Freeda e le millennials “liberate”

di Caterina Masso

Se usate i social, siete femmine e avete un’età compresa tra la scuola media e la pre-menopausa, è possibile che vi siate imbattute in Freeda e nei suoi contenuti molto “girl power”, per dirla con le care vecchie Spice Girls anni ’90. Poiché riscuote il plauso di alcune liceali di mia conoscenza e mi propone profili di Ildegarda di Bingen, Antigone e Simone Weil, mi è venuta voglia di approfondire.

Di cosa si tratta? Freeda è un progetto editoriale innovativo perché è totalmente social. Il sito, infatti, funge solo da landing page per rimandare ai vari canali, tutto il contentuto è creato e distribuito sui social (per ora Facebook e Instagram, ma si parla già di YouTube e SnapChat). E’ innovativo perché finora i canali social sono stati utilizzati principalmente per attrarre e convogliare traffico altrove. Freeda invece è un contenuto a se stante, arriva nel tuo newsfeed e può essere fruito interamente lì: persino i video che partono direttamente senza lasciare la pagina.

Allo stato attuale parliamo di 1.355.441 followers su Facebook e 560.000 su Instagram. Ovviamente, grazie alla condivisione, i contenuti (soprattutto i video) raggiungono molti più utenti, anche più di 27 milioni secondo il counter presente sul loro sito.

Quella che di primo acchito sembra una community di giovincelle che conversano di temi a loro cari è in realtà una startup di 31 persone che producono oltre 30 contenuti ogni settimana. Calcolando gli stipendi necessari, Freeda ha dei costi fissi molto alti: chi paga? Un interessante articolo su Dinamopress racconta che “la società che ha lanciato Freeda è infatti Ag Digital Mediae i due (maschi) che l’hanno fondata sono [il 29enne] Andrea Scotti Calderini, ex di Publitalia dove dirigeva la divisione Branded entertainment, e Gianluigi Casole che fa parte di Holding Italiana Quattordicesima, cioè, secondo Italia Oggi, «la cassaforte del figlio maschio minore di Berlusconie delle sorelle Barbara ed Eleonora». Dentro la società che pubblica Freeda ora sono entrati anche Ginevra Elkann (sorella di John e Lapo) e una società che si chiama FW, di cui fa parte il produttore televisivo Lorenzo Mieli (figlio di Paolo Mieli, presidente di Rcs). Quindi insomma, se la superficie di Freeda fa pensare al giornalismo dei social e al femminismo delle ragazze millennial, i soldi che ci sono dietro sono ancora quelli del vecchio capitalismo italiano di Agnelli e Berlusconi.”

Il progetto che, per sua stessa ammissione (nelle parole di Scotti Calderini e Casole intervistati da Prima Comunicazione), si rivolge alle Millennials con l’obiettivo di “diventare la voce più forte e indipendente delle donne tra i 18 e i 34 anni”, ha una linea editoriale altrettanto precisa: “i millennial sono una generazione con abitudini, obiettivi e valori molto diversi dalle generazioni precedenti. La globalizzazione, la tecnologia, la crisi, sono solo alcuni fattori che hanno rivoluzionato il modo di pensare e gli stili di vita delle persone. Se poi parliamo di donne millennial, questa differenza è ancora più importante: sono donne che per la prima volta nella storia si sentono davvero libere – Freeda per noi significa freedom al femminile – di fare, di essere, di pensare, in una prospettiva di piena auto-determinazione” (…) “ci siamo concentrati principalmente su tre formati: profili biografici di storie di grandi donne, divulgazione di ricerche scientifiche su tematiche rilevanti per la nostra audience e approfondimenti culturali. Copriamo anche l’attualità, ma ovviamente con il filtro dei nostri valori”, racconta l’Editor in Chief Daria Bernardoni (ex Bookrepublic, già content manager per i “verticali” di Microsoft e Yahoo) intervistata da Illibraio.it.

