Ogni casa è la mia casa

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di don Fabio Bartoli

Scrivo questo contributo da casa di Paolo Pugni, dove sono ospite alcuni giorni per un po’ di riposo e un mini ritiro prima della Quaresima. E questa coincidenza mi fa riflettere che in realtà è ormai per me quasi abituale farmi ospitare dagli amici in giro per l’Italia. Non avendo soldi per le vacanze in genere per l’estate scrocco una settimana qua e una là da amici sparsi per il mondo e la cosa è sempre affascinante: intanto con questo sistema ho potuto visitare luoghi straordinari, dal Brasile al Paraguay alla Romania alla Spagna al Portogallo per non parlare delle più belle località italiane, ma soprattutto ho avuto modo di conoscere nell’intimità della loro casa tante persone straordinarie.

Non mi sono mai vergognato di ricevere questa elemosina, ben sapendo che in realtà quelli che me la offrono ricevono molto di più di quanto danno, visto che il Signore ce lo garantisce esplicitamente (Mt. 10,42). Ma ciò che c’è di più bello è l’esperienza di Chiesa che facciamo ogni volta. Davvero, come dice Agostino, i legami che ci uniscono sono più forti di quelli di sangue ed è così bello sentirsi a proprio agio in ogni città di ogni nazione, nei grattacieli di New York come nelle baracche dei favelados, nelle chiesette di campagna come nelle grandi cattedrali, sentire in definitiva di appartenere ad una famiglia grande come il mondo.

E nella liturgia vale lo stesso principio: ho imparato ad amare il canto gregoriano e la Missa Luba, i riti romani e quelli Ghe’ez (sì amici milanesi, il rito ambrosiano non è proprio la forma più strana in cui ho celebrato), per non parlare dei dipinti di Claudio Pastro o del Beato Angelico, delle chiese di legno del Maramures, piene di icone straordinarie, o della Sagrada Famillia e delle diverse filosofie politiche, delle diverse culture e dei vari punti di vista che si intrecciano e si sovrappongono in una mirabile sinfonia di contrappunti dove le diversità e talora perfino le dissonanze sono necessarie e si ricompongono in una superiore armonia.

Sì, sono romano e milanese, brasiliano e polacco, turco, rumeno e calabrese, perché sono cristiano e dovunque Cristo è annunciato è la mia casa. Parlo tutte le lingue e le comprendo perché l’unica lingua della fede ci unisce ed intanto il cuore si dilata, si allarga fino a comprendere sempre più fratelli ed amici in un abbraccio universale che non è mai scontato, ma al contrario va ricevuto come un dono sempre nuovo e sempre fresco.

Come sono piccine e meschine le divisioni che affliggono la Chiesa viste da questa prospettiva, e quanto siamo ridicoli nel voler difendere a tutti i costi il nostro particulare nel bisogno di affermare a tutti i costi una identità anche contro i propri fratelli quando la nostra identità è già così chiara e piena e ben delineata e non ha confini. Ditemi quello che volete della Chiesa, ma essa è veramente Catholica e questa è la sua più grande bellezza.

26 pensieri su “Ogni casa è la mia casa

  1. Alessandra

    Bello! La Chiesa è davvero una cosa grande,sconfina sempre 😉 Le nostre case sono quelle chiesine piccole dove si sta piú vicini,piú stretti e ci si sente abbracciati piú intimamente da questa sposa che è madre dolce e accogliente.

  2. Alvì, ti sfugge il punto, more solito, io non sono affatto cittadino del mondo. Sono cittadino di Gerusalemme e concittadino di Cristo, è solo che Gerusalemme è grande come il mondo (e pure di più)
    Anzi il concetto di cittadino del mondo mica mi piace tanto, mi semba come dire “cittadino di niente”

