di Costanza Miriano
A parte che le mamme-nonne sono ormai praticamente la norma in Italia, visto che quasi tutte le donne che vanno a partorire il primo bambino, nel paese meno prolifico del mondo, sulla cartella clinica si trovano scritto “primipare tardive”. A parte che a causa di questo innaturale ritardo la gravidanza finisce per essere una strazio di analisi e accertamenti che illudono di controllare il rischio (tanto c’è l’aborto in caso di “problemi”). A parte che la fertilità si dimezza dopo i trentacinque anni, mentre qui da noi chi si azzarda a fare un bambino prima dei trentotto è considerata una coraggiosa. A parte che l’età in cui una donna è in grado di accogliere una vita comincia prestissimo (la Madonna ha avuto Gesù a sedici anni), e ci sarà un motivo – chi ha trascorso trentadue ore senza dormire un minuto per coliche, capricci dei fratelli, vomiti e febbri a effetto domino sa di che parlo, sa che per fare la mamma ci vuole il fisico.
Il fatto è che se la maternità tardiva è diventata la norma, quella da vecchie allora può apparire solo una stravaganza, qualcosa appena oltre il limite, e non, come è, il salto di una generazione.
Quindi non più figli, ma nipoti.
A casa mia i nipoti hanno diritto a essere viziati dai nonni, perché a mettere le regole ci pensano i genitori. Si sa che con i nonni vige la caramella libera, il regalo immotivato, lo svacco davanti alla televisione. Una nonna perde a nascondino, non riesce a vincere una partita a carte che sia una, può indossare maschera e mantello da lord Fener senza seri danni di immagine: non ha nessuna autorevolezza da difendere, perché è solo l’affetto puro, illimitato e gratuito di chi è sollevato dalla responsabilità educativa. I nonni poi non ce la fanno a intraprendere estenuanti bracci di ferro con i bambini, perché sono anziani e si stancano presto. Così in caso di tragedia cosmica – quando per esempio due bambine si contendono una Barbie, o due fratelli si contestano un goal e purtroppo in giardino non c’è la moviola – una nonna ha tutto il diritto, per tirare a sera, di ricorrere a bassi espedienti come il gelato o un dvd da vedere.
Ci sono poi momenti della vita del ragazzo, soprattutto quando si affaccia al mondo, in cui è fondamentale trovarsi accanto la guida del padre, non del nonno. Di chi ancora in quel mondo si muove con naturalezza, lo sa leggere, lo sa codificare, non lo teme (la malattia e la perdita della ricchezza di solito turbano i sonni degli anziani). Così il ragazzo ha il coraggio di tuffarcisi, perché vede accanto a sé un uomo ancora forte che fa lo stesso. Non un amico, per carità, ma un modello plausibile. Non un anziano signore da accompagnare dal medico durante l’adolescenza.
La natura ha le sue leggi, espressione della sapienza di Dio, e Dio sa quello che fa. Sa per esempio che al bambino servono un padre e una madre certi, uniti stabilmente, nel fiore dell’età. Non sono capricci sadici quelli della Chiesa quando ci raccomanda queste semplici, ragionevoli norme: si tratta semplicemente di prendere atto della realtà. La realtà mostra che prendere ovuli dalle donne che li “donano” le distrugge fisicamente. Mostra che i figli che non conoscono chi ha dato loro il patrimonio genetico sono terrorizzati da questo enorme cono di ignoto nella loro vita. La realtà mostra che i limiti che la Chiesa mette sono sempre a favore della persona, per la sua dignità e la sua felicità.
E’ finito lo spazio, e non ho avuto il coraggio di sfiorare il dolore di chi un figlio non riesce ad averlo. Un dolore che posso solo intuire e che rispetto con tutto il cuore. Ma che non può venire prima del diritto del bambino.
fonte: L’Avvenire del 29 settembre 2011
Sono al 5 anno di medicina e personalmente la doccia fredda me la sono presa quando a lezione ci spiegarono che, fino a pochi anni fa, una donna che faceva il primo figlio a 30 anni veniva considerata “primipara tardiva”. Subito il prof si affrettò a spiegare che oggi questo termine non si applica più alla suddetta categoria, perchè ormai è diventata la norma. Ma la biologia non si può ingannare col “politicamente corretto” e quindi- ci venne detto con un sorrisetto- “è bene che voi studentesse lo sappiate da subito: quando vi troverete a desiderare un figlio (in media, la specializzazione si finisce intorno ai 30 anni) la vostra fertilità sarà già dimezzata.”
