Donne in attesa

di Raffaella Frullone

Adoro le fiabe sonore. Me ne sono innamorata al secondo anno di asilo (leggi “scuola dell’infanzia”), quando il papà del nostro amico Giovanni ha regalato a tutti i bambini una cassetta (sì, sto parlando delle vecchie ma indimenticate musicassette) con la versione audio della fiaba di Cenerentola. Gironzolavo soddisfatta per casa con l’orecchio attaccato al registratore della Fisher Price, e che gioia quando, pigiando play, sentivo: “A mille ce n’è, nel mio cuore di fiabe da narrar…”

Una volta cresciuta, abbandonato con dolore il cimelio targato Fisher Price, mi è rimasta la passione per le fiabe sonore che non solo propongo ai figli di amici e amiche, ma mi azzardo addirittura a consigliare come regalo divertente ed educativo (dell’inflazionata serie: consigli non richiesti). Così, qualche giorno fa, all’ennesimo suggerimento, incappo in uno scandalizzato: «Ma seeeeei maaaaatta?» Pausa. Mi aspetto una doverosa tirata d’orecchi sul fatto che, per quanto riguarda le fiabe, sono un tantinello fuori moda, che le blingibesse moderne non possono essere le stesse di quando si pagava in Lire e si consideravano tecnologie moderne i registratori della Fisher Price. Senso di colpa. «Cenerentola è una fiaba estremamente maschilista e diseducativa!» Flash. La Matrigna! Per la prima volta realizzo che ha la stessa acconciatura di Malgioglio! Eh, certo che è diseducativa, mannaggia, non me ne ero mai accorta! Doppio senso di colpa. Ma non era neanche questo.

«Le principesse presentano un modello di donna passiva e bisognosa di aiuto. Cenerentola, Biancaneve, la Bella Addormentata incarnano e propongono un modello di donna che può riscattarsi solo in virtù dell’intervento maschile, che si presenta nelle vesti del Principe Azzurro, le favole altro non sono che le storie di donne infelici, sottomesse, e che non fanno altro che aspettare e aspettare».

Il ritornello femminista contro le principesse non è certo nuovo. Eppure a me pare che Cenerentola avesse un sacco da fare mentre ingannava l’attesa: pulisci, rassetta, sistema, stai a sentire due che si vestono come le sorelle Ferguson senza ridere ogni volta che ti si presentano, prenditi cura del gatto Venceslao (gli amici degli animali sanno quante energie ci vogliono), il tutto senza cedere allo sconforto, senza rispondere male a Malgioglio, ma soprattutto senza perdere la speranza. Cioè questa ragazzina povera, chiusa nella torre con i topolini, maltrattata e sola aveva ancora la forza di credere ai miracoli e cantare “I sogni son desideri di felicità …”. Mica poco. Ma sono riflessioni che tengo per me. Cenerentola non ha bisogno di difese, è un evergreen (e non parlo di Eco-compatibilità), ha passato indenne ondate di femminismo e anche le iniziative di Educando en Igualidad, la campagna del Ministero dell’Uguaglianza spagnolo che qualche anno fa ha proposto una favola alternativa per combattere lo stereotipo della donna passiva.

Il titolo – manco a dirlo – è Principessa Differente, ma la protagonista, più che una principessa, è un’eroina agile e determinata, capace di costruirsi il proprio destino e soprattutto, di salvarsi da sola. Una donna che rifiuta con sprezzo l’aiuto del principe e quando quest’ultimo ci rimane male lei, per far tornare il buon umore, lo invita a fare un giro in moto sulla Muraglia Cinese. Coraggiosa la ragazza, non c’è che dire. Anche il finale va un po’ svecchiato e ripulito dallo stereotipo. Il romantico “E vissero felici e contenti” viene sostituito con il politicamente corretto “E diventarono buoni amici”. Il tutto per dimostrare che non è l’amore la chiave della felicità, ma un rapporto alla pari senza legame.

Adesso, io vi invito a raccontare alle vostre bambine una storia che finisce senza bacio e con un banalissimo “E diventarono buoni amici” e ditemi come reagiscono. Sarà pur vero che io non sono esattamente al passo coi tempi in fatto di fiabe, e men che meno politically correct, ma sono convinta che sarebbero disposte a tollerare Malgioglio, le sorelle Ferguson e una protagonista umile e modesta pur di arrivare a un principe, che anche non fosse azzurro, almeno darebbe senso alla fiaba, e anche all’attesa.

E poi chi lo dice che l’attesa svilisce la donna? Andatelo a dire a Penelope, che ha fatto della paziente e operosa attesa di Ulisse il suo punto di forza, o a don Tonino Bello che ha definito Maria “Donna dell’attesa” quando ha scritto:

Già il contrassegno iniziale con cui il pennello di Luca la identifica, è carico di attese: «Promessa sposa di un uomo della casa di Davide». Fidanzata, cioè.

A nessuno sfugge a quale messe di speranze e di batticuori faccia allusione quella parola che ogni donna sperimenta come preludio di misteriose tenerezze.

Prima ancora che nel Vangelo venga pronunziato il suo nome, di Maria si dice che era fidanzata. Vergine in attesa. In attesa di Giuseppe.

In ascolto del frusciare dei suoi sandali, sul far della sera, quando, profumato di legni e di vernici egli sarebbe venuto a parlare dei suoi sogni. Ma anche nell’ultimo fotogramma con cui Maria, si congeda dalla Scrittura essa viene colta nell’atteggiamento dell’attesa. Lì, nel Cenacolo, al piano superiore, in compagnia dei discepoli, in attesa dello Spirito. Vergine in attesa, all’inizio.

Madre, in attesa, alla fine.

E nell’arcata sorretta da queste due trepidazioni, una così umana e l’altra così divina, cento altre attese struggenti.

Sono le attese struggenti il fascino delle fiabe, dei principi e delle principesse. E se il coraggio di Pocahontas entusiasma, la voglia di libertà di Ariel affascina e l’intraprendenza di Mulan trascina, Cenerentola non passa mai di moda perché testimonia che tutto è possibile: che anche una ragazza povera può diventare una principessa, che un principe può smuovere il regno per trovarla, che l’attesa paziente e fedele viene ripagata e infine che la scarpa giusta, al momento giusto, può davvero cambiarti la vita.

138 pensieri su “Donne in attesa

  1. Adriano

    Non credo che le fiabe siano determinanti… Anche perché, mi sembra abbia un effetto maggiore l’esempio di genitori e degli adulti di riferimento.
    Basta dimostrare (e insegnare) rispetto, tolleranza, altruismo, il tutto a prescindere da ruoli stereotipati, e gli effetti nefasti di Cenerentola & co verranno attenuati, fino a sciogliersi come bianca-neve…

    1. giuliana z.

      ma che stai a ddi???? ma a te non hanno mai raccontato le favole da piccolo? non credo che i tuoi ti facessero il pistolotto sui diritti civili…. ma quali effetti nefasti??? ma quali stereotipi? scusa se te lo dico Adriano, ma non ti accorgi che il vero stereotipo di oggi è la donna parificata? sarà decenni che ci propinano la “favola educativa” dell’emancipazione. E siccome a noi femmine comincia ad entrarci in testa dalle scuole medie in poi, direi che almeno l’infanzia può essere preservata da questo! Io credo che ad un bambino importi molto di più avere una mamma che la sera gli legge le favole che una mamma che impegnata nel sociale trascura i suoi pargoli per le ore assolutamente neccessarie a creare un rapporto con loro.

      1. Adriano

        Giuliana,

        Sono convinto che la “favola educativa” dell’emancipazione abbia fatto bene alla società, dando la possibilità a chi vuole di scegliere per la propria vita un ruolo “tradizionale” (un tempo praticamente imposto a tutti). Gli stereotipi a cui mi riferivo erano non solo quelli dei ruoli di una volta ma anche l’obbligo della carriera prima di tutto, del figlio a ogni costo ecc.

        Poi anche l’emancipazione (come molte altre idee, filosofie ecc), se estremizzata, può fare danni.

        Anche le favole hanno effetti che considero nefasti (per esempio, negli ‘innocenti’ racconti dei fratelli Grimm il cattivo ogni tanto è ‘casualmente’ ebreo. A qualcuno questo potrà andar bene, a me no); ciò non toglie che ci siano anche altri effetti educativi.

        “Io credo che ad un bambino importi molto di più avere una mamma che la sera gli legge le favole”

        Su questo mi trovi completamente d’accordo.

