di Costanza Miriano
Il femminismo è iniziato come una giusta richiesta delle donne, che volevano essere finalmente viste, ed essere libere, ma si è trasformato in una grande trappola per noi donne, perché ha preteso di trasformarci in uomini, inducendoci ad adottare stili di vita e orari e tempi maschili, finendo per aumentare la sofferenza che pretendeva di alleviare. E, ancora più a fondo, ha dimenticato che la donna si realizza dandosi, si realizza sempre in una relazione, in un modo più totalizzante rispetto all’uomo. La relazione è quello che ci definisce, e il punto centrale della nostra vita è proprio decidere “a chi voglio piacere, io?”.
A Dio, al mio uomo, a tutti? Se una donna si riscopre figlia, sposa, madre – non necessariamente in senso biologico – se mette in moto una vita spirituale seria, se entra veramente nella sola relazione che dà pienezza e compimento, può offrire il suo cuore, così intimo alla sofferenza, per la salvezza di tutti coloro che le sono affidati. Di questo parla Il mistero della donna, e di questo e molto altro (per esempio di quanto sia centrale la questione, e del perché la battaglia intorno al ruolo della donna sia così accesa) parleremo a Vicenza giovedì alle 20.30. Ingresso e contestazione liberi.
Bellissimo!!!
L’ho divorato quando dovevo, invece, studiare un esame di stato, ma se avete dubbi….il libro nella vita mi ha servito di più!!
Anita lo spiega benissimo su YouTube https://www.youtube.com/playlist?list=PL1r2PrDUj5APJepJAC7k1_7gYwZlU9cTN
Ci manca solo la versione spagnola per poterlo regalare!
Grazie Costanza e a i Mienmiuaif!!
Grazie Costanza per questi ‘semi’ preziosi che ci regali e grazie Natalia per aver condiviso il link, ho appena visto i video di Anita che riassumono bene i punti del libro. Me lo regalerò e lo regalerò a Natale. Mi piacerebbe molto poter venire a Vicenza.
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“Il femminismo è iniziato come una giusta richiesta delle donne, che volevano essere finalmente viste, ed essere libere”
E quindi il femminismo non è mai stato giusto; appunto perché fin da subito solleticò consapevolmente il lato oscuro del femminile: la smania di essere viste, guardate, ammirate, idolatrate; la voglia di protagonismo, seduzione, visibilità; il bisogno di tutto controllare, manipolare, influenzare.
Nel contempo mettendo in secondo piano prima, obliando poi, condannando apertamente in fine il lato luminoso della femminilità: la capacità di accogliere la vita, donandola e donandosi.
Non un solo passo dei Vangeli mostra la Beatissima Vergine Maria vogliosa di essere vista, di essere libera. Quando a Cana arrivò la possibilità dei suoi “cinque minuti di notorietà”, in senso mondano, si limitò a dire: parlate con mio figlio, fate quello che vi dirà.
Il femminismo parte dalla richiesta del diritto di voto (in realtà una licenza) e arriva a invocare come diritto l’aborto, ovvero l’omicidio volontario e il genocidio; spingendosi oltre, comincia adesso a pretendere l’utero artificiale, così che le donne siano finalmente libere una volta di più, in questo caso dalla cosiddetta “schiavitù riproduttiva”.
Tutto perfettamente coerente con le sue premesse: non esistono infatti due femminismi, uno buono e uno cattivo; ne è sempre esistito uno solo, luciferino.
Premesse che consistono semplicemente nella negazione e nel rifiuto della natura femminile, in unione a un gigantesco complesso di inferiorità nei confronti degli uomini.
Uomini cui si pretenderebbe di essere uguali (!!!), salvo poi scontrarsi appunto con l’impossibilità fattuale di riuscirci. Da qui nuovo alimento al suddetto complesso di inferiorità, per cui si dà luce verde a ulteriori rivendicazioni, sempre più parossistiche, sempre più allucinate, quando non dementi tout court. Come è il pretendere per legge che gli uomini rinuncino alla propria, di natura, così da rendere meno difficile alle donne lo scimmiottarli. Perché tutto, in Occidente e negli ultimi 150 anni, ha spinto le donne in una sola direzione: diventare una parodia dei maschi.