So che la società non aiuta per nulla chi vorrebbe metter su famiglia, ma almeno dovremmo avere piena coscienza di quanto detta madre natura: possiamo fare tutto quello che vogliamo per aggirare queste leggi, ma i risultati mi paiono già tristemente evidenti. Come scrisse Mary Shelley nel suo Frankenstein “No man chooses evil because it is evil; he only mistakes it for happiness, the good he seeks.” (“nessun uomo sceglie il male perché é male, ma perché lo scambia per la felicità, nella ricerca del bene”): sicuramente posso solo immaginare il dolore di chi non può avere figli, ma non per questo si possono legittimare strumenti come la fivet per saziare questo desiderio. Un figlio è un dono prima di tutto: questo ogni tanto dovremmo ripetercelo.
Concordo con entrambe. E poi se non si possono avere figli c’è sempre la bella sfida dell’adozione nazionale o internazionale da prendere in seria considerazione…
A quando cara Costanza un articoletto sull’argomento?
Ottimo commento e bellissimo post
Salve, scrivo perché?
Sono una mamma che ha fatto la sua prima a 27 anni, ed il secondo erano passati i 31! Ma la cosa che più mi rende triste è che se per caso decidi di allevare i tuoi figli in un modo sano allora tutta la società e strettamente compattata per non aiutarti, ma… quello che più mi rattrista è sapere che ci sono uomini che si operano per emulare la nostra femminilità e ci sono uomini che queste pesudo donne le adorano, forse perché non hanno la prole e possono fornicare con la stessa quantità e qualità di quando erano ancora uomini?? Scusate se sono inopportuna, scusate se appaio razzista.. scusate se esisto!!!
A voler fare gli dei ci si scontra con la natura che non perdona. Purtroppo non solo l’aspirante deità.
Domenica è sempre domenica: specie quando non ci sei tu!
ubi major…. et hic inde maximus…
Onestamente però bisogna riconoscere che non è solo delirio di onnipotenza a posticipare la maternità, è tutta la società ce è costruita in modo sballato.
una donna prima dei 30 anni raramente si trova ad aver dato una stabilità alla sua vita tale da potersi permettere di pensare ad un figlio, sia per motivi legati alla difficoltà di itinerari di studio non sempre facili, sia per problemi professionali.
Mettici poi che fare un figlio costa quanto cambiare macchina ogni anno e vedi anche che è un problema economico, quindi di stabilità professionale, mettici anche che nessun governo italiano ha mai avuto il coraggio di fare na seria politica a favore delle famiglie e capisci sempre più che per fa figli ci vuole non solo il fisico, ma anche un coraggio leonino o una generosità rara.
Insomma come diceva il grande mio quasi omonimo Gino Bartali “l’è tutto da rifare”, però voglio dire che è proprio un ripensamento globale quello che è necessario, io non me la sento proprio di buttar la croce addosso alle donne, che anzi nella maggior parte dei casi un figlio lo farebbero pure se fossero messe nelle condizioni per poterlo fare.
la società occidentale (europea in particolare) si è costruita così solo negli ultimi trent’anni. In particolare è diventato lunghissimo il percorso di studio: una volta in 4 anni eri laureato (la laurea in ingegneria -5- o medicina -6 anni- erano un’eccezione). Finita la laurea avevi subito opportunità di lavoro. Ora ogni laurea magistrale (magistrale di che?) prende 5 anni se si fa un percorso netto, ma per certe professioni ci vuole il dottorato, altri tre anni, e non parliamo di medicina. Visti gli incastri, è difficile finire tutto in dieci anni: basta saltare una sessione di esami, e l’iscrizione al corso successivo salta di un anno.
Chi ha voluto un percorso così ridicolo? In Italia è particolarmente ridicolo, perché, per esempio, tra il triennio e la laurea specialistica sono molte le duplicazioni o sovrapposizioni del contenuto dei corsi.
Io mi sono laureata in Fisica a 23 anni, sposata a 25, prima figlia a 26 (da “precaria”) seconda a 28, da ricercatrice. Ma era la norma riuscire ad avere figli tra i 20 e i 30 anni! I colleghi americani, per esempio, avevano già il dottorato, ma gli studenti di dottorato erano in una situazione economica ragionevole e avevano un futuro pieno di prospettive, si sposavano e facevano figli anche loro. Un giovane italiano che fa figli durante il dottorato è imprudente, più che coraggioso, visto anche il livello del salario.
Allora mi chiedo: come ha fatto il paradigma a cambiare in così poco tempo, e non adesso che c’è una seria crisi economica, ma quando l’economia viaggiava alla grande? Risposte ne penso molte, ma nessuna è soddisfacente.
Parliamo anche dei non universitari!!!
infatti, dicevo in particolare è cambiato il paradigma per quelli più “giustificati” a fare i figli tardi. Mio marito ha cominciato a lavorare appena uscito dall’istituto tecnico, avrebbe potuto fare i figli a vent’anni (come facevano, allora, quelli che non studiavano). Adesso no. La società patriarcale in senso stretto era già sparita, ma c’erano i nonni.
