Una spada per la vita – Alla riscoperta della virilità cristiana

Pubblichiamo un estratto di Una spada per la vita – Alla riscoperta della virilità cristiana (Chorabooks, 2017), l’ultimo libro di Emiliano Fumaneri alias Andreas Hofer, uno dei collaboratori “storici” del blog.

L’Antibuonista: maledizione del misericordismo
(27 gennaio 2016)

Così scrive Nicolás Gómez Dávila in uno dei suoi lapidari aforismi: «I cristiani di Nietzsche non sono quelli di ieri, ma quelli di oggi. Storico impreciso, ma forse profeta».
Nietzsche accusava i cristiani di essere una conventicola di risentiti, vedendo in essi dei deboli pronti a rivestire di idealità la propria incapacità di affrontare la vita. Come faceva il «partito devoto» tanto riprovato da Péguy, eterno emblema di tutti coloro che credono di essersi elevati dopo aver abbassato i sani e i forti, la mollezza cristiana cerca di sopravvivere denigrando tutto ciò che è nobiltà, prosperità, vigore, slancio.
Il risentimento prova che sotto la maschera della «virtù» sovente non covano altro che i falsi dèi dell’odio, dell’invidia e del disprezzo per la vita. Nietzsche, ne sono certo, oggi rivolgerebbe le sue invettive contro quei cristiani lesti a riempirsi la bocca con parole altisonanti come «inclusività», «unità», «accoglienza», «dialogo», «misericordia», senza mai ricordare che provare misericordia è giusto l’opposto dell’ebete indifferenza alle disgrazie altrui.
È da tempo in corso una polemica, sovente intessuta più di forma mediatica che di sostanza dottrinale, tra i sostenitori della «giustizia» (che sarebbe legata alla «dottrina») e i partigiani della «misericordia» come «prassi pastorale». Come spesso accade, si tratta di una falsa alternativa. Già la lettera del Vangelo presenta come i «punti più gravi della legge» il giudizio (cioè la giustizia) e la misericordia, oltre alla fede.
È per questo che Gesù polemizza aspramente con la vacuità dei farisei: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che versate la decima della menta, dell’anèto e del cumìno, e trascurate i punti più importanti della legge – il giudizio, la misericordia e la fede –: queste cose invece bisognava fare, senza trascurare quelle» (Mt 23,23,).
La vera alternativa non è allora fra giudicare o essere misericordiosi. La vera sfida è un’altra: o tenere in equilibrio, col «collante» della fede, tanto il polo del giudizio quanto il polo della misericordia, oppure non tenerli affatto assieme e cadere così in un vuoto formalismo (andando verso la morte del cristianesimo vissuto).
È stato san Tommaso d’Aquino a dire che «iustitia sine misericordia crudelitas est, misericordia sine iustitia mater est dissolutionis». La giustizia senza misericordia si tramuta in crudeltà, ferocia, violenza. Ma la giustizia senza misericordia porta con sé dissoluzione, fiacchezza d’animo, mancanza d’energia. La falsa alternativa tra giustizia e misericordia porta all’alternanza tra rigidità e putrefazione. Una finta lotta tra due virtù da cadaveri.
La misericordia esige la giustizia. Nessuno più dell’uomo misericordioso è alieno a ogni spirito di indulgenza col peccato. Solo i santi sanno essere così misericordiosi da provare afflizione per il male che incatena un’altra creatura come se li avesse fustigati nella loro stessa carne. E solo i santi sono così liberi da avere forza e volontà per liberare i prigionieri da quelle catene di cui altre volte hanno saggiato il ferro.
Misericordioso non è solo chi prova afflizione per il male altrui e cerca alleviare il peso delle ferite provocate da quel male. Provare empatia è il sostrato psicologico della misericordia. Ma da sola l’empatia non basta. La vera misericordia non è estranea alla risolutezza. Essa è propria di colui che vuole anche guarire quelle ferite, opponendosi fattivamente al male che le ha provocate. Lo sguardo misericordioso è uno sguardo emancipatore: l’uomo della misericordia è un liberatore, non un semplice 16.
Per questo la passione della misericordia è inconcepibile senza la passione per la giustizia. Senza la giustizia la misericordia si riduce a un sentimentalismo alienante e antievangelico che rinunciando a denunciare l’ingiustizia fa incancrenire la ferita.
È sempre Gómez Dávila a ricordare la genuina indole della misericordia: «Impariamo ad accompagnare nei loro errori coloro che amiamo, senza trasformarci in loro complici». La vera misericordia è una fedeltà liberante.