Parodia del modo di vestire, parodia del modo di parlare (che di solito viene identificato molto rozzamente colla pratica del turpiloquio più spinto), parodia delle letture e dello scrivere, parodia del muoversi, parodia della “muscolarità” (che però – priva dei sistemi di controllo virili – non può che degenerare nella violenza più cupa), parodia nel darsi al vizio di moda al momento (fumo, droghe, alcool, sesso), parodia dell’attrazione per il potere e il successo mondano… in una parola scegliendo tutto il lato oscuro degli uomini, peggiorandolo ulteriormente – e non era facile! – e infine elevandolo a conquista di civiltà.
In compenso tutto il buono degli uomini: senso dell’onore, rispetto della parola data, considerazione per la fedeltà e il silenzio, coraggio fisico e morale, rispetto per l’avversario, umiltà verso il debole, capacità di decisione e azione; tutto questo, ovviamente non parodiabile, è stato portato in discarica, additato all’esecrazione pubblica come il nefasto retaggio della società patriarcale.
Ovvero, il femminismo è riuscito benissimo nel convincere le donne a non essere più tali, ma ha fallito clamorosamente nel renderle uguali agli uomini…
A Luigi
Sì, lei dice molte cose giuste, però non tiene conto di un dato di fatto, e cioè che purtroppo una ingiusta prevaricazione dell’uomo sulla donna c’è stata, e tutt’ora c’è in molte società al di fuori dell’Occidente. L’avere ignorato, e in tal modo in sostanza negato, questa realtà, nella sua analisi, a mio parere finisce per toglierle valore.
@Maria Assunta
Lei ha perfettamente ragione.
Luigi dice cose giuste, ma omette anche un’altra fetta molto ampia di fatti.
Si chiama ideologia. Luigi accusa (giustamente) l’ideologia femminista, non accorgendosi (forse) di porre un’analisi a sua volta fortemente ideologica e, pertanto, miope proprio perché parziale.
Ovviamente Luigi si risentirà di questa mia (e forse sua) osservazione, ma pazienza.
“L’avere ignorato, e in tal modo in sostanza negato, questa realtà, nella sua analisi, a mio parere finisce per toglierle valore.”
Sì, è vero, per costume lascio il femmineo e rituale “non sono razzista, ma…” agli altri.
Se uno non ha il coraggio delle proprie idee, meglio rinunci ad averne. Ci penseranno “La Repubblica” piuttosto “Il Corriere della Sera” a fornirgliene in abbondanza di preconfezionate, premasticate, predigerite.
Come lascio alla “cultura del piagnisteo” il retorico elenco dei mali chi cui sarebbero colpevoli gli uomini, primo fra tutti quello di esistere. Basta accendere il televisore per avere a disposizione, giorno e notte, questa versione moderna delle Litanie Lauretane.
Giustificare il femminismo è impossibile, anche partendo dalle nefandezze del maschilismo; come era impossibile giustificare il comunismo partendo dagli orrori della società industriale (infatti la Chiesa condannò gli uni e l’altro).
Tentare di fornire la pur minima scusa a un fenomeno che, nella sola Italia, ha provocato sei milioni e mezzo di morti con l’aborto non è razionalmente fattibile; quali che fossero le buone intenzioni di partenza (si sa dove conducano, le strade lastricate di buoni propositi).
Un male non ne autorizza un altro, per giunta ben maggiore. Questo almeno per la dottrina cattolica. I seguaci di Pachamana dissentono, ma chissenefrega.
Mi permetto di lasciarle infine solo una domanda, però cruciale.
Chi è che prevarica davvero la donna?
San Pio da Pietrelcina, che la voleva “angelo del focolare”?
O il matriarcato realizzato in cui viviamo, il primo della Storia, regalatoci dal femminismo, che vuole la donna “libera e realizzata” contro la sua natura più profonda, come fu decisa dal Creatore?
