di Costanza Miriano
Di solito era una di quelle domande con cui i figli mi bloccavano quando furtivamente, scansando a piedi scalzi scenari di guerra a terra (soldatini schierati a difesa del dinosauro capo, che si chiamava Sindacon) o teatri d’amore (due principesse che se le erano date di santa ragione per un bel tomo dal mantello azzurro), cercavo di raggiungere l’agognata meta serale, il divano sul quale svenire ingerendo dalle sei alle ottocento calorie di risarcimento.
“Mamma, ma se Dio è buono, perché si muore?” No, dico, avrei risposto velocemente e a caso a qualsiasi altra domanda al mondo (la Roma vince domani?, sì certo; perché la zia era così allegra?, perché era ubriaca, è ovvio; perché i dinosauri si sono estinti? perché non facevano i compiti per scuola, è chiaro). Qualsiasi quesito. Ma “perché il male”, no. “Perché la morte”, no, vi prego, non a quest’ora, se non dormo entro due secondi sbrocco. Eppure sono quelle domande che non puoi liquidare, neanche se non dormi da ventidue ore e cammini appoggiandoti ai muri.
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