Pas de miséricorde pour les ennemis de la miséricorde!

Il risentimento, ha scritto Max Scheler quando ancora era chiamato il «Nietzsche cattolico», non è altro che odio frustrato e impotente, impossibilitato a realizzarsi per vigliaccheria, debolezza e incapacità. Che il risentimento sia la vera anima dei «professionisti della misericordia» è testimoniato dal livore fazioso, per non dire feroce, e dalla rapidità con cui depongono la maschera dell’affabilità per trasformarsi in giudici implacabili degli «immisericordiosi» (cioè di tutti quelli che hanno commesso l’imperdonabile «colpa» di non condividere la loro falsa nozione di misericordia, facendoli sentire così meno «buoni»).
«Pas de miséricorde pour les ennemis de la miséricorde!». È il nuovo giacobinismo di oggi: il giacobinismo della misericordia, nel quale la bonomia non è che affettazione e posa manieristica (una sorta di bontà obbligatoria per tutti).
Il giacobino della misericordia si riconosce dal suo implacabile moralismo. Oggi si manifesta in quei cattolici pii e timorati di Dio pronti a puntare un dito accusatorio contro i «fondamentalisti» che hanno ardito protestare contro la somma ingiustizia di negare un padre e una madre a un bambino. È questa ferma opposizione, sibila velenosamente il «misericordioso», la vera causa del male. Secondo questa visione rovesciata della realtà il male si sprigiona dalla parresia degli «immisericordiosi», discende dall’arroganza dei «non accoglienti». I fanciulli stavano a meraviglia con due papà o con due mamme. È colpa degli strepiti «integralisti» del Family Day se ora soffriranno. Se costoro avessero taciuto i figli della GPA non si sarebbero accorti della propria condizione e tutto sarebbe filato liscio (d’altro canto che c’è di male o di strano? basta che ci sia l’«ammóre»!).
La giustificazione di una falsa pace è sintomo della viltà di fondo del «professionista della misericordia», il quale in definitiva non fa altro che «battezzare» l’ignavia e il peccato di omissione fornendo loro una legittimazione «devota». Accusando chi denuncia il male con franchezza di esserne la causa non si accorge oltretutto di essere, così facendo, l’esatta riproduzione degli accusatori di Giobbe, che gli rinfacciavano di essere responsabile del male che lo aveva colpito.
Cosa è il giacobino della misericordia se non uno spacciatore di «moralina» – il distillato di frodo della morale – che riduce il Vangelo a una gnosi? Non considera che il male è un attentato all’ordine della creazione (privatio debiti boni, diceva San Tommaso: privazione di un bene dovuto, mancanza di un qualche cosa che dovrebbe essere lì, in quel posto), disprezza la baldanza giovanile e la difesa decisa della verità in un nome di un sentimentalismo tanto schifiltoso quanto evanescente.
Come il Principe tolstojano del racconto di Solov’ëv, il misericordioso di professione depreca la forza giusta a presidio del diritto. Si lagna di ogni opposizione energica al male, accusandola di averlo in realtà alimentato. L’unica soluzione «evangelica» per lui sarebbe quella di dare corso al male, «misericordioso» sarebbe disattendere la giustizia in nome di un laissez-faire morale.

