di Paolo Pugni
Il bello di Dio è che ti spiazza sempre, che ti prende in giro come solo coloro che ti amano in profondità sanno fare. Quando hai quasi finito il solitario, ti mancano quattro carte, eccoLo che arriva e ti scombina tutto, spariglia, confonde. Fa nuove tutte le cose. Di continuo.
E ci resti male perché correre alla velocità di Dio mica è facile. Per fortuna quando sei lì, con il pianto a dirotto che sta per scoppiare, come un bambino a cui il mare si mangia le formine di sabbia, ecco che senti la sua mano che ti accarezza i capelli e ti sorride e ti abbraccia.
Così adesso ho l’impressione che Dio, attraverso questo Papa, ci stia conducendo su un terreno forse nuovo, per certi versi poco esplorato: il confine tra misericordia e giustizia.
Che è una battaglia che dura dalla notte dei tempi, e che san Paolo ha tratteggiato in poche crude parole -fare la verità nella carità ovvero veritatem facientes in caritate– che BXVI ha ribaltato per mostrare che Dio può davvero scombinare le carte ma il prodotto non cambia. Sarà un caso ma da quando è Papa Francesco, scopro ogni giorno nel Vangelo sopratutto -o solo- l’infinita misericordia di Dio.
Non che prima non la vedessi, ma non con questa profondità, o per meglio dire, senza sentire la voce di Dio che mi guidava il cuore e il dito su quelle righe. Gesù non è mai arrabbiato come appare essere nella famosa scena del “razza di vipere” il precursore Giovanni, lui sì mena la sferza e pone la scure alla radice. Ma Gesù no, non smorza uno stoppino fumigante. Certo, invita sempre a “non peccare più” ma sa benissimo che questo ci è impossibile, mica è stato Lui a far dire “il giusto cade sette volte al giorno”?
Lui guarda e ama, prova compassione, invita al perdono, tace, sorride, sbotta solo quando i suoi non c’arrivano. E si arrabbia con coloro che calpestano le cose di Dio, specie quando lo fanno con piena avvertenza e deliberato consenso. Ma a voler vedere bene, soprattutto abbraccia.
Il punto è che per Lui è facile questo abbracciare, descritto mirabilmente nella parabola del figliol prodigo, nella quale succede che “mentre egli (il figlio) era ancora lontano, suo Padre lo vide e ne ebbe compassione; corse, gli si gettò al collo e lo baciò” senza perdere il senso della verità, senza cedere al buonismo, ad un volemose bene fatto di sconti e di concessioni che sono complicità e non amore.
Certo a noi viene forse meglio legarci a regole ferree alle quali obbedire –toh, l’altro fratello, quello che si indigna perché lui non ha mai preso una multa e ha sempre seguito tutti i codicilli perdendosi il meglio “tu sei sempre con me”: temo che così preso nel curare il contratto non se ne sia accorto di questa compagnia- che correre ad abbracciare.
Facciamo una fatica bestiale in questa terra di frontiera dove il confine non è marcato a piombo, ma disegnato leggero nel cuore e così fine da perdercisi se non fai quel silenzio che ti serve per sentire il mormorio della brezza davanti alla grotta, come quella dove sta nascosto Elia.
Noi corriamo il rischio di smarrirci, di rimanere indietro o spingerci troppo avanti e in entrambi i casi rimanere da soli. Perdere di vista il Padre. Finire per confonderlo con ciò che noi vogliamo, con la nostra immagine di Dio.
Confesso tutta la mia fatica e confusione nel correre con questo passo. Per questo non posso che avere fede e fidarmi. Di quell’uomo che lo Spirito Santo ha messo sul soglio che regge, per conto di Cristo, il timone della barca. Fidarmi di quello che Santa Caterina da Siena ha chiamato “il dolce Cristo in terra”.
Bell’articolo, era ora che ci si rendesse conto che la Fede, basata sulle regole e su atteggiamenti non negoziabili, non funziona. Convinciamoci che qualsiasi cosa noi pensiamo, che ci dia sicurezza e ci faccia sentire a posto, non funziona. Cosa funziona, definitivamente, non lo sapremo mai qui su questa terra. Meglio essere miti e umili di cuore.
Certamente la fede è amore e misericordia, ma è altrettanto (non meno) “basata sulle regole e su atteggiamenti non negoziabili”: l’affermazione di San Paolo riportata nel post lo dice chiaramente. La Verità è una e una sola e questo non è incompatibile con l’amore che perdona. Inoltre, personalmente le regole e le questioni non negoziabili a me non danno sicurezza: anzi, mi richiamano continuamente a stare molto molto molto attenta, a vigilare e pregare, perché so di essere peccatrice e, se Dio allontanasse la Sua mano dal mio capo, cadrei subito a precipizio.
Non è che non lo sappiamo, è che NON VOGLIAMO SAPERLO 😉
Se ti riferisci alle questioni sollevate dal cardinale Kasper, è fuori luogo la parabola del figliol prodigo. Kasper invita a perdonare ed a riammettere alla comunione non chi, pentito, torna indietro, ma chi orgogliosamente, dopo aver peccato, resta in atteggiamento di peccato e chiede di essere riconosciuto nel giusto. Davvero non vedo nessuna difficoltà di discernimento in tutto questo. Kasper, e con lui e prima di lui tanti altri, ha detto sonore sciocchezze nella relazione introduttiva del concistoro. Prontamente e mirabilmente svergognate dal prof. De Mattei.
Io, molto più umilmente e modestamente, torno a chiedere a chiunque sia in grado di rispondermi. Se una donna lascia suo marito e si sposa con un altro , non commette un grave torto verso il marito ed i propri figli? Può, questa donna chiedere perdono a Dio ed ottenere l’assoluzione dalla chiesa? Si, certo; ma a condizione che ripari al torto fatto. Ed in cosa dovrebbe consistere la riparazione? Prima di tutto, come al solito, rinunciare al peccato. Nel concreto, vuol dire rinunciare alla relazione adulterina che ha spezzato “la comunione di amore matrimoniale”, come la chiama il cardinale Kasper. Poi, se possibile, ripristinare il bene che, con la relazione adulterina, è stato distrutto. Ripristinare quindi tutte le relazioni familiari che sono state, più o meno, danneggiate dal comportamento della donna. Il tutto, naturalmente, nei limiti del possibile. Nessuno chiede alla donna di ritornare con il marito, se non vuole. Resti separata, se crede. Ma DEVE RINUNCIARE ALLA RELAZIONE ADULTERINA, se vuole essere perdonata e riammessa alla comunione. Questo non per vendetta, ma per un elementare senso di giustizia. Come potrebbe, la chiesa, perdonare una donna che, deliberatamente, tradisce il marito ed i figli senza minimamente proporsi di rinunciare, anzi consolidando il tradimento con un matrimonio e ritenendo, evidentemente, di non commettere alcun torto, né al marito né ai figli? Se la chiesa assolvesse un simile comportamento, benedirebbe un tradimento. Anzi, il più grave dei tradimenti immaginabili, il tradimento dei bambini.
Si gira e si rigira, da troppo tempo ormai, intorno alla questione dei divorziati risposati, come se fosse difficilissimo comprendere cosa sia giusto fare. Come al solito i sapienti hanno già capito tutto: ci vuole misericordia. A spese dei più deboli, naturalmente. Misericordia a palate, camionate di misericordia sui poveri peccatori impenitenti. Tutto a spese di quelli che non possono parlare, a spese dei bambini, a spese degli innocenti, a spese delle vittime.
Io non ci sto. Prima misericordia verso chi soffre, verso chi è debole, verso chi è vittima, verso chi non può parlare.
Vergogna, cardinale Kasper.
Misericordiosi non si è verso chi soffre, verso chi è debole, verso chi è vittima, verso chi non può parlare., verso costoro si è solidali. Misericordiosi si è verso chi pecca.
Certo misericordiosissimi come Nostro Signore:
Dal Vangelo di Giovanni (8,1-11)
1 Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. 2 Ma all’alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. 3 Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, 4 gli dicono: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. 5 Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”. 6 Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. 7 E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. 8 E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. 9 Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.
Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. 10 Alzatosi allora Gesù le disse: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?”. 11 Ed essa rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù le disse: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”.
Cos’è che dice alla fine?
Eppure esistono anche le cosiddette opere di “misericordia corporale”.
Risp a Salvatore…
Che s’ha da negoziare? Il Vangelo? Le parole di Nostro Signore Gesù Cristo?
Dal Vangelo secondo Matteo 5,27-32
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore.
Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna.
E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna.
Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto di ripudio; ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all’adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio”.
non saprei se, come ricorda pugni,rientri nel fare la verità nella carità,la vicenda kasper. oggi, agnoli, su il foglio, fa notare due cose: il vero problema non è la folla di divorziati risposati che fa la fila per fare la comunione. il problema reale è che vi sono, invece, turbe di “pagani battezzati” ai quali il parroco o vescovo non avrebbe dovuto concedere il matrimonio sacramentale. “la realtà ci dice chiaramente che il divorzio di un credente-ammesso lo sia mai stato, aggiungo io-è spesso figlio dell’abbandono della pratica dei sacramenti e non viceversa.”
voglio dire : l’abisso che si è creato tra la dottrina della chiesa sul matrimonio e famiglia e le convinzioni vissute di molti cristiani( ma sono ancora cristiani?,dico io) come sostiene kasper come lo si colma? solo con la misericordia perché il “cristiano” di oggi non sa più o non vuole più adeguarsi a quel che la chiesa insegna da sempre?
è vero che si cerca di salvare più anime possibili. ma salvandole a scapito della verità-le parole di Gesù- si salvano realmente?
“come proporre una soluzione che non sia di principio senza aprire le porte al caos, all’inventiva di questo o quel sacerdote, al capriccio e alle rivendicazioni, al pendio scivoloso?”
come dice l’elefantino a fianco dell’articolo di agnoli:”non mi ha convinto l’idea chenel mio mondo,l’unico che ho a parte la città celeste di cui non sono abitatore,adesso anche l’ultimo bastione della realtà etica,la chiesa cattolica,cede il passo, offre la precedenza al figliol prodigo, ma non perché è tornato, no, lo va a raggiungere dov’è e lo benedice”.
( che ci starebbe anche andar a recuperare la pecorella smarrita,aggiungo io. ma prima di benedirla la si “catechizza” in modo che ci pensi ben bene prima di riscappare….)
Perfetto, Vale.
Succede già di tutto. Ci sono già sacerdoti che danno la comunione ai divorziati risposati, divorziati che la fanno senza nemmeno confessarsi, corsi pre matrimoniali pro forma, matrimoni in chiesa perchè è più bello che in comune. Girano già per le chiese dei foglietti che invitano i divorziati risposati a farsi due domandine e a darsi la risposta tipo Marzullo, poi rivolgersi a Tettamanzi e fare la comunione. Ci vorrebbe una parola ferma della Chiesa per porre fine a tutto questo non una relazione che aumenta la confusione. Personalmente dal Sinodo non mi aspetto niente di buono. Spero di sbagliarmi.
Io invece, Giusi, dal sinodo e da papa Francesco, mi aspetto una parola di chiarezza, finalmente.
Forse tutta la confusione che si è creata in questi mesi, le strumentalizzazioni, lo svelamento dei cuori, il venire allo scoperto di tanta parte della chiesa con posizioni che sono di aperto contrasto con la fede e la dottrina cattolica, tutto questo era necessario perchè, finalmente, alta e forte risuoni la voce di Pietro.
Sarà così, Giusi, perchè Pietro è La Pietra.
Mah! Speriamo…….
Chi ha bisogna di certezze mi fa pensare ad uno che non vuole decidere e pensare da solo. E’ comodo avere una guida, si applica e ci si sente a posto. Ma la vita è molto complessa e ogni circostanza fa storia a se. Non bisogna leggere il Vangelo a metà, bisogna anche ricordarsi dell’esempio dell’asino nel pozzo di sabato, del perdono settanta volte sette, dell’ipocrisia dei farisei, dei pranzi con prostitute e pubblicani, della dracma perduta e ritrovata, dell’invito ad essere miti ed umili di cuore….. tutta questa voglia di chiarezza sa di pigrizia.
In nessun passo del Vangelo si invita a perseverare nel peccato.
@Salvatore, in verità non vedo il nesso (o se preferisci la contraddizione…)
Poi sinceramente, se ho scoperto un gran cosa da ateo che ero o oggi, e che “pensare da solo” non è per nulla una bella… pensata! 😉
Stiamo ancora pagando i guasti del cogito ergo sum……
Oggi lo abbiamo superato… siamo al coito ergo sum! 😐
Se mi è concessa la licenza “poetica” 😉
Poeticissima!
Mettiamoci ancora più fede e preghiere noi che abbiamo fede (che ci sforziamo di averla). Non pregare e non sperare sarebbe un vero peccato! Lo dico a me stessa innanzitutto, non prendetela come una predichella eh?! 🙂
Mi sa che è sorpreso solo Introvigne. Dov’era? Su Saturno?
