato tutto. Perché? Perché ha amato per primo, senza pretendere nulla in cambio. E ha amato con una fedeltà assoluta, per sempre.
Mettetevi bene in testa questa parola: dove non c’è il per sempre non ci può essere l’amore. È questa la ragione per cui non dovete giocare con l’amore, alla vostra età. Là dove non c’è il per sempre, non c’è l’ amore, ma soltanto una maschera dell’ amore, cioè un amore deturpato, che diventa uno sgorbio.”
http://archiviostorico.corriere.it/2011/novembre/20/Scola_amore_autentico_per_sempre_co_9_111120039.shtml
Posso uscire dal seminato e chiedervi una preghiera?
Una bimba di 5 mesi sta morendo per una malattia genetica incurabile. I medici dicono che si spegnerà a breve come una candela.
Grazie di cuore!!!
Nome?
Sara.
Mi dispiace. Povera bimba.
Un’amica mi ha appena regalato il libro di Costanza! Evviva! Sposata sono sposata, vediamo se vale la pena sottomettersi 🙂
@ Sybille : ieri hai chiesto di Filippo, con questo link puoi seguire gli sviluppi
http://www.caringbridge.org/visit/filippobataloni
Grazie, Paul. Ho visto ieri sera tardi e ho fatto fatica a prendere sonno poi. Spero fortissimamente per oggi e forse in qualche modo sto pure pregando che vada tutto bene.
Da ormai dieci anni faccio la libera professionista, con un carico di ansia, responsabilità, incertezza e precarietà che in alcuni momenti è davvero difficile da gestire. Chissà, forse un tempo anche dipendere dalla pioggia e dalla grandine, dalle piene e dalle maree, dalla siccità e dagli eserciti di passaggio, non doveva essere sempre una passeggiata.
Ma la precarietà della famiglia e degli affetti è molto peggio: a volte mi guardo attorno e vedo quarantenni single, occupate nel faticosissimo gioco della seduzione, inizio un rapporto, non mi sbilancio, vediamo come va, se è la volta giusta, Dio fa che sia la volta giusta… ancora una serata, fare le brillanti, mi chiama, lo chiamo, intanto vediamo altri… Mi viene l’angoscia. Non sapete quanto io sia grata in quei momenti di essere fuori da tutto questo. Venga anche la grandine, la affronteremo insieme alla nostra famiglia.
Io sono celibe e scompagnato, pochi anni meno di quaranta, e non sai quanto sia felice di aver rinunciato (rinunciato. Punto) al “faticosissimo gioco della seduzione, inizio un rapporto, non mi sbilancio, vediamo come va, se è la volta giusta, Dio fa che sia la volta giusta… ancora una serata, fare i brillanti, mi chiama, la chiamo, intanto vediamo altre… o fingiamo di vederle”. No. hai ragione.
E’ un’angoscia alla quale a un certo punto si deve rinunciare; per amore di Cristo, per un po’ di amor proprio, per salubre rispetto verso tutte le donne sulla faccia della terra (anche quelle che al gioco estenuante sarebbero pure disposte a prendere parte).
Però c’è anche chi una famiglia la vorrebbe e sinceramente desidera un compagno/a per sempre. Se non è un gioco vanesio, se non è una fuga disperata dalla solitudine ma un cercare la propria vocazione, perchè dovrebbe essere un’angoscia? E’ tale solo se si pensa che il destino ce lo creiamo noi . Come mantenere alto il desiderio, bruciante come deve essere, senza cadere nella pretesa di vederlo realizzato come e quando vorremmo noi? Perchè c’è il rischio di rassegnarsi e di castrare il desiderio; oppure il rischio di esasperarsi nell’obiettivo che ci si propone, pretendendo una risposta, assolutizzando quel desiderio, per es: devo trovare l’uomo. Ma come si fa a desiderare ardentemente e nello stesso tempo accettare con mitezza e fortezza la vita così come ci viene data? E’ una domanda che mi sono sempre posta e nn mi sono ancora risposta in modo chiaro.
