Il Dio masticabile

20200BL
di Andrea Torquato Giovanoli 
Ho avuto modo di crescere quattro figli maschi, e per ciascuno di essi, ogni volta che li tiro fuori dalla vasca del bagnetto serale, avvolgendoli nell’asciugamano e lasciando fuori solo il visetto vispo e sorridente, puntualmente mi viene da pensare a Gesù bambino avvolto in fasce, e mentre il mio cuore di padre si squaglia, la mia carne vibra dalla voglia di spellarli di baci quei furbetti tenerelli, accompagnando il mio pensiero a quella domanda ricorrente: chissà se anche San Giuseppe ha provato la stessa cosa con il Dio-bambino in braccio.
Altre volte, invece, mi sovviene quel rapporto splendidamente complice che avevo con mia nonna: eravamo tanto uniti che ci s’intendeva ad uno sguardo e condividevamo uno spirito bambino che ci vedeva il più delle volte spensierati in gioiose circostanze. Spesso ci ritrovavamo a ridere senza alcun motivo e fino alle lacrime per interi quarti d’ora, mentre erano presenti anche i miei genitori, i quali si guardavano rassegnati tacciandoci in dialetto di “stupidèra”: chissà se anche Gesù bambino l’ha fatto mai con la sua nonna Anna.
Oppure come tutte quelle volte che ho colto mia moglie che, finito di allattare uno dei nostri pargoli, indugiava giocosamente col suo piccolino nel lasciare che questi le titillasse il capezzolo fingendo di suggere ancora, saggiandone l’elasticità e rilasciandolo con uno schiocco, e poi sorridendole, come sorpreso nel mentre di una marachella: chissà se anche Maria condivideva col suo neonato Signore momenti come quelli.
E chissà se anche lei strabuzzava gli occhi con apprensione mentre il suo casto sposo alzava in aria il suo pargoletto in quello sport tanto amato dai papà del: “lancio-mio-figlio-in-aria-e-lo-riprendo-al-volo”, che è causa di tale sollazzo per i figli quanto d’ira funesta per le madri. Chissà se San Giuseppe lo faceva con Gesù e chissà se Maria se ne stava in silenzio sopportando l’imprudente spettacolo. E Nostro Signore se lo lasciava senz’altro fare, credo, visto che si è lasciato poi innalzare sulla croce.
Perciò ieri sera, mentre ero sul lettone col mio bimbo piccolino tutto nudo, giocavo a mordicchiargli le chiappette adipose facendolo esplodere in squillanti risatine e mi chiedevo: chissà se anche San Giuseppe l’ha mai fatto con Gesù bambino.
E son sublimato al pensiero di un Dio tanto intimo all’uomo da lasciarsi dare i morsicini al sederino.
Ma d’altronde poi, una volta cresciuto, il Dio incarnato ha scelto di farsi letteralmente mangiare fino alla fine del mondo…

24 pensieri su “Il Dio masticabile

  1. Alessandro

    Proprio in questi giorni sto riflettendo sul significato dell’Eucaristia e dei doni che questa lascia. Sto provando a prenderla ogni giorno, avendo in questo periodo un desiderio di vicinanza a Cristo molto intenso. Spero di esserne degno, ma non sempre ne sono sicuro.

    1. Si caro Andrea, penso sia stato proprio così;-)
      Già meditare questo in preparazione al Santo Natale ormai prossimo, ha dello “sconvolgente”… morsi sul sederino a parte, intendo Dio fatto Uomo ma partendo da embrione, passando da creatura dipendente in tutto e per tutto dai suoi genitori…

      Chissà se Gesù Bambino ha fatto anche qualche capriccio? Dici no?… Nemmeno sputacchiare la pappa in giro dappertutto? 😀

  2. lucia1332

    Certissima di non esserne mai degna, e perciò tanto più grata di tale misercordia! Ma che paragone riuscito, le chiappette burrose e l’Eucarestia!

  3. …credo che Giuseppe non lo facesse mai lui il “bagnetto”(!) a Gesù. A quei tempi erano solo le donne che facevano i “bagnetti” ai bambini. Forse, più tardi, quando fu più grandicello, andavano insieme in qualche corso d’acqua a lavarsi, come anche succedeva da noi nei tempi passati. E questa era di certo una cosa molto bella, che ancora si può vedere (per esempio in Africa) fare i bambini il bagno nei fiumi, con gioia!

    1. Direi corretta osservazione Alvise… ti ringrazio.
      Anche perché già mi aspettavo una qualche tua battuta sarcastica… mea culpa 😉

  4. Gabriele

    Grazie, Andrea per questa tua riflessione su Gesù, così tanto uomo e così tanto Dio.

  5. vale

    leggendo un post precedente son venuto a sapere.
    naturaliter Auguri alla sciùra Miriano.
    ( è che sono un po’ tardo ma poi ci arrivo,eh!)

  6. Rosanna

    Sono la persona a cui hai suggerito , per ben tre volte, di leggere il tuo libro. Ho provato a prenotarlo in biblioteca ma non ce l’hanno e quindi, visto che avevo promesso di leggerlo, l’ho ordinato in una libreria.
    Leggendo quello che hai scritto oggi lasciami essere un po’ cattiva e chiederti quanta melassa hai fatto colare? Sembra una pagina del libro cuore, senza togliere nulla a quel libro.