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-sorpresa-i-divorziati-risposati-gia-fanno-la-comunione-8619.htm
Commento di Tornielli:
http://vaticaninsider.lastampa.it/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/introvigne-divorziati-divorced-divorciado-risposat-remarried-32556/
A mio modo di vedere (ed è il senso del mio ultimo commento sull’argomento sul precedente articolo) il grosso problema non quello di trovare il giusto equilibrio tra Misericordia, Giusto Rigore, Giustizia e potremmo aggiungere qualcosa d’altro.
(Tra parentesi – qui non solo metaforiche – io condivido appieno il senso di quanto qui scritto dda Paolo)
I possibili “danni collaterali”, vengono dal toccare punti che si trascinano dietro ben altro…
La Dottrina della Chiesa che poggia sul Vangelo, non è un “castello di carte”, ma ha un aspetto piramidale, e non parlo dell’aspetto gerarchico, in cui l’Apice (ma anche il suo fondamento nel suo essere l’Alfa e l’Omega) e Cristo stesso.
Apice a cui il Cristiano tende, ed è chiamato a tendere, nel suo Cammino di Santità che poggia anche su Dottrina e Regole certe. Se una di queste si incrina, o peggio viene demolita, tutta la Struttura può andare in crisi.
Per capirci e in un’ipotetica iperbole, se l’adulterio non sarà più tale o l’uscire da questo peccato sarà una strada che prescinde dal fare dei passi concreti, che saranno solo “spirituali” e riconducibili ad una problematica di “foro interno”, che ne sarà di tutte le verità ad esso correlate? O se volgiamo meglio, Verità di cui l’adulterio e nagazione?
Non dimentichiamo che la Fedeltà PRIMA a cui siamo chiamati è quella verso DIO, e che l’adulterio che più facilmente TUTTI commettiamo è proprio quello contro di Lui.
Il Matrimonio, i Voti, tutti gli impegni e le promesse che vincolano in un Sacramento, Uomini e Donne tra loro e con Dio e in Dio confidando, sono segno di questa PRIMA ed ULTIMA fedeltà, la fedelta di Dio nei confronti dell’Uomo e la fedeltà che l’Uomo deve a Dio non per legge o imposizione, ma come unica strada per la sua piena realizzazione e piena felicità, qui su questa terra e per tutta la Vita eterna.
Se qanche oggi il 90% dell’Umanità vivesse di furto, bisognerebbe prendere atto della cosa e affermare che il furto non è più un peccato.
Il furto poi, per quanto grave non implica, conseguenze alla vita dell’anima così gravi come quelle che comporta l’adulterio.
Certamente Dio è ben raffigurato nella parabola del Padre Misericordioso (o Figliuol Prodigo che dir si voglia…), ma il filglo – torna alla casa del Padre, per rientrare nella di Lui Comunione e nelle di Lui Grazie, ripercorre i suoi passi con un percorso a ritroso, medita un pentimento e invoca lui stesso una sanzione. Compie in sostanza un percorso di Conversione.
E’ poi ben lecito e logico presumere che, riaccolto dall’Amore del Padre, si spenderà per vivere in ritrovata persistente Comunione anche osservando le regole della paterna dimora.
sì: il cristiano non praticante è un ossimoro.. parafrasando il vangelo si può dire che “chi si accosta al sacramento (del matrimonio) senza fede si accosta alla sua condanna..
@Maria, non sarei così drastico… Se torniamo anche alla realtà di una due generazioni passate, chi non si sposava in Chiesa? E molti non erano neppure praticanti, eppure molti (penso ai miei genitori che hanno anche messo al mondo 6 figli) non hanno mai contravvenuto agli impegni del Matrimonio – Amore – Fedeltà – Aiuto reciproco – ecc.
Certo può esserci un’eccezione sull’insegnamento della Fede a i figli, ma la Fede o ce l’hai e la trasmetti o insegni dei “sani principi”, che comunque non sono disprezzabili.
E questo, seppure oggi sia molto più difficile, può valere anche oggi… quindi, ci andrei piano con le “condanne a priori”.
..condanna nel senso che senza l’aiuto di Dio è moolto difficile restare insieme tutta la vita..
GIANCARLO: non me la sento di entrare nel merito di questioni così complesse ma…”vergogna cardinale Kasper” mi sembra davvero eccessivo perchè Kasper non è un Hans Kung qualsiasi; il suo livello teologico è secondo solo a Ratzinger; la sua posizione è ricchissima di sfumature e evidentemente angosciata. Viviamo tempi dei quali noi stessi non comprendiamo la portata (non dimentichiamoci di una realtà mai vista prima, di un Papa dimissionario ma che al tempo stesso non cede la veste bianca e lo stemma, che convive con il nuovo Papa e per nulla in antitesi con lui)…Sia fatta la volontà di Dio.
No Carlo, non c’è niente di così complesso. Se l’adulterio è un peccato, che, tra l’altro, ferisce profondamente il cuore dei figli oltre a quello del coniuge, ebbene, per poter essere assolti, occorre interrompere la relazione adulterina. E che numerosi cardinale e vescovi non capiscano questo è una grande vergogna. Altro che storie.
a beh. questa non è male.se tutto questo can can è stato fatto di proposito-fin dall’elezione- per stanare posizioni in aperto contrasto con la fede, sarebbe diabolicamente astutissimo.
oserei dire: gesuitico. 🙂
Dico anch’io la mia sulla relazione del cardinale Kasper, che non è altro che una riflessione teologica che non vincola alcuno all’assenso di Fede e quindi, fatto salvo il rispetto per l’Autore, può essere discussa.
Posto che per commentare tutta la relazione ci vorrebbe parecchio, vado a quello che mi sembra essere l’osso della quatione.
Il succo della proposta-Kasper è qui, mi pare:
“Un divorziato risposato: 1. se si pente del suo fallimento nel primo matrimonio, 2. se ha chiarito gli obblighi del primo matrimonio, se è definitivamente escluso che torni indietro, 3. se non può abbandonare senza altre colpe gli impegni assunti con il nuovo matrimonio civile, 4. se però si sforza di vivere al meglio delle sue possibilità il secondo matrimonio a partire dalla fede e di educare i propri figli nella fede, 5. se ha desiderio dei sacramenti quale fonte di forza nella sua situazione, dobbiamo o possiamo negargli, dopo un tempo di nuovo orientamento, di “metanoia”, il sacramento della penitenza e poi della comunione?”.
Sono convinto che l’errore basilare in cui incorre Kasper sia quello di prospettare itinerari di pentimento e penitenza (“metanoia”, “nuovo orientamento”) intrinsecamente incapaci di procurare che i divorziati risposati si emendino dalla condizione di peccato grave abituale in cui si trovano.
1) Che i divorziati risposati versino in condizione di peccato grave abituale è incontestabile. Si legga qui:
http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/intrptxt/documents/rc_pc_intrptxt_doc_20000706_declaration_it.html
“Il Codice di Diritto Canonico stabilisce che: «Non siano ammessi alla sacra Comunione gli scomunicati e gli interdetti, dopo l’irrogazione o la dichiarazione della pena e gli altri che ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto» (can. 915). Negli ultimi anni alcuni autori hanno sostenuto, sulla base di diverse argomentazioni, che questo canone non sarebbe applicabile ai fedeli divorziati risposati…”. Il seguito della Dichiarazione mostra con tutta la desiderabile “solennità” (“Davanti a questo preteso contrasto tra la disciplina del Codice del 1983 e gli insegnamenti costanti della Chiesa in materia, questo Pontificio Consiglio, d’accordo con la Congregazione per la Dottrina della Fede e con la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, dichiara quanto segue ecc.”) che i divorziati risposati si trovano invece proprio in situazione di peccato grave abituale, a dispetto dell’opposto avviso di “alcuni autori”.
2) Assodato che i divorziati risposati si trovano in situazione di peccato grave abituale, occorre domandarsi: quali “itinerari penitenziali” sono intrinsecamente capaci di procurare che costoro si emendino dalla condizione di peccato grave abituale in cui giacciono, ricevendo la l’assoluzione sacramentale e potendo così accostarsi alla comunione eucaristica?
3) Alla domanda di 2 rispondo: condizione necessaria per essere assolti sacramentalmente dal peccato grave è accusarsene e mostrarsene sinceramente contriti a chi amministra il Sacramento della penitenza. Quindi, condizione necessaria perché il divorziato risposato possa ricevere l’assoluzione sacramentale dal peccato grave abituale in oggetto è accusarsene e mostrarsene sinceramente contrito a chi amministra il Sacramento della penitenza.
Ebbene: è di tutta evidenza che il divorziato risposato che perseveri nel peccato grave abituale in cui giace (e che vi perseveri lo attesta il fatto che non si astiene dal compiere atti propri dei coniugi con chi suo coniuge non è davanti a Dio) mostri di non essere contrito del peccato grave in oggetto, e quindi è manifesto che a chi così perseveri difetti la condizione necessaria a ricevere l’assoluzione sacramentale dal peccato grave in oggetto. Donde, ovviamente, il divieto di recezione della comunione eucaristica.
Ecco perché Kasper, ipotizzando per Tizio, divorziato risposato, itinerari penitenziali che NON includano l’astensione dal compiere atti propri dei coniugi con chi coniuge di Tizio non è davanti a Dio, adombra itinerari intrinsecamente incapaci di procurare che Tizio si emendi da QUEL peccato grave abituale, e con ciò possa ricevere l’assoluzione sacramentale ecc. Insomma, quello (nebulosamente, in verità) prospettato da Kasper ha il difetto intrinseco di non essere un percorso di manifesta contrizione per QUEL peccato grave, e perciò di difettare di una condizione necessaria all’assoluzione sacramentale da QUEL peccato grave.
In buona logica (e in buona teologia, mi pare), L’UNICA condotta che manifesterebbe contrizione per QUEL peccato non può non includere l’astensione dal compiere atti propri dei coniugi con chi proprio coniuge non è davanti a Dio.
Ecco perché “Familiaris consortio” al n. 84 (tra gli altri noti documenti) insegna che “la riconciliazione nel sacramento della penitenza – che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico – può essere accordata SOLO a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio. Ciò comporta, in concreto, che quando l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione, «assumono l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi» (Giovanni Paolo PP. II, Omelia per la chiusura del VI Sinodo dei Vescovi, 7 [25 Ottobre 1980]: AAS 72 [1980] 1082).”
In definitiva, a Kasper chiederei di mostrare come sia possibile quello che mi pare di avere mostrato essere impossibile, e cioè che, incontestabile essendo che chi compie atti propri dei coniugi con chi suo coniuge non è davanti a Dio commette peccato grave, chi perseveri nel compiere atti propri dei coniugi con chi suo coniuge non è davanti a Dio possa ad un tempo non commettere peccato grave e perciò possa accedere all’assoluzione sacramentale.
Quanto al riferimento alla prassi della Chiesa nei primi secoli, basti quanto scriveva il cardinal Ratzinger:
“a. Esiste un chiaro consenso dei Padri a riguardo dell’indissolubilità del matrimonio. Poiché questa deriva dalla volontà del Signore, la Chiesa non ha nessun potere in proposito. Proprio per questo il matrimonio cristiano fu fin dall’inizio diverso dal matrimonio della civiltà romana, anche se nei primi secoli non esisteva ancora nessun ordinamento canonico proprio. La Chiesa del tempo dei Padri esclude chiaramente divorzio e nuove nozze, e ciò per fedele obbedienza al Nuovo Testamento.
b. Nella Chiesa del tempo dei Padri i fedeli divorziati risposati non furono mai ammessi ufficialmente alla sacra comunione dopo un tempo di penitenza. È vero invece che la Chiesa non ha sempre rigorosamente revocato in singoli Paesi concessioni in materia, anche se esse erano qualificate come non compatibili con la dottrina e la disciplina. Sembra anche vero che singoli Padri, ad esempio Leone Magno, cercarono soluzioni “pastorali” per rari casi limite.
c. In seguito si giunse a due sviluppi contrapposti:
— Nella Chiesa imperiale dopo Costantino si cercò, a seguito dell’intreccio sempre più forte di Stato e Chiesa, una maggiore flessibilità e disponibilità al compromesso in situazioni matrimoniali difficili. Fino alla riforma gregoriana una simile tendenza si manifestò anche nell’ambito gallico e germanico. Nelle Chiese orientali separate da Roma questo sviluppo continuò ulteriormente nel secondo millennio e condusse a una prassi sempre più liberale. Oggi in molte Chiese orientali esiste una serie di motivazioni di divorzio, anzi già una «teologia del divorzio», che non è in nessun modo conciliabile con le parole di Gesù sull’indissolubilità del matrimonio. Nel dialogo ecumenico questo problema deve essere assolutamente affrontato.
— Nell’Occidente fu recuperata grazie alla riforma gregoriana la concezione originaria dei Padri. Questo sviluppo trovò in qualche modo una sanzione nel concilio di Trento e fu riproposto come dottrina della Chiesa nel concilio Vaticano II.