  2. Andreas Hofer

    Un altro post dai contenuti molto profondi. Le fiabe non sono avversate e combattute per caso. Dissipare l’alone di mistero di cui la realtà è circonfusa è perfino un dovere per i cantori del politicamente corretto e di ogni filosofia materialistica.
    Per il fanciullo la fiaba è più che un semplice passatempo o un piacevole divertimento. È un rito di iniziazione che evoca il mistero per mezzo della parola umana, apre la sua anima alla «calda meraviglia dell’essere» (A. Mordini). Le novelle delle fate, scrive GKC nel meraviglioso capitolo sulla “Morale della favole” contenuto in “Ortodossia”, avevano radicato in lui due principi: “primo, che il mondo è un luogo strano e sorprendente, che avrebbe potuto essere tutto diverso ma che è tutto delizioso; secondo, che di fronte a questa stranezza e a questa delizia si possono umilmente accettare le capricciose limitazioni di una così strana bontà”. In altre parole, avevano istillato nel Chesterton fanciullino – e in tutti i fanciullini come lui in tutti i tempi – una consapevolezza interiore: a) esiste un ordine impresso al mondo da un Creatore buono; b) questo Creatore ha creato un mondo bello e meraviglioso. Di conseguenza c) non siamo i padroni di noi stessi né del mondo. Che la facoltà di meravigliarsi davanti al mistero dell’essere fosse il presupposto della scoperta della verità lo avevano intuito già i filosofi antichi. “Gli uomini – scrive Aristotele nelle pagine iniziali della “Metafisica” – hanno preso dalla meraviglia lo spunto per filosofare”. Ecco perché il senso di stupore e la meraviglia suscitati dalle favole irritano tanto certo culturame e vanno dissolti (magari ricorrendo a della stupida, sciocca sociologia spicciola, la cui profondità è pari a quella di una pozzanghera). Se solo “questa realtà” conta, allora occorre realizzare un ambiente sociale talmente assorbente e totalitario da riuscire ad estinguere in noi la facoltà di aprirsi al reale, di meravigliarci del mistero della vita e scoprire il nostro destino eterno.

  3. Adriano

    “Le fiabe non sono avversate e combattute per caso. Dissipare l’alone di mistero di cui la realtà è circonfusa è perfino un dovere per i cantori del politicamente corretto e di ogni filosofia materialistica.”

    Mah, non mi sembra che chi propone fiabe diverse dalle solite voglia eliminare il mistero delle fiabe stesse; mi pare invece che questi vogliano sostenere mistero, meraviglia e stupore (e quale bambino non si stupirebbe davanti alle vicende di una principessa che rifiuta con sprezzo l’aiuto del principe?)

    Se l’intento fosse veramente quello di “dissolvere” tutto questo, allora si punterebbe sul dichiarare diseducative le fiabe stesse…

    Che ne pensi?

    1. Andreas Hofer

      Penso che semplicemente il mistero non abbia nulla a che vedere con la banalità e la profondità di una pozzanghera perché la meraviglia della favola sta nel suo veicolare princìpi eterni, un ordine trascendente, non i luoghi comuni dei politicamente corretto. Le fiabe possiedono un senso metafisico, come i miti: o evocano archetipi universali o non sono. Ecco perché lottare contro le fiabe equivale a lottare contro i miti. E una porzione rilevantissima della filosofia moderna, a partire almeno dall’illuminismo, è una lotta contro la “superstizione” e la metafisica, tutto un incitamento alla “demitizzazione”.
      Diderot scrive ad esempio: “La meraviglia è il primo effetto che produce un grande fenomeno: è compito della filosofia dissiparla. Scopo di un corso di filosofia sperimentale è di licenziare lo scolaro iù istruito e non già più meravigliato” (D. Diderot, L’interpretazione della natura, tr. it., Editori Riuniti, 1967, p. 32). Toh, uno che vaneggia di “filosofia sperimentale”… Ricorda una certa idea di “verità ipotetica”, da sottoporre a “esperimenti”…
      Quanto alla tua domanda, l’involontaria comicità della formulazione penso sia una risposta sufficiente. Io aggiungerei: quale bambino non si stupirebbe davanti alle vicende di una principessa coi baffi e le gambe pelose? Wow!!! E perché non uns principessa che stipula un contratto pre-matrimoniale col principe? Non si sa mai, in fondo. Immagino già gli occchioni luccicanti dei piccolini, il loro stupore estasiato nell’ascoltare queste novelle!
      Non avendo potuto estirpare la meraviglia dal cuore dell’essere umano (perché siamo fatti per questo), le ideologie cercano di servirisi delle fiabe per corromperlo. Peccato che, grazie al cielo, simili amenità non “funzionino”.

      1. Andreas Hofer

        Allora, vedo di essere più chiaro. Quel che vado affermando è questo: esiste un legame profondo e non occasionale tra fiaba, religione, mito, metafisica, ricerca della verità. Tutto questo presuppone l’esistenza di un cosmo ordinato, ovvero di un ordine dell’essere. Come ha mostrato Attilio Mordini (cfr. il suo “Dal mito al materialismo”) le fiabe veicolano un senso metafisico della realtà, richiamano un ordine eterno e universale. In questo cosmo ordinato la donna e l’uomo sono esseri al tempo stesso uguali e distinti, uguali come dignità ma distinti come caratteristiche. C’è chi avversa l’idea che esista un ordine dell’essere, un cosmo ordinato. Anche costoro, anche se forse l’ignorano, hanno una novella tutta per loro e per le pretese che avanzano. È quella del Barone di Münchausen. Il quale, com’è noto, tentò di salvarsi dalle sabbie mobili sollevandosi per i capelli. Chi è convinto di potersi dare da solo la verità finisce inevitabilmente per esasperare il potere della volontà, con essa vuole plasmare con forza una realtà informe. Col risultato, altrettanto inevitabile, di renderla deforme. Da qui il fanatismo estremo delle ideologie e la scia immensa di lutti che si son lasciate dietro. Lo stesso giro mentale è all’opera nelle favole omosessualiste e in quella della Principessa Differente. Il presupposto è lo stesso: uomo e donna sono pure esistenze individuali, non riflettono un’essenza superiore, un modello di cui occorre riprodurre l’immagine quaggiù in terra. Dunque le loro identità posso essere plasmate ad libitum pressoché all’infinito (il che significa: secondo i desideri dei detentori del potere).
        È sempre la stessa minestra riscaldata, la solita ricetta per produrre disastri. E cela al suo interno il boccone avvelenato di una violenza forsennata, sebbene si ammanti delle vesti apparentemente “soft” del politicamente corretto.

        1. Adriano

          “Io aggiungerei: quale bambino non si stupirebbe davanti alle vicende di una principessa coi baffi e le gambe pelose? Wow!!!”

          A parte che ci sono già in alcune fiabe principesse coi baffi (ed esiste pure una santa barbuta, messa in crocefisso)…

          Penso sia abbastanza assodato che le favole abbiano come obiettivo trasmettere insegnamenti, un “cosmo ordinato”. Che questo sia un “archetipo universale”, personalmente non ne sono certo. E neppure che gl’insegnamenti delle fiabe siano così validi da essere trasmessi in blocco (che dire dell’antisemitismo nelle fiabe dei fratelli Grimm? Anche questo è un archetipo?).

          D’altra parte le favole sono state usate da diversi regimi (o da gruppi) per trasmettere nozioni (e ancora oggi succede lo stesso, per esempio attraverso i fumetti), visto che, come scrivi, “certo culturame” e “le ideologie” cercano di “servirsi delle fiabe” per “corrompere il cuore dell’essere umano”, visto che non riescono a “estirpare la meraviglia dal cuore dell’essere umano (perché siamo fatti per questo)”

          1. Andreas Hofer

            @ Adriano

            A parte che “principessa coi baffi” era una metafora per indicare una “principessa mascolinizzata in ode all’ideologia di genere”, le fiabe come ogni produzione letteraria umana risentono evidentemente della cultura del proprio tempo (inclusi gli stereotipi), ma limitarsi a simili considerazioni comporta l’inserirsi, appunto, nel filone della sociologia spicciola e non ho francamente voglia di seguirti su questo terreno, che è l’unico che pare interessarti. A me no, invece.

            1. Andreas Hofer

              Molto banalmente, dal fatto che l’antisemitismo (qualsiasi cosa tu intenda con questo termine, e so già, dall’uso che ne fai, che anche qui ci troveremmo discordanti) è circoscritto temporalmente e geograficamente. La polarità uomo-donna invece no.

            2. Adriano

              Andreas

              “La polarità uomo-donna”

              Penso che con questa espressione tu intenda il fatto che uomo e donna abbiano ruoli (pre)definiti che vadano ben oltre le differenze biologiche.