SaraS, quello che rifiuto (ormai) è il corteggiamento fradicio di ipocrisia, la contraffazione di chi si è per inseguire un legame che, se sorge con queste premesse, sarà tarlato, sbilenco, nocivo per me e per la mia “lei” (tale corteggiare sviato e avvilente – per tutti – è quello – mi pare – cui si riferisce perfectioconversationis).
“Ma come si fa a desiderare ardentemente e nello stesso tempo accettare con mitezza e fortezza la vita così come ci viene data?”
Ho solo qualche abbozzo di risposta (una esauriente proprio no), penso ci si debba abbandonare pienamente alla volontà di Dio (preghiera e ancora preghiera, sacramenti), a Colui che può infondere la grazia di apprendere ed esercitare l’arte dell’attesa e di una vigile coltivazione del desiderio, che lo scampi dal degenerare in ossessione o in concupiscenza.
“e non sai quanto sia felice di aver rinunciato (rinunciato. Punto) al “faticosissimo gioco della seduzione, inizio un rapporto, non mi sbilancio, vediamo come va, se è la volta giusta, Dio fa che sia la volta giusta… ancora una serata, fare i brillanti, mi chiama, la chiamo, intanto vediamo altre… o fingiamo di vederle”
Finalmente un discorso sensato e non tratto dai libri di chiesa!!!!.
Ti ringrazio. Dopo quasi dieci mesi di blog faccio un discorso sensato. C’ho (c’io) una media formidabile.
Eh. Come mi riconosco in queste parole (Alessandro e perfectioconversationis), anche se di anni non ne ho suppergiù 40.
La precarietà, se non si ha occhio e cuore orientati al bene, oggi si assorbe per osmosi fin da giovani.
Perfectio
E’ vero, same here. A volte mi capita di uscire con le mie amiche per una serata (capita raramente perché tengo famiglia) e vedo che il loro modo di rapportarsi è molto diverso dal mio. Che c’entra, sono le mie amiche, voglio loro molto bene e non rinuncerei a loro per nulla al mondo, ma ringrazio ogni giorno per il tepore del mio piccolo focolare. UN po’ di sere fa ci sono rimasta veramente male: avevo fatto le acrobazie per uscire con due di loro e dopo neppure due ore una è andata ad una festa e l’altra ha approfittato per andare da un tipo, io sono rimasta da sola ad aspettare il bus!
Vivere nella precarietà del lavoro può avere risvolti diametralmente opposti. Da un lato può essere uno stimolo per rafforzare la propria autodisciplina, la propria responsabilità, dall’altro può demolire la persona avvolgendola nel relativismo pratico. Ho sempre imparato qui da noi nel nordest che chi ha voglia di lavorare, il lavoro lo trova. Se io devo dar da mangiare ai figli vado a fare pulire anche i cessi, di certo non sto a casa. In questo senso per me il lavoro è un mezzo per vivere e teoricamente per rendere lode a Dio, dico teoricamente perché sarei troppo bravo se mi ricordassi sempre di quest’aspetto. Se le circostanze lo permettono è chiaro che uno cerca e trae soddisfazione nel fare un lavoro che si addice alle proprie capacità, aspirazioni.
Il lavoro fisso e stabile procura sicuramente una sicurezza emotiva, una stabilità della persona ma è poco corrispondente all’imprevidibilità della vita. In sintesi il paragone non mi convince appieno. Il Matrimonio è qualcosa di molto più importante e sacro e il buon esito determina la realizzazione piena di una coppia mentre per il lavoro non è sempre così.
Riguardo alla Tamaro concordo con Alberto, il titolo in se se ben interpretato non è sbagliato. Credo che dovremmo ascoltare più spesso il cuore e meno gli istinti. Raffaella, l’altro giorno ho detto che sei tutta da sposare, oggi azzardo che saresti anche una sorella eccezionale.