    1. Angelina

      Lo stile di Andrea è particolare. Tende alla contemplazione, secondo me. Con qualche pennellata efficace descrive scene tremendamente reali e quotidiane, che a noi sembrano esattamente quello che sono, e cioè quadretti di intimità domestica. I suoi occhi, però, guardano oltre e subito trovano l’analogia, il paragone, il richiamo ad un’altra storia, altrettanto reale ed incarnata. È la storia di una famiglia, che problema c’è a contemplarla qualche istante? Perché melassa? Gesù è nato in carne ed ossa, non è un’idea né un personaggio fantastico: soffermarci un attimo a pensare a lui che vive la nostra stessa vita penso sia tutto sommato un bell’esercizio che giova alla fede.
      Se poi non piace…de gustibus… è un’altra questione.

      1. Rosanna

        Non discuto l’argomento, sono madre anch’io, ma è come viene esposto che mi lascia perplessa. Tutto qui.

        1. Cara Rosanna, mia moglie ha letto questo pezzo stamattina e ne ha fatto una valutazione molto prossima alla tua: grazie perché con il tuo commento hai dato voce anche a lei 😉

          Angelina: smack! 🙂

          Bariom: come d’abitudine sprizzi mitaggine 😉

          1. Andrea, peccato che nella vita di tutti i giorni “sprizzi” molto meno… 😐

            Non è per “doppiezza”, è che effettivamente lo scrivere, anche solo su un blog, è per me come se nella vita reale tutte le volte “contassi fino a dieci” 😉 (cosa che non faccio quasi mai, ahimè)

      1. Giusi

        Anche io non sono particolarmente sdolcinata anzi per niente ma riconosco ad Andrea una profonda autenticità, un candore passato indenne attraverso il più terribile dei dolori e credo che, solo per questo, meriti un grande rispetto.

        1. Qui ci sta un “copia-incolla” di commento appena fatto… giusto per risparmiare la fatica che già sarebbe troppo spesa ,-)

          Sai com’è Giusi, Alvise è il classico difensore del rispetto di tutti (abbiate pazienza, rispettate questi e quelli, non imponete questo e quello…) e che non sa – in casi come questo – neppure dove sta di casa il rispetto…

          Rispettate le cose di quelli che non la pensano come voi, che io non rispetto le cose di chi la pensa come voi 😐
          Molto semplice.

        2. Tu-sai-chi ha sbagliato termine di paragone 😉

          «Con la melassa siamo di fronte ad un particolare paradosso: il prodotto di scarto di una lavorazione, quella dello zucchero, è un alimento molto prezioso per la nostra salute, mentre il prodotto primario, lo zucchero, è assolutamente inutile se non dannoso! Quindi per migliorare la nostra salute un passaggio utile potrebbe essere quello di far diventare gli zuccherifici dei “melassifici” dove il prodotto di scarto diventerebbe….lo zucchero bianco!» (http://www.spigadoro.org/it/esperto-risponde/la-melassa/)

  7. Franca 35

    Grazie Andrea, è bello quello che hai scritto, bello e basta, io sono sempre stata innamorata di Gesù Bambino e spesso mi connuovo guardando i suoi piedini, e anch’io ho pensato tante volte a Mamma Maria in estasi a guardare e accudire il suo Bambino, come ogni mamma della terra, e questo me La fa amare doppiamente. Ciao a tutti.

  8. Lalla

    Trovo bellissimo, e raro, che Andrea Torquato Giovanoli sappia sempre ancorare l’esperienza di fede ad un livello fisico e tangibile, e, di ritorno, sappia evidenziare il soprannaturale che è immanente in ogni cosa terrena e quotidiana. Mai abbastanza meditiamo sul mistero dell’Incarnazione e sulla nostra corporeità, destinata ad un’eternità goloriosa. A me, per esempio, è stato il diventare madre che ha dato uno slancio alla fede, senza esperienze particolari, ma piano piano, con cadute e risalite, scivolate e slanci. Il legame profondo con la prima figlia, neonata tra le mie braccia, mi ha fatto pensare alla profondotà dell’amore di Maria per quel suo Bambino, e da lì ho cominciato a capire che amare Dio ed esserne amati non è una cosa astratta, ma un amore vero, personale, pieno di tenerezza. Quindi ringrazio ATG, che illumina questi aspetti con il suo stile di scrittura non comune e non immediatamente “accettabile”, ma sempre pieno di sincerità, tutto l’opposto di un mero esercizio di stile. Se non sbaglio, lo leggo nel solco del pensiero di Fabrice Hadjadj nel suo “Terra, strada del cielo”, dove dice che per levare lo sguardo verso il mistero divino bisogna partire guardando per terra il dente di leone. E anche ne vedo dei riflessi ne “Il Paradiso alla porta” dove si dice che il Paradiso, cioè l’esperienza della beatitudine, è già inscritto nella nostra corporeità sofferente e squarci di questo possono essere a noi presenti già qui ed ora.

    1. @ Lalla. Ma davvero Hadjadj dice così del dente di leone? Perché è un esempio perfetto, umile e perfetto come il “soffione” stesso. Non c’è bisogno di altre prove per capire che il Creatore c’è. Ottimo modo per chiudere la giornata, grazie 😀

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