              Se è così, non mi trovi d’accordo sul fatto che siano giusti, né che si tratti di archetipi, perché, come sostieni, temporalmente e geograficamente non circoscritti. La prova è che sono circoscritti da diverso tempo – temporalmente – e questo accade o è accaduto in alcuni paesi come quelli del Nord Europa – geograficamente.

              Ci sarebbe anche da parlare di miti e leggende che contrastano fortemente con questo “archetipo” (come le Amazzoni), o di cosa intendi tu per antisemitismo, ma la discussione diventerebbe abbastanza lunga e tortuosa (e, forse, inutile) quindi, a meno che non esca qualcos’altro di nuovo e interessante, mi fermo qui.

              Buona giornata!

            3. Andreas Hofer

              No, hai capito male . Nessuno qui fa del banale essenzialismo: le identità sessuali sono soggette a variazioni nello spazione e nel tempo (ciò che comportava socialmente essere bambino a Sparta o a Atene era assai differente, così come c’è un abisso tra l’Inghilterra vittoriana e una tribù di Matawai a proposito dell’educazione femminile ), ma ciò non toglie che i modelli di socializzazione primaria siano sempre stati ripartiti differentemente per i maschi e per le femmine. La differenza sessuale è sempre stata mantenuta. La ripartizione sessuale dei compiti è uno dei pilastri della famiglia e della società (cfr. F. Héritier, “Maschile e femminile. Il pensiero della differenza”, Laterza, 1997). Dunque la polarità sessuale è un elemento fondamentale dell’esistenza umana.
              Tanto è vero che gli antropologi “propendono per la convinzione […] che la famiglia, costituita dall’unione durevole, socialmente approvata, di un uomo, una donna, e i loro figli, sia un fenomeno universale, presente in ogni società” (Lévi-Strauss, “Razza e storia e altri studi di antropologia”, Einaudi, 1967, p. 149).
              L’indistinzione sessuale è tipica invece di quelli che sempre gli antropologi chiamano “riti di inversione di status”. Questi occorrono nei momenti “antistrutturali”, ovvero le situazioni di crisi della struttura sociale, che proprio per questo motivo solitamente hanno un carattere transitorio (cfr. V. Turner, “Il processo rituale. Struttura e antistruttura”, Morcelliana, 1972).
              Esistono anche i miti negativi, come quello di Narciso (che in fondo è l’eterno simbolo dell’idolatria), ma nessuno è mai stato tanto idiota da elevarlo a modello ideale.
              Ma il punto vero, mi spiace ripeterlo, è che non c’è grande possibilità di incontro tra chi è convinto dell’esistenza di un ordine increato (non stabilito da noi e al cui universo i miti e le fiabe rinviano) e chi come te non lo riconosce, finendo preda delle ideologie del momento.

            4. Adriano

              Andreas

              “Ma il punto vero, mi spiace ripeterlo, è che non c’è grande possibilità di incontro….”

              Parti da due presupposti per me errati
              1. Che il mio obiettivo, ora, sia l’incontro (cioè l’avvicinamento), quando, per il momento, sto solo cercando di conoscere cosa pensano i sostenitori di questo blog, chiedendo spiegazioni e chiarimenti sulle cose che “non mi tornano” (e, per questo, ti ringrazio per quando dai risposte e spunti interessanti); anche se, per tutta una serie di motivi, mi piacerebbe pensarla come i fan di questo blog.
              2. Che le mie idee sono immutabili nel tempo. Sono convinto che un incontro potrebbe anche succedere, (e questo nonostante tu abbia dichiarato di recente che convincere qualcuno è l’ultima cosa che ti interessa… 🙂 )

              Tornando al resto della tua risposta. Sono d’accordo con te quando scrivi che “le identità sessuali sono soggette a variazioni” geografiche e nella storia.

              “La differenza sessuale è sempre stata mantenuta”
              E la sottomissione della moglie fa parte di questa differenza? E questa è sempre stata mantenuta dappertutto?

              Infine, una piccola provocazione: se, come affermi, il problema attuale è l’ “indistinzione sessuale”, e dici che è transitoria, allora perché preoccuparsi? Tra un po’ tutto tornerà come prima, no? 🙂

              Buona notte!

            5. Andreas Hofer

              1. Non parto da un presupposto: prendo solo atto che da una parte si afferma la soprastoricità di princìpi eterni e universali, dall’altra parte se ne afferma la storicità. Dunque è difficile “incontrarsi” sul piano delle idee.

              2. Di immutabile nella nostra piccola vita c’è ben poco, dunque non posso presumerlo, abbi pazienza… Certamente, non mi interessa “convincere” nel senso che la fede si propone, non si impone. Non sono certo i nostri discorsi a “convertire”, ma la grazia (che certamente si serve anche di “cause seconde”, vale a dire agisce anche per mezzo delle nostre povere persone).

              Sulla sottomissione c’è da fare una breve premessa. Esiste un concetto fondamentale nella teologia cattolica: la grazia perfeziona la natura, non la abolisce. Il concetto di “sottomissione”, come spiega bene Costanza nel libro, deriva da San Paolo ed è una meraviglioso impasto di natura e grazia. Da un lato dunque non si nega la ripartizione sessuale dei compiti ma essa viene vissuta all’interno di una logica che non è quella del dominio ma del reciproco servizio pur, ripeto, nella differenza dei ruoli e delle responsabilità. Laddove nelle relazioni uomo-donna si è impone invece la logica del dominio abbiamo i guasti, gli abusi e le sopraffazioni che ben conosciamo grazie alla storia e alla nostra personale esperienza.

              Per venire alla tua provocazione: intendevo dire che secondo gli antropologi normalmente i momenti di indistinzione sessuale sono ritualizzati e dunque limitati. Solo nel nostro mondo “evoluto” si pensa di istituzionalizzarli, non a caso si parla di “società liquida”.

  4. …Ho messo “like” per istinto, perchè la piccola principessa che è in me si è risvegliata…ed effettivamente è tutto molto bello, però occhio……..
    Il momento più importante è proprio quando l’attesa è finita, ed è tutto nel senso di quel “vissero felici e contenti”, che in fondo, nasconde mille significati. Nessuno ci ha mai raccontato com’è la vita di una principessa dopo l’arrivo del principe azzurro, ma mi piace pensare che nell’happy end e nella scelta di non finire per restare solo amici è compresa anche la decisione coraggiosa di vivere la vita insieme. Perchè questa storia del vivere felici e contenti mi lascia un po’ perplessa: va bene per essere cristallizzata sulla pagina di un libro, ma si applica con fatica alla realtà.
    Durante il rito del matrimonio gli sposi promettono di amarsi nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia e di amarsi e onorarsi tutti i giorni della vita (brivido lungo la schiena tutte le volte che ci penso). Tutti i giorni della vita: quando si è distrutti dal lavoro, quando i soldi mancano, quando i figli piantano capricci leggendari, quando lei passa dall’essere Monica Bellucci alla sorella mora di Maga Magò ( e lui fa altrettanto, da Brad Pitt all’Umpa Lumpa), quando si insinuano mille tentazioni a portata di mano, eccetera eccetera. Non ci viene fatto mistero del fatto che non si è sempre felici e contenti, che le difficoltà ci sono, eccome. La differenza sta nel fatto che si affrontano insieme, come una carne sola, abbracciando e accettando tutti i difetti, e anche tutta la bellezza dell’altro, e contando sulla potenza dello Spirito.
    Mettiamoci l’anima in pace quindi: il principe azzurro nel senso letterale del termine non esiste. Esiste un uomo, senza calzamaglia e cappelli con la piuma, che unisce tutto se’ stesso,con i suoi difetti, le sue piccolezze e anche tutto ciò che ha di più bello ad una donna che fa altrettanto, per crescere insieme e per costruire. Perchè se rimaniamo legate all’idea che occorre aspettare quello perfetto, senza macchia e senza paura, che disprezza gli sport e il computer, che adora fare shopping, lavare e stirare di sua spontanea volontà, a cui non puzzano i piedi e che si fa la barba a tutte le ore senza essere costretto, quello insomma che pende letteralmente dalla nostre labbra, ne abbiamo da aspettare…e anche se dovesse arrivare un siffatto figuro, dopo un po’ sai che noia?
    …Certo, se avesse le sembianze del principe Filippo della Bella Addormentata nel bosco, non è che lo schifiamo solo perchè indossa la calzamaglia, poveretto….
    (Detto da una che per anni a carnevale si è mascherata da Biancaneve….se vi ricordate com’era conciato il principe di Biancaneve mi darete ragione….)