Probabilmente sarà satana il responsabile di questo isterilimento giovanile, l’aborto, l’egoismo del piacere fisico senza complicazioni (sempre satana sotto varie forme, con la coda fumante di fuoco infernale, come dicono) ma io credo che dipenda molto dal fatto che le città sono diventate autostrade, che le campagne sono anche loro diventate abitate solo dai trattori delle vigne degli ulivi delle barbabietole, il grano dove una volta giocare, e esssere brontolati esistendo ormai da poche parti ne solo a cultura intensiva
lontano da tutto. Cosicché non esiste neanche più le famiglie dei vicini, le strade libere dove giocare i bambini e incontrarsi i cani i gatti tutti a zonzo beati e facenti parte della comunità. Allora i figlioli potevano andare acsuola a piedi da soli e tornare e poi uscire a tutte le ore, allora le altre famiglie potevano aiutare allattare ospiatre per la norre quasi non esendo quanto impegnativo, per sbarcare il lunario, mentre prima anche disponendo
di quel poco che i mariti riescivano a raccatare si poteva pur vivere. le porte chiuse tra una casa e un’altra. Maria sedicenne viveva in una società di questo tipo dove si legge che si andava a dare mano alle partorienti e si restava con loro per qualche tempo. Certamente sarà stato il demonio o noi tentati dal demonio (che è lo stesso) che abbiamo trasformato il mondo in una asfaltatura invvibile, dove anche le donne e perfino (addirittura) la nostra ispiratrice sono costrette a nadare al lavoro, e a
restarci gran tempo, o a fare più lavori insieme, e correre a destra e a manca o per ragioni economiche o di evangelizzazione, questi sono fatti dovuti alla soscietà che si vive e che credo hanno portao al riseccolimento della famiglia e della stessa idea di famiglia in età fertilissima e dove c’è più forza e entussiasmo, riservando quese due cose o per la depravazione o per il raggiungimento della ricchezza e del successo: Stando così le cose che fare? Tornare indietro al mondo contadino? Andare vanti? Ma come ? Ma dove?
Volevo scrivere “le porte mai chiuse tra una casa e un’altra…”
Quoto al mille per mille, Alvise. La crisi di quello che è stato chiamato “umanesimo contadino” (humanisme paysan) ha svolto un ruolo fondamentale. Penso che oggi l’unico antidoto stia nel cercare di ricostruire “comunità di destino”, gruppi di persone legate della medesima sorte, forme di vita collettiva fondate sul principio di interdipendenza o di reciproca solidarietà (la famiglia è il più tipico esempio di comunità di destino)..E tornare ad avvicinare l’interesse personale all’assolvimento del proprio dovere (il contadino se non cura il campo non campa, a differenza dei funzionari pubblici).
Le comunità montane!!!
Ma come si diceva in campagna, da gente che lo sapeva:
“la terra l’è bassa!!!”
Montanari o contradini, i nostri nonni si sentivano legati dal medesimo destino.
“La terre est épaisse et lourde, mais elle est au-dessous de nous, et elle nous porte. Ce sont les légères, les vaines et souples nuées qui nous écrasent. – La terra è grezza e pesante, ma è al di sotto di noi, a reggerci. A schiacciarci sono le leggere, le vane e morbide nubi”.
(G. Thibon)
Quante nubi, quante illusioni, quanti miraggi ancora nel nostro tempo prima di tornare al realismo della terra?… Sento che tu questo lo capisci bene, Alvise.
Aggiungo: “la terra è bassa e dura”, come mi ripeteva mio padre.
sbaglio o sono le stesse cose che diceva Pasolini 40 anni fa?
@ Paul
Io penso che Pasolini abbia fornito una lettura magistrale dei caratteri esteriori della “mutazione antropologica” occorsa in seno al mondo rurale e abbia avuto il coraggio di opporsi alla nuova dittatura culturale del “permissivismo”. Ma anche che non sia andato al fondo delle ragioni che hanno prodotto la “democrazia licenziosa”. Del Noce lo ha definito un “ribelle incompiuto”, un “ribelle entro il sistema”. L’enorme limite di Pasolini con ogni probabilità stava nel suo “sociologismo”, una forma di positivismo relativistico che era la base filosofica della sua attività letteraria. I valori dell’umanesimo contadino per Pasolini sono “relativi a una particolare civiltà, l’arcaica, agricola, preindistruale. Oggi sono scomparsi «come le lucciole», né possono tornare anche se Pasolini scrive che darebbe l’intera Montedison per una lucciola. Perché è persuaso dell’impossibilità del loro ritorno, questo positivismo sociologico si combina con una sorta di decadentismo (il decadentismo presuppone sempre una filosofia positivista). Il rimpianto del pasto si orienterà verso un passato sempre più lontano, e avrà II o non originale sbocco in una sorta di orientalismo, ma di orientalismo materialistico” (A. Del Noce)
Thibon invece non indulge in eccessive nostalgie e rimpianti. Per lui, che pure era detto “le philiosophe-paysan”, quel che ultimamente conta è l’anima di quel mondo, cioè i valori eterni su cui poggiava la civiltà contadina. Che non muoiono anche se il corpo esteriore è stato spazzato via. Le comunità di destino possono sorgere laddove gli uomini per vivere devono contare gli uni sull’attività degli altri e sono direttamente responsabili delle proprie sorti. Solo così cominciano a sentirsi partecipi del medesimo destino. Certo, la perdita delle “riserve interiori” accumulate dall’universo contadino è un colpo di portata immensa, ma la speranza non deve mai venire a mancare (“le radici profonde non muoiono”).