Il femminismo, infatti, non nacque per “rimettere in carreggiata” gli uomini. Nacque per rovinare le donne; compito in cui, lo ripeto, è riuscito pienamente.
Non le chiedo risposte.
Se le donne vogliono continuare ad autodistruggersi nel modo più abietto, nel contempo autoassolvendosi perché magari 150 anni fa una loro bisavola era stata prevaricata da un uomo, facciano pure.
Dio lo consente, figurarsi se non posso tollerarlo io.
Negli ambienti maschili un tale comportamento è però lapidariamente noto come “buttare i gioielli di famiglia per far dispetto alla moglie”.
Una sola cosa mi urta nel profondo: scambiare la profonda e lancinante nostalgia della Donna, che è oggi in tanti uomini, con un bassissimo e volgare pretesto per schiavizzarla, o con una prevenzione misogina…
Tranchant, ma non lontano dal vero…
Vorrei solo aggiungere un piccola ulteriore considerazione: dove va oggi il “femminismo”, a cosa porta?
Una femminista direbbe che non siamo manco alla metà dell’opera, che di strada ce n’è ancora tanta e forse addirittura che poca ne è stata fatta, ma al di là del potere dato e acquisito dalle donne (date al termine “potere” la valenza che preferite) aveta notato cosa accade anche solo a livello verbale o nello scambio di idee e concetti nel vivere comune, piuttosto in un consesso virtuale (blog, forum, piattaforme, ecc)?
Non mi riferisco tanto alle ridicole femminilizzazioni dei termini (come ministro-ministra o simili… ho sentito in radio che un membro di una tal associazione si è improvvisamente trasformato nel suo prlurale “membra” solo perché di sesso femminile – sic!), ma al fatto che non puoi neppure fare un complimento al genere femminile – e non parlo di aspetto fisico, che anche fosse se complimento garbato è, non vedo il male – che subito vieni accusato delle peggio cose, di essere una specie di depravato che non tratta le donne in modo paritario che ancora fa differenze “di genere”, e così via…
Cioè il femminismo si è tramutato in indefferentismo di genere, in annullamento di ogni reale diversa potenzialità e peculiarità, partendo da un preteso indifferentismo di ruoli.
E’ poi considerato come fatto acclarato che chi si oppone a questo “cambiamento necessario” è il maschio retrogrado e involuto (o mai evolutosi).
In realtà, basta avere un minimo, ma veramente minimo, discernimento, per comprendere che questo è un attacco astuto e subdolo all’Uomo come Dio lo creò (Uomo e Donna lo creò cit.) alla sua/reciproca vocazione e realizzazione.
E chi l’artefice di simili “giochetti”, chi odia l’Uomo in quanto Creatura di Dio?
Vedete voi.
A Luigi
Vedo con dispiacere che lei non ha compreso il senso della mia obiezione al suo intervento. Le posso assicurare che non sono mai stata femminista, e che considero assolutamente odiose, oltre che dissennate e deleterie, le rivendicazioni rancorose e vendicative contro il “potere del maschio”. Lei è giustamente indignato per il disprezzo verso la nobiltà e la grandezza dell’essere uomo, “vir”, che purtroppo fa ormai parte della vulgata del pensiero comune nella nostra società. Concordo con lei che questo fa danni enormi. Il disprezzo della donna verso l’uomo fa danni enormi. Ma anche il disprezzo dell’uomo verso la donna ha fatto, e fa, danni enormi. E anche questo va condannato. In certe società è tuttora presente in modo molto pesante e ingiusto . Se si vuole essere giusti nelle valutazioni e nei giudizi bisogna considerare ogni aspetto della questione.
cara Costanza, finalmente ti ho sentita dal vivo!… grazie di essere venuta qui a Vicenza, ho gustato ogni vostra parola, tue e di Anita. ora m’impegno di nuovo a leggere il libro di Jo Croissant, che avevo comprato quando ne avevi dato notizia tempo addietro, per me non è “molto scorrevole”… ma visto che lo trovi così importante, ci deve essere un vero perché. ancora grazie
Catherine
Con sorpresa devo dire che percepisco molto di vero, nelle parole anticonformiste di Luigi.