La prassi delle Chiese orientali separate da Roma, che è conseguenza di un processo storico complesso, di una interpretazione sempre più liberale — e che si allontanava sempre più dalla parola del Signore — di alcuni oscuri passi patristici così come di un non trascurabile influsso della legislazione civile, non può per motivi dottrinali essere assunta dalla Chiesa cattolica. Al riguardo non è esatta l’affermazione che la Chiesa cattolica avrebbe semplicemente tollerato la prassi orientale. Certamente Trento non ha pronunciato nessuna condanna formale. I canonisti medievali nondimeno ne parlavano continuamente come di una prassi abusiva. Inoltre vi sono testimonianze secondo cui gruppi di fedeli ortodossi, che divenivano cattolici, dovevano firmare una confessione di fede con un’indicazione espressa dell’impossibilità di un secondo matrimonio. “
http://www.osservatoreromano.va/it/news/la-pastorale-del-matrimonio-deve-fondarsi-sulla-ve
La questione nullità/validità del matrimonio è l’altro punto su cui Kasper si impegna molto, ma su questo magari in un altro commento.
Ineccepibile direi…
MI conforta il tuo consenso, Bariom!
Per parte mia, concordo con quanto hai scritto sopra.
No so se hai avuto modo di leggere questo mio di questa mattina: http://costanzamiriano.com/2014/03/03/sto-uscendo-con-qualcuno-anche-se-sono-sposato/#comment-75437
Vedrai che ci sono molti punti in comune… anche per me è confortante trovare sintonie e non certo per “darsi ragione a vicenda” 😉
Resto poi dell’idea di Giancarlo sopra in risposta a Giusi, non per sfrenato ottimismo ( che poi come può un Cristiano essere pessimista 😉 ), ma per fede nello Spirito Santo.
Sì, Bariom, ho letto. e cponcordo.
Giusta l’analisi sui singoli punti della proposta-Kasper.
Come evidenzi, è proprio infelice quel passaggio in cui dice: “La (persona) lasciamo sacramentalmente morire di fame (perché altri vivano)?”
Quando parli di “eccesso di misericordia” tocchi il nodo della questione, ritengo. Al di là delle argomentazioni teologiche specifiche, mi pare che Kasper e altri vescovi e cardinali stiano perdendo un po’ di vista il senso della misericordia cristiana.
Non ho la presunzione di averlo capito io, il senso, e tantomeno ho la presunzione di essere misericordioso come dovrei essere, ma mi sto convincendo che, forse mosso dall’ansia di chiarificare che la giustizia divina non è un legalismo puntiglioso dedito a soffocare nel cuore di ogni singolo cristiano la gioia dell’annuncio pasquale, qualche uomo di Chiesa si sta spingendo inavvertitamente (voglio supporre) a illanguidire la tremenda realtà del peccato, la consapevolezza che la sequela di Cristo non è la goffa avventura di un pasticcione con un immancabile lieto fine, ma un percorso esigente di purificazione e di unione a Cristo, percorso nel quale si può sperimentare l’incomparabile conforto che viene da Dio, l’impareggiabile esultanza del sentirsi amati dall’Onnipotente, ma che, al contempo, richiede di rinnegare sé stessi, di portare la Croce, di cavarsi l’occhio che ti dà scandalo… Durus sermo…
Ecco: il rischio a mio avviso è che, a dispetto della dichiarata volontà di non largire misericordia a buon mercato, l’approccio di Kasper alla questione in oggetto risenta di un certo buonismo, cioè appunto di una misericordia un po’ a buon mercato.
@Alessandro, non solo, “annacquando” la gravità – o se vogliamo la percezione della gravità – del peccato, rischiamo di portare a “buon mercato” l’Amore di Dio che ha riscattato il nostro peccato con il sacrificio incommesurabile di Cristo Suo Figlio (sacrificio accettato e dal Figlio incarnato in obbedienza alla Volontà del Padre).
Ora, non è la gravità del peccato che da valore all’Amore di Dio che è INCOMMENSURABILE, ma per via della realtà decaduta dell’Uomo e la sua inclinazione al peccato che si manifesta sino a renderlo letteralmente schiavo, resta un fatto fortemente esperienziale (un memoriale) l’essere perdonati e liberati dal peccato. E lo stesso gesù che ce ne dà testimonianza:
“Gesù allora gli disse: «Simone, ho una cosa da dirti». Ed egli: «Maestro, di’ pure». «Un creditore aveva due debitori: l’uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi dunque di loro lo amerà di più?». Simone rispose: «Suppongo quello a cui ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». E volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non m’hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi. Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco».” (Luca 7, 40-48)
E’ anche il problema di chi, magari perché nato “all’ombra del campanile” (come si usa dire) e non potendosi certo paragonare ad una prostituta o ad una adultera – non lo può fare per una mancanza di discernimento più che una concreta realtà delle cose – non fa poi dei coì “gran peccati” e non gusta mai appieno l’immensa Misericordia di cui è in realtà oggetto ee anzi, ritenendosi giusto addita con disprezzo chi “giusto non è.
Difatto oggi qual’è la massima ipocrisia del mondo? Quella di dire che il peccato non esiste.. che NULLA è peccato e quindi Dio potrà anche esistere, ma che me ne viene (lasciando perdere forme di scaramanzia che poco hanno a che fare con il Cristianesimo)? Ed ancora che il peccato genera la MORTE!
La morte dell’anima qui su questa terra con il tremendo rischio che questa “morte” si protragga pre la Vita Eterna e purttroppo sappiamo che non è una morte che porta all’oblio perché l’anima è immortale, non solo, alla fine dei tempi, alla resurrezione dei corpi, i corpi parteciperanno alle sorti dell’anima già stabilite con il Giudizio Particolare da Cristo, Misericordioso, ma anche Giusto Giudice che renderà a ciascuno secondo le opere e le intenzioni dei cuori, “variabile” ai più nascosta, ma non a Dio.
Chiedo venia per un Gesù con la minuscola… ( spero non ce ne siano altri 😐 )
detta in soldoni, come avevo avuto sentore della uscita della relazione kasper,o si allarga la manica dei tribunali diocesani in materia di nullità di matrimonio estendendola persino al parroco che dovrebbe conoscere bene la coppia “scoppiata” facendo sì che quei pochi casi reali di “sofferenza” per non poter fare la comunione, vengano sanati, perché pochi casi sono.turbe di divorziati che fanno sit in di protesta davanti alla chiesa per la particola non mi pare di vederne.
la quaestio mi pare più pericolosa in quanto si vuol allentare una catechesi per andare incontro al mondo.ovvero il contrario di quello che dovrebbe accadere( quando tornerà sulla terra troverà ancora la fede?)
saranno le chiese che si svuotano in alcuni stati, sarà che altro, ma l’eccesso di “misericordia” che ha permesso a tante coppie di sposarsi sacramentalmente e quindi in chiesa perché in comune sarebbe stato tristissimo, come location, s’intende, qualcuno l’ha praticato.
saranno mica gli stessi vescovi e sacerdoti che fantasticavano di una primavera della chiesa eppoi è giunto l’inverno?
E con esso il suo rigore?
g@bariom,
già. tipo quello che provarono i Fisher ed i Moro al tempo dell’atto di sottomissione dei loro confratelli.
http://www.conciliovaticanosecondo.it/articoli/il-sangue-versato-per-lindissolubilita-del-matrimonio-san-giovanni-fisher-e-san-tommaso-moro/
Preferisco questo Kasper: almeno è un fantasma e a un certo punto sparisce!
http://goodmorningviet.altervista.org/wp-content/uploads/2010/02/Casper-il-fantasma.jpg
Misericordia un po’ a buon mercato…
Diciamo che non è un problema solo del nostro tempo! Prova ne sia le rivelazioni private a Santa Brigida, per esempio, che personalmente amo molto.
Al di là del decidere se credervi o meno (io ci credo 😉 ), per chi preferisce limitarsi a questo, sono una testimonianza storica di quanto certe tendenze si ripresentino ciclicamente – e sotto un certo aspetto, può anche aiutare a non sentirsi scoraggiati.
Per esempio, una pagina del genere sembra proprio ritagliata anche per l’oggi (il testo si presenta nella forma di Dio che si rivolge alla mistica).
[…]
E ora ti spiegherò cosa significano queste cose. Il Castello, di cui ti ho detto, è la stessa santa Chiesa, costruita con il Sangue mio e dei miei Santi, cementata con il cemento della mia carità; in essa posi i miei eletti ed amici. Suo fondamento è la fede, e cioè il credere che io sono Giudice giusto e misericordioso. Ma ora è scavato il fondamento, perché tutti mi credono e predicano misericordioso, però quasi nessuno predica e crede che io sono giusto Giudice. Essi mi ritengono quasi un giudice iniquo. Iniquo infatti sarebbe il giudice, che per misericordia mandasse impuniti gli iniqui, sicché opprimano ancora più i giusti. Ma io sono Giudice giusto e misericordioso, sicché non lascerò impunito neppure il minimo dei peccati, né senza ricompensa il minimo bene. Attraverso il muro scavato sono entrati nella santa Chiesa quelli che peccano senza timore, che negano la mia giustizia, tormentano gli amici miei come quelli che sono legati ai ceppi. Per gli amici miei stessi non c’è infatti gaudio e consolazione. Ma ogni obbrobrio e ogni dolore è dato a loro, come se fossero demoni. Se di me dicono il vero, sono confutati e accusati di menzogna. Desiderano ardentemente ascoltare e dire cose rette, ma non c’è chi li ascolti o chi le dica loro.
Io stesso, Signore e Creatore, sono bestemmiato. Dicono infatti: Non sappiamo se c’è Dio. E se c’è, non ce ne importa. Abbattono e conculcano il mio vessillo, dicendo: Perché ha patito? A che ci giova? Che dia a noi la nostra volontà e ci basta ed egli si tenga pure il suo regno e il suo cielo. Io voglio pur essere in loro, ma essi dicono: piuttosto moriamo, prima di lasciare la nostra volontà.
Ecco, mia sposa, chi sono. Io li ho creati e con una sola parola potrei distruggerli. Come si inorgogliscono contro di me! Ma ora per le preghiere della Madre mia e di tutti i Santi, sono ancora così misericordioso e paziente che voglio far arrivare a loro le parole, che uscirono dalla mia bocca e offrir loro la mia misericordia. Se la vorranno avere, mi placherò; altrimenti sperimenteranno la mia giustizia, in modo che saranno, come ladri, confusi pubblicamente davanti agli Angeli e agli uomini e saranno giudicati dagli uomini. Infatti come coloro che sono appesi alla forca sono divorati dai corvi, così costoro saranno divorati dai demoni e non consumati. Come coloro che, costretti al palo, non trovano pace, così questi soffriranno dovunque dolori e amarezze. Un fiume ardentissimo scorrerà nella loro bocca, né si sazierà il ventre, ma di giorno in giorno si rinnoverà il loro supplizio.
Ma gli amici miei saranno salvati e saranno consolati con le parole che escono dalla mia bocca. Vedranno la mia giustizia con la misericordia. Li rivestirò delle armi della mia carità e li farò così forti, che i nemici cadranno come argilla. E vedendo arrossiranno di vergogna perpetua, avendo abusato della mia pazienza.
Più che opportunamente, Roberto, riporti questo brano!
Eh sì, il Vangelo non va letto a metà: non c’è infatti solo la misericordia, poiché Dio Padre sarà sempre pronto a concedercela, ma solo se noi la vogliamo e dunque la “meritiamo” col pentimento! Il figliol prodigo ha trovato misericordia perché si era pentito e, pentito, era tornato dal padre per offrirsi come suo servo non più degno di essere considerato figlio. Dice bene Alessandro: il Vangelo è anche durus sermo e Dio oltre che misericordioso è giusto. Ed è così esigente che dice addirittura (Mt 7, 21-23):
“Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità”.
Terribile! Anche chi profetizza, caccia demoni e compie miracoli potrebbe non essere riconosciuto come un buon discepolo…
Dunque, certamente, bisogna predicare la misericordia, ma senza mai per questo rinunciare ad essere esigenti, anzi: senza mai dimenticare – e far dimenticare – che il Vangelo è esigente e che lo è perché è fondato sulla Verità. Dio Padre perdona tutto perché il Suo amore è infinitamente più grande del più grande peccato, ma dobbiamo permetterGli di farlo, dobbiamo lasciarci riconciliare attraverso la nostra conversione, ossia il cambiamento della nostra vita attraverso l’abbandono del peccato.
@sara.
Musica per le mie orecchie.
Anche io ci credo e comunque hanno l’approvazione ecclesiastica. Sto anche facendo, dopo aver fatto quelle di un anno, le orazioni dei dodici anni. E’ una preghiera completa e stupenda perchè si offrono al Padre tutte le piaghe di Gesù Cristo e si prega per tutti i peccati del mondo.
http://digilander.libero.it/carromano/brigida.html
Anch’io ho fatto quelle di un anno e sto facendo quelle dei 12.
proprio ultimamente il Papa ha detto molto chiaramente che (cito a spanne) il mondo moderno ha smarrito il senso del peccato, e da qui non può più gustare la misericordia di Dio… insomma, il Papa continua a insistere su questo binomio peccato/misericordia che non sono affatto in contraddizione, anzi!
L’esperienza elementare della consolazione che prova un figlio dopo averle prese e poi essere stato abbracciato, beh, mi pare così lampante che non necessita di spiegazioni.
