Se un prete si innamora di una donna. Padre Aldo racconta la sua storia

In questi giorni si è parlato molto del caso di don Riccardo Ceccobelli il parroco di Massa Martana che durante la messa ha annunciato ai suoi parrocchiani di essersi innamorato di una ragazza, una catechista della sua parrocchia, e per questo di aver chiesto chiesto la dispensa dal celibato sacerdotale e la dimissione dallo stato clericale. 

Un caso sul quale non vogliamo aggiungere niente oltre al comunicato stampa diffuso dalla diocesi QUI disponibile integralmente, ma ne vogliamo evidenziare un passaggio:

“Si è parlato di eroismo davanti ad un prete che decide di mollare tutto perché si è innamorato di una ragazza; certamente occorre rispetto per la libertà di chi, pur avendo promesso solennemente di consacrare tutto se stesso a Cristo Gesù per il servizio alla Chiesa, non ce la fa, ma parlare di eroismo risulta davvero fuori luogo. Gli eroi sono quelli che rimangono in trincea anche quando infuria la battaglia, come, ad esempio, i mariti e le mogli o i padri e le madri che non mollano nei momenti di difficoltà, perché si sono presi un impegno e l’amore li inchioda anche nel tempo in cui i sentimenti sembrano vacillare; come i sacerdoti che, senza limiti di disponibilità e con cuore libero e ardente, vivono la fedeltà di una dedizione totale.”

Leggendo queste parole non possiamo non pensare alla storia di padre Aldo Trento, perché la storia di padre Aldo prima di essere quella di un uomo che si è dato ai poveri è quella di un uomo che ha detto al Signore “sono tuo, cosa vuoi fare di me?”, e lo ha detto più volte nella vita, a tutte le svolte della sua esistenza. Alla prima vocazione, quando è entrato in seminario a undici anni; lo ha detto all’incontro con CL; lo ha detto nel momento in cui è stato provato col fuoco, come capita a tutti i discepoli, quando si è innamorato di una donna e ha consegnato il suo cuore sanguinante a Cristo; lo sta dicendo ancora adesso, quando anziano, malato e solo (a parte pochi amici italiani), rimane al suo posto in trincea tra gli ultimi. Lo spiega benissimo nel documentario che vi proponiamo di seguito: ci sono stati tanti momenti in cui padre Aldo ha rinnegato se stesso, ha preso la sua croce e Lo ha seguito. Ma mentre certe scelte a favore dei poveri anche il mondo le capisce e le approva, la decisione di non seguire il proprio cuore, solcare l’Oceano e non voltarsi più verso la donna di cui era innamorato, e che lo amava, questa proprio il mondo non la capisce. Perché senza Cristo non puoi capirla.

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31 pensieri su “Se un prete si innamora di una donna. Padre Aldo racconta la sua storia

  1. Domenico Carlucci

    Beh, certamente dispiace avere un sacerdote in meno, … già sono pochi. Ma le vie nella Chiesa sono tante. Se si fa tutto nella Carità, nella moralità, alla luce del sole, nella chiarezza, nella Chiesa con la Grazia di Dio,…va benissimo.
    Si può essere santi, bisogna esserlo, da laici, padri e madri di famiglia, col proprio lavoro, …. Forse i laici cattolici non hanno questo dovere?
    Un sacerdote che si spoglia può continuare a “lavorare” per Cristo e la Chiesa da padre di famiglia, come tutti i cristiani. Non c’è nulla di male.
    Siamo noi ancora legati all’idea che quella del sacerdote sia una vocazione particolare, speciale o addirittura superiore. La vocazione cristiana è una sola.

    1. Emasa

      Quella del sacerdote è , ripeto, è una vocazione speciale.! E come scelta speciale di Dio ,coloro che sono all intorno al sacerdote lo devono trattare come tale e pregare per lui perché a chi più ha più viene dato ( incarico, pesi, responsabilità ecc) e … richiesto .