Ragazze su, non è poi che sposate o fidanzate non seduciamo più i nostri compagni. In realtà se passano 30 anni con noi non è solo perchè cuciniamo bene, o gli stiriamo le camicie.
Paperella! Mica male…
Grazie!
A cosa stai pensando?
Pensa alla conversazione arguta, colta e avvincente e alla perizia all’uncinetto
che ciai (va bene scritto così?) contro l’uncinetto?
niente, infatti ne equiparo l’efficacia seduttiva NIENTEMENO CHE alla conversazione arguta e colta, che tengo in SOMMO pregio 🙂
efficacia seduttiva e sommo pregio for president
😀
Anch’io sono libero professionista, faccio un lavoro che figurativamente dovrebbe rendere bene e per cui ritengo di essere portato, almeno dal punto di vista dei contenuti. Ho moglie e tre figli piccoli a carico. Mia moglie ha scelto di stare a casa, benché amasse molto il suo lavoro, per “vocazione domestica”. Non è sottomessa per via di un’indole particolarmente docile (anzi), ma per volontà d’animo. Io tiro la carretta, perché è questo il mio ruolo e responsabilità, ma sempre più spesso mi trovo a chiedermi se ne sono all’altezza, visto che in certi periodi dell’anno non abbiamo i soldi per fare la spesa. Devo preoccuparmi di avere lavoro per domani, ma già non ho quello che serve per oggi. Se questo non è precariato … Eppure, forse da incosciente, preferisco così. Devo rendere conto alla mia famiglia e a Dio, che non è come dire. Ma non ho padroni, posso permettermi di essere onesto fino in fondo, di fare solo quello che mi detta la coscienza, senza servilismi e opportunismi. Vorrei solo sapermi affidare di più al Signore: per scelta, dico, non perché costretto. Ma con una famiglia da mantenere non oso, via, diciamo la verità.
Io preferisco essere dipendente. Anche se lavoro in un settore che tende ad essere dinamico,innovativo. Che porta a continui cambiamenti. Lavoro nel reparto informatico di un Call Center.
L’azienda aveva una grossa fetta di lavoratori a termine ma da quando sono stati assunti (4 anni) molti si sono sposati,hanno fatto figli, si sono fatti il mutuo per la casa.
Alessandro:
Credo che le opere dei “pensatori” cattolici posteriori a S.Tommaso siano
le più insignificanti mai state sulla terra!!!
Prova a fare nomi e cognomi, e poi ne possiamo discutere.
Apprezzo comunque che non consideri S. Tommaso “insignificante”
Impossibile anche solo fare nomi e cognomi, NON ESISTONO!!!!
quindi dopo Tommaso i cattolici han smesso di pensare?
Insignificanti per te Alvise, sicuramente per altri hanno un significato.
No, no è questo il punto, i cattolici non hanno bisogno di pensare, e quindi…
Naturalmente per tante persone Chesterton o Tolkien o altri
nani potranno essere considerati grandi scrittori, e Sciacca e Giussani, in Italia, grandi menti filosofiche, ma il fatto è che (o no?) i più grandi filosofi e autori moderni non sono cattolici, non si può avere tutto, contentatevi del centuplo in terra e della salvezza post mortem, che a scrivere ci pensano quegl’altri!!!!
A razzo
Rosmini, Sturzo, Cotta, Del Noce, Vanni Rovighi, Masnovo, Bontadini, Fabro, Maritain, Gilson (per limitarmi – tolto Rosmini – a filosofi del Novecento deceduti) non sono pensatori degni del nome?
Mi sembra grossa, mi sembra
Quanto astio, perdiana. Credo che lei ne abbia di strada, prima di arrivare a essere l’uomo, lo studioso e, sì, lo scrittore che era Tolkien.
Potrei non darti torto ma lasciami dire che il vostro pensare tanto per pensare ha fatto solo danni.
Tutto sommato il centuplo in terra e la salvezza post mortem non è poi così male! Però lo conosci il Vangelo, vecchio brontolone!