  5. Daniela Yeshua

    Vi mancavo così tanto da dover scrivere un intero post per me e con me principessa protagonista? 🙂
    Ora comprendo perchè i miei uccellini mi han destata dal sonno tanto presto.
    – Come dite?
    – Certo che si – i miei uccellini qui con me nella torre annuiscono, e io a loro.
    Solo chi ama davvero sa attendere – vero, così è.

    Io quando leggo una favola o quando mi guardo un Disney al cinema non faccio altro che darmi una rinfrescatina a quanto mi accade già – in fede- , e alla pienezza di quanto m’accadrà – in visione – nell’eternità.

    Ma solo perchè sono cristiana, e noi cristiani, un Principe che ha sopportato tutto per la sua principessa fino a morire per lei, noi cristiani proprio ce l’abbiamo.

    Siamo i più fortunati sognatori dei secoli, questa è la verità, effettivamente noi cristiani non ci facciamo mancare nulla:
    anche le favole c’invidiano la sorte che c’è toccata, non abbiamo neanche bisogno di essere belli o amabilissimi, per essere salvati dal Principe dobbiamo solo credere che Lui, il Principe, è realtà, che sconfinate terre di Paradiso ci attendono sul serio, e che non solo Lui stesso ce le ha create ma Lui stesso combatte e salva e perdona e dà la vita per i pirati – che siamo – per riportarci alla regalità del Suo Regno – da pirati a figli, di nuovo, come al principio dei tempi.

    Felici e contenti.
    Per sempre.
    E oltre.
    Ma veramente.

    Io sono cristiana. Io sono più di una favola. Perchè sono stata redenta principessa, coerede del Re – ma davvero.

    1. Andreas Hofer

      @ Raffaella: “Sono le attese struggenti il fascino delle fiabe, dei principi e delle principesse”

      @ Daniela: “Solo chi ama davvero sa attendere – vero, così è”.

      Non c’è niente di più vero.

      Amour: promesse tendue vers l’impossible et, par conséquent, jamais accomplie: même les plus hauts instants de bonheur sont encore attente et nostalgie, chaque plénitude creuse un nuoveau vide, le breuvage attise la soif. — Le signe d’un grand amour consiste non pas à tenir mais à entretenir une promesse divine. On aime non dans la mesure où l’on possède mais dans la mesure où l’on attend. — Amore: promessa tesa verso l’impossibile e, di conseguenza, mai compiuta: anche i più alti istanti di felicità sono ancora attesa e nostalgia, ogni pienezza scava un nuovo vuoto, la bevanda accresce la sete. — Il segno di un grande amore consiste non nel mantenere, ma nell’alimentare una promessa divina. Amiamo non nella misura in cui possediamo, ma nella misura in cui attendiamo.

      (Gustave Thibon, L’ignorance étoilée, Fayard, Paris 1974, p. 85)

  6. Cenerentola, arg!
    La mia sorellastra protagonista di un post, doppio arg!
    E si che mio figlio ha il cd con la raccolta completa delle fiabe sonore, e appena si sale in macchina, anche per tragitti brevissimi, se le fa accendere, e guai se qualcuno fiata, perché lui non sente!
    Cara Raffaella!
    Buona giornata a tutti, ancora arg, però!

    1. Daniela Yeshua

      Sorellastra mia! 🙂
      Io ormai conoscendo le fiabe a memoria…ho dovuto per forza di cose cominciare ad ascoltarmele ….in un solluccherosissimo …francese..! Oh, che dolcezza!
      (Ehm: io non ho mai studiato il francese, dalle medie all’università sempre solo inglese… e così, per imparucchiare il francese – vi sono testi francesi troppo interessanti da leggere e non sono ancora tradotti in italiano… – ho cominciato ad impararlo da sola, non avendo modo e tempo di frequentare corsi privati, ascoltando la Bible de Jerusalem tutta in audio mp3 ( (intanto me ne sono ordinata una copia cartacea nuova di Zecca da Parigi per seguire l’ascolto audio e imparare la pronuncia)…p0assando poi alle favole e ad altro della letteratura…:

      http://www.audiocite.net/livres-audio-gratuits-romans/charles-dickens-david-copperfield-tome2.html

      Ora sto leggendo il processo a Giovanna D’Arco con i dialoghi integrali del’inquisizione – assolutamente introvabile in lingua italiana e….è una delizia, mmmhh)
      🙂

  7. Okkey posso continuare a guardare Shrek… lì c’è tutto:
    – fanciulla indifesa (ce l’ho)
    – topini e gatti (ce l’ho)
    – vissero felici e contenti (ce l’ho)
    – cattivo di turno (più di uno)
    – rompiscatole (ciuchino, ce l’ho)
    ….

    😀

  8. Erika

    Io ho ascoltato tonnellate di fiabe sonore…avevo persino il cofanetto porta assetteranno in omaggio. Eppure sono un’indomita,acidissima femminista…;-)

  9. nonpuoiessereserio

    Con il satanasso slegato staranno sicuramente studiando la versione gay di tutte queste fiabe.

      1. nonpuoiessereserio

        e te pareva, era ancora meglio l’innocente parodia porno di Biancaneve. Innocente tra virgolette si intende.

        1. Andreas Hofer

          Già. A volte ci si sente davero dei buffi Don Chisciotte a vivere in questo tempo di spade sguainate per difendere il colore delle foglie estive. Eppure occorre fare come dice Gandalf…

          Frodo: Avrei tanto desiderato che tutto ciò non fosse accaduto ai miei giorni!

          […]

          Gandalf: Anch’io come d’altronde tutti coloro che vivono questi avvenimenti. Ma non tocca a noi scegliere. Tutto ciò che possiamo decidere è come disporre del tempo che ci è dato.

  10. DANICOR No, nulla è più come prima, ora il rumore di fondo, dentro e fuori, ricopre
    ANDREAS tutto e annulla l’incantesimo delle fiabe dei “racconti di fate” come le RAFFAELLA definisce qualcuno che non vi dico, ora non si sentono più i racconti dei nonni intorno al fuoco la notte, di diavoli, di streghe di magie di castelli incantati di balli
    tutta la notte e scarpette consumate al mattino, ora subito fuori casa, e anche dentro, il rumore delle automobili, il gracchiare (dis)umano dei televisori le parole scipite dei giornali e i pensieri oinsulsi dei giornalisti, è vero, c’è il cinema, c’è i cartoni animati, c’è il Signore degli Anelli, ma non c’è e non ci sarà MAI PIU’ la sublime magia dell’infanzia perduta sia individualmente che collettivamente.
    p.s.ammettendo che esistesse qualcosa di disumano, in quanto tutto comunque umano per forza di cose. Tutto ciò che è è e nient’altro. Come uno dicesse di volere vestiti non di materia chimica quando invece è tutta chimica la materia!!!

    1. Andreas Hofer

      Alvise

      Come disse Aragorn prima della battaglia del fosso di Helm, c’è sempre speranza. Come sempre ci saranno Termopili presso cui morire, sempre ci saranno fanciulli da incantare col suono di un verbo investito di meraviglia e stupore.
      La nostra struttura è compaginata di natura e grazia, di materia e spirito. Né angeli né bestie, ogni nostro atto è sensibile e spirituale al tempo stesso. Per questo siamo uomini. Non cavie da laboratorio come qualcuno vuol farci credere. Altrimenti perché esisterebbero le fiabe?

    2. “ora subito fuori casa, e anche dentro, il rumore delle automobili, il gracchiare (dis)umano dei televisori le parole scipite dei giornali e i pensieri oinsulsi dei giornalisti,”

      Mi piacerebbe (non credo di esserne in grado, spero un giorno di riuscire ad esserlo) fare in modo che le mie parole non abbiano bisogno dell’insonorizzazione per essere ascoltate, ma che siano esse stesse talmente affascinanti da escludere tutto ciò che è altro.

      Forse non è sparita la narrazione, ma i narratori – forse ai narratori manca il tempo… o forse anche la narrazione è una fiaba…

  11. Barbara Favi

    Da piccola, leggevo Cenerentola da un grosso tomo, contenente tutte le fiabe dei Grimm nella versione originale (ovvero questa http://grimmstories.com/it/grimm_fiabe/cenerentola). Si parlava di piedi amputati e occhi cavati dalle orbite e a confronto Clive Barker era quasi una lettura per signorine. Adoravo quelle fiabe e mi hanno lasciato quel gusto dello splatter che mi poi ha reindirizzato verso Dylan Dog e Stephen King, prima, e Poe e Neil Gaiman dopo. Niente a che vedere con la versione Disney.

