«Quando miro in cielo arder le stelle; / Dico fra me pensando: / A che tante facelle? / Che fa l’aria infinita, e quel profondo / Infinito seren? che vuol dir questa / Solitudine immensa? ed io che sono?»
(G. Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, vv. 84-89).
di Claudia Mancini LaPorzione.it
Qualche anno fa, durante una lectio magistralis, il poeta Davide Rondoni ricordava come don Giussani dicesse di ripetere a memoria la poesia di Leopardi quando tornava dall’aver fatto la comunione in seminario: «toccando la cosa più certa, più cara che aveva, l’Eucarestia, la sottoponeva alla verifica del dramma di Leopardi». La certezza non cresce perché la confermi in modo meccanico e distratto, ma la ripetizione della certezza è nella sua costante verifica. Se l’esperienza religiosa è un fenomeno umano, Giussani insegnava che solo la vita può verificare la certezza che è Cristo la Salvezza. Che Gesù Cristo sia il senso del mondo, per cui il partecipare a Lui mi salva, deve poter reggere di fronte a questa poesia di Leopardi perché essa esprime perfettamente l’esperienza universale del senso religioso e il modo in cui si svela nella vita di qualsiasi uomo. Proviamo a svolgere il ragionamento suggerito dalle parole di Rondoni. Continua a leggere “Il senso religioso è filo lanciato nel vento”