Invece vorrei porre ai mitici teologi di questo blog:) un quesito che è stato posto anche a me: poniamo che un divorziato risposato compia un peccato mortale, per esempio furto o omicidio, e lo confessi davvero pentito. Ebbene, poiché è in stato permanente di peccato mortale non può essere assolto, e va bene; ma ciò significa che la sua anima pagherà non soltanto la colpa del suo adulterio, ma anche tutte quelle colpe che, non potendo egli essere assolto, si porterà alla tomba? Capisco che questo vale per ogni situazione di “non assolvibilità” dal peccato o di scomunica, ma vista così fa tremare per la responsabilità che si assume sia l’anima del peccatore, sia la Chiesa nello sciogliere e rimettere oppure no… sarei davvero grata se qualcuno mi potesse aiutare a capire meglio! grazie!
@Sara, così a caldo direi possa essere rimesso il peccato che può essere rimesso… (o se preferisci il singolo peccato)
Altra cosa è avere la completa assoluzione e riammisione alla vita Ecclesiale e Comunitaria e tornare alla completa Grazia di Dio.
Mah essendo tema delicato, non avendo ora documenti d’appoggio (e non essendo prete)… beneficio di correzione e revisione 😉
No, Bariom. Non è possibile prendere l’assoluzione a rate. Certo Sara: l’adultero, se non chiede perdono e cambia vita, va all’inferno. Con o senza omicidio.
Quello di cui non c’è chiara percezione è che l’adulterio, anche senza ulteriori peccati, ti porta dritto all’inferno. E questi sciagurati di divorziati risposati, anziché chiedere un’impossibile assoluzione volendo rimanere nel peccato, dovrebbero sforzarsi di comprendere in che razza di casino si sono cacciati.
Lo dico in piena sincerità. Se fossi nella situazione di essere stato lasciato o di aver lasciato la moglie e mi trovassi nell’incapacità di governare i miei istinti sessuali, preferirei mille volte andare con una puttana e poi andare a confessarmi, piuttosto che instaurare una relazione adulterina stabile, dalla quale sarebbe quasi impossibile uscire.
Insomma preferiresti un adulterio… ad un altro adulterio.
Salvo morire un istante dopo e rischiare uguale.
Quasi impossibile uscirne non significa non significa impossibile…
Preferirei un adulterio momentaneo ad un adulterio stabile.
Ma insomma, dico: è tutto il giorno che stiamo parlando del fatto che i divorziati risposati non possono essere assolti proprio per la stabilità della loro relazione. Dunque, posto che una relazione adulterina stabile comporta l’inferno COME UNA SVELTINA con una prostituta, tra le due preferisco la seconda che almeno non mi imprigiona in una situazione di peccato.
Mah…
Il peccato (mortale poi) è peccato.
Il tuo ragionamento vale tanto quanto dire preferisco tirarmi un colpo di pistola che ingerire veleno per topi.
Può aver senso per evitare un’agonia qui, ma non cambia d’un punto il risultato finale per la tua salvezza.
Insomma un sillogismo del piffero 😐
No Bariom. Evidentemente non vuoi capire allora.
La sveltina con la prostituta è diversa, meno grave rispetto ad una relazione adulterina stabile. Intendiamoci, scegliere di andare con una prostituta significa incamminarsi sulla strada del vizio, ed il vizio, prima o poi, arriverà a dominare completamente la mia volontà, mettendomi in una situazione di gravissimo e costante rischio. Però resta l’incontestabile fatto che io, pur essendo infognato nel vizio, tuttavia in ogni momento posso decidere di andare a confessarmi ed essere assolto.
Nella relazione adulterina stabile, invece, le cose sono più complicate, perché, naturalmente, si formano dei legami che poi sono difficili da spezzare. O si decide insieme di rompere la relazione, oppure, se uno solo vuole rompere, l’altro farà di tutto per legarlo a sé. Ma, soprattutto, quei sentimenti che, in apparenza, rendono più nobile una relazione stabile, in realtà finiscono per costituire un’ulteriore difficoltà da superare per rinunciare al peccato.
La realtà è che mentre la sveltina con la prostituta suscita facilmente lo sdegno e la condanna, per altro più che giustificati, la relazione stabile, anche se adulterina, si presenta come una relazione apparentemente legittima e giustificabile. Sara stessa, poco fa, ci ha dato testimonianza di quanto sia difficile… dire la verità e cioè che una relazione adulterina è ingiustificabile esattamente quanto una sveltina con una prostituta.
Il Card. MÜLLER: «Non comprendere il magistero sul matrimonio non è una buona scusa per cambiarlo»
http://www.iltimone.org/30547,News.html
Sempre Müller, intervistato dal National Catholic Register:
“Desidero ribadire alcuni punti fermi.
Primo: l’insegnamento di Cristo e della sua Chiesa è chiaro: un matrimonio sacramentale è indissolubile.
Secondo: le persone la cui situazione di vita contrasta con l’indissolubilità del matrimonio sacramentale non possono essere ammesse all’Eucaristia.
Terzo: i pastori e le comunità parrocchiali sono tenuti a comportarsi nei confronti dei fedeli che si trovano in questa situazione con “sollecita carità” (Familiaris Consortio, 84).
La premura della Chiesa per i suoi figli che sono sposati e divorziati non può ridursi alla questione della recezione dell’Eucaristia, e sono fiducioso che, radicata nella verità e nella carità, la Chiesa scoprirà le giuste vie e approcci in modi costantemente nuovi”.
http://www.ncregister.com/daily-news/cardinal-mueller-discusses-divorced-remarried-reception-of-communion-and-li#When:2014-03-4%2018:57:01
Meno male che c’è il Card. Müller! Questa sì che è musica per orecchie cattoliche!
viva la diplomazia:)
non credi che non per tutti almeno trovarsi un’altra donna /uomo sia soltanto una questione di istinti sessuali?
e anche che dire a priori: “beh, vado a donne, poi mi confesso così mi salvo pure la pellaccia”, non sia un’altra strada per l’inferno? non mi sembrano sfumature.
Detto questo sono d’accordo con te che non abbiamo chiara percezione della gravità dell’adulterio. Ultimamente mi sono trovata a dover dire ad un amico più grande di me che andare con un’altra donna che nn sia sua moglie dalla quale è dolorosamente separato, è controproducente, non aiuta a fare chiarezza nell’attesa di capire se il suo precedente matrimonio è valido o no, lo confonde; che la strada che indica la Chiesa, cui si deve obbedienza, è un aiuto a sè, e … ma non ho avuto cuore di dire la parola adulterio, che poi ha tirato fuori lui. Così poi all’inferno ci vado io per omissione e vigliaccheria, bell’affare:)! No, è che è molto penoso affrontare queste situazioni. Mi sono accorta che mi sono dovuta far forza,quasi, per parlare a lui cercando di essere chiara e nel contempo delicata, e forse ciò dipende dal fatto che non mi è così evidente la gravità assoluta dell’adulterio.
Guarda Sara, io non ho mai detto che trovarsi un altro uomo o un’altra donna sia solo una questione di istinti. Io dico un’altra cosa: qualunque sia il motivo per cui tu decidi di instaurare una relazione adulterina, devi avere chiaro che questa decisione ti porterà all’inferno. Punto e basta. Che tu lo faccia perché sei “seriamente” innamorata, o perché hai bisogno di sfogare un istinto, non cambia niente.
Non ho mai detto neanche: “beh, vado a donne, poi mi confesso così mi salvo pure la pellaccia”. Ho detto: “… se mi trovassi nell’incapacità di governare i miei istinti sessuali…”. Questo significa che io NON VADO A DONNE! Se poi succede che invece ci vado, allora commetto un grave peccato, ma non più grave di quello di instaurare una relazione adulterina stabile.
La provocazione di Giancarlo è la seguente: dato che un peccato mortale è un peccato mortale, e tant’è, un peccato mortale continuato è più pericoloso (e probabilmente anche più grave) perché invischia in una situazione di peccato stabile. Chi commette un peccato mortale può sperare di pentirsene (può, non è detto, e un cattolico dovrebbe, almeno nelle intenzioni, preferire morire piuttosto che peccare mortalmente… anche se tra il dire e il fare c’è di mezzo più del mare!). Ma un peccato mortale continuato incatena la volontà del peccatore, lo sospinge a desiderare di perseverare nel peccato, potenzialmente in eterno. In questo il suo maggior pericolo. Chiude la volontà al divino dono del pentimento (perché il pentimento autentico è grazia e lo dà Dio, ma se trova la volontà umana sempre sbarrata a riceverlo, rende impossibile articolarlo).
Per la stessa ragione, confessarsi volendo però ritenere anche un solo peccato mortale, vanifica l’assoluzione e aggiunge un altro peccato mortale: il pentimento, o è integrale o non è. Proprio perché, per essere un pentimento vero dev’essere grazia, e Dio non può dare la grazia a rate sulla remissione dei peccati: se viene da Dio, il pentimento non può mentire. Se non viene da Dio, non serve; è un dolore solo umano e non ha radici sovrannaturali (attrizione/contrizione). Bisognerebbe sempre ringraziare di cuore per il dolore dei peccati (cosa che anch’io spesso dimentico di fare: è più facile ringraziare solo per essere perdonati).
Ciò detto, chi pecca mortalmente facendo conto di poi pentirsene è uno schernitore di Dio, e accumula peccato a peccato, questo si sa.
Carissimo Roberto, tutti pecchiamo facendo conto poi di pentirsene. Per fortuna. Peggio sarebbe peccare, non per fragilità, ma in odio a Dio.
Mi sono espresso male: “chi pecca incoraggiandosi col pensiero di pentirsene dopo aver peccato”.
Comunque, Giancarlo, tu non le mandi certo a dire, eh!! 😉
Sono solo un misero peccatore.
Comunque anche Bariom nel commento al post dell’altro giorno sottolineava la differenza tra il peccato e la condizione stabile di peccato, nel suo lungo e articolato commento.
Ma relativamente alle regole ferree di cui parla Paolo, piuttosto… nessuno ha mai immaginato cosa potrà mai essere successo nella casa del Padre dopo il ritorno del figlio prodigo? Io a volte m’immagino che il figliol prodigo potrebbe essere diventato terribilmente zelante!
@Roberto anche sull’ipotesi del “post-ritorno” qualcosa avevo scritto, ma a parte questo, credo che più che dire “Ma un peccato mortale continuato incatena la volontà del peccatore, lo sospinge a desiderare di perseverare nel peccato, potenzialmente in eterno…” sia corretto dire che lo rende schiavo (questo lo dici: incatena la sua volontà), ma non lo sospinge a desiderare il peccato.
Dobbiamo ricordare che il peccato genera la morte ontologica dell’Uomo e produce un grave malessere e disturbo a tutto l’equilibrio della sua natura corporale e spirituale. Il peccato è solo apparentemente “desiderabile” – così il Maligno ce lo presenta – ma è un amaro calice. Per fare un paragone di rapida comprensione, è come la droga per il tossicodipendente. Nei suoi momenti di lucidità avverte quanto questa dipendenza lo stia distruggendo, ma la schiavitù e la sua debolezza lo rende impotente.
Vi è poi l’aspetto dell’eclissarsi (è un altro il termine ma mi sfugge…) della coscienza del peccatore con il persistere dello stato di peccato, che come quella del tossicodipendente, non ha quasi più nessun momento di reale lucidità.
Troppo spesso si ha la visione (distorta) del peccatore godereccio che “se la spassa”, che tanto voglia di punizioni esemplari scatena, voglia che sa più di rivalsa di chi “vorrei ma non posso e faccio pure la figura del fesso”… ,-)
IMPORTANTE!! Testo dell’intervista integrale al Papa sul Corriere di oggi…..
https://app.box.com/s/r1vblrqpgemoozfktv3e
Dice che non capisce l’espressione: “valori non negoziabili” perchè per lui nessun valore è negoziabile. Giusto.
Ovviamente cos’è che è passato?
Un anno di Papa Francesco:
“I valori non negoziabili?
Espressione che non capisco”
Dipende. Il valore (prezzo) di un vestito che compro al mercato (in una raffinata boutique forse pure, a questi lumi di luna) è negoziabile (trattabile: posso cercare di farmi fare uno sconto). Ho idea che molti problemi derivino dalla (presunta) somiglianza tra italiano e spagnolo.
Questo è quello che dice esattamente:
«Non ho mai compreso l’espressione valori non negoziabili. I
valori sono valori e basta, non posso dire che tra le dita di una ma-
no ve ne sia una meno utile di un’altra. Per cui non capisco in che
senso vi possano esser valori negoziabili. Quello che dovevo dire
sul tema della vita, l’ho scritto nell’esortazione
Evangelii Gaudium».
@senm perdonami ma il prezzo non è affatto il termine di riferimento per definire un valore…
Puoi pagare un altissimo prezzo in una raffinata boutique per un capo che in realtà ha un bassissimo valore, per fattura o per i materiali di produzione – concetto poi alla base di “caro” (prezzo), piuttosto che “costoso”.
Di fatto poi si usa dire che determinate cose “non hanno prezzo”, proprio perché il valore intrinseco, non può essere monetizzato o quantificato con parametro alcuno.
Qual è il “valore” di una vita? Non ha “prezzo”.