    Mi sono pero’ sempre chiesta perche’ le altre bambine delle elementari mi guardassero come Mercoledi’ Addams…

    1. Erika

      Mi piace. A me mio padre leggeva le Fiabe italiane di Calvino…quanto a scene horror nulla da invidiare ai Grimm!
      🙂

      1. Barbara Favi

        Adoro 🙂 A me piaceva un sacco anche la trilogia de “I nostri antenati”. La leggevo alle medie, non capendo tutto ma pensando che arrampicarsi su un albero per sfuggire ad un piatto di viscide lumache fosse molto esaltante. Lo faccio pure ora, anche se sia l’albero che le lumache sono diventate metaforiche

  12. A proposito, nessuno ha detto nulla dei film di Bunuel che avevo messo in linea!
    Perchè?
    Non vi sono piaciuti?
    Non vale nemmeno la pena di commentarli?
    Oppure per la solita politica cattolica e non che è sempre meglio stare zitti, non dire nulla, fare finta di nulla, omettere, tralasciare etc.?

  13. Bumpy

    Io so solo che son cresciuta con Cenerentola e le sue amiche principesse e non mi sento ne’ passiva ne’ bisognosa d’aiuto!!
    E nemmeno mi passa per l’anticamera del cervello di negare alle mie figlie la magia di queste fiabe!
    Io sono il loro Fiher Price!
    Un saluto,
    Bumpy!

    1. ANDREAS HOFER: ma Thibon ne ha una per tutto per tutti?
      Io ho ammirazione per il filosofo contadino e per come ha vissuto e per quello che è stato eccetra, ma da qui a farne una risposta per tutto….
      Un complemento di Chesterton, e Chesterton complementare a Thibon?

      1. Andreas Hofer

        Sì, forse esagero con lui, hai ragione. È che per me è come una presenza fisica. Dove vado io viene anche lui. Ci sono momenti nella vita in cui si saldano dei legami infrangibili, che vanno al di là dello spazio e del tempo, della morte stessa.
        Ed è anche vero che lui e Chesterton (il mio altro “compagno invisibile”) sono davvero due spiriti affini.

        1. Andreas Hofer

          @ vale

          Storicamente è vero. Ma a pare mio oltre a Chesterbelloc esistono molte affinità ideali anche con Thibon. Tanto è vero che in altra sede ho spesso pubblicato una silloge di loro brani dove queste affinità elettive emergono prepotentemente, permettendomi di chiamarli “Chesterthibon”…

    1. Barbara Favi

      Ops, avevo letto male. A me Rodari piace eccome. E’ un distruttore di fiabe solo in quanto felice iconoclasta di vecchi cliche’ – almeno a mio parere

  14. giuliana z.

    io ho 2 maschietti, ma oltre a tutte le storie di prodi cavalieri, audaci ladri che rubano ai ricchi per dare ai poveri, lottatori sovrappeso di kung-fu, macchinine roboanti e scattanti, adorano la favole in cui un principe scende da cavallo e bacia la principessa ronfante, o che sguinzaglia per il regno granduchi con scarpette di cristallo per scovare misteriose fanciulle fuggite a mezzanotte. E guai se la storia non termina con “e vissero per sempre felici e contenti”.
    Che dite? sto coltivando due pessimi maschilisti?

  15. RAFFAELLA FRULLONE: a proposito di quella donna che rischiava il rimpatrio in Nigeria? Come è finita? Come mai i giornalisti non ritornano (quasi)mai su quello che ebbero (come vi pare questo verbo?)scritto e su come andonno (!) le cose?
    O forse te l’hai già scritto da qualche parte che noi non sappiamo?

    1. Kate al momento si trova in un istituto religioso a Lodi. Non ne ho scritto, o meglio non ne ho scritto ancora. Ma a breve ci sarà una nuova puntata che, oltre a Kate, coinvolge un’altra storia che per mesi è stata sulle prime pagine di tanti giornali italiani.

  16. Erika

    @giuliana: sono sicura che non stai allevando 2 maschilisti!
    Le fiabe sono archetipi, il principe in genere è più un deus ex machina che un uomo di cui la principessa si innamora.
    Non penso che le fiabe servano a imparare l’amore e il rispetto, ma hanno valenze assai importanti (come avete giustamente detto il senso di attesa, la magia, il mistero) di cui sarebbe sciocco privare i bimbi.

    1. giuliana z.

      brava! sono d’accordissimo! l’ingrediente principale delle fiabe è il mistero e l’immaginifico. Se privi il bambino di questo gli togli il gusto dell’infanzia.

  17. Erika

    domanda scema un po’ off topic: secondo voi perché rischio spessissimo il linciaggio quando confesso, in vari tipi di situazioni conviviali, che trovo il Signore degli Anelli irrimediabilmente noioso?
    Mio marito non sa ripsondere: lo trova noioso anche lui.

    1. nonpuoiessereserio

      perché sarai antipatica suppongo se ti linciano solo per questo oppure perché sei troppo simpatica e intelligente e vorrebbero che tu la pensassi come loro

      1. Erika

        Mmm…forse semplicemente non amo il fantasy…ma la saga si Tolkien scatena fra i miei amici passioni assolute e primordiali

        1. giuliana z.

          io l’ho letto 2 volte: la prima ho fatto una fatica bestiale ad arrivare in fondo. La seconda volta invece l’ho gustato pagina per pagina e l’autore descrive così bene i luoghi e le situazioni e i sentimenti che sembra proprio di esserci dentro.
          Però non è mica obbligatorio avere tutti gli stessi gusti! devo ripescare i “diritti del lettore” che anni fa scrisse Daniel Pennac…..

          1. giuliana z.

            trovati:
            1 Il diritto di non leggere
            2 Il diritto di saltare le pagine
            3 Il diritto di non finire il libro
            4 Il diritto di rileggere
            5 Il diritto di leggere qualsiasi cosa
            6 Il diritto al bovarismo (malattia testualmente contagiosa)
            7 Il diritto di leggere ovunque
            8 Il diritto di spizzicare
            9 Il diritto di leggere ad alta voce
            10 Il diritto di tacere

    2. Giuseppe

      A me succede addirittura con i fratelli! Non sai quante cope me ne hanno regalate : il brutto che non posso neanche riciclarle|

  18. Alberto Conti

    Sei ben giovine Raffaella! Io, o meglio le mie sorelle, le avevo in vinile.

    Bellissima la citazione di don Bello, quanto dobbiamo imparare da quella “Donna in Attesa” noi che siamo figli del “tutto e subito”.

  19. nonpuoiessereserio

    Alvise, quando verrò a trovarti, mentre tu prepari la fiorentina io mi guardo la videocassetta di Bunel, beviamo un buo rosso e poi ne parliamo, ok?

  20. A proposito di attesa, oggi ho letto queste parole a proposito di amicizia “E’ bello essere casa per i propri amici. E’ riposo. E’ compagnia. Anche se può non piacere rimanere una casa vuota che aspetta e che raccoglie, e che a volte raccoglie solo spazzatura o avanzi. Che poi uno lo sa che magari quegli avanzi sono la cosa più bella che può custodire ed è un privilegio poterli raccogliere.”
    credo sia un modo molto femminile di amare quello di saper aspettare. Credo dipenda dal nostro essere sempre, comunque (anche nostro malgrado a volte) madri. Accettare in me stessa questo modo di amare mi ha aperto gli occhi su tutti gli affetti. La maternità, scrivevo qualche giorno fa, non è uno stato fisico ma un modo di amare. E la capacità di aspettare ne è una componente importante.

  21. FRATE LEONE

    Frate Francesco è vivo tra noi

    e c’è nel cielo più luce che mai.

    Tra i Cherubini gelosi di lui, dell’Angelo bellissimo.

    E tra le foglie un vento passò

    al suo respiro che andava lassù

    e la sua terra, la terra restò deserta senza lui.

    E piansero bianche nel chiostro le monache date a Gesù,

    Giovanni chiamato Francesco non c’era più.

    Non c’era più, non era più con noi.

    Solo amore, amore, amore, tutto amore, amore, amore fu.

    Infinito amore, amore, fosti solo amore, amore tu.