Mi scuso per il refuso, la parte finale della citazione di Del Noce è: “e avrà il suo non originale sbocco in una sorta di orientalismo, ma di orientalismo materialistico”.
interessante. Grazie Andreas.
“comunità di destino”: mi piace!!!
@ danicor
Non avevo dubbi! 😉
Al di là della facile ironia sulla civiltà contadina credo che sia più che possibile invertire la tendenza. Paesi molto più laici di noi, come la Francia, ci sono riusciti, perché noi no? Aggiungi anche che l’Italia è tra i paesi europei quello con il tasso di natalità più basso e forse vedrai che qualcosa di iù e di meglio si può fare.
Poi la chiave di volta sono le reti di solidarietà, la società individualista ormai ha stufato tutti e la solidarietà rende possibili veri miracoli. Parlo di solidarietà pre-confessionale, dal basso, mera solidarietà umana e che però intercetta un bisogno vero.
Ieri ad esempio, non organizzato da me, ma spontaneamente, si è creata qui nel mio quartiere un’associazione di mamme per organizzare un’esperienza di time-sharing e di auto-aiuto nella gestione dei figli. Sono piccoli esempi, ma fanno tendenza e aiutano ad esser coraggiosi
Non fo ironia sulla società contandina, osservo che non ci potrà essere più.
Quanto alle reti di solidarietà credo che siano palliativi. Il fatto è che c’è stato un radicale rivolgimento in poco tempo, un imbarbarimento del nostro modo di vivere socio-urbanistico-culturale (scusate la prosopopea) ( e poi inbarbarimento rispetto ache?) quando mai non lo siamo stati barbari?) (ma comunque un cambiamento profondo, diciamo)e noi ci siamo dentro intrappolati. Certo che uno può prendere iniziative, ma sarebbe come se uno che è nella merda si lavasse le mani tutti i giorni.
se non può uscire dalla merda, lavarsi le mani è già qualcosa…
Più che giusto!!!
Purtroppo non riesco a postarlo pero’ andate a leggere su web l’articolo di Tempi “vendere ovuli per la fecondazione ” di benedetta frigerio del 31 agosto e guardatevi il documentario e scoprirete quanto tutto questo e’ veramente , sotto tutti i punti di vista contro natura
Sicuramente, come avete giustamente osservato, la società non aiuta ad avere i figli ed è per questo che la maternità molto spesso “slitta” dopo i 30 anni. Ma ho notato anche come sia cambiata la concezione dei figli nelle ultime 2-3 generazioni. Mio nonno diceva sempre “ogni figlio vien col panierino”, nel senso che se Dio dona un figlio, di conseguenza sarà Lui che fornirà ai genitori i mezzi per il suo sostentamento (quando si è smesso di credere così fermamente nella Provvidenza?). Oggi invece sento coppie che magari un lavoro ce l’hanno già, ma che, prima di fare figli, vogliono aver comprato casa, aver raggiunto una certa posizione professionale ecc. Forse dovremmo anche riscoprire il coraggio di fare figli, non solo additare la società per quanto detto. Sicuramente questo discorso non vale per tutti, ma almeno noi Cristiani dovremmo fermarci a riflettere su queste tendenze, che mostrano molto bene quali sono le conseguenze dell’aver eliminato Dio dalla propria vita.
@ Sara “ogni figlio vien col panierino”
Figlio n.1. Superamento dell’esame di avvocato ,orale sostenuto ad un mese dalla nascita del bambino.
Figlio n.2.Titoli di specializzazione,master,e assunzione a tempo indeterminato nel mio attuale posto di lavoro.
Figlio n.3 Promozione per mio marito e macchina nuova per la famiglia.
Fgliia n.4 Acquisto della casa.
Altro che panierini,panieroni.
Una vita avventurosa!!!
@Alvise, Proprio,Peguy diceva che il padre di famiglia è il vero avventuriero,ma anche la madre non scherza.Sono pienamente d’accordo su quello che dici sulla civiltà contadina e anche su quella che dice Andreas,”comunità di destino”.
http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=QsTh_dKwx5I
FEFRAAAAAL!!!! la vita è come un’autostrada….