Forse tutto.
Grazie per la cortesia, Valeria.
Ma avrei una curiosità: perché scrivi “con sorpresa”?
Bariom, ti domandi:
“Vorrei solo aggiungere un piccola ulteriore considerazione: dove va oggi il “femminismo”, a cosa porta?”
La signora Gruber non ci ha nascosto niente: ai maschietti toccherà la rieducazione; immagino non in stile XX secolo (proiettile alla nuca e fossa comune), non è più di moda.
A meno che non ci sia un revival… (lascio alla tua immaginazione il pensare cosa sarebbe accaduto se un giornalista si fosse permesso di dire “Bisogna rieducare le donne”)
Rovinate le donne, si deve passare all’eliminazione di ogni pur minima traccia di virilità.
Non che ne sia rimasta molta in circolazione, a essere sinceri, dopo decenni di promiscuità e rivoluzione sessuale. Ma anche quel poco deve sparire.
In proposito rimane lapidaria la frase di Eric Zemmour che ho già citato in passato:
“La società unanime sta domandando agli uomini di rivelare la femminilità che è in loro. Con sospetta, morbosa e stupefacente buona volontà gli uomini stanno facendo del loro meglio per mettere in atto questo programma ambizioso: diventare una donna come le altre.”
Il fine è proprio quello che indichi: deturpare oltre ogni possibile immaginazione la creazione dell’essere umano.
Ciao.
Luigi
Come “anticorpo” per curare questa tendenza consiglio questo saggio di C.S. Lewis, da diffondere agli amici:
@Luigi:
Sono rimasta “sorpresa” di aver percepito come sostanzialmente CONVINCENTE il tuo intervento, che bocciava l’intero fenomeno femminista, perché non partivo affatto da una visione simile alla tua. Davo per scontato che nel femminismo “qualcosa di buono c’era stato”.
Poi però, dopo aver letto le tue affermazioni drastiche, mi sono chiesta: ma, esattamente, COSA di buono ha davvero portato, il femminismo, alla società in cui vivo?
Il fatto che ogni donna può studiare e lavorare?
Sì, ok.
Ma nel giro di poche generazioni il “diritto” delle donne di studiare e lavorare è diventato in realtà un “dovere” di studiare e lavorare (pena lo stigma sociale o la impossibilità economica di mantenere la famiglia).
E questo “idolo” dello studio / lavoro femminile molto spesso ha richiesto alle donne (e agli uomini) il sacrificio della rinuncia ai figli, o del rinvio a tempi innaturali.
Insomma, il femminismo, con una mano ha dato, e con l’altra ha tolto, con un gioco sleale e non esplicito. La propria “realizzazione” è stata venduta alle donne come una mela avvelenata, o come il vermetto sull’amo.
Le ragazze di oggi possono fare facilmente mille cose che le loro nonne non avrebbero mai potuto fare, però in cambio per loro è diventato aleatorio ciò che per la stragrande maggioranza delle loro nonne era la assoluta normalità: un matrimonio cristiano che durava per tutta la vita, e figli generati nella giovinezza.
Ora non entro nel merito di quanto abbiano pagato le donne in termini di felicità personale: su questo è stato già scritto tanto, e così bene, che non ho nulla da aggiungere.
Faccio invece una considerazione diversa: nella dottrina sociale della Chiesa non troviamo mai conflitto tra il bene dell’individuo e quello della società, cioè se qualcosa è bene per il singolo individuo, moltiplicato per tutti gli individui mantiene sempre il valore positivo, di bene per la società, e viceversa, ciò che è bene per la società non può essere perseguito sacrificando la vita o i diritti inviolabili dei singoli.
Invece nel caso della istruzione e del lavoro femminile se lo consideriamo un bene per le singole donne non ritroviamo poi a livello di società un pari valore positivo. Infatti il beneficio arrecato dal contributo professionale delle donne non compensa neppure minimamente il danno della tragica implosione demografica innestata irreversibilmente da questi mutamenti sociali.