  22. @Daniela “Io sono cristiana. Io sono più di una favola. Perchè sono stata redenta principessa, coerede del Re – ma davvero”. 🙂

    @Andreas, grande Thibon: “Le signe d’un grand amour consiste non pas à tenir mais à entretenir une promesse divine. On aime non dans la mesure où l’on possède mais dans la mesure où l’on attend”

    @Giuliana, sì, stai crescendo due maschilisti! Saranno Principi perfetti (Magari evitiamo la calzamaglia azzurra ecco)

    1. Andreas Hofer

      @ Raffaella

      Finalmente qualcuno che se ne intende! 🙂 L’amico Gustave ringrazia sentitamente per l’apprezzamento… 😉

  23. Lia

    Grazie!Quest’articolo mi ha riportata indietro nel tempo,a quando da piccola mia madre mi raccontava le favole prima di addormentarmi.Ricordo che aspettavo con ansia l’arrivo del principe che avrebbe portato via la sua amata sul cavallo bianco,aspettavo quel “vissero felici e contenti” sognando che un giorno anch’io sarei stata felice e innamorata come loro!Penso che a tutti i bambini si dovrebbero tramandare le fiabe,quelle che ti fanno sognare,che stimolano la fantasia,la creatività…soprattutto oggi che il mondo ci presenta tanta violenza,tante sofferenze,tante cose brutte,ci presenta una realtà nuda e cruda;attenzione!con questo non voglio dire che si deve far finta che tutto ciò non esista,ma almeno a questi piccoli,ad un’età in cui ciò che conta di più è il sorriso e la fantasia,non togliamo la possibilità di quei sogni che son “desideri di felicità”,come cantava Cenerentola.Da parte mia vi dico che in tutti questi anni ho sempre cercato e aspettato il mio principe e non ci crederete(non ci credo ancora neanch’io)ma è proprio arrivato,non ha il cavallo ma in compenso è alto,biondo con gli occhi azzurri,oddio quasi verdi 😛 .E’un “PRINCIPE PICCOLO” il mio 😉 .Resto molto sorpresa quando leggendo quest’articolo mi imbatto in Ulisse e Penelope,perchè per scherzare è proprio così che ci chiamiamo 🙂 chi più di loro può rappresentare l’amore,la fedeltà,la fiducia,il rispetto…l’attesa?!E non credo che quest’ultima svilisca una donna,io ne sono l’esempio vivente,ovviamente non è sempre facile “aspettare”…ma vi posso garantire che la mia è la PIU’ “DOLCE DELLE ATTESE”!Buona giornata a tutti e grazie a Raffaella per questo viaggio indietro nel tempo 😉

  24. Francesca Miriano

    Un saluto a Fefral, compagna di blog che spesso mi sento simile.
    Le fiabe sono tra i più bei ricordi di infanzia e il naufragar m’è dolce in questo mare di Prezzemoline ( me la raccontava la tata e non mi riesce di ricordarla), Pelle d’Asino, Zanna Bianca ( me la raccontava il babbo), Pollicino and so on. Il problema è sempre stato mettere i piedi per terra e tenerceli. Ancora adesso spero sempre che il cattivo venga mangiato dal drago, che il giusto venga premiato con un regno, che la bella principessa sia liberata dalla torre.E voglio continuare a tenere un angolino nella mia anima fermo così, a tutti i costi ‘con sprezzo del pericolo e del ridicolo’
    @Barbara : anch’io leggevo ai miei figli i fratelli Grimm in originale senza censure. Ora capisco perchè mia figlia adora Dylan Dog e l’horror estremo ,quello che io non riesco neppure ad ascoltare figuriamoci a guardare.

    1. Barbara Favi

      Inizi con Cenerentola e ti ritrovi a guardarti i film di Pascal Laugier e della nouvelle vague horror francese, senza nemmeno accorgertene. Il passo e’ breve, attente mamme! 😀

      1. vale

        io di fiabe da piccolo non ho memoria-ke non sia mai stato fanciullo?- mais, pour bérgère l’infinie:(così anke daniyosh.s’amuse et réves-ah le circonflexe..)

        Qu’on voit danser le long des golfes clairs
        A des reflets d’argent
        La mer
        Des reflets changeants
        Sous la pluie

        La mer
        Au ciel d’été confond
        Ses blancs moutons
        Avec les anges si purs
        La mer bergère d’azur
        Infinie

        Voyez
        Près des étangs
        Ces grands roseaux mouillés
        Voyez
        Ces oiseaux blancs
        Et ces maisons rouillées

        La mer
        Les a bercés
        Le long des golfes clairs
        Et d’une chanson d’amour
        La mer
        A bercé mon coeur pour la vie

  25. Andreas Hofer: Sì, hai ragione, avevi risposto, non me ne ero accorto, scusa, hai detto cose giuste, Bunuel è stato un regista molto particolare, un surrealista, sui generis, come ogni surrealista, un ateo ma con il pallino della religione e delle dispute religiose, più forse per un fatto estetico di
    disputa settecentesca secentesca che per sostanza vera, in più con un grande attaccamento alla sua terra, basta vedere le ambientazioni spagnole di alcuni suoi film, tra cui Tristana, e come tutti i surrealisti era stravagante e amava “credere” al mistero dietro la realtà o dentro la realtà, alle leggende, alle stranezze, alle nefandezze, ai miracoli.

    1. Andreas Hofer

      Allora ogni tanto capita anche a me di imbroccarne qualcuna… 😉
      Questo legame ostinato di Bunuel con la religione mi sembra un tratto molto spagnolo. Ricorda molto l’aneddoto dell’operaio comunista che rivolgendosi a un pastore protestante gli grida: «Senti, amico, io sono ateo. Non credo neppure al Dio cattolico, che e il vero Dio. Figuriamoci se credo al tuo …».

  26. “Luis Buñuel Portolés nasce nel 1900 in Aragona, nel paese “medievale” di Calanda.I suoi genitori, una coppia di facoltosi proprietari terrieri, gli impongono una rigida educazione cattolica e lo studio del violino. In entrambi i casi, la sua reazione è il rigetto: diventerà notoriamente ateo (“per grazia di Dio”) e mostrerà più volte, sullo schermo, strumenti musicali distrutti.”

    1. Io, se fossi in voi, donne, lo sapete che farei?
      Farei fagotto e mi trasferirei alla “portata” di Andreas Hofer”.
      Ci vogliono anche delle svolte nella vita!
      Io nel frattempo potrei affitare una casuccia dalle parti di LUIGI
      il nostro vignaiuolo esoterico. Finalmente potrò allora conoscerlo
      di persona e così poi passare delle belle serate, ora che viene l’autunno, la vendemmia, eccetra a ciacolare e a bere dei vinelli spumeggianti!!!!

      1. Andreas Hofer

        Alvì, svolterei volentieri anche io ma qua ancora non vedo fanciulle all’orizzonte. Devi essere più convincente!… 😀

  27. Sybille

    Ecco, sono favole e tali devono restare. Mi ritengo una donna emancipata (nel senso iusromanistico del termine), ma non ho mai pensato che Cenerentola potesse essere nefasta né credo abbia minato la mia formazione..Allo stesso tempo, però, non direi che la povera piccola godesse a fare da schiava a Malgioglio e alle sorelle Ferguson..forse ricordo male, ma non mi sembra di ravvisare in Cinderella alcuna gioiosa sottomissione a matrigna &co. La sua remissione, lo sfruttamento (perché di questo si parla, forse anche di lavoro minorile) è più un umanissimo “o mangi questa minestra o salti dalla finestra”

    Saluti a tutti. Generalmente la penso in modo molto diverso da voi, ma vi leggo spesso.

  28. Quando ho letto questo bellissimo post stamattina mi ero ripromesso di scrivere un dotto commento sulla favola come avvio alla metafisica, ma altri migliori di me lo han già fatto, quindi non ci provo nemmeno. Mi resta l’altro tema di cui, curiosamente, nessuno nei commenti ha parlato, ovvero quello dell’attesa.

    Ma chi l’ha detto che l’attesa è un male? Chi l’ha detto che è passività? Chi l’ha detto che è prerogativa soltanto femminile?

    Certo, mediamente le donne sanno attendere meglio degli uomini, sospetto che c’entri qualcosa la maternità e forse anche il ciclo, insomma, diversamente da noi maschietti hanno un senso del tempo naturale diciamo così e quindi sono più difficilmente esposte (almeno spero) alla tirannia del tutto e subito, almeno finché non fanno i capricci, ma quella è altra storia, e tuttavia l’attesa è una dimensione umana fondamentale, o non è forse vero che siamo esseri incompiuti per definizione, curiosi ibridi tra la terra e il cielo, potenzialmente dei eppure costantemente incapaci di alzarci al di sopra dei nostri istinti?
    E se questo siamo come non attendere un liberatore? Chi ancora si illude di potersi liberare da sé?

    In realtà tutto ciò che nella vita c’è di bello ed importante non può essere preso, ma soltanto ricevuto in dono, e pertanto non può essere preteso, ma va atteso, è quello che quando era un giovane teologo quello scolaretto del nostro papa chiamava il prinzip-empfangen (“principio-accoglienza”, su cui ho fatto la mia tesi di dottorato, quindi non provocatemi 😉 o vi annoierò a morte) e la nostra cara Costanza chiama (se ho capito qualcosa del suo libro) sottomissione.