Ma perché si deve fare per forza più figlioli? Perché lo dice anche Ettore Gotti Tedeschi,
che anche lui, immagino, ci ha un cevello grosso così? (cosi come?)
Per creare più lavoratori-consumatori, pagatori di tasse e di pensioni etc?
Salvatore Di Fazio: ti sei “ravveduto” a proposito delle code sataniche?
“Il blogroll è una raccolta di link presenti in un blog, verso risorse che vengono ritenute utili o interessanti.”
Quindi io sono ritenuto meno utile e interessante di Socci? Meno male!!!
A parte che nelle Scritture ci sono anche esempi di maternità (e paternità) tardive (Sara, Anna e, mi pare, ma potrei sbagliarmi, che neanche Giuseppe fosse giovane).
A parte che neanche i figli adottati “che non conoscono chi ha dato loro il patrimonio genetico sono terrorizzati da questo enorme cono di ignoto nella loro vita.” (bisogna quindi combattere le adozioni?).
A parte che il percorso di studi universitari (3+2) mi risulta essere ormai standard in Europa (e quindi non può essere una discriminante per le differenze tra stati).
A parte che tutti gli adulti, nonni compresi, dovrebbero remare nella stessa direzione ed educare (non viziare).
A parte tutto questo, pure in Italia (e anche al nord) ci sono “isole” (paesi, province) dove si continua a fare bambini, pure da giovani. E anche lì vigono le stesse leggi, viene applicata la stessa politica e fanno parte della stessa nazione delle zone a natalità zero.
Forse varrebbe la pena capire i motivi di queste aree controcorrente per poterle replicare, se possibile e opportuno, in tutta Italia.
avrei alcune cose da commentare su questi argomenti, ma devo giocare con i figli di Genoveffa, nel ruolo di nonna (che educa abbastanza, temo), a dopo
http://www.corriere.it/esteri/11_ottobre_01/sperma-donatore-reality_beaae8aa-ec20-11e0-827e-79dc6d433e6d.shtml
Mi piace molto quel che dice l’articolo e anche quel che dice Alvise, due facce della stessa medaglia.
Io ho avuto la prima figlia a 25 anni, la quinta a 38… e non ho neppure il fisico di Costanza, che corre maratone a tempo perso!
La fatica fisica, dopo l’ultima nata (e con l’accumulo degli altri figli che la precedono) è stata davvero tanta: problemi seri alla schiena, sciatalgie a grappolo, stanchezza cronica… ne sto pagando ancora il conto e certamente sento che tutta la mia famiglia ne risente, di questo affaticamento fisico mio e di mio marito (lui ovviamente non per la gravidanza, ma per l’accumulo incrociato di fatica su ogni fronte).
Poi ovviamente si fa quel che si può, si compensa in altro modo, ma non è certo fisiologico avere figli sempre più tardi, per motivi fisici e anche psicologici: la mia sensazione è che da giovani ci si adatti anche mentalmente alle nuove condizioni di vita, è normale l’arrivo di un cambiamento così radicale come un figlio, gli si fa spazio senza pensarci troppo su. Invece, oltre una certa età, specie se si tratta del primo figlio, è necessario fare uno sforzo maggiore per rivedere abitudini, routine, idiosincrasie… non dico che sia impossibile, ma è certamente meno automatico.
Aggiungete quel che dice Alvise, e cioè che un tempo i bambini erano anche un po’ della comunità, della famiglia allargata, degli abitanti del paese, o di quelli della stessa via… tutti davano un occhio, tutti sapevano chi eri, se c’era bisogno di una mano, di uno scappellotto, di una fetta di pane. Oggi siamo particelle isolate, se va bene padre e madre (ma sempre più un genitore solo) destinati a far fronte a tutte le esigenze (scuola, sport, catechismo, socializzazione…): è tutto organizzato per un figlio solo, ma – pensandoci lucidamente – meglio zero. Inoltre se da una parte c’è certamente molto egoismo (il figlio si fa dopo aver ottenuto la laurea, la casa, la macchina, eventualmente anche la seconda casa), è anche oggettivo che fino a un certo periodo storico (io ricordo gli anni 1980, con mio padre operaio e mia mamma casalinga) era possibile vivere dignitosamente, seppur in modo modesto, con un solo stipendio e una famiglia a carico. Ora è quasi indispensabile avere due stipendi (parlo di condizioni modeste, certo non di dirigenti o altro), per fare la stessa vita modesta che facevano allora le famiglie monoreddito (e con meno prospettive per il futuro: allora, se avevi un figlio che era portato per lo studio, sapevi che avrebbe vissuto meglio di te, oggi la sensazione è che la prossima generazione starà comunque molto peggio di noi).
Insomma cause e meccanismi sono tanti, tra tutti ci metterei anche una mancanza di fiducia nel futuro (fiducia che fa fare figli anche in luoghi e tempi in cui c’è la fame vera, la guerra…), ma la sensazione è che tutto vada nella direzione di rendere sempre più la famiglia un percorso ad ostacoli, invece di facilitare le cose.