Insomma, il femminismo ha innescato un processo nascosto di autodistruzione della società italiana . Un processo di autodistruzione partito decenni fa, ma che ora cominciamo veramente ad avere sotto gli occhi.
Sarà sostituita nei prossimi decenni da qualcosa di diverso, con l’innesto e forse l’assorbimento da parte di altre culture nelle quali, guarda caso, il ruolo della donna è incompatibile col femminismo…
Insomma, giusto o sbagliato che vogliamo considerarlo, di fatto constatiamo che il femminismo, come sistema di valori, erode e indebolisce la società in cui si insedia, portandola alla autodistruzione.
Sembra forte dirlo, eppure mi sembra che sia andata proprio così, nel nostro bellissimo paese, una volta cristiano.
Sto tastando un terreno nuovo, condivido con voi considerazioni un po’ azzardate… Mi scuso per la lunghezza dell’intervento… e anche per il pessimismo… Se qualcuno ha una visione più ottimistica, la leggerò con sollievo! 😀
(Fatta salva la visione di fede, naturalmente… Le civiltà umane possono anche scomparire, ma “tutto concorre al bene di coloro che amano Dio”…
Però io qui riflettevo non in termini spirituali, ma politici e sociologici.)
Ti ringrazio di cuore, Valeria, per la risposta.
Poiché la gentilezza è qualità ormai rara, cercherò di ricambiarla tentando un approccio più “ottimistico”. Una nota di speranza già a livello di prospettiva umana, sperando possa recare un poco di sollievo.
Sono arrivato, nonostante tutto, alla visione che ho esposto sopra grazie all’esempio di una donna che è stata, a tutti gli effetti, l’unica sopravvissuta da me conosciuta di quella età che è nota come il “lungo Medioevo”, protrattasi sino al 1914 in non poche zone d’Europa.
Era la mia bisnonna, di cui ho già raccontanto una volta l’abitudine di ritirarsi, dopo i pasti, in salotto; per camminare, lentamente e sistematicamente, intorno al tavolo “grande”, quello delle riunioni di famiglia, recitando il Santo Rosario.
Conserviamo quasi come una reliquia le foto che, nel 1917, lei sedicenne e il futuro marito di due anni più vecchio si scambiarono prima della sua partenza per il fronte. La promessa di amore reciproco che le accompagnava è di una delicatezza oggi impensabile, se si tiene anche conto di venisse pronunciata da due giovani seminalfabeti di famiglia contadina.
Era lontana anni luce da quella che oggi si reputa la “realizzazione” e l’emancipazione femminile.
Eppure qualcosa di lei ho ritrovato in alcune giovani amiche che, in anni recenti, hanno preso decisioni molto simili, costruendo una famiglia a vent’anni in pieno disinteresse del disprezzo mondano che le accompagnava (quasi sempre disprezzo di altre donne, forse un pochino invidiose).
Nonostante i sacrifici ovvi che questo ha chiesto loro, non mi sembrano per nulla tristi o sminuite nella loro femminilità. Anzi, mi danno l’idea di essere in contatto con il loro essere profondo più di tante che si dicono “madri” dei loro animali da compagnia.
Ecco, dico allora che pur in ambiti strettamente personali o comunque limitati, un’alleanza tra uomini e donne è ancora possibile; come era quando il Vangelo informava di sè le nazioni.
Ciao.
Luigi
P.S.: mi associo alla richesta di Carla. Un piccolo sunto del filmato, per favore… 😀
Si può avere la traduzione scritta? Non so capire l’inglese parlato, anche se so leggerlo bene, e mi pare molto, molto interessante
@ Carla: Dovresti poter attivare i sottotitoli (devi però cambiare da “inglese” a “inglese – generati automaticamente” nelle impostazioni). In alternativa, mi pare che il breve saggio in inglese sia riportato quasi per intero qui:
https://ten4word.wordpress.com/2014/12/09/c-s-lewis-on-chivalry/amp/
La raccolta da cui è tratto si chiama “present concerns” che mi pare, purtroppo, non sia ancora stara tradotta in italiano. Ma magari nei prossimi giorni mi ci dedico.
Grazie moltissimo, ora provo ad aprire il sito