    Noi uomini abbiamo solo da tacere ed imparare di fronte alla genialità dell’attesa femminile, anche perché, ed è bene che tutti ce lo mettiamo chiaro in testa, davanti a Dio siamo tutti donne, o non siamo forse la sposa? E allora diciamocelo forte e chiaro: “se non diventeremo come donne non entreremo nel Regno dei cieli”

    Certo, per onestà intellettuale bisogna anche riconoscere che noi maschietti saremo credibili nel fare questo discorso solo se davvero sapremo rinunciare alla competizione e alla volontà di potenza e che finché il tema è usato come una clava per costringere le donne in un angolo (in Italia non più per grazia di Dio, ma in tanti paesi ancora accade) è meglio prenderlo con le molle.

    F

    1. non siamo tutti amici dello sposo? mentre la sposa è la Chiesa (e non il singolo cattolico?) a me l’avevano spiegata così-
      “In realtà tutto ciò che nella vita c’è di bello ed importante non può essere preso, ma soltanto ricevuto in dono, e pertanto non può essere preteso, ma va atteso”
      mi piace!

      1. Cara fefral, la frase che ti piace avrei dovuta scriverla tra virgolette a dire il vero, perché sono quasi certo che sia del giovane Ratzinger, tratta se non ricordo male, da una raccolta di saggi dal titolo “Dogma e Predicazione”.

        Quanto alla sposa… bhe ogni analogia ovviamente ha dei limiti, ma noi siamo entrambi, sia l’amico che la sposa, siamo l’amico quando ci rivolgiamo verso il mondo, ma siamo anche la sposa in quanto noi stessi siamo chiamati a diventare “una sola carne” (ah il realismo dell’eucaristia) con lo sposo.

        La mistica sponsale che ha nutrito interi volumi di santi mistici (da S. teresa e S. giovanni della croce in poi) non è solo per mistici, è per tutti noi, e del resto il cantico dei Cantici (specialmente nel mirabolante commento di Origene) cosa altro direbbe?

        E in definitiva non è pericoloso tirare una linea di demarcazione tra la chiesa e il singolo, come se ciò che vale per la Chiesa non valesse per ciascuno dei suoi membri? Ancora mi viene in soccorso l’analogia eucaristica (anche l’eucaristia è corpo di Cisto) la Chiesa è presente in ciascuno dei suoi membri, come il corpo di Cristo è presente in ciascun frammento dell’ostia. O dovremo pensare che qualcuno incarna la Chiesa più di qualcun altro?

        F

        1. forse è un tema che appassiona pochi, ma io mi ci sono un po’ rotta la testa ultimamente. E personalmente sono giunta alla conclusione che il mio rapporto con Dio somiglia più all’amore di amicizia che a quello sponsale.
          Poi in realtà credo che trattandosi sempre di approssimazione (tutti gli amori sono immagine dell’Amore) alla fine ognuno di noi trova la propria personalissima strada (vocazione) per relazionarsi con la Trinità. Mi trovo molto più a mio agio a pensarmi tra gli amici dello Sposo che come sposa e meno ancora come vergine saggia 🙂
          Le parole che ho evidenziato me ne ricordano altre simili di GPII che però non ho adesso sottomano.

    2. Adriano

      Fabio Bartoli

      “Certo, per onestà intellettuale bisogna anche riconoscere che noi maschietti saremo credibili nel fare questo discorso solo se davvero sapremo rinunciare alla competizione e alla volontà di potenza e che finché il tema è usato come una clava per costringere le donne in un angolo (in Italia non più per grazia di Dio, ma in tanti paesi ancora accade) è meglio prenderlo con le molle.”

      Con “il tema” intendi il concetto “sposati e sii sottomessa”?

  29. Velenia

    Quante fiabe mi ha raccontato e letto mio padre da bambina,e poi leggende popolari spesso con uno sfondo amaro come “Cola Pesce”,e le favole di Esopo e Fedro molto tempo prima che iniziassi a tradurle,o mutos deloi.Anche i miei figli,quand’erano più piccoli mi chiedevano sempre-mamma cosa vuol dire,qual’è il senso?-avendo ben presente la differenza fra realtà e fantasia.Ora che,con i più grandi, leggiamo anche romanzi continuano a chiederselo e a chiedermelo,così pure con i film.
    Da un pò abbiamo anche una certa comunanza di letture,da un paio di estati ,i grandi hanno scoperto la mia vecchia collezione di Dylan Dog e ci si sono tuffati,io li seguo un pò da lontano.Mi stanno introducendo a Tolkien,ma confesso faccio molta fatica,li seguo con Harry Potter,ma quella non mi sembra alta letteratura.
    Non rinuncerei mai a questi momenti con loro e non credo proprio che avrei potuto sostituire Cenerentola con la lettura di un paio di articoli della Costituzione.
    Sai che goduria,-ragazzi prima di andare a letto,vi parlerò della capacità contributiva-!

  30. Velenia

    Vorrei aggiungere che pur essendo romantica tanto quanto un rigurgito di neonato,ho amato e amo moltissimo una fiaba di Cenerentola moderna che è Pretty Woman.Soprattutto la scena finale quando lui le chiede:-Ma cosa accade dopo che lui la salva?-
    Vivien-Lei salva lui-

  31. giuliana z.

    Come mi capita spesso negli ultimi giorni, un post letto me lo tengo nel cuore e ci medito su tra una corsa a scuola, un nasino da soffiare, una pastasciutta da condire, una pila di panni da stirare. A volte il mio unico commento qui è una cavolata rapida che butto lì per il poco tempo a disposizione per scrivere.
    Ma questa storia dell’attesa mi garba parecchio e siccome manca ancora un po’ alla cena…..
    Di attese vere ho vissuto in particolare quella del primo figlio, nel senso che davvero non voleva nascere mai e alla fine ero così esausta dalla attesa che mi sono fatta una bevutina d’olio di ricino sperando di risolvere la situazione. Non è servito. Come diceva il mio ginecologo “le pere cadono dall’albero quando sono mature”. Infine dopo vari giorni passati a camminare su e giù per un corridoio d’ospedale, il grande momento arrivò, la pera si staccò dall’albero e finalmente il pupo vide la luce, con sommo sollievo per la sottoscritta e la sua schiena.
    Ma cosa voglio dire con questo? che l’attesa è bella solo se prefigura un compimento. Siamo felici di aspettare perchè sappiamo che il frutto di quella attesa lo amiamo fin dal primo momento che l’abbiamo scoperto in viaggio. Ma mica parlo solo dei figli.
    Quella che sto pensando in questo momento, come da mesi a questa parte, è il mio compimento vero. Quando ho ri-cominciato a sentire la presenza concreta di Cristo nei miei giorni ho anche cominciato a desiderare di vederLo davvero in ogni momento della mia giornata. Ci sono davvero momenti in cui penso intensamente “ma cosa vuoi da me Signore? ti prego ti prego fammelo capire”. Quando scopri di essere amato e di riamare e vorresti toccare l’amato con le tue dita, di sentirlo al tatto, di odorarlo, di avvertirne la presenza fisica accanto, è inevitabile invece sentirne la lontananza. Non so se riesco a farmi capire bene, ma è “già e non ancora”. Lo avverti, ma non lo tocchi. E questa sensazione è struggente, per me. Però allo stesso momento capisco che se non ci fosse questa dimensione non gusterei appieno il mio quotidiano. Qualcuno ha detto che Cenerentola non era proprio contenta di sbucciare patate e servire le tre cattivone. Però io non mi ricordo di aver visto in Cenerentola un moto di stizza odioso verso di loro. Insomma, anche mentre serviva il tè alle cattive sorellastre non le mancava mai il sorriso. E non perchè fosse un’ebete. Ma io credo che fosse felice perchè attendeva in quelle circostanze banali e un po’ fastidiose il suo compimento, l’arrivo di un grande cambiamento. Per forza che alla fine “vissero per sempre felici e contenti”! era tutta la precedente vita che si cercavano e avevano respirato ogni singolo momento assaporando la felicità che sarebbe di certo arrivata. Perchè arriva! di questo sono certa, perchè se nel mio cuore c’è l’attesa deve esserci per forza una risposta, come dopo l’attesa ed il travaglio, c’è sempre un parto e la gioia.

    1. M a non è così, anzi è proprio perchè Cenerentola non aspettava nulla che viene premiata, percè lei è semplice e buona e le altre cattive
      e sono loro che aspettano sempre di avere il principe. Il significato della fiaba sta tutto qua nella sorpresa che coglie anche Cenerentola che è solo contenta di vivere. Se fosse stata una scontenta in attesa di marito la magia non sarebbe venuta!!!!