Nella stessa intervista, la Bernardoni cita Kira Cochrane del Guardian e afferma che il femminismo di Freeda appartiene alla “quarta ondata”, un femminismo cioè “che si è evoluto anche grazie alla rete, più aperto e inclusivo, che promuove la parità e non la guerra dei sessi”, citando ad esempioun’imprenditrice come il direttore operativo di Facebook Sheryl Sandberg o star di Hollywood come Lena Dunham ed Emma Watson, oltre a uomini politici come Barack Obama o Justin Trudeau, dato che “non si sostiene né l’inferiorità né la superiorità di un genere sull’altro, ma appunto la parità”.

Così, spulciando tra le storie di grandi donne, Ildegarda di Bingen è presentata come “la santa che per prima scoprì la sessualità femminile” in un articolo illustrato con l’estasi di Santa Teresa d’Avila di Gian Lorenzo Bernini in accattivante versione pop dai colori accesi; l’Antigone di Sofocle, che sacrificava la propria vita in nome di preesistenti leggi degli dei, diventa un’eroina dell’autodeterminazione; di Hannah Arendt viene esaltato l’obiettivo di “rilanciare la possibilità della felicità data dall’interazione sociale che mira al bene comune (…) Ciò che ci rende umani è la capacità (politica) di cominciare, la possibilità di contrastare la pesante ipoteca del tempo e della biologia. “Gli uomini sono nati per essere un inizio”, per produrre qualcosa che non è dato in natura.”; e il nucleo centrale del pensiero di Simone Weil è ” l’idea di decreazione: Dio per farci esistere s’è ritratto. Cercare Dio è asportarsi dal mondo. È creare quel vuoto che Lui (o Lei) ha voluto affinché noi potessimo esistere. Un’idea né propriamente cristiana né propriamente ebraica. Un’idea radicale. Senza compromessi. Pienamente in sintonia con tutta la sua vita.”.

Selezionando spunti interessanti e reali a fini propri e applicando un, peraltro dichiarato, politicamente correttissimo filtro valoriale, Freeda produce contenuti che generano conversazioni e raccolgono contatti con un fine molto preciso, dettato dal suo modello di business. La Bernardoni spiega infatti che “Freeda offre alle aziende la possibilità di entrare in contatto con il target donne 18-34 attraverso attività di marketing e comunicazione a 360°“.  Sarei tentata di parlare di polpetta avvelenata, ma le polpette sono buone e nutrienti e qui non mi pare che il veleno stia nell’utilizzo pubblicitario di validi contenuti, tanto più che la cara Freeda appare fin da subito nel nostro feed come contenuto pubblicitario (per chi se ne accorge). Qui è la ricetta stessa a contenere tutti i sapori di cui hai voglia, ma proprio zero nutrienti. Empty calories, si direbbe in inglese. Farei attenzione, perché è proprio quello che incoraggia il binge, e di solito non finisce bene.

fonte: cattowoman

6 pensieri su “Freeda e le millennials “liberate”

  1. francesco

    “me ne frego”, e non si sbaglia mai.
    non sono su facebook, non sono su twitter, non sono su badoo ne’ in alcun posto del genere.

    fosse per me i social fallirebbero.
    se dopo un po’ non hai capito chi è il pollo, allora il pollo sei tu.

  2. Ammetto la mia ignoranza sulla proposta di “Freeda” e i suoi contenuti…

    Prima di applaudire a questa iniziativa e alle “millenniala liberate” (visto che c’è solo una “Cosa” che ci rende veramente liberi), bisognerà verificare cosa significhi “freedom al femminile – di fare, di essere, di pensare, in una prospettiva di piena auto-determinazione”…

    Oggi la “piena determinazione al femminile” e in generale la “piena determinazione dell’Uomo” per come la intende il mondo, sta producendo gran disastri (primo tra tutti l’aborto).

    Quindi benissimo presentare la storia di Ildegarda di Bingen, ma non di rado i Santi vengono arbitrariamente “mischiati” con ciò che è all’opposto della santità.
    Insomma, prudenza e “occhi aperti”, perché il “target” di chi aspira alla vera conversione, non so quanto appeal abbia per Aziende che vogliano investire in pubblicità.

  3. Lavinia

    Sinceramente non ho capito quasi nulla di questo articolo.
    Uso gli strumenti informatici per lavoro e per diletto ma non conosco affatto le reti sociali; forse è per questo mi risulta difficile comprendere

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