Poi giocando con i termini potremmo dire che una vita acquista tanto più “valore”, per come e quanto viene “spesa” 😉
(pur mantenendo un infinito valore in sè)
Avete ragione, o meglio, ho trovato io la risposta sbagliata. Cancelliamola dalla lavagna e scaviamo alle radici. Da dove viene fuori l’espressione “valori non negoziabili”? Se il primo a parlarne è stato il papa emerito (come comunemente si tende a ritenere) non posso pensare che l’abbia usata a casaccio. Se non è stato lui (per esempio, se l’espressione fosse una citazione tratta da qualche altro autore), chi è stato? E di che esattamente intendeva parlare. Urge lettura approfondita delle fonti, cosa che ora non posso fare per vari motivi. Studierò la questione appena possibile perché mi interessa molto.
Al di là di questo il concetto espresso da Bergoglio che i valori (intendendosi ovviamente con questa espressione i valori cristiani) siano tutti non negoziabili mi pare condivisibile. Personalmente non condivido queste interviste perchè vengono strumentalizzate. Quello che è passato è che Papa Franceco non capisce cosa siano i valori non negoziabili (ergo conclusione del volgo: si possono negoziare).
Avevo sperato che Papa Francesco avesse abbandonato la strada delle interviste dopo l’incidente-Scalfari ma…
Anche a me interessa la genesi dell’espressione e attenderò che senm ce la fornisca. Ma al di là di questo, l’espressione, nel linguaggio corrente, veniva (e sì, ho appena deciso di utilizzare il passato) impiegata per distinguere tra aspetti della dottrina *sociale* che NO, non hanno lo stesso peso:
http://www.cesnur.org/2007/mi_05_14.htm
[…]
Per molti vescovi, non solo sudamericani, i temi centrali sono quelli della pace (spesso, ahimè, scambiata con il pacifismo) e di politiche socio-economiche presentate come più favorevoli ai poveri. Sulla base di questi criteri molti vescovi brasiliani hanno sostenuto Lula, nonostante le sue aperture all’aborto. Né il problema è solo latino-americano: per le stesse ragioni da noi tanti preti e qualche vescovo continuano a sostenere Prodi, anche dopo il Family day e nonostante i Dico.
Benedetto XVI in Brasile ha rovesciato il quadro. Riprendendo i temi del documento sulla «Dignità a ricevere la santa comunione» che come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede aveva trasmesso ai vescovi degli Stati Uniti nel 2004, quando si trattava di scegliere fra Bush e Kerry, ha sistematicamente distinto nella dottrina sociale fra questioni «essenziali» e questioni, che pure importanti, «non hanno lo stesso peso». Così mentre per i politici (cui su questi temi può perfino essere negata la comunione) e gli elettori c’è un «grave e preciso obbligo» di opporsi all’aborto, all’eutanasia e al matrimonio omosessuale, su complesse questioni che attengono alla pace, all’economia e alla giustizia «ci può essere una legittima diversità di opinione anche tra i cattolici»: per esempio, «sul fare la guerra e sull’applicare la pena di morte».
Questo non significa che la pace, l’aiuto ai poveri e anche la tutela dell’ambiente in Amazzonia – tutti temi evocati da Benedetto XVI in Brasile – non stiano a cuore alla Chiesa. Non è così: ma la rivoluzione di Papa Ratzinger riguarda la scelta delle priorità, e di quali valori siano effettivamente non negoziabili.
[…]
Non mi pare che ci siano molti altri commenti da farsi: il prossimo cattolico che dirà “valori non negoziabili” sia già preparato a sapere in che modo gli verrà chiusa la bocca. That’s all.
A me risulta che di “principi non negoziabili” abbia parlato per prima la “Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica” emanata il 24 novembre del 2002 dalla Congregazione per la dottrina della fede presieduta da Ratzinger.
Vi si legge, al n. 3:
“Se il cristiano è tenuto ad «ammettere la legittima molteplicità e diversità delle opzioni temporali», egli è ugualmente chiamato a dissentire da una concezione del pluralismo in chiave di relativismo morale, nociva per la stessa vita democratica, la quale ha bisogno di fondamenti veri e solidi, vale a dire, di principi etici che per la loro natura e per il loro ruolo di fondamento della vita sociale non sono “NEGOZIABILI”.
Mi risulta pure che, da Papa, Ratzinger abbia parlato per la prima volta di “principi non negoziabili” il 30 marzo 2006 rivolgendosi ai partecipanti al Convegno promosso dal Partito Popolare Europeo:
“Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, l’interesse principale dei suoi interventi nella vita pubblica si centra sulla protezione e sulla promozione della dignità della persona e per questo presta particolare attenzione ai PRINCIPI che NON sono NEGOZIABILI.
Tra questi, oggi emergono chiaramente i seguenti:
– protezione della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del suo concepimento fino alla morte naturale;
– riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, come unione tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio, e la sua difesa di fronte ai tentativi di far sì che sia giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che in realtà la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo ruolo sociale insostituibile;
– la protezione del diritto dei genitori ad educare i loro figli.
Questi principi non sono verità di fede, anche se sono illuminati e confermati dalla fede; sono insiti nella natura umana, e pertanto sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nella loro promozione non è quindi di carattere professionale, ma si dirige a tutte le persone, indipendentemente dalla loro affiliazione religiosa.
Questa azione è anzi ancor più necessaria nella misura in cui questi principi sono negati o fraintesi, perché in questo modo si compie un’offesa alla verità della persona umana, una grave ferita provocata alla giustizia stessa.”
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2006/march/documents/hf_ben-xvi_spe_20060330_eu-parliamentarians_it.html
Sulla “non negoziabilità” si può vedere anche qui:
http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/quali-valori-sono-non-negoziabili.aspx
Come sempre: grazie, Alessandro!
E grazie a BXVI: ogni volta che si vuol fare chiarezza, non c’è lampada più luminosa!
🙂
Sapevo che Alessandro ci avrebbe dato tutte le coordinate necessarie!
Grande Benedetto!
http://www.corrispondenzaromana.it/notizie-dalla-rete/la-pastorale-del-matrimonio-deve-fondarsi-sulla-verita/
Oh, Alessandro, grazie, grazie di cuore! PRINCIPI, non VALORI. Quindi tutto torna e senza contraddizioni, q.e.d. 🙂
🙂
E infatti. Però (detto volgarmente 😉 ) mi resta la voglia di sviscerare la questione. Confidiamo che duri (sono nella fase periodica di accumulo-libri-da-leggere-ma-quando-non-si-sa…)
è vero che queste interviste vengono strumentalizzate, ma il Papa qui più che mai se ne dimostra consapevole eppure accetta ancora una volta di correre il rischio. Per una volta lo dice esplicitamente ” temo di venire frainteso”, e altre due volte rimanda alle sue encicliche “ciò che avevo da dire andatelo a leggere qui”. Insomma, non è scemo… sta adottando la sua strategia “meglio una Chiesa incidentata che chiusa e malata”…
@senm, sulla genesi dell’espressione non so aiutarti, ma certamente si spiega con quanto si qui detto e partendo proprio dal tuo primo commento sopra.
Il “valore” non ha un prezzo, non è quantificabile (anche per oggetti senza alcun valore-commerciale, vedi il famoso “valore affettivo”). Non essenso quantificabile, o essendo “incommensurabile”, non può essere soggetto a “negoziazione” (trattativa per cui ottieni lo sconto nella boutique di cui sopra) e neppure “barattabile”, forma di commercio, di scambio ma anche di “prezzamento” utilizzata prima dell’introduzione di una qualsiasi forma di valuta 😉
Ma verosimilmente mi sto soffermando sull’ovvio, quindi è un commento il mio, senza alcun “valore” 😉 🙂
eh,stanno ritornando i bei tempi del “corriere della serva”….
Tornando alla relazion-Kasper.
Per quanto riguarda la nullità matrimoniale (di cui non ho parlato nel mio commento precedente), la vedo così.
1) Nonostante Kasper dica che l’attività giudiziaria ecclesiastica non si oppone alla pastorale, mi pare che sia proprio Kasper a suggerire che di fatto c’è questa contrapposizione: “Davvero è possibile che si decida del bene e del male delle persone in seconda e terza istanza solo sulla base di atti, vale a dire di carte, ma senza conoscere la persona e la sua situazione?”.
Ecco, mi pare che sia gratuitamente irriguardoso e ingeneroso nei confronti di perizia, professionalità, diligenza e coscienziosità di chi opera nei tribunali ecclesiastici dipingere costoro indistintamente come algidi causidici immersi nelle loro carte processuali e incuranti della concreta situazione delle persone sofferenti delle quali “si decide del bene e del male”. Mi pare un espediente retorico di basso conio, una infelice concessione al luogo comune.
Su questo concordo con De Mattei: “Queste parole sono offensive verso i tribunali ecclesiastici e per la Chiesa stessa, i cui atti di governo e di magistero sono fondati su carte, dichiarazioni, atti giuridici e dottrinali,tutti finalizzati alla “salus animarum”.”
2) Kasper cita un discorso di Francesco “rivolto il 24 gennaio 2014 agli officiali del Tribunale della
Rota Romana, nel quale afferma che dimensione giuridica e dimensione pastorale non sono in contrapposizione.”
Ma proprio in quel discorso il Papa traccia del “giudice ecclesiastico” un profilo che non cede al luogo comune e alla diffidenza preconcetta:
“Vorrei ora tracciare un breve profilo del giudice ecclesiastico. Anzitutto il profilo umano: al giudice è richiesta una maturità umana che si esprime nella serenità di giudizio e nel distacco da vedute personali.
Fa parte anche della maturità umana la capacità di calarsi nella mentalità e nelle legittime aspirazioni della comunità in cui si svolge il servizio. Così egli si farà interprete di quell’animus communitatis che caratterizza la porzione di Popolo di Dio destinataria del suo operato e potrà praticare una giustizia non legalistica e astratta, ma adatta alle esigenze della realtà concreta. Di conseguenza, non si accontenterà di una conoscenza superficiale della realtà delle persone che attendono il suo giudizio, ma avvertirà la necessità di entrare in profondità nella situazione delle parti in causa, studiando a fondo gli atti e tutti gli elementi utili per il giudizio.
Il secondo aspetto è quello giudiziario. Oltre ai requisiti di dottrina giuridica e teologica, nell’esercizio del suo ministero il giudice si caratterizza per la perizia nel diritto, l’obiettività di giudizio e l’equità, giudicando con imperturbabile e imparziale equidistanza. Inoltre nella sua attività è guidato dall’intento di tutelare la verità, nel rispetto della legge, senza tralasciare la delicatezza e umanità proprie del pastore di anime.
Il terzo aspetto è quello pastorale. In quanto espressione della sollecitudine pastorale del Papa e dei Vescovi, al giudice è richiesta non soltanto provata competenza, ma anche genuino spirito di servizio. Egli è il servitore della giustizia, chiamato a trattare e giudicare la condizione dei fedeli che con fiducia si rivolgono a lui, imitando il Buon Pastore che si prende cura della pecorella ferita”
http://www.vatican.va/holy_father/francesco/speeches/2014/january/documents/papa-francesco_20140124_rota-romana_it.html
Inoltre, se proprio si vuole riferire il pensiero di Francesco al riguardo, allora sarebbe opportuno citare anche che ha detto il Papa nel discorso al Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.
Francesco, contro ogni eventuale tentazione di emettere disinvolte sentenze di nullità, ha ribadito la centralità del ruolo del Difensore del vincolo:
“L’attenzione rivolta al ministero del Difensore del vincolo è senz’altro opportuna, perché la sua presenza e il suo intervento sono obbligatori per tutto lo sviluppo del processo (cfr Dignitas connubii, 56, 1-2; 279, 1). Allo stesso modo è previsto che egli debba proporre ogni genere di prove, di eccezioni, ricorsi ed appelli che, nel rispetto della verità, favoriscano la difesa del vincolo…
il Difensore del vincolo che vuole rendere un buon servizio non può limitarsi ad una frettolosa lettura degli atti, né a risposte burocratiche e generiche. Nel suo delicato compito, egli è chiamato a cercare di armonizzare le prescrizioni del Codice di Diritto Canonico con le concrete situazioni della Chiesa e della società.
L’adempimento fedele e pieno del compito del Difensore del vincolo non costituisce una pretesa, lesiva delle prerogative del giudice ecclesiastico, al quale unicamente spetta la definizione della causa. Quando il Difensore del vincolo esercita il dovere di appellare, anche alla Rota Romana, contro una decisione che ritiene lesiva della verità del vincolo, il suo compito non prevarica quello del giudice. Anzi, i giudici possono trovare nell’accurata opera di colui che difende il vincolo matrimoniale un aiuto alla propria attività.”
http://www.vatican.va/holy_father/francesco/speeches/2013/november/documents/papa-francesco_20131108_plenaria-segnatura-apostolica_it.html
3) Kasper scrive inoltre:
“Di fatto, molti curatori d’anime sono convinti che tanti matrimoni celebrati in forma religiosa non sono stati contratti
in maniera valida. Infatti, come sacramento della fede il matrimonio presuppone la fede e l’accettazione delle caratteristiche peculiari del matrimonio, ossia l’unità e l’indissolubilità. Nella situazione attuale possiamo però presupporre che gli sposi condividano la fede nel mistero definito dal sacramento e che comprendano e accettino davvero le condizioni canoniche per la validità dei loro matrimonio? La praesumptio iuris, dalla quale parte il diritto ecclesiastico, non è forse spesso una fictio iuris?”