Mamma, quanto sono diventato gentile con Alvise… sarà l’effetto Natale o starò invecchiando?
Fk, è che forse gli vuoi bene 🙂
Tra i nani che non hanno bisogno di pensare, pescando a caso: Cervantes, Pascal, Manzoni, Chateaubriand, Shakespeare, san Thomas More, Flannery O’Connor, Alexis de Tocqueville, Shūsaku Endō, Graham Greene, sant’Agostino …
Fefral: è difficile per noi maschietti ammettere di voler bene a qualcuno… tuttavia mi rendo conto che senza il rompipalle di Alvise questo blog sarebbe un’altra cosa! Se meglio o peggio non lo so, ma sicuramente un’altra cosa…
Adesso forse mi fucilerete…ma guardandomi attorno credo che di questi tempi, se se ne ha la possibilita’, sia meglio lavorare entrambi. Leggendo la storia di Franz, e conoscendo situazioni simili, credo che purtroppo due entrate spesso siano una necessita’, prima che una vocazione personale.
@Alessandro: a nemmeno quarant’anni mi sembra troppo presto per smettere di cercare l’amore…la seduzione non e’ sempre un gioco ipocrita e sterile…
Erika, forse mi sono spiegato male, quello a cui rinuncio volentieri è appunto il “gioco ipocrita e sterile”. Nient’altro
Scusa, non avevo capito…in bocca al lupo allora! 😉
🙂
Buona notte ragazzi!
Alessandro non ti preoccupare che la ragazza giusta arriva. Io il mio ragazzo l’ho avuto vicino da sempre, ma ho aperto gli occhi solo 4 anni fa: l’Amore è davvero strano, pensare che i miei da piccoli si detestavano.
Due anni fa ho chiesto a mio padre il segreto e lui mi ha detto ” con tua madre ci vuole un sacco di costanza, ma ilo segreto è che ancora oggi giochiamo e ridiamo come 27 anni fa “.
Ogni tanto per prenderlo in giro gli dico che era il suo stalker: mattina e sera davanti al negozio di parrucchiere dove lei lavorava a guardarla incantato dalla vetrina, con qualsiasi condizione climatica. E se non lavorava andava a casa dai miei nonni per stare con lei.
Ho chiesto a mamma se non lo trovava un tantino inquietante. Lui mi ha fatto l’occhiolino e mi ha detto che noi siamo perseveranti, e vinciamo sulle lunghe distanze.
Un bacio a tutte le persone che sposate fidanzate o no ( anche ai genitori ), per Amore perseverano.
Bello quanto scrive la Frullone, e vero… è incredibile quanto gli uomini siano contraddittorii… ma penso sia perchè fondamentalmente siano egoisti. Noto nelle persone che frequento, familiari e non, che il lato negativo prevalente nella maggior parte sia l’egoismo… me inclusa!!! Ognuno pensa al suo orticello e a cosa convenga o no fare…
Francesca
Vero, Guicciardini è l’oppio dei popoli.
“perché il tanto sbandierato diritto alla stabilità vale quando si parla di lavoro ma diventa pericoloso quando si parla di relazioni? ”
La stabilità del lavoro è un’illusione. Serve a creare bisogni di cose di cui altrimenti potremmo fare a meno, a far comprare un’auto inutile da pagare a rate, o ad accendere il mutuo di una casa troppo grande, mutuo che verrà estinto solo con i soldi della pensione; in suo nome si ingoiano rospi e si accettano condizioni altrimenti insopportabili.
La stabilità non serve per vivere bene o a realizzarsi. Ci sono gli esempi dei liberi professionisti qui sopra. Inoltre, come mai in alcuni paesi ci sono molti studenti universitari (la categoria che ha per definizione il livello massimo d’instabilità nella vita) che fanno figli e mettono su famiglia, mentre in altri sono pochi?
Sia il lavoro, sia il matrimonio sono per definizione instabili, visto che è instabile ed estremamente fragile il contenitore che li contiene. Conviene quindi abituarsi alla cosa, a mio avviso.