Leggo che il post è tratto dal giornale “L’Avvenire”,
E l’Osservatore Romano? E RAI3? Che fine hanno fatto? C’è posti liberi?
Ma poi siamo sicuri che il diavolo ci ha la coda?
@Adriano
“A parte che il percorso di studi universitari (3+2) mi risulta essere ormai standard in Europa (e quindi non può essere una discriminante per le differenze tra stati).”
Certo. Infatti la riforma sembrava una via obbligata. Ci devono essere delle differenze sostanziali, pero’. In Francia, per esempio, il percorso universitario è a tappe obbligate, e alla fine di ogni anno si esce con una votazione complessiva, anche se non sono stati sostenuti tutti gli esami. In Gran Bretagna si fa un anno di meno al liceo. In Germania si studia come pazzi. Da noi essere “iscritti” all’Università può essere un mestiere, forse le tasse sono troppo basse, e comunque per lungo tempo i governi hanno considerato l’Università come un modo di rallentare l’entrata dei giovani nel mondo del lavoro e diluire il problema della disoccupazione, quindi se la laurea triennale si prende in 5 anni, e il master in altri tre è un vantaggio (!)
Matrigna,
Da quanto so, in Francia almeno per alcuni corsi, almeno fino alla riforma europea il “fuoricorso” doveva essere autorizzato dalla facoltà. In altre parole, o finivi in tempo o non potevi continuare.
E perché all’estero ci si laurea più velocemente?
“Negli anni ’60, lo psicologo milton Rokeach riunì a scopo curativo tre malati mentali che ritenevano di esserre tutti e tre Gesù Cristo. Egli confidava nel valore curativo della “dissonanza cognitiva”, in cui le proprie idee vengono messe a dura prova da quelle degli altri. L’esperimento non riuscì, il fanatismo dei tre malati riconfermava coriacemente
la stessa verità assoluta. Ma c’è un esperimento simile che invece è riuscito. Due donne malate, una giovane e una anziana , ritenevano di essere entrambe la madre di Cristo, Maria. Dopo diverse discussioni, dette “contrattazioni cognitive”, l’anziana signora che, casualmente, si chiamava Anna, si mostrò disponibile a credersi non più Maria, ma Anna, la nonna di Gesù”.
“A parte che neanche i figli adottati “che non conoscono chi ha dato loro il patrimonio genetico sono terrorizzati da questo enorme cono di ignoto nella loro vita.” (bisogna quindi combattere le adozioni?).”
Un bambino adottato può avere di sicuro dei grossi problemi. Ma c’è una differenza sostanziale tra sapere di essere nato dall’unione due persone, che poi per motivi, spesso molto seri, non ti hanno potuto allevare, ed essere nato dal seme di uno che nemmeno sa che esisti, o no?
Non che io conti un gran che nelle statistiche, ma lasciatemi dire che il problema economico è una mezza bufala come scusa per non fare figli. Premesso che “il panierino” o panierone esistono e sono scientificamente provati dalla sottoscritta come l’esistenza degli Angeli Custodi, come mamma ogni giorno mi trovo all’ingresso e all’uscita da una scuola e come casalinga non disperata vado a fare la spesa al mercato e ascolto la gente, altre mamme (poche) e nonne (molte). Forse il mio piccolo paese della provincia mammalucca non fa dati ISTAT degni di nota, ma posso dire che la maggioranza delle coppie in cui entrambi i coniugi lavorano hanno un solo figlio, massimo due (così il primo ha un compagno di giochi!). Qui ci sono famiglie monoreddito con 3-4 figli e e almeno il triplo delle famiglie con 2 stipendi e un figlio solo, spesso e volentieri circondato da nonni, asili, tate, e molti confort accessori per riempire il vuoto lasciato da genitori impagnati nel lavoro 12 ore al giorno + 2 di andata e ritorno dalla metropoli. C’è una intera zona del mio paese edificata con ville lussuose immerse nel verde e bambini soli, porte chiuse, giardini col prato all’inglese, cani di razza, suv….. Quindi sono arrivata alla conclusione che i soldi ci sono ma servono a fare 3 settimane al club med lasciando il pargolo al baby-parking, oppure a fargli fare nuoto 2 volte a settimana, musica e shopping.
Poi ci sono famiglie felici con 3-4 figli che coi sacrifici dei genitori riescono a fare un po’ di sport, giocare coi bimbi delle case di fronte, andare una striminzita settimana sull’Adriatico…..
voglio precisare una cosa: il fattore economico è importante, bisogna pur mettere insieme pranzo e cena e vivere dignitosamente. Ma direi che certi lussi sono per me un riempitivo, un di più che nasconde una piccola grande meschinità di molti adulti: tenersi sempre uno spazio per se in cui non far entrare i figli, sempre percepiti come “altre persone” a cui si è concesso di entrare nelle proprie vite.