      1. Ruggero Poggianella

        Tutte le vocazioni sacramentali sono “speciali” – sia l’ordine che il matrimonio

  2. Francesca Vento

    Mi chiedevo se fosse inutile dire il mio grazie, ma ringraziare fa sempre bene. Grazie a Dio, grazie padre Aldo, grazie a te Costanza perché a noi che guardiamo i sacerdoti con ammirazione, stima e amore, perche prescelti da Dio stesso, perché unti, ecco, a noi le notizie come quella di don Riccardo fanno male, tanto male. È come se la vita ti dicesse di togliere il prosciutto dagli occhi e guardare la realtà. Ma poi viene il carico da 100 e ascolti una santa testimonianza di un uomo che ti riporta la gioia della fede in Dio, nel Padre che opera e fa bella ogni cosa. Ed è proprio grazie a uomini come padre Aldo che si manifesta la verità, che Gesù è il Cristo, risorto e vivo… Fa nuova ogni cosa. E non si tratta di avere il prosciutto negli occhi, si tratta di guardare la bellezza del mondo, che esiste è reale. È l amore che trasforma le cose.. L amore vero, che è donazione di sé senza riserve, e che come diceva Padre Pio è amaro… E quanto amaro sarà stato per don Aldo scegliere di seguire Cristo! Ma come dice San Paolo le sofferenza presenti non sono paragonabili alla gloria futura! Vabbè… Scusate se mi sono dilungata. Prego per te don Riccardo e per tutti i sacerdoti. Sappiate che in voi noi riponiamo la nostra fede perché in voi noi vogliamo vedere Gesù, soltanto Gesù!

    1. Mauro

      Brava Francesca, sono totalmente d’accordo con te. Pregare per i sacerdoti oggi è un obbligo, la via è larga ed è facile perdere la rotta il mondo sta vincendo e solo la preghiera può fermarlo

  3. Ruggero Poggianella

    Parlare di “eroismo” davvero mi sembra inappropriato, specialmente dinnanzi ad una promessa non portata a compimento. Credo però che sia possibile una chiave di lettura nitida se definiamo il concetto di Amore e di amare.
    L’Amore – quello con la A maiuscola – non è un sentimento, o per meglio dire, è molto di più.
    Amare è una decisione, che diventa inattuabile quando non è sorretta dal sentimento che, come è noto viene e va, oggi c’è e domani vedremo. Questo è quanto propone il piano del mondo.
    Amare è una Decisione! Amare è amarti quando non ho voglia, quando mi costa fatica, quando penso che non te lo meriti, quando avrei altro di più gradevole da fare.
    Pensiamo ad un genitore con un figlio: lo ama quando è sano e quando è malato, di giorno e di notte quando rimane sveglio, lo ama anche dopo l’ennesima delusione, e via dicendo.
    La fedeltà costa, costa fatica, fermezza, discernimento, è una dei tanti modi di declinare la decisione di amare. Oggi a quasi 68 anni è anche fin troppo semplice essere fedele, ma che ne sapete voi quanto mi è costato decidere di rimanerlo da giovane, quando la tentazione è più forte, si insinua nell’ego e stuzzica la vanità, per non dire dei sensi.
    Ecco, ridefinito il senso di Amare ed il significato della sua decisione di amare, credo sia più facile intuire perchè non trovo “eroico” il comportamento di quel prete, pur rispettandolo e rispettando, pur non condividendole, ogni sua scelta.
    Ruggero Poggianella

  4. ola

    Se veramente il sacerdozio non era il progetto di Dio su di lui e non ci sono altri problemi o difficolta’, allora come si dice “meglio tardi che mai”.
    Parlare di eroismo mi sembra fuori luogo, ma almeno si puo’nel caso riconoscere l’onesta’di aver guardato in faccia il problema e aver corretto la rotta.
    Da una parte spiace senza dubbio perdere un sacerdote, dall’altra dei danni alla Chiesa causati da sacerdoti senza vocazione sono piene le cronache, non ne servono veramente altri.
    In un modo o nell’altro, l’ennesimo campanello di allarme per il percorso di preparazione all’Ordine. Possibile che sette anni non siano bastati per fare chiarezza?