A proposito di ciò, mi pare che dica bene il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede card. Müller:
“La mentalità contemporanea si pone piuttosto in contrasto con la comprensione cristiana del matrimonio, specialmente rispetto alla sua indissolubilità e all’apertura alla vita. Poiché molti cristiani sono influenzati da tale contesto culturale, i matrimoni sono probabilmente più spesso invalidi ai nostri giorni di quanto non lo fossero in passato, perché è mancante la volontà di sposarsi secondo il senso della dottrina matrimoniale cattolica e anche l’appartenenza a un contesto vitale di fede è molto ridotta. Pertanto, una verifica della validità del matrimonio è importante e può portare a una soluzione dei problemi.”
Ma questa “verifica della validità del matrimonio” non può essere lasciata alla coscienza del singolo:
“Se i divorziati risposati sono soggettivamente nella convinzione di coscienza che il precedente matrimonio non era valido, ciò deve essere oggettivamente dimostrato dalla competente autorità giudiziaria in materia matrimoniale. Il matrimonio non riguarda solo il rapporto tra due persone e Dio, ma è anche una realtà della Chiesa, un sacramento, sulla cui validità non solamente il singolo per se stesso, ma la Chiesa, in cui egli mediante la fede e il Battesimo è incorporato, è tenuta a decidere.”
http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/muller/rc_con_cfaith_20131023_divorziati-risposati-sacramenti_it.html
Scrive Ratzinger:
“Poiché il matrimonio ha essenzialmente un carattere pubblico-ecclesiale e vale il principio fondamentale “nemo iudex in propria causa” («Nessuno è giudice nella propria causa»), le questioni matrimoniali devono essere risolte in foro esterno. Qualora fedeli divorziati risposati ritengano che il loro precedente matrimonio non era mai stato valido, essi sono pertanto obbligati a rivolgersi al competente tribunale ecclesiastico, che dovrà esaminare il problema obiettivamente e con l’applicazione di tutte le possibilità giuridicamente disponibili.”
http://www.osservatoreromano.va/it/news/la-pastorale-del-matrimonio-deve-fondarsi-sulla-ve
4) Concludo con una considerazione di Müller sulla misericordia (tratta dal’articolo citato):
“Un’ulteriore tendenza a favore dell’ammissione dei divorziati risposati ai sacramenti è quella che invoca l’argomento della misericordia. Poiché Gesù stesso ha solidarizzato con i sofferenti donando loro il suo amore misericordioso, la misericordia sarebbe quindi un segno speciale dell’autentica sequela. Questo è vero, ma è un argomento debole in materia teologico-sacramentaria, anche perché tutto l’ordine sacramentale è esattamente opera della misericordia divina e non può essere revocato richiamandosi allo stesso principio che lo sostiene.
Attraverso quello che oggettivamente suona come un falso richiamo alla misericordia si incorre nel rischio della banalizzazione dell’immagine stessa di Dio, secondo la quale Dio non potrebbe far altro che perdonare. Al mistero di Dio appartengono, oltre alla misericordia, anche la santità e la giustizia; se si nascondono questi attributi di Dio e non si prende sul serio la realtà del peccato, non si può nemmeno mediare alle persone la sua misericordia.
Gesù ha incontrato la donna adultera con grande compassione, ma le ha anche detto: «Va’, e non peccare più» (Giovanni, 8, 11). La misericordia di Dio non è una dispensa dai comandamenti di Dio e dalle istruzioni della Chiesa; anzi, essa concede la forza della grazia per la loro piena realizzazione, per il rialzarsi dopo la caduta e per una vita di perfezione a immagine del Padre celeste.”
Un commento “a caldo” su un commento che va meditato con il debito tempo e riandando ai link che indichi.
Partendo dalle giuste e corrette considerazioni sull’operato dei Tribunali Ecclesiastici, viene anche logico domandarsi perché tutta questa opera di discernimento approfondito, venga fatta a posteriori.
Vero è che alcune tra le cause accettabili per la dichiarazione di nullità si possono manifestare solo dopo che la convivenza (non nel senso extra o a-sacramentale comunemente inteso) è iniziata, ma altrettanto vero che altre sarebbero individuabili semplicemente “scavando” un po’ più a fondo nella realtà dei fidanzati.
Non si tratta di trasformare il pre-matrimonio in un percorso inquisitorio, ma appunto discernimento e aiuto a evitare comunque sofferenze e lacerazioni (perché anche questo percorso NON è un passeggiata…)
“Al mistero di Dio appartengono, oltre alla misericordia, anche la santità e la giustizia…” giustamente scrivi, e aggiungerei appartiene la Potenza e la Grazia, potenza e grazia che rischiano di essere dimenticate e sminuite, nel NON proporre ad una coppia in crisi, un percorso di seria riscoperta del valore del loro Sacramento, che non può che coincidere in realtà con la riscoperta della loro stessa Fede, fede in quel Dio che opera e interviene CONCRETAMENTE nel cuore e nella vita dell’Uomo, quel Dio capace di ridare Vita a ciò che sembra averla completamente persa.
Leggesi il concetto di “morte morale” del Matrimonio, già espresso da Kasper e sul quale articoli addietro ho già commentato.
In “soldoni” prima di arrivare a dichiarare il paziente completamente defunto, operare su tutto quanto possibile perché venga sanato, sapendo che il Medico di cui parliamo è capace di operare miracoli!
E in vita mia di miracoli morali di questo tipo (parlo proprio di Matrimoni) ne ho visti tanti, ma tanti. 😉
Correzione: venga fatta SOLO a posteriori
Nel caso di nullità, più che di “paziente defunto” sarebbe corretto usare la metafora di “paziente mai nato”… ma credo si sia compreso il senso 😉
Il Signore quando rivide Pietro dopo il suo triplice rinnegamento gli chiese: Mi ami ? non gli chiese : Ti penti ?
Certo! Si era già pentito!
Mt 26,69-75:
“Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una giovane serva gli si avvicinò e disse: «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!». Ma egli negò davanti a tutti dicendo: «Non capisco che cosa dici». Mentre usciva verso l’atrio, lo vide un’altra serva e disse ai presenti: «Costui era con Gesù, il Nazareno». Ma egli negò di nuovo, giurando: «Non conosco quell’uomo!». Dopo un poco, i presenti si avvicinarono e dissero a Pietro: «È vero, anche tu sei uno di loro: infatti il tuo accento ti tradisce!». Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell’uomo!». E subito un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola di Gesù, che aveva detto: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, USCITO FUORI, PIANSE AMARAMENTE”.
Eggià… magari piangessimo sempre tutti amaramente per il nostri tradimenti (nonché peccati…) 😉
ma uno si pente se si sente amato
@Sara s, credo il “passaggio” sia un po’ più complesso… riguardo il pentimento intendo.
Se si rende conto di quanto è amato e di quanto poco ha amato chi tanto lo ama
Perfetto 😉 questa la dinamica in poche parole… grazie Viviana.
Quanti ahimé vengono “stra-amati” (non solo da Dio) e mai si pentono di nulla… 😐
🙂 Non è merito mio, è del sacerdote che mi ha confessato ieri sera 😉
Ottimo… questi sacerdoti, ne sanno una più del…. 😉 (e vorrei anche vedere!!) 😀
Facezie a parte il Pentimento è una granda grazia, lo si può dire anche a livello puramente umano, nei rapporti interpersonali.
Ci si pente quando si prende coscienza di un male fatto o procurato a volte anche inconsapevolmente o per leggerezza non dando il giusto peso a ciò che si fa o dice (es. pronuncio una frase con leggerezza senza rendermi conto di quanto questa ferisca chi ascolta…). Ancor più “cocente” è il pentimento, quando il male commesso o procurato è a danno di chi ci ricambia con amore o ci fa oggetto del prorpio amore.
E’ evidente come il pentimento sia legato a “filo doppio” con un momento di profonda umiltà, in cui riconosciamo di essere fallibili, ingiusti, peccatori, e, almeno in quell’istante, “usciamo da noi stessi” e dalla nostra visione delle cose, per porci nell’ottica dell’Altro (nell’ottica di Dio principalmente). Abbandoniamo la protervia di avere sempre ragione e quindi di non avere mai nulla di cui pentirci…
Si comprenderà, quindi che è un’ OTTIMA cosa chiedere a Dio il DONO del pentimento, della “contrizione” (che è anche aperta denunzia dei propri peccati), ed è il modo migliore per iniziare il percorso di una Santa Quaresima 😉
…………………….
Perdonate il “pistolotto” di prima mattina…
Confessa: tu e il mio confessore abituale siete in combutta 😉
Ebbene si!! Ma non temere, si è sempre attenuto al “segreto professionale”… 😉 🙂 😀
In realtà come direbbe mia moglie, qui ci starebbe un “confessa: ti sarebbe piaciuto fare il prete!”
Potrei dire: ebbene si… Ma Dio ama troppo la Sua Chiesa per permettere una simile eventualità!!
Che ne sappiamo se i divorziati non piangono in cuor loro amaramente, ma certo il Signore non glielo chiederebbe cercando le prove, direbbe loro … Mi ami ??
@Salvatore, non credo nessuno metta in dubbio l’amaro pianto dei divorziati… io no di certo, ne metto in dubbio che Dio smetta di amarli.
Concordo anche con quanto dici a seguire: è l’Amore che cambia il cuore dell’Uomo non il rimprovero (anche se a volte è necessario ed è anch’esso una forma d’amore – anche la Scrittura ce lo ricorda) o la “regola”. Ma detto questo, non ti sfuggirà che il nodo del problema è un altro…
Permettimi questa forzara metafora: se un uomo (o donna) si procura il taglio di un braccio per sua negligenza e colpa (colpa intesa proprio come inadempienza ad una regola posta a suo beneficio) causando un incidente stradale, come potrà tornare a condurre un’autoveicolo, pur tornando ad osservare le regole del codice stradale, avendo pagato gli eventuali oneri e pur tonando in comunione con le persone che ha coinvolto nell’incidente?
Metafora troppo banale? Forse, ma comprendereai che quell’altro perduto (che pure Dio potrebbe ridonare miracolosamente) è metafora del vincolo di fedeltà matrimoniale, che resta irrrimediabilmente spezzato se la realtà rimane quella di un rapporto adultero extra-matrimoniale.
Quindi il nostro soggetto “senza un braccio”, potrà circolare per la strada, utilizzarà altri “mezzi”, godrà della possibilità di spostarsi e di stare in mezzo agli altri, imparando a convivere con la menomazione che egli stesso si è procurato e che gli impone dei limiti oggettivi.
Che poi non debba essere additato come “storpio” o peggio, o tenuto distanza come appestato e altro discorso, ma al di là di ciò che attiene alla cattiveria umana, nessuno la indica come prassi da seguire.
Ciò che mi fa meraviglia (e parlo per me) è che chi senza un braccio per danno auto-inflitto, pretenda di tornare a quidare l’auto o la motocicletta… con un braccio solo (questa stringente domanda la rivolgo ovviamente anche a me stesso, sperando Dio mi presenvi da simili disastrosi incidenti).
Iil Signore non chiede a Pietro, a conferma, se si è pentito; chiede se lo ama. E non diciamo che il Signore lo sapeva che Pietro era pentito, perchè il Signore sapeva anche che lo amava. Il Signore dice : Mi ami? perchè vuole dare un insegnamento: E’ importante più l’amore che la correzione, tanto si sa che si ricade, ma se si ama si supera ogni cosa.
Pietro non è ricaduto. Ha affrontato il martirio.
Agli apostoli il Signore dice: vi manderò un Paraclito che vi renderà forti … perché da soli non riuscirete. Auguriamoci tutti di avere la grazia donata dal Signore e smettiamo di essere giudici del prossimo, proviamo ad amarli.
ecco bravo Salvatore comincia a smettere tu di fare il giudice ( e anche le prediche, se ti riesce).
Somiglia al love is love di obamiana memoria……..
Fate come volete.
Ma no dai! Prima ti chiederemo il permesso!
Interessante, sul Foglio di oggi, l’intervento del prof. Juan José Perez Soba sulla relazione del card. Kasper al recente Concistoro
http://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/Stampa201403/140307perezsoba.pdf
Il prof. mette il dito nella piaga. La relazione-Kasper si muove ambiguamente perché da un lato sembra voler tener ferma l’indissolubilità del vincolo sponsale, dall’altro adombra soluzioni “pastorali” che inevitabilmente (anche se Kasper non lo dice) vanificherebbero l’indissolubilità del vincolo, mantenedolo in vita solo come finzione onomastica svuotata di contenuto sostanziale: e questo sarebbe evidentemente un sovvertimento dottrinale, non solo una innovazione nella prassi pastorale.
E’ bene accorgersi dunque che che la proposta-Kasper, per come si articola, condurrebbe proprio a revocare in dubbio ciò che invece non può essere revocato in dubbio, ossia il principio dottrinale dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale.