Segnalo poi questo interessante articolo apparso sul Corriere on-line
http://27esimaora.corriere.it/articolo/casalinghe-italiane-le-piu-disperate-deuropa/#.TohSPAzTUmM.facebook
@Giuliana,ti ho già parlato della mamma di un amichetto di mio figlio,soprannominata “la castellana” perchè viveva realmente nell’ala di un castello, che non poteva permettersi il secondo figlio perchè senno il primo non avrebbe potuto più ereditare l’ intero patrimonio.-Beata te che non hai questi problemi e puoi fare tutti i figli che vuoi- mi diceva.Capito Giuli.beate noi!
Condivido tutto. se si hanno molti soldi manca il tempo di fare i figli. Or non è tanto, la povera Valeria Marini ha “dovuto rinunciare” a un bambino (già concepito) perché doveva andare in barca l’estate
l’unica cosa di cui è povera la Marini è il sale in zucca! tutto il resto ce l’ha in sovrabbondanza!
E se l’uomo giusto lo trovi a 32 anni? Non siamo tutte capricciose (anche se ammetto che la vita perfetta è un falso ideale che fa perdere molto tempo a tante). Cos’è successo al maschio italiano, io mi chiedo? Perché su tre sorelle, in due abbiamo scelto uomini nordeuropei?
Esattamente oggi 21 anni fa diventavo ‘primipara attempata’ di 2 gemelli (maschio e femmina) che restano di gran lunga la cosa più bella ,entusiasmante e straordinaria che io abbia fatto in tutta la mia vita.Abbiamo deciso , io e il mio compagno. di attendere la tranquillità da svariati punti di vista perchè abbiamo ritenuto di dover dare ai nostri figli il massimo di quanto fossimo capaci ed eravamo consapevoli che , per come eravamo noi,le rinunce indispensabili per crescere dei figli avrebbero probabilmente portato squilibri che dovevamo essere in grado di ‘riequilibrare’. Nessun giudizio su chi va alla ventura ma noi abbiamo ritenuto di aver prima bisogno di una lunga calibrazione.E abbiamo avuto ragione.Forse quindi sono molti quelli che si calibrano per evitare sfracelli postumi ; esistono poi tutti i problemi che avete ben esaminato in precedenti commenti. La natura poi fa il resto.
GIULIANA:
“C’è una intera zona del mio paese edificata con ville lussuose immerse nel verde e bambini soli, porte chiuse, giardini col prato all’inglese, cani di razza, suv…..”
Ma è orribile!!!
“Soluzioni? Non hanno molte speranze le donne di casa d’Italia. Appena il 18 per cento delle intervistate spera fiduciosa in un intervento dall’alto, che so, un aiuto del Governo. Il 14 % invece punta a scappare in un Paese del Nord Europa dove il ruolo della donna è più tutelato e quindi la vita più semplice, tipo Danimarca, Svezia o Norvegia. Il 24 per cento invece pensa ad un altro tipo di fuga: un viaggio a ritroso nel tempo per un bel “reset” che cancelli matrimonio e figli.”
A leggere l’articolo di Costanza sembra che siamo circondati da mamme-nonne e da babbi-nonni che portano i bambini sulle altalene appoggiandosi al bastone.Se si vuole esprimere un giudizio negativo sulla procreazione medicalmente assistita, ovviamente liberissimi di farlo. Vorrei ricordare che le metodiche di inseminazione artificiale mediamente danno esito a gravidanze nel 15-20% dei casi attorno ai 35 anni che calano al 5-10% attorno ai 40. Non so quante siano le madri over 50 in Italia ma credo che siano appunto un fenomeno.In tema di adozioni non so se qualcuno possiede dati ma , da quanto posso vedere io avendo una carissima amica assistente sociale in un ricco comune del varesotto il fenomeno della ‘restituzione del pacchetto’ perchè poco gradito non è rara. Non so se questo avvenga anche nei casi di ovo o spermiodonazione e con che frequenza.
giusto! Infatti, la fecondazione assistita è un fenomeno di nicchia -attorno al quale gira una quantità mostruosa di denaro- e le mamme nonne si contano sulle dita di una sola mano. Il problema vero è la “mentalità” corrente, cioè che si diffonda sempre più la convinzione (almeno fra le donne poco accorte) che si può rimandare rimandare rimandare… tanto c’è modo di avere un figlio quando uno è pronto, anche se l’orologio biologico sta suonando mezzanotte e la carrozza si sta per ritrasformare in zucca (paragone ovvio per una con il mio nome)
Non ho letto gli altri commenti, ma aggiungo: questa società non mi concede un mutuo, perchè ho 3 figli
Mia sorella, 7 anni meno di me, ha già detto che se li farà, sarà DOPO aver stipulato un mutuo.