  5. don Paolo

    Da sacerdote dico che la diocesi di Orvieto ha rilasciato un commento estremamente prudente, sobrio e rispettoso. Tutt’altro linguaggio se pensiamo a cosa si dice in politica dietro ad uno o una che cambia partito o gruppo parlamentare. Al linguaggio volgare e violento dei social. Ancora una volta la Chiesa é madre e maestra di umanità. Da sacerdote dico che questa persona non ha disdegnato l’afflusso dei media sulla sua vicenda, potendolo – se voleva – evitare o scansare. Ho vissuto più volte l’abbandono di amici sacerdoti, che non hanno suonato la tromba di fonte a sé. D’altronde sembra la conseguenza inevitabile di una Chiesa che fa la ” misericordia” con le tv davanti e sembra teme più il giudizio dei giornali che quello di Dio. Di una Chiesa ” umile”, che spaccia per umiltà delle gerarchie l’andare vestii con abiti dimessi o l’abitare in appartamentini, cosa di cui la gente che cerca Dio non ha bisogno e nemmeno se ne rende conto. Il celibato sacerdotale é essere sposati: occorre viverlo con atteggiamenti coniugali. Innamorarsi di Cristo é innamorarsi per davvero. Se é considerato una privazione , spesso finisce così. La responsabilità degli educatori e dei formatori é grande. Nessuno é felicemente celibe se con altrettanta felicità non fosse capace di amare una donna. Se sa amare una donna e dei bambini, amandoli in Cristo, é raro che gli si ponga dinanzi questo problema dell’alternativa tra prete e marito.

  6. Frama

    Mi è sembrato umile quando ha detto di essersi affidato alla Misericordia dopo un lungo travaglio, che ha pianto tanto da farsi venire un’infiammazione agli occhi. Le ragazze hanno pure la loro dose di immaturità nel circuire il parroco. Sembrava tanto genuino nel dire che s’è trovato immerso in qualcosa di nuovo mai sperimentato prima.
    Allora io mi domando se la solitudine non sia dovuta anche all’abbandono da parte delle autorità. Mi ricordo (decenni fa) un giovane solo che veniva giudicato severamente da un altro che, benché anziano, beneficiava della compagnia di un’affettuosa madre più che novantenne.
    Io non so se il Don pregava o non pregava, come dice la nota della Curia, ma certo era umanamente solo se si è ridotto a piangere in solitudine senza un padre o una madre con cui parlare. I superiori , io credo, devono essere anzitutto padri affettuosi. Magari lo potevano trasferire per dimenticare o distrarlo in altro modo, che so….
    Può essere pure che non era una vera vocazione e allora meglio tardi che mai, e meglio di una bugiarda doppia vita.
    Sulle nostre cadute passa la mano di Dio con altri progetti e come dice il salmo “sul mare passava la Tua via”
    M’è sembrato una brava persona, che Dio lo aiuti!

  7. Olimpia

    Da donna dico che anche noi abbiamo la nostra responsabilità. Sarò old style,anche se ho 44 anni, ma dai sacerdoti e anche dai seminaristi sono sempre stata lontana. Che gioia quando dei miei amici sono entrati in seminario! Ma da quel momento non li ho più visti. Anche quando non ero sposata né fidanzata. Per me è questione di rispetto, i sacerdoti sono su un altro piano rispetto a noi, ci conducono al mistero di Dio. Una volta ho letto una riflessione di un sacerdote che con rammarico notava che certe donne non si fermano certo nemmeno davanti alla tonaca. Tocca anche a noi aiutarli nella loro vocazione, con la preghiera e anche con una rispettosa lontananza. Aiutare in parrocchia ma anche sapere quali sono i limiti. Non voglio entrare nel merito di questa situazione particolare, è una riflessione generale su questo argomento.