“Lo stesso cardinale Kasper sembra riallacciarsi a questo concetto quando afferma: “L’indissolubilità di un matrimonio sacramentale e l’impossibilità di un nuovo matrimonio durante la vita dell’altro partner fanno parte della tradizione di fede vincolante della chiesa che non può essere abbandonata o sciolta richiamandosi a una comprensione superficiale della misericordia a basso prezzo”. E’ proprio per questa ragione che risulta sorprendente che lo stesso cardinale tedesco, nella lunga relazione presentata nell’ambito dell’ultimo concistoro, non affronti in nessun momento questo argomento.
Anzi, egli parla di mantenere la giustizia senza far alcun riferimento al vincolo sacramentale come al bene di giustizia da difendere nel matrimonio cristiano, respingendo qualsivoglia offesa lo possa colpire. Quest’ultimo aspetto è meglio noto in quanto Familiaris consortio sul tema dei divorziati che cercano una nuova unione si riferisce esplicitamente al vincolo sacramentale (nn. 83-84) che rappresenta la base per il successivo documento della congregazione per la Dottrina della fede (14-IX-1994), promulgato proprio per ribadire l’inammissibilità della proposta dei vescovi dell’Alta Renania, tra i quali lo stesso Kasper, sui divorziati risposati.
Sorprende ancor più osservare che il cardinale, riferendosi a questo vincolo indissolubile che attribuisce a sant’Agostino, non menzioni per nulla la necessità di riallacciare tale indissolubilità con la sua fondazione divina. Anzi, nella fattispecie, le sue parole esprimono piuttosto il dubbio:
“Molti, oggi, hanno difficoltà a comprenderla. Questa dottrina non può essere intesa come una sorta di ipostasi metafisica accanto o al di sopra dell’amore personale dei coniugi; d’altro canto questo non si esaurisce nell’amore affettivo reciproco e non muore con esso (GS 48; EG 66)”. E? strano che questo modo negativo di parlare del vincolo e la sottolineatura della difficoltà di comprensione attuale, non adotti un parallelismo di comprensione molto semplice che aiuti proprio a illuminarne il valore sacramentale…
“Come afferma san Paolo: “Se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso” (2 Tim 2,13). Questo dono indissolubile del Battesimo è quindi precisamente espressione della misericordia di Dio nel dono indissolubile dell’essere figlio, che lo stesso Cristo espone come il principio fondamentale della parabola del figliol prodigo.
La difesa del vincolo sino all’indissolubilità è quindi il modo in cui Dio offre la sua misericordia sul matrimonio. “Il loro vincolo di amore diventa l’immagine e il simbolo dell’Alleanza che unisce Dio e il suo popolo” (FC 12). Questo unisce in modo estremamente diretto il legame indissolubile del matrimonio con l’amore degli sposi nell’ambito di una evidente “primarietà” della grazia (per usare il neologismo coniato da Papa Francesco) e come modo di guidare la loro libertà.
Rimane inteso però, che mantenere una nuova unione in contrasto col “legame sacro” del matrimonio, per un cristiano che voglia vivere della sua fede, è un atto di grave ingiustizia contro il vincolo divino che permane. In questa fattispecie quindi, non c’è possibilità di applicare una presunta misericordia che sarebbe ingiusta e, proprio per questo, falsa…
Nella relazione presentata al concistoro, possiamo addirittura identificare frasi letteralmente tratte dal libro che Kasper stesso ha scritto sulla famiglia più di trent’anni fa (nel 1978) alle cui argomentazioni rimanda e da cui trae la proposta che presenta (cfr. p. 68). Si tratta quindi di una vecchia formulazione, precedente alla Familiaris consortio, che ignora quasi tutto ciò che è stato detto successivamente dal Magistero e dalla Teologia…
A guisa di conclusione, possiamo osservare che appare evidente che ciò che in realtà è messo in discussione nella proposta di Kasper, è l’esistenza o meno del vincolo indissolubile; questo però non è più solo un argomento pastorale. La sua discussione quindi è contraria all’intenzione ribadita da Papa Francesco di non voler cambiare nulla nella dottrina.
Bisogna anche precisare che, naturalmente, un Sinodo non è il luogo adeguato per discutere di un tema dottrinale di tale portata.
Se le cose stanno così, o si ritira la proposta nella sua formulazione poiché impropria, giacché sembra ignorare le argomentazioni contrarie più elementari, oppure si propone di discutere la questione centrale affrontata da alcuni teologi ma al di fuori di un ambito sinodale.
In definitiva, teologicamente parlando, ciò che il cardinale Kasper ha proposto è un passo falso poiché ha
occultato proprio la questione fondamentale.
Egli in realtà ha aperto una profonda questione dottrinale ed è necessario che ogni vescovo che parteciperà al Sinodo comprenda, nella loro giusta portata dottrinale, gli elementi chiave della proposta rivoluzionaria.”
Ora anche qua:
http://www.ilfoglio.it/soloqui/22191
Sempre a proposito della relazione Kasper, mi pare molto opportuno l’intervento del prof. Carbone su La NuovaBQ.
Nella prima parte il prof. avanza obiezioni che i lettori più assidui e attenti del blog hanno già incontrato nei commenti a questo post (e dintorni).
Mi pare meritino particolare attenzione le considerazioni conclusive di Carbone:
“Ma non possiamo piuttosto ribaltare la questione? E pensare: se una coppia di divorziati risposati, che hanno rapporti coniugali e che non riescono a vivere la piena continenza, non è ammessa ai sacramenti della penitenza e dell’eucaristia, il fatto di non essere ammessa può essere vissuto come penitenza? La non ammissione ai sacramenti può essere proposta dalla Chiesa come una tappa del cammino penitenziale? Come un aspetto della metanoia a cui accenna anche il cardinal Kasper?
In fondo tutti i più recenti documenti del magistero invitano non solo al discernimento dei singoli casi, ma anche alla penitenza non sacramentale delle persone divorziate risposate. Si legga sempre Familiaris Consortio n. 84: «Con ferma fiducia la Chiesa crede che, anche quanti si sono allontanati dal comandamento del Signore ed in tale stato tuttora vivono, potranno ottenere da Dio la grazia della conversione e della salvezza, se avranno perseverato nella preghiera, nella penitenza e nella carità».
Nella storia plurisecolare della cristianità ci sono numerosi esempi di prassi penitenziali in ragione delle quali i penitenti non erano ammessi ai sacramenti proprio come segno esteriore della penitenza interiore. Non si tratta quindi di una forma di esclusione infamante, ma di un percorso di conformazione a Cristo che passa dalla rinuncia a un proprio modo di vedere i sacramenti al modo con cui Cristo pensa ai sacramenti. È questa la metanoia, il cambiamento di pensiero a cui tutti siamo chiamati. Questa è l’autentica conversione: pensare come Cristo, avere lo stesso pensiero di Cristo, la sua stessa mentalità e il suo stesso sguardo sulle persone e le creature.
Nell’Appendice II il cardinal Kasper cita sommariamente Agostino, La fede e le opere 19,35. Il testo è molto significativo perché ricorda una prassi negligente dei pastori nei confronti degli adulteri e anche un rischio tuttora reale: l’incidenza dell’adulterio in una popolazione aumenta quando non si rimprovera tale peccato, quando anzi lo si difende oppure quando lo si trascura: «Sembra che per i costumi dei cattivi cristiani, un tempo addirittura pessimi, non fosse un male il fatto che uomini sposassero la moglie di un altro o che donne sposassero il marito di un’altra, per questo forse si insinuò presso alcune chiese questa negligenza per cui nelle istruzioni ai richiedenti non si indagava né si riprovava su tali vizi. Così è avvenuto che si è incominciato anche a difenderli. Tali vizi tuttavia sono ancora rari nei battezzati, a meno che non li facciamo aumentare col trascurarli. Quella che alcuni chiamano negligenza, altri inesperienza, e altri ancora ignoranza, probabilmente è ciò che il Signore ha designato con il nome di sonno, dove dice: Ma mentre tutti dormivano venne il tuo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano [Mt 13,25]»”
Carbone fa presente infine quanto Bariom soprattutto ha sottolineato con forza su questo blog:
“Infine, la vera questione non è tanto il dopo, cioè la patologia del matrimonio (per quanto sia drammatica e dolorosa), la vera soluzione è il prima, cioè la preparazione al sacramento e il radicamento della coppia nella fede, nella speranza, nell’amore divino e nel desiderio di santità reciproca.”
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-le-amnesie-del-cardinale-kasper-8626.htm
La visone del prof. Carbone (qui utilmente riportata e commentata da Alessandro) è decisamente degna di nota, non tanto e non solo perché fa salvi gli aspetti dottrinali e di attenzione a regole pratiche che rimandano a realtà spirituali ben più importanti, ma perché suggerisce una reale e concreta prassi, percorribile da coppie in difetto di fronte alla Legge di Dio (al Diritto Canonico, ecc…) che sentano però il profondo e sincero desiderio e bisogno, di ritrovare una forma di Comunione Ecclesiale e Spirituale.
Anche in questo caso, dobbiamo sempre tenere presente che la Conversione è un percorso, il percorso di NOI TUTTI, con la Santità come punto di arrivo (sappiamo poi che i veri Santi mai si sentirono degli “arrivati”), Questo percorso è fatto di passaggi, di tappe, di slanci in avanti e tristi cadute, ma è un “divenire”, che ci vede sostenuti e sempre ri-edificati dalla Grazia di Dio (e mi piace ricordare che anche questo concetto è espresso dal Card. Kasper nella sua prolusione).
Ora una coppia di divorziati conviventi, entrando in questo percorso che (per TUTTI) è anche fatto di combattimento e rinunzie, ha la possibilità di affidare realmente a Dio e alla Chiesa i frutti e la cura di questo “evolversi”, che, con il tempo e con la Grazia, può portare a frutti insperati e insperabili contando sulle sole nostre umane forze.
In quest’ottica la riammisione all’Eucarestia, potrebbe anche avvenire, laddove si siano verificate e modificate le oggettive situazioni che impediscono questa piena Comunione (evito qui di ri-elencarle, ma per togliere ogni dubbio sul mio dire, né più né meno quelle attualmente previste dalla Chiesa).
Inoltre si evita il terribile rischio – che già ho sottolineato in un altro mio commento – di dare a queste coppie, non un alimento per la loro edificazione, ma quello per la loro condanna.
Le coppie o i singoli che accettino questo percorso certamente non facile o semplice, ma rimettendosi con umiltà e sincerità, alla via a loro indicata in tal senso, già darebbero segni concreti di volontà di cambiamento, di pentimento di desiderio di conversione.
Ricordo ai più zelanti in quanto ad una giustizia “secondo la legge”, che ha nessuno di noi peccatori quali siamo, è mai stato chiesto nella prassi “da oggi non pecchi più”, né possiamo affermare che questo sia stato possibile senza un intervento straordinario della Grazia (in quel caso la rottura con il peccato può essere immediata), o senza un lungo, faticoso, doloroso percorso, che ci ha visto più e più volte ricadere e ritornare alla Comunione con Dio grazie al Sacramento della riconciliazione.
Mi permetto infine di ricordare che i pastori che dovessero di propria iniziativa riammettere coppie o singoli all’Eucarestia in situazioni oggettive di peccato grave dagli stessi pastori conosciute, rischiano seriamente di vedere la colpa del peccatore ricadere “sulla loro testa”. Ancor più se il peccatore, con sincerità di coscienza, crede di far bene fidandosi del giudizio del pastore.
Cattolici fai da te? Ahi! Ahi! Ahi!
COMMENTI SU UNA PAGINA FB DOPO IL DISCORSO DEL PAPA A SANTA MARTA SUI “MATRIMONI FALLITI”: UN DELIRIO TOTALE!
NDI Anch’io aspettavo da un bel po queste sante parole, credo che tutti sperano con il matrimonio di essere felice, ma purtroppo non sempre e’ cosi’ e a volte per non morire di infelicita’ per non dire altro, sei costretta a decisioni dastriche come il divorzio.non penso che nostro signore mi debba punire x aver scelto di vivere serenamente….grazie papa francesco , mai condannare, perche non tutti comprendono quanta
sofferenza c’e dietro certe amare decisioni!!!!!
AM questo papa sta rivoluzionando la chiesa… questa è la chiesa che mi PIACE!!!
PV Io mi sarei rivoluta sposare in chiesa!! Anche se Dio è con noi in ogni momento della vita!! Lui mi ha salvata da un matrimonio di sofferenza! Lui mi ha fatto conoscere l’Amore Vero l’Amore che rispecchia il Suo desiderio per ogni suo figlio! Volevo annullare il primo matrimonio, ma per farlo troppi soldi si dovevano sborsare e io non li ho! Mi dispiace solo sapere che la sacra rota concede il divorzio a chi paga o mente (o entrambi) Io sono stata ingannata, tradita, umiliata e non posso avere ciò che credo mi spettasse di diritto la mia unica delusione è questa!! Ma alla fine poco importa ho un bellissimo rapporto con Dio Amo la mia fede e Credo fermamente nel Suo Amore! Oggi grazie a Papa Francesco credo in lui… purtroppo ancora credo poco alla chiesa!!
