Stamattina ho aperto gli occhi e, come ogni giorno da quando ho imparato a parlare, ho ringraziato D-o per avermi dato una nuova opportunità di vita. Mi sono lavata e vestita. Una gonna di jeans che copre le ginocchia, una maglia bianca con la manica a tre quarti, un paio di orecchini di H&M. Ho percorso la tratta camera-cucina in punta di piedi. Come ogni madre nel mondo, godo di libertà vigilata. Da parte dei miei figli.
Come fai? Mi domandano donne che hanno optato per una vita priva di vincoli famigliari. Come farei senza, rispondo. Perché in questa vita delimitata dalle esigenze di altri essere umani, in questo rumore di sottofondo che si interrompe solo per qualche ora notturna, in questi chili di bucati e spaghetti da gestire ogni giorno, trovo rinnovata la mia libertà di donna.
Mentre tutto il mondo intorno prova a suggerirti percorsi di carriera e stipendi a cinque zeri e a convincerti che la libertà sta nel vivere una vita senza legami e obblighi famigliari, io la mia libertà la trovo qui. Nelle limitazioni che derivano dalla creazione e gestione di una famiglia.
Ho preso in mano il libro delle preghiere, approfittando della quiete prima della tempesta. Pronuncio le stesse frasi da circa trentacinque anni. A sei anni ho imparato a distinguere una alef da una beth. E a riversare il mio cuore a D-o con le stesse parole usate dagli ebrei portati in esilio da Gerusalemme a Roma nell’anno 70, scacciati dalla Spagna nel 1492, trasformati in fumo di ciminiera ad Aushwitz e Dachau. Mangio cibo kasher, come i miei antenati, rispetto lo shabat, venticinque ore di black out tecnologico in grado di riconnettermi a D-o e alla mia famiglia. Sono un piccolo anello di una lunghissima catena.
Sono una donna ebrea ortodossa. Dotata, secondo il Talmud, di una capacità intuitiva superiore all’uomo, un quid in più che fa trasmettere l’ebraismo solo per via matriarcale, che rende donne come Sarah, profetesse superiori al marito Abramo. Un’intelligenza esaltata dai rabbini che porta donne come Noa ad amare la terra di Israele a tal punto da farla diventare un’agguerrita avvocatessa della Bibbia. Un quid che fa tessere le lodi della donna al venerdì sera in un canto femminista pronunciato da milioni di uomini nello stesso momento. Cercare di osservare le leggi che D-o diede a Mosè più di tremila anni fa non è facile nel nostro mondo.
Come fai? Mi domandano persone che si tolgono decine di centimetri di indumenti appena il termometro sale sopra ai venti gradi, guardando le mie maniche lunghe con aria compassionevole. Come farei senza, rispondo. Perché in questo stile di vita che in ogni secondo ti richiede un esame di coscienza per diventare una persona migliore e i salti mortali per trovare una gonna che non sia troppo corta, in queste figure di donne che racconto ai miei figli (maschi e femmine) prima di andare a dormire, trovo rinnovata la mia libertà di essere umano.
Mentre tutto il mondo intorno prova a suggerirti di vivere una vita senza regole e limitazioni, io la mia libertà la ritrovo qui, nelle tradizioni religiose.
Nella lunghezza di una manica, nelle preghiere recitate dai miei figli prima di addentare un pezzo di cioccolato, nelle parole di Rabbi DovBer, un rabbino del 1800. «I cieli baciano la terra con i raggi del sole, la risvegliano con le gocce di poggia. Così impregnata, la terra dona la vita, la nutre, la sostiene. Le sfere spirituali più alte, i mondi degli angeli e delle anime, non posseggono questo potere, di dare vita dal nulla, di trasformare la morte in respiro. Perché la terra, nella sua essenza, va ben oltre i Cieli. I Cieli sono la luce di D-o. Ma la terra è un’estensione della Sua essenza primordiale. E proprio da questa essenza proviene il potere di generare l’esistenza. Questo è il motivo per il quale è l’uomo che va dietro alla donna e non viceversa. Perché l’anima dell’uomo va alla ricerca di ciò che gli manca, della vera essenza dell’esistenza. E sa che solo nella donna potrà trovare ciò che lui non possiede».
fonte> La27simaOra
Ho dato una scorsa rapida ai commenti. Non sono poi così cattivi anzi…. Forse perchè non è cattolica?
Abbiamo molte cose da imparare dai nostri fratelli ebrei!
…imparare che?
Imparare come si fa con i fratelli maggiori…
Imparare che l’appartenenza al popolo di Dio (ebrei per loro, cristiani per noi) è parte fondamentale della propria vita e non un semplice “contorno”.
Imparare che la nostra vita è di creature affidate al proprio Signore (la Kippà che portano sulla testa è segno della mano di Dio sull’uomo).
Imparare la sacralità della Liturgia.
Imparare quanto sia importante trasmettere la fede ai figli.
Imparare a santificare il giorno del Signore, Shabbat per loro e Domenica per noi (andare in Terra Santa per vedere cos’è la meraviglia di popolo in un giorno dedicato solo a Dio).
Imparare il ruolo importantissimo ma differente della donna e dell’uomo, della madre e del padre.