    1. roberto

      sono d’accordo .Ho conosciuto abbandoni di sacerdoti che avevano collaboratrici giovanissime che gli giravano attorno

  8. Stefano B

    Premesso che il mio non è un giudizio sulla persona (in nessun modo vuole esserlo), credo che sia troppo semplice dire “Se veramente il sacerdozio non era il progetto di Dio su di lui e non ci sono altri problemi o difficoltà, allora come si dice “meglio tardi che mai”.
    E chi lo dice che il sacerdozio non fosse effettivamente il progetto di Dio per questa persona? E che l’avere abbandonato questa vocazione non sia stata una tentazione, una infedeltà a quella vera vocazione originaria?
    Il fatto è che abbiamo sempre una giustificazione per tutto. Il sacerdote si è fatto una famiglia: vabbè, ma se quella del sacerdozio non era la sua vera vocazione meglio un bravo marito (eventualità tutta da dimostrare) che un cattivo sacerdote. Vabbè, ha lasciato moglie e figli per un’altra donna: ma se non era la donna giusta è giusto che abbia inseguito una nuova opportunità; l’importante è l’amore…
    La vita (e anche l’amore, tanto quello per Dio quanto quello per una donna o per un uomo) è fatta d’impegno; anche quando la strada si fa faticosa. E di fedeltà. Un concetto, quello di fedeltà, che rimanda a qualcosa di eterno, a qualcosa che è “per sempre”.
    Ma oggi nulla è per sempre. Non lo sono gli elettrodomestici, alla cui obsolescenza programmata ci siamo ormai tutti rassegnati. Non lo sono le fedi politiche o gli impegni presi con i propri elettori. Non lo sono più i matrimoni nè lo è più il sacerdozio.
    “… Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza.”
    Alla fine tutto si riduce a questo: non abbiamo più la certezza che ci sia qualcosa per cui valga davvero la pena essere e rimanere fedeli per sempre.
    Che poi le vie del Signore per recuperare noi tutti, nonostante le nostre infedeltà, siano infinite e imperscrutabili, questo è indubitabile. Ma certo noi non gli rendiamo le cose facili.

    1. admin @CostanzaMBlog

      Vi invito a vedere per intero il documentario su padre Aldo, sulla valanga (letteralmente) di opere che ha creato in Paraguay e alla fine, il racconto del suo innamoramento e del tormento. Ma quelle opere e tutto quel bene non sarebbero esistiti senza quella sofferenza e la decisione di scegliere prima Cristo.
      “Dai frutti li riconoscerete…”

      1. Valeria Maria Monica

        Che infinita tristezza la debolezza di un sacerdote, e la debolezza di una donna che non rispetta la sacralità della sua condizione.
        Per una donna cristiana, um sacerdote dovrebbe essere semplicemente intoccabile, esattamente come il marito di un’altra donna.

      2. Alessandra Fiore

        Ciao Costanza, ho visto il documentario su padre Aldo…
        sapresti e potresti indicare come poter inviare aiuti a Padre Aldo?
        Grazie!
        alessandra

    2. ola

      @Stefano B

      Pensavo di aver prudentemente (e chiaramente) usato la particella “se” all’inizio del mio commento proprio per evitare il fraintendimento in cui sei caduto nel tuo. Ne prendo atto, mi scuso per l’equivoco e la prossima volta cerchero’di aumentare prudenza e la chiarezza. 🙂

      L’unica cosa che possiamo prudentemente ritenere per certa, quella si’, e’ che quale sia il progetto originario di Dio su Don Roberto lo sa al 100% solo il Padreterno stesso.

      A seconda della qualità del suo discernimento, Don Roberto si potra’avvicinare a maggiore o minore distanza a questo 100%.

      Il resto degli esseri umani, a meno di doni particolari dall’Alto (Padre Pio per esempio) ordinariamente segue con largo distacco, quindi affidiamo semplicemente la sua decisione alla preghiera e speriamo per lui che abbia fatto la scelta giusta.

  9. Roberto

    Unirsi con una donna è certamente cosa buona e bella di per se. Ci poteva essere anche il pericolo, come è successo, di essersi innamorato di una persona dello stesso sesso. Spero che la catechista non venga da una precedente unione .Ha fatto bene. E’ stato onesto e coraggioso. Ricominciare una nuova vita, non è tutta rose e fiori. Cercare casa, un nuovo lavoro e se verranno figli. Non conosco la loro età. Anche se ritengo che certe decisioni non dovrebbero avere clamore mediatico. Forse andavano fatte nel nascondimento tra loro e il vescovo. Dio è tutto, gli altri sono solo creature.