MGM E’ molto difficile credere alla chiesa. Annullamento di un vincolo matrimoniale indissolubile solo per bugie e soldi è agire contro Dio, la chiesa verso il matrimonio non è equa per tutti, poi si permettono di condannare, additare i divorziati anche risposati con rito civile, non ditemi che questa è chiesa. Non credo a nessun annullamento di matrimonio quando per ottenerlo ci si inventa cose da film e la chiesa pretende una marea di soldi, quindi annulla anche matrimoni validi al cospetto di Dio, quale serenità hanno queste persone e i magistrati ecclesiastici verso Dio?…..Mi meraviglio chi tutti i giorni va a messa e nega che non accade questo. LA CHIESA E’ UNA COSA fatta da uomini peccatori più dei laici, LA FEDE IN DIO E’ LA COSA SUPREMA, ESSENZIALE. NON DIMENTICHIAMOCI CHE DIO SA TUTTO DI NOI. Inutile che i finti credenti e ipocriti preghino per avere una bella facciata verso la società, non hanno ancora capito che la medesima società sa queste cose. SINCERAMENTE PENSO CHE PAPA FRANCESCO NONOSTANTE IL SUO IMPEGNO E VOLONTA’ RIESCA A CAMBIARE POCO DEI MISFATTI CHE LA CURIA ROMANA, E LOCALE HA FATTO E CONTINUERA’ A FARE. QUANDO UNA PERSONA E’ SERENA VERSO CRISTO NON DEVE TEMERE NULLA. CRISTO E LA CHIESA NON SONO DI PARI PASSO, CRISTO ERA POVERO PER I POVERI, INUTILE NON VEDERE CHE LA CHIESA E’ SOLO PER LA RICCHEZZA, UNA AZIENDA MULTINAZIONALE.
GM accompagnare nn condannare!! bellussimo!
VG Finalmente un papa vero! non sono una credente e sono una divorziata che ha sofferto tanto quando è accaduto,quindi Papa Francesco ha capito che non siamo da condannare,siamo solo stati sfortunati.Grazie,sei un grande Papa. un caloroso abbraccio
CC grazie di cuore santo padre che mi hanno toccatoil cuore, questo è vangelo vivo quotidiano.
MM Sono parole che aspettavo da tanto tempo… Grande Papa Francesco…non condannare!!!
AQ Grazie Papa Francesco prego per te e so che tu preghi per tutti quanti noi
RM Grande Papa!!
AB Auguri di buona guarigione santità preghiamo per lei ♡
AG Grazie di cuore aspettavo da anni queste parole.
ES grazie Santo Padre per queste parole siccome faccio parte della categoria del fallimento non ho mai ricevuto conforto ma solo umiliazioni e sguardi di disprezzo proprio da parte di persone che si definiscono più vicine a Dio (consacrate)
NG Un paio di domeniche fa’ il mio parroco e’ stato durissimo con i divorziati…non sono uscita dalla chiesa x altri motivi….GRAZIE PAPA FRANCESCO !!
PP grazie Papa Francesco erano anni che aspettavo di ascoltare simili parole…..
DA Finalmente un papa che nn condanna
DC Molto bello questo “accompagnare” e non “condannare”.
SF verissimo Papà e i parroci dovrebbero con il dialogo aiutare
SS “E non fare casistica con la loro situazione”
MV Caro papa Francesco dai una possibilità a tutti coloro che hanno fallito nel matrimonio. ..abbiamo bisogno di avvicinarci alla chiesa ma se per noi ci sono regole di chiusura questo non sarà possibile. ..confidiamo in te
BD Grazie Papa….un grande conforto in un momento così tanto difficile…..grazie di cuore!
MZ Grande e’ il Papa! .. e’ pur vero che e’ la Chiesa a creare contraddizione! CRISTO non condanna ma AMA tutti…e un Cristiano intelligente deve pensare cosi’
MF questo papa ha capito ke questi poveri separati nn solo sono infelici x un amore finito ma devono rinunciare anke alla loro fede quindi perdono tutto l’amore ke e svanito e nel momento in cui uno prega x la sua fede vedersi rifiutare anke la comunione e l ‘appoggio di cristo
MD quando i divorziati potranno risposarsi in chiesa?
Cara Giusi, al di là del “fai date”, da alcuni di questi commenti (non li ho letti tutti e mi interessa il giusto…) si evincono reali situazioni di sofferenza e di un fallimento che non si è saputo o voluto evitare, ma che ha lasciato un segno.
Molte richieste di poter “rientrare” o sentirsi riaccolti dalla Chiesa, sono sincere e non si può non farsene carico.
Come vere sono molte accuse di essersi sentiti solo giudicati e allontanati.
Lo stesso dicasi per alcuni approcci alla Sacra Rota (non sto parlando dei pronunciamenti), viziati da menzogne o distorsioni della realtà.
Per cui anche liquidare tutto come “delirio totale” mi pare ingiusto e inappropriato.
Viene da porsi la domanda, perché in generale – sarà una mia impressione – molta più misericordia o propensione a credere alla sincerità di chi ritorna sui suoi passi dopo un aborto – che è omicidio e peccato grave?
Perché assimilare più facilmente chi abortisce, alla Maddalena pentita e chi ha abbandonato il proprio matrimonio al peccatore godereccio che chiede una benedizione – che per la verità questi della benedizione se ne fregano altamente!
Sappiamo entrambi che la situazione oggettiva può non essere la stessa, ma ci farei una riflessione.
Bariom ma quando mai la chiesa li ha condannati? Quando mai li ha esclusi? Adesso pare che sia una novità!
@Giusi non tiriamo a non capire…
Non parlo della Chiesa istituzione, parlo della chiesa dei benpensanti, dei “tutti santi”, dei moraleggianti, degli spettegolanti.. mai visti ne conosciuti?
Tipo le pie donne che mentre tu stai spiegando – a bassa voce – il senso degli affreschi di una chiesa ai tuoi figli (facendo così un po’ di catechesi) ti FULMINANO con gli sguardi perché loro stanno dicendo il Rosario (e perché sei una faccia sconosciuta…)!
Nulla contro il Rosario s’intende, ci mancherebbe… 😉
Non è questo il discorso Bariom. Noi non c’entriamo niente. E’ la Parola di Dio che non si può sovvertire. I divorziati risposati che intendono permanere nella propria condizione non possono fare la Comunione. Punto. Invece già la fanno e pensano che Papa Francesco sia d’accordo. E’ questa la tragedia.
Si ma scusa Giusi, cosa vuoi da me?!
Ho mai detto scritto da qualche parte che invece è cosa buona!
Possibile che ogni volta che si tenta un commento che prende in esame le reali sofferenze che scelte sbagliate e anche peccati (ho mai chiamato io il peccato con qualche forma di eufemismo?), si faccia il processo alle intenzioni “allora tu vuoi dire che, sottintendi, ammetteresti” e via discorrendo.
Cosa centra qui il tuo ribadire e poi con me? E lo stesso tuo a me qui: http://costanzamiriano.com/2014/03/10/legame-sacro-vincolo-indissolubile/#comment-75734
Secondo te a seconda dell’articolo, io cambio idea?
Cmq per oggi chiudo, mi sono “rotto”… meglio la Quaresima che ha suggerito Viviana 😉
Voglio che ogni tanto te ne esci con un buonismo del tutto fuori luogo perchè qui nessuno si erge a giudice ma quei commenti che peraltro hai detto di non aver letto vanno nella direzione che non sono loro che devono rientrare nella Chiesa (che peraltro non li ha mai esclusi) ma è la Chiesa che deve accettare i loro peccati. E che cavolo!
Bene Giusi, ti ringrazio per il giudizio di “buonismo fuori luogo”… naturalmente “delirio totale” (pure maiuscolo); quelle di Kasper sono sciocchezze (da che pulpito poi – qualcuno che voleva un giorno sgozzare qualcun altro) e via discorrendo, non sono giudizi… sono parole certamente illuminate e illuminanti.
Guarda mi tengo il mio buonismo.
Se ti può consolare (ma de che…) ho letto l’articolo che non avevo letto e mi trovo perfettamente d’accordo (come se non mi fossi mai espresso in tal senso).
Appunto perchè so che sei d’accordo il tuo buonismo è fuori luogo. Sei scorretto. Ricordo quel commento.
Lo copio incollo qui:
Giusi
18 febbraio 2014 alle 09:23
Ma non sono le nostre certezze, sono quelle del Vangelo: “Ciò che Dio ha unito l’uomo non separi” l’ha detto Gesù in persona. La tua amica, se è cattolica, parlerà con un sacerdote. E’ molto probabile che un uomo che si sia comportato in questo modo nutrisse già delle riserve mentali al momento del matrimonio. Magari ci sono gli estremi per l’annullamento. Il fatto che lui se ne sia andato non rompe la promessa che la tua amica ha fatto di fronte a Dio, nella gioia e nel dolore. Non è il nostro mondo, è la nostra religione. Se poi sei fuori dalla nostra religione è un altro discorso. Poi nessuno di noi è perfetto, tutti pecchiamo ma non si può pretendere che Dio avalli i nostri peccati. Ti faccio un esempio estremo: la mamma alla quale ammazzano il figlio. Secondo la nostra religione dovrebbe perdonare gli assassini. E’ colpa sua se le hanno ammazzato il figlio? E’ facile? A me verrebbe da dire che li strozzerei con le mie mani. Ma questo mi darebbe la pace? E’ difficile eppure c’è chi ha perdonato e ha trovato la pace. I nostri metri possono essere plausibili, giustificabili persino ma non giusti. Giusto è Dio ed è difficile seguirlo: è la famosa strada stretta ma solo alla fine di essa c’è la salvezza e la gioia piena..Io non infierisco mai sulle debolezze umane perchè dovrei infierire in primo luogo su me stessa, quello che sopporto poco è la religione fai da te, il “visto che mi fa comodo Dio deve essere d’accordo”.
Significa che voglio sgozzare qualcuno? Non male per uno che vuole le relazioni integrali! Però tu estrapoli le frasi dal contesto!
@Giusi hai sbagliato commento e anche persona… ma è lo stesso, lasciamo perdere.
Mi prendo una pausa di riflessione. Ciao 🙂
“Quelle di Kasper sono sciocchezze” non l’ho mai detto. Oltre che estrapolare inventi…..
Ma infatti non sono parole tue…
Allora Giusi, dato che tu ti riferivi a miei commenti in generale, non solo ad uno scambio tra noi due e parli della Chiesa o di atteggiamenti sul blog o che altro, io ho messo insieme cosa tua e cosa d’altri (adesso quando lo viene a sapere “altri”, apriti cielo! Ma come si dice: “chi è causa del suo mal…).
Quindi non ho inventato nulla… detto questo (te lo dovevo per correttezza), torno alla mia “pausa di riflessione”, perché qui la cosa a preso un piega che non mi piace. Ri-ciao.
Beh non si capiva…..
Mea culpa… così ho chiarito 😉
ma voi che parlate così la comunione la fate? No perché io se scrivessi commenti così, come altri di Giancarlo e altra gente qui, non oserei fare la comunione senza essermi confessata e aver chiesto scusa. Ma certo che tanto ormai la gente se ne frega altamente degli altri, fare commenti con battutine, sarcastici, duri…chissene. L’importante è avere la coscienza a posto che non si è divorziato. Se lo chiedete a me, ci sono divorziati che di corsa andranno in cielo e gente che fa la comunione tutti i giorni che andrà di corsa in purgatorio (a differenza di Giancarlo non spedisco nessuno all’Inferno). Sono buonista? Ebbene sì. Ma forse vale la pena di ricordare che nel Vangelo c’è scritto che chi dice “pazzo” a suo fratello andrà nella Geenna. Vale la pena di leggerlo, il Vangelo, ogni tanto, prima di lanciarsi in commenti.
Bariom, tutta la mia stima: i tuoi commenti sono sempre belli da leggere.
che non si *ha divorziato
Mi sembra di intravedere una lunga fila dietro Nicodemo. Attendiamo il giorno.
Per voi LIRReverendo
“Se lo chiedete a me, ci sono divorziati che di corsa andranno in cielo e gente che fa la comunione tutti i giorni che andrà di corsa in purgatorio (a differenza di Giancarlo non spedisco nessuno all’Inferno)”
Un’altra o un altro che si sente Dio. Ha abolito pure l’Inferno…… .
🙂
La “faccina” era per il commento di sweety (non vorrei fosse travisata data la posizione a calare nei commenti)
Non ti preoccupare Bariom non avevo dubbi,,,,,,
Questa invece e tutta per te (che non manchi mai un colpo…) 🙂
@sweety
Caro sweety, in effetti io faccio raramente la comunione, perché sono un misero peccatore e troppo spesso mi capita di essere in peccato mortale. Di conseguenza preferisco fare la comunione spirituale, in attesa di essermi confessato. Quindi, come puoi vedere, prendo molto sul serio il problema di avere “la coscienza a posto” prima di fare la comunione. Per quanto riguarda i miei commenti, aspetto che tu ti decida ad intervenire nel merito, per poi poterti rispondere.
Sul buonismo, ti consiglio decisamente di cambiare atteggiamento. Il buonismo è una vera autostrada per l’inferno. Molto meglio essere rigorista. L’importante, quando si usa il rigore, è cominciare da se stessi.
Bariom… dovresti avere la correttezza di rivolgerti al diretto interessato quando hai un problema.