Gesù era un ebreo osservante, spesso lo dimentichiamo.
Shalom
da quando sono tornata da Israele/Territori palestina non vedo l’ora di tornarci…in particolare a Gerusalemme. Non credo di aver mai visto un posto così bello.
A parte l’emozione di camminare là dove Gesù ha camminato, di vedere il Giordano, le colline della Galilea, Tiberiade…anche il fatto di vedere tanti ebrei mi ha commosso (e anche il Muro e i Territori palestinesi, a dire il vero, mi hanno commosso tanto).
Da quando sono stata in Israele curo molto di più il riposo domenicale!
Che fortuna avere la certezza di un Dio, un grande Dio…
E’ dolcissimo provare tanta serenità leggendo queste parole.La saggezza dà sempre frutti.
grazie di questa testimonianza, mi piacerebbe tanto vedere ospitate qui le testimonianze di donne di fede, di altre fedi oltre la nostra. Ad esempio penso tanto alla mia amica Kadija che mi ha insegnato quanto forte possa essere la gioia dell’obbedienza. Noi preghiamo una per l’altra (ognuna con le sue preghiere) nelle circostanze difficili, nelle strettoie della vita. La certezza di essere amate (soprattutto come donne, nella nosra specificità) da chi ha creato tutto il bello che ci circonda pervade e sostiene anche le donne musulmane, almeno quelle che ho conosciuto io e posso assicurare che tutte le nostre occidentali pretese di “liberarle” sono percepite come violenze da parte di chi non conosce il valore di alcuni gesti e abitudini. Certo, vanno fatti relativi distinguo, ma spesso i brutti fatti di cronaca che si raccontano sono espressione non di scelte religiose ma di scelte di costume. Sarebbe bello sfatare alcuni dei terribili tabù su l’Islam e le donne…
E’ bellissima questa testimonianza,non solo mi ha fatta ricordare le riflessioni delle amiche ebrei di mia madre ad Amsterdam.quando ero piccola, ma anche il giorno della nostra visita al Vescovo, in quanto studenti di teologia, ed ero l’unica a non voler insegnare religione nelle scuole per rimanere con i miei figli a casa. Il vescovo fu l’unico a difendermi parlando della Madonna che fu sempre solo casalinga.
Se non ricordo male si tratta della stessa donna che tempo fa aveva commentato articoli di questo blog, mi pare si chiamasse Gheula…ricordo bene?
Sí Lalla è proprio lei 😉
che bello vedere lo spazio di altre anime, altre religioni, altre donne perchè i commenti sono per la maggior parte femminili e come dici sappiamo come vivere, pur difficile che sia.L’abbiamo profonda questa saggezza…
egrazie all’intelligenza di aver scelto questo blog che può trarne tanto vantaggio..grazie
…non ci sono altri commenti, quindi rinnovo io i complimenti al tuo dono che assai merita come contenuto e occasione visto che è più facile parlare di ciò a cui si è abituati.
Perdonami Giusi, ma c’è una differenza (con altri post a cui alludi tu), ed è dichiarata per ben due volte (una per ogni volta che le viene chiesto “Come fai?” e la risposta è):
– sono un’ebrea ortodossa;
– questo è il racconto di una mia libera scelta (“io la mia libertà la trovo qui”);
ovverosia, questa è la testimonianza di una scelta, di una libera scelta.
Scelta di cui gode quotidianamente, ogni istante anzi.
Bene, buon per lei.
L’assenza di critiche viene dal fatto che non ha aggiunto: “e così dovrebbero fare tutti”.
Bene, buon per noi.
Quindi caro francesco la differenza tra il post di Gheula e altri post di questo blog è che non viene aggiunto la frase “e così dovrebbero fare tutti”. Intanto potresti cominciare indicandoci su quale (o quali) post di questo blog è stata pubblicata questa frase (o una simile); nel frattempo ti indico io una frase scritta da Costanza Miriano, in uno dei primi articoli di questo blog:
“La sottomissione di cui parla Paolo è un regalo, libero come ogni regalo, che sennò sarebbe una tassa. È un regalo di sé spontaneo, fatto per amore.”
http://costanzamiriano.com/la-sottomissione/
(forse si riferiva ai post su la27ora da cui è tratto il post? Giusy si riferiva i commenti lì…)
Si certo. Ma anche Francesco si riferiva a quelli.
Credo che testimonianze di “libera scelta” in questo blog ce ne siano state tante, a partire dai post, fino ad alcuni commenti, anche quelli scritti in “libera scelta”. Ghuella ha raccontato la sua né più né meno di altre autrici di post, Costanza compresa ed in prima fila in quanto gentile ospite di chiunque arrivi in questo blog. Il fatto che sia ebrea ortodossa, secondo me, non deve essere considerato una marcia in più, né un motivo di discriminazione: è un dato di fatto e lo accolgo come tale. Essendo la sua una “libera scelta”… chiunque è “libero di scegliere”, anche diversamente. Di questa testimoianza la ringrazio con ammirazione e ringrazio Costanza ed Admin per averla pubblicata.
“Come farei senza”.
Bisognerebbe farne un motto, uno slogan! Grazie Gheula per questo post, una testimonianza bellissima!