  10. Marina Umbra

    Qualche considerazione. La cosa mi tocca da vicino perchè abito a pochi minuti da Massa Martana. Il problema non è morale è teologico.
    Se io sono Sacerdote (ed ho usato il maiuscolo apposta) il progetto di Dio su di me è che io rimanga tale. PUNTO.
    Ho visto l’intervista,,,,
    1) un sacerdote non dice parolacce
    2) provava un sentimento da anni…la allontani dalla parrocchia. La prudenza è una virtù.
    3) confrontare il proprio fallimento con il “falllimento” di Gesù sulla croce è assurdo perchè il secondo è stato fatto per adempiere la volontà di Dio.
    4) allora ogni donna o o uomo sposato in crisi può lasciare il coniuge (la logica di AL) tanto Dio ti vuole Bene così come sei (quante volte l’ho sentito!! uno sputo in faccia a chi con fatica porta avanti un matrimonio doloroso!!)
    5) ai suoi parrocchiani e alle conseguenze sulle loro anime ha pensato?
    Prego per lui sinceramente; è vittima dei tempi attuali di confusione e relativismo.
    Consigli per le donne…io al mio confessore dò sempre del Lei e gli bacio le mani per ricordare a lui e a me chi sono io e chi è lui. Ora è la stagione del prete “uno di noi” ..purtroppo mi senmbra proprio questo il caso.
    Prego perchè ritorni allo stato sacerdotale per sempre.

    1. Ruggero Poggianella

      Preferisco un prete “con” ad un prete “per” – ma questo è solo il mio pensiero.
      Non credo che un prete “uno di noi” sia peggiore di altri, e francamente, se non fosse uno di noi a chi servirebbe? Il prete è prete perchè c’è una comunità da accudire.
      Senza pecore nessuno è pastore, ma intendo proprio letteralmente.
      Casomai sarà più questione di come noi guardiamo a quel prete, quel parrocchiano, quell’amico, quel conoscente e così via. Il fra Cristoforo di manzoniana memoria afferma: “omnia munda mundis”.
      Per questo, se io abitassi a Massa Martana andrei con fiducia alla messa parrocchiale, più attento ai miei peccati che a quelli altrui.
      Capitò lo stesso a Monza anni fa, continuo a frequentare la parrocchia con serenità.
      Alla Messa vado per Lui, non per lui
      Ruggero Poggianella

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  12. Pat61

    Sono d’accordo con Marina Umbra.
    Non ho seguito l’intervista
    Dire “il fallimento di Gesù sulla croce” mi sembra una bestemmia

    1. BENEDETTO

      Senza giudizio verso questo prete, ma dire “il fallimento di Gesù sulla croce” significa non aver incontrato Cristo e non aver compreso la storia di salvezza che lui vuol fare con noi. Quello di Cristo in croce non è il suo fallimento ma il suo Trionfo, Cristo è Re ma il suo diadema è la corona di spine, il suo trono la croce. E noi siamo chiamati alla stessa regalità… “chi non prende la sua croce e mi segue, non è degno di me”.

  13. Valeria Maria Monica

    Ho cercato su google qualche articolo su questo episodio. Sono rimasta disgustata di alcune risposte a interviste in cui questo sacerdote sembra attribuire alla sua storia un significato che va oltre la sua persona, come se dovesse aprire la strada a una riflessione della Chiesa sul tema del celibato.
    Questi assist, uniti alla sapiente gestione mediatica dell’episodio, mi raggelano proprio.
    Don Uccelli di Rovo è molto meno ingenuo di quanto vuole sembrare.
    Non ha semplicemente scelto di sottrarsi al ministero sacerdotale, perché lo avrebbe potuto fare co molta più discrezione.
    Sta proprio usando la sua vita, e la vita della donna coinvolta, per piazzare la sua piccola mina sotto le fondamenta del celibato sacerdotale.

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