      1. giuliana z.

        ma Alvise: tutto è religioso! tutto quello che ha a che fare con il mistero dell’esistenza ha un respiro religioso. Te sei religioso quando metti le pietre una sull’altra per i muri a secco.

  32. Fabio Bartoli:
    L’attesa è una dimensione umana fondamentale
    Noi siamo esseri incompiuti sospesi tra cielo e terra
    Quindi come non attendere un liberatore?
    Questo ragionamento non torna, è fatto di una serie di affermazioni che vengono dopo altre affermazioni senza nessuna necessità logica che non quella del sentire che le cose siano così, ma non è detto che lo siano.

  33. matrigna di cenerentola

    sorvolo signorilmente sulla parte che confronta la mia capigliatura con quella di Malgioglio, per dire che questo post “sull’attesa” mi piace molto, e ho molto apprezzato molti commenti.
    Le mie favole sono state quelle della vecchia Enciclopedia dei Ragazzi Mondadori, bellissima edizione in dieci volumi degli anni cinquanta che nessuno di voi probabilmente ricorda. Erano gli unici libri in casa, assieme a tutte le opere di Pirandello (difficile a dieci anni) e di D’Annunzio (per fortuna non capivo le cose che c’erano scritte). Poi ho raccontato favole a figlie, figlio e ora ai miei dolci e moderni nipotini, e ho sempre pensato che le favole aiutano a crescere. Altro che protagoniste deboli che aspettano il principe per riscattarsi! Protagonisti semplici, che magari incappano in un incontro fortunato, ma che danno la risposta “giusta” e per questo alla fine vincono la loro guerra di tutti i giorni. I bambini capiscono che c’è un percorso da compiere, e che può essere lungo e tormentato, come mi ricorda Genoveffa parlando della storia di Pollyanna. Non esiste il ‘tutto e subito’ nelle favole (quelle vere, non nelle storie delle Winx).
    Non ho mai capito però le favole del nord, quelle di Andersen, che ho sempre trovato deprimenti e poco chiare (qual’è il vero messaggio delle scarpette rosse, che non bisogna essere vanitosi? Non c’è un modo meno cruento di spiegarlo?)
    Vorrei infine commentare il ruolo della donna in un altro tipo di storia: l’opera. La prima volta che ho visto il Rigoletto (la mia unica opera vista alla Scala di Milano) sono rimasta sconvolta all’idea che una donna potesse essere come Gilda, e sacrificare la vita per un duca di Mantova qualunque. Non ho mai approfondito il concetto, ma nel mio cuore adolescente ho sempre pensato che avrei tenuto gli occhi aperti e non avrei sacrificato un bel niente per un imbecille traditore. La mia cultura operistica è sempre rimasta molto superficiale, qualcuno mi potrebbe spiegare se le donne delle opere hanno un senso?

    1. Infatti le fiabe di Andersen non hanno il significato a volte profondo e ancestrale dei racconti di fate propriamente detti per esempio dei fratelli Grimm che li presero apposta da una tradizione antichissima,
      Per Andersen in alcuni racconti le antiche fiabe sono solo uno spunto. la maggior parte dei suoi racconti sono puramente letterari a chi piace e a chi no, è vero che c’è una tristezza di fondo profonda, lui scrive così.

      1. Velenia

        A me piace tantissimo il brutto anatroccolo e anche la sirenetta,nella versione originale di Andersen,non in quella disneyana che ne fa solo un’adolescente ribelle.

        1. matrigna di cenerentola

          è vero, bella il brutto anatroccolo! Perché lì c’è forse non l’attesa cosciente, ma l’evolvere di una situazione, e una speranza di profondo cambiamento e di conquista della libertà e della verità.
          Per me invece la sirenetta (originale) è segnata da questa tristezza profonda di cui parla Alvise, ci trovo disperazione. Allora preferisco le favole “decadenti” di Oscar Wilde su cui ho pianto mezzo secolo fa. E, a proposito, mio nipote ha una versione moderna del Gigante Egoista, da cui è sparito Gesù, interessante…

  34. angelina

    Pescato in rete, molto carino.
    Questa fiaba è la storia di una fierezza invincibile, nonostante tutte le umiliazioni; è una tenace, paziente speranza nonostante tutte le privazioni.
    Il personaggio di Cenerentola incarna il mistero di una persona che continua a credere nella propria grandezza, di essere speciale, perfino quando gli altri, con mille umiliazioni, cercano di annientare la sua “superbia”. Rappresenta un simbolo dell’incrollabilità di una nobiltà interiore che anela al proprio futuro.
    La fiaba di “Cenerentola”, secondo questa interpretazione, dà alle persone il coraggio di restare fedeli alle proprie aspettative, anche le più ardite, di continuare a credere fermamente nel valore e nell’unicità della propria vita; significa, quindi, credere nella confutabilità della “realtà” da parte delle “favolose” possibilità dell’esistenza.
    Non narra di un’ascesa al successo, al denaro e al potere per mezzo di un comportamento tenace e calcolatore, ma descrive l’erompere del vero Io in tutta la sua grandezza, bellezza, autenticità, reso possibile dalla scoperta e dall’approvazione da parte di un’altra persona. Essa non è espressione del sogno narcisistico di essere insuperabili o irresistibili ma, al contrario, tutto quanto descritto nella fiaba è ispirato a una speranza paziente e coraggiosa di un amore capace di vedere in profondità e comprendere il vero valore della persona.
    L’elezione è, quindi, il tema di “Cenerentola”, non l’autoaffermazione.
    Il dono consiste nella metamorfosi che rende visibile ciò che da sempre giace sul “fondo” ed era soltanto nascosto dalla cenere.

  35. Francesca Miriano

    @Luigi e Fefral :Grazie degli auguri graditissimi e inattesi.
    In Islanda la gente pare che creda negli elfi che stanno sottoterra e che a volte escono e si mischiano agli umani e le fiabe si mischiano alla realtà anche nelle informazioni turistiche.Ma è una bellissima visione anche l’universo parallelo dell’antimateria anche se per ora è solo una storia della mente. A me piaceva moltissimo Asimov e la trilogia della Galassia perchè poteva essere una favola oppure realtà così lontana da diventare favola.

    1. paulbratter

      Il parlamento islandese ha preso una decisione epocale: pagherà i suoi debiti ai creditori esteri solo nella misura del 6% della crescita del suo prodotto interno lordo; e se crescita non ci sarà, comè probabile data l’attuale depressione, non pagherà nulla.

      simpatici ‘sti islandesi: credono negli elfi ma non credono nelle regole imposte dalla finanza mondiale. Fico!

  36. Di una cosa sono diventato convinto che voi donne del blog questo essendo per sua natura e nascita un blog al femminile gli volete più bene a Gesù che ai vostri mariti che non si sentono mai quasi nemmeno mai nominare o a ltri uomini percheè sapete? ci sono anche altri uomini aggiro da amare, e non voglio qui cominciare a fare dei nomi, uomini pieni di pregi, di personalità, di bontò, di classe, competenti anche di materie non solo artistico religiose culturali, ma anche perfino di sport con i quali andare anche volendo a vedre di belle partite di calcio non necessariamente di serie A ma anche inferiori paesane, di Ariccia, trevi, Ladispoli, Civitavecchia, Crevalcore, Montalcino, Donnafugata, Scopello, Montelusa, sciacca, petralia Soprana e Sottana, vittoria, gela, milazzo ….

  37. Francesca Miriano

    Islandesi pochi ma boni! In tutti i sensi.Islanda posto da vedere tutto nero di lava coi muschi e licheni ,i fumacchi qua e là, le cascate , tutti che sichiamano Son o Dottir come nei paesi della Toscana , e gli elfi dappertutto.
    Oggi ho perso il bacomat-carta di credito (che culo eh?): e se un elfo me lo ritrovasse?
    @ Grazie anche a te Daniiii!
    No Alvi , Gesù mi potrebbe anche stare simpatico se non dicessero che è risorto ( che mi par di capire è tutto li il problema) ma forse io non sono una donna del blog e non sono neppure diversamente credente. Ma le fiabe mi garbano proprio tanto tanto.

  38. livia bello

    la parola sottomissione è oscena e farla passare come buona è segno di “opportunismo” del più misticante cattolicesimo, povera te, ti ritroverai a tirare il carretto da sola,

  39. G

    @ Livia Bello:
    Il contatore del blog ora segnala 337880 contatti… non mi sembra che sia da sola! in piu’ il suo e’ il 137imo commento, se l’argomento non interessasse non scriverebbe nessuno. Ho una domanda: ha letto il libro?

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