    1. .Fabio:
      ..hai ragione, cittadini del mondo è un’altra cosa, anche diventata, oramai, troppo banale, io avevo in mente il pensiero degli Stoici.
      E hai anche ragione nel dire che il mondo ti sta stretto. Uno degli aspetti più affascinanti del cristianesimo, ma comune a altre religioni, è che noi siamo nel mondo ma non siamo di questo mondo, il nostro è solo un transito provvisorio e fugace in vista di un altro mondo “vero” che sta aldilà. Il che non toglie che, noi tutti, in questo transito breve e quasi impercettibile a fronte della realtà eterna del cosmo, si trovi il tempo di pensare e di dire e di fare tutto quello che facciamo e di lasciarci dietro la scia delle nostre scempiaggini.
      Stamani sentivo alla radio che c’era il direttore de “LAvvenire” un uomo in palese mala fede, o scemo, che parlava dei nati down e poi qualcheduno ha chiesto a uno di questi giovani dawn se lui era o no felice di essere nato e lui ha detto che era felice. Ergo, hanno concluso, soddisfatti, i giornalisti, non sarebbe stato goiusto non partorirlo in quanto ora lui felice e dunque gli si sarebbe impedito di esserlo. A parte la capziosità del procedimento, sarebbe come chiedere a uno di noi se è o no felice e dedurne (se sì)che non sarebbe stato giusto (come per voi non è giusto) non farlo nascere. Una dimostrazione non per assurdo, ma per assurdità e mala fede. Tutto questo facente parte della scia che ci lasciamo dietro, ivi incluso la scia di tutti i fanatismi possibili immaginabili, religiosi, scientifici o che altro possibile immaginabile. Bello pensare, allora, di non essere di QUESTO mondo. D’altra parte il mondo è quello che è e che diventa via via…..

      1. Velenia

        Alviseee bello de mamma tua,non sono un’esegeta,ma mi sa che hai un poco travisato la frase”nel mondo,ma non del mondo”,per la mia esperienza il significato è un altro:viviamo in questo mondo,partecipiamo attivamente ad esso ma non siamo determinati dalla mentalità attorno a noi.Urge una rilettura della lettera a Diogneto,prendila come compitino a casa.

      2. vale

        su L’Avvenire ed il suo direttore mi trincero dietro ad un no comment, ma che c’entra con il post?
        e ,per inciso, perché capzioso,assurdo e malafede, chiedere ad uno se è felice di essere nato?
        poi ti può dire di no, che non è felice. ma come fai a saperlo prima?
        per ilresto ti ha risposto velenia.

          1. …seconda cosa, a vale, c’entra col fatto della scia che ci lasciamo dietro, purtroppo, di cui un esempio le capziosità, da ogno parte, per non arrivare, concettualmente mai a nulla, ovviamente….

          2. Cristiana

            Ho una cara amica assolutamente non credente, con un fratello con sindrome di Dawn amatissimo da lei, dalle sue due sorelle e dal papà (purtroppo la loro mamma è morta molto giovane), che ogni volta che legge articoli sul fatto che sia una crudeltà far nascere bambini malati o disabili perché non potranno mai essere felici rabbrividisce. Quindi, come vedi, non è una mentalità prettamente cristiana bensì umana: tutti hanno diritto di nascere, e la felicità successiva non dipende affatto dalla tua condizione fisica, ma soprattutto dal sentirti amato da chi ti sta attorno (da cristiana aggiungerei: perché è segno dell’Amore di chi ti ha pensato e ogni giorno ti dona la vita). E ti posso giurare (avendoci lavorato) che per questi ragazzi la felicità è qualcosa di veramente raggiungibile con un nulla, perché hanno una semplicità da cui noi non abbiamo che da imparare. Conosco persone non malate e piene di doni (famiglia che li ama, salute, soldi…) che sono molto più tristi di loro.

            Detto ciò, anche io non comprendo che cosa c’entri questo commento con il post! 🙂

            Ciao ciao

          1. Velenia

            Alvise!!! Grazie,sono andata a rileggermelo,una scossa! vedi che anche dalle colline toscane può venire qualcosa di buono!

  3. Solo un grazie Don Fabio per questa tua riflessione… e complimenti a Paolo per la sua casetta, che a vedere la foto è proprio carina… un po’ da Hobbit, ma carina. 😆

  4. 61Angeloextralarge

    Don Fabio: grazie per questo post! Una “girandolona” (ahimé, messa a riposo!) come me, non può non essere felice per te… e sotto sotto (ma non tanto sotto) essere anche un po’ “gelosa”, perché vorrebbe essere lì, non al posto tuo, ma assieme a voi! 😀

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