Fenomenologia del catto-crooner

Un tale miscuglio di santità apparente (in realtà una «bontà» solo umana) e di codardia caratterizza quella deformazione del cristianesimo che passa sotto il nome di «bigotteria», ci ricorda il padre Jesus Urteaga Loidi nel suo vigoroso scritto Il valore divino dell’umano (Ares, Milano 1979). Il bigotto, così come idealizza una pseudo santità anodina, priva di gioia e di energia, ignora una delle più essenziali virtù umane: il coraggio.
È un cristianesimo bolso, afferma il sacerdote basco, incapace di amare le cose umane, che difetta di virilità, di audacia, di forza. Intessuto di sentimentalismo dall’intelligenza corta, il bigotto si trova a suo agio nella propria cerchia ecclesiale (su questo terreno attecchisce la malapianta del clericalismo) ma è incapace di destreggiarsi nella vita: «Bigotto – scrive padre Urteaga Loidi – è chi passa le ore in chiesa, quando in quel momento sarebbe suo dovere lavorare o attendere alla sua famiglia». Il bigotto della misericordia, quello che «la piazza è divisiva, meglio starsene al bar a conversare amabilmente», potrebbe chiamarsi «catto-crooner» o «bigotto confidenziale». (1)
A differenza del bigotto «classico», il catto-crooner, o cattolico da piano bar, non occupa tanto (o non solo) lo spazio della chiesa quanto piuttosto quello dei salotti o dei locali da intrattenimento. È svirilizzato perché ripiegato su una mondanità tutta orizzontale, chiusa alla trascendenza.
Il bigotto confidenziale inneggia alla «moderazione» perché ama nascondersi dietro alle forme. Invoca la prudenza per mascherare la più stolta viltà. Nulla più lo irrita della radicalità, un termine che il lessico giornalistico ci ha abituati a considerare con orrore (pensiamo alla «radicalizzazione» collegata all’islamismo «radicale» appunto). Ma con buona pace della vulgata giornalistica il vero «radicale» è colui che vuole semplicemente andare alla radice delle cose, né più né meno. Radicale è chi attinge all’essenziale, è l’assetato di autenticità.
Il catto-crooner vive invece di formalismi. Per lui emulare i santi significa riprodurne gli atti esteriori, non lasciarsi compenetrare dal loro spirito – la qual cosa può anche portare, a seconda delle circostanze, a compiere atti differenti e talora opposti ai loro. Così un soldato di guardia alle porte della città tradirebbe lo spirito della propria missione (difendere la città) se rifiutasse, in nome di un rispetto idolatrico della forma, di andare a combattere all’interno della città, una volta che questa fosse stata espugnata.
La fedeltà allo spirito impone talvolta il sacrificio delle forme esteriori. Un sacrificio imposto dalla virtù detta dell’epicheia, la virtù che impedisce al giusto di sacrificare lo spirito sull’altare della forma. L’autentica virtù non coincide infatti con una semplice affermazione di principio. È una virtù incarnata, si riconosce dal suo sapersi adattare alle circostanze in nome di una fedeltà creatrice. La vera fedeltà, diceva Gabriel Marcel, è una fedeltà di adattamento che, come il vero artista, è capace di infondere il medesimo spirito in stili differenti. La virtù così sa adattarsi, non per tradire la causa che serve (come fanno gli opportunisti e i fautori del compromesso al ribasso) quanto per difenderla al meglio.
Ma dare un corpo di carne al principio è un’operazione che richiede fortezza, vigore e passione. Aspetti sconosciuti al bigotto confidenziale che crede, al contrario, di imitare la mitezza evangelica soltanto perché adotta una foggia esteriore improntata a un vago irenismo, cercando di accordarsi con tutto e tutti. Si illuderà così di essere uomo di pace per la sua ricerca della concordia universale. Ma non basta concordare per essere in pace. Come indica la parola (cum cordis), concordia significa accordare i cuori, ossia le volontà. Volere la stessa cosa tuttavia non significa affatto essere in pace. Vi può essere infatti una concordia nel male, come quella che regna in una banda di malfattori uniti dal medesimo disegno criminale, pronti magari a tradirsi vicendevolmente qualora ne avessero la possibilità.