Per stipulare un mutuo deve essere in possesso del 20% del capitale, con un lavoro da dipendente, quanto tempo ci metterà a raccogliere la cifra?
Tornassi indietro? Li rifaccio i miei figli, magari anche uno in più, magari 5 anni prima.
🙂
@Franci,non so se sei credente,ma se si ti consiglio una novena a San Giuseppe,è efficacissima per trovare casa e soldi per pagarla,io ho fatto così,c’è stato un piccolo effetto collaterale ma va benissimo così.
quale effettio collaterale?
sabato ho conosciuto una vera mamma-nonna:
una 41enne che ha accompagnato ad una festa di bimbi la figlia di 3 anni e la nipote di 4 (ha lasciato il figlio piccolo di 1 anno a casa con la figlia grande di 22 mamma della 4enne)
Ovviamente non è italiana!
Alvise mi ricordo di te, anche se non scrivo!
Buona giornata a tutti
Vi invito a leggere l’ultimo libro (permetti Costanza ?) di Alessandro Meluzzi dal titolo “Ho seguito il mio Maestro – Educazione, famiglia, donne, amore, coppia”. dove ho tratto queste parole: “…L’estinzione della specie umana. E la nostra civiltà sta quasi morendo di questa patologia. Ce lo dicono i dati. Ciò avviene a causa della ricerca della propria felicità personale, seppur legittima. Ci si vuole realizzare prima di dedicarsi a una potenziale famiglia. Infatti, secondo le statistiche, il primo figlio in Italia è accolto intorno al trentaseiesimo anno d’età, alle soglie della menopausa ostetrico-ginecologica. I vecchi ginegologi parlavano di primipare attempate dopo il ventisettesimo anno d’età. Oggi, come dicevo, il primo figlio si fa intorno al trentaseiesimo anno. Questo è normale se pensiamo all’evoluzione della donna, che ora ha la possibilità di affermarsi sul lavoro. Un tempo la maternità era il centro della vita della donna, ormai è diventata un fenomeno accessorio. Oggi ci si concentra maggiormente sull’Io inteso come buco nero che assorbe tutto, si è molto più egocentrici ed egoisti.
Secondo me, il male è pensare che la generazione della vita sia diventata un problema e non sia più considerata una risorsa. La trasmissione della vita esige un passaggio, che è consunstanziale all’umano, che si chiama sacrificio.
La maternità è innanzitutto un potentissimo sacrificio. [pagg. 129-130]
so di essere in gran ritardo (anche) nel commentare questo post, ma leggerlo mi ha suggerito delle riflessioni che volevo condividere con voi (spero di lunghezza accettabile…)
ho già scritto altrove del fatto che non ho potuto aver figli, a causa della mia patologia, ma anche di una età assolutamente proibitiva (voglio dire, con l’endometriosi è già problematico procreare a trent’anni, figuratevi a quaranta passati)
ora, non è che ho aspettato chissà cosa per sposarmi, semplicemente mi mancava la controparte…non basta avere la volontà di sposarsi, se dall’altra parte della barricata non si incontra un altro che ha la tua stessa intenzione, no?!? 😉
ma forse questo è stato il punto: ho vissuto i miei primi quarant’anni in maniera (per me) normalissima, tra casa, lavoro, parrocchia, sport, amici, ma questa normalità è stata vissuta dai contatti maschili con i quali mi sono relazionata come “poco interessante”, sol perchè io ho cercato di contemperare le mie esigenze con quelle di due genitori anziani e disabili, ho privilegiato esperienze di vita sane e lecite, ho rifiutato categoricamente ogni concessione a una sessualità di consumo (spacciata come normale e socialmente accettata anche in ambienti cattolici, o sedicenti tali…). Non mi spiego altrimenti perchè io sia quasi sempre riuscita a passare pressochè inosservata nel gruppo, e perchè le storie che sembravo iniziare, gravide di promesse, si siano concluse prima ancora di cominciare, spesso senza vere e proprie motivazioni.
sono stata rimproverata anche di essere troppo esigente, di non riuscire ad “accontentarmi”, ma questo non atteneva certo alle doti fisiche del candidato ideale, o al suo conto in banca, o alla sua posizione sociale e via di questo passo: non volevo accontentarmi di un matrimonio senza amore!!!
oggi riconosco che i miei desideri sono stati esauditi (ancor più largamente di quanto speravo, in verità), ma anche se mi/ci manca un figlio, vista la nostra età, e riflettendo sugli anni che passano, l’economia che va a rotoli, e le parole di mio marito che osserva “se avessimo un figlio oggi, riuscirei a seguirlo negli anni a venire? riuscirei a non essere eccessivamente rimbambito per sostenerlo nel suo affacciarsi alla vita, negli studi, nella ricerca di un lavoro…?” mi chiedo…e se (come sempre) avesse ragione il Principale?!?