Peggio ancora quando la mitezza è copertura di una volontà di potenza e dominio, come nel caso della tattica di guerra che il letterato cinese Liang Shiqiu definisce, nella sua Nobile arte dell’insulto, «arte dell’indiretto». È la strategia diplomatica per eccellenza. Per imporsi su un avversario, dice Liang Shiqiu, lo scontro aperto è controproducente se non si è in posizione vantaggiosa. Per spiegarsi Liang ricorre a una duplice immagine: il leone e la seppia.
Il leone può fare ricorso alla forza per cacciare le prede e sopraffarle col proprio vigore fisico. Caccia prevalentemente di giorno, dove riesce a conquistare più prede. È il simbolo dell’attacco diretto e aperto, dello scontro frontale.
Ma il leone è in difficoltà con le prede meno deboli ma più veloci. Meglio in questo caso, proseguendo con la similitudine animale, agire come una seppia, il mollusco scaltro e guardingo che per difendersi sbuffa velocemente una nuvola d’inchiostro. Intorbidire l’acqua disorienta il predatore con un falso bersaglio mentre la seppia schizza in un’altra direzione, dileguandosi. La seppia trascorre molto del suo tempo nascosta nel sabbioso fondale marino, completamente mimetizzata. Così insabbiata può scrutare con attenzione e pazienza quanto la circonda per scovare un potenziale nemico o per sorprendere qualche preda, che provvedere a catturare coi suoi tentacoli muniti di ventose.
Il procedere della seppia, immagine dell’attacco indiretto, indica la maestria dell’espressione allusiva, silenziosa, camuffata. L’apparenza è vitale per l’attacco indiretto, trasversale, obliquo, che schiva ad ogni costo lo scontro frontale con l’avversario in quanto potenzialmente distruttivo, dunque troppo pericoloso. Così ad esempio l’Unione Sovietica impiegava la forza militare solo dopo un attento calcolo della «correlazione di forza», attaccando solo laddove i rapporti di forza erano particolarmente favorevoli.
Ciò spiega perché chi segue la via della seppia curi con estrema attenzione la forma. Il rispetto delle forme aiuta a celare i propri movimenti, è l’equivalente della nuvola d’inchiostro della seppia.
Questa è la legge della seppia: colpire di fianco, attaccare obliquamente; servirsi di espressioni paludate, ricercate, eleganti; mantenere un contegno pacato; allearsi ai lontani per attaccare i vicini; ritirarsi per avanzare, sapersi fermare al momento giusto.
Un tale approccio, discreto e vellutato, mira ad aggirare l’avversario privandolo di ogni riferimento fisso, rendendogli così difficoltosa la difesa. Nessun profilo netto, nessuna identità chiara, nessun obiettivo preciso da colpire. Evidente il guadagno in imprevedibilità. Lo scopo è di portare ad esaurimento l’energia dell’avversario con una apparente non resistenza. Ma il Vangelo, qui, non c’entra nulla. Cosa c’entra l’arte della seppia col leone di Giuda? La virtù dell’astuto mollusco non è che la contraffazione, la maschera della virtù cristiana, una falsa emulazione della nonviolenza evangelica, la quale non è una strategia subdola e sleale per conquistare la vittoria terrena. La tattica della seppia consiste infatti nel far sfiancare l’avversario, esaurendone l’energia mantenendo al contempo la propria per lo scontro finale.
Per questo il catto-mollusco adotta movenze felpate, trincerandosi dietro i formalismi. E se proprio deve difendersi, a seconda delle convenienze si trasformerà nel lupo della favola di Fedro, che opprime l’agnello con falsi pretesti, oppure nel lupo immortalato da Esopo, che si fascia con le vesti della pecora per razziarla. Da qui la consuetudine di rispondere alla spada col veleno del discredito, negandosi allo scontro aperto ma cercando di degradare moralmente l’avversario attraverso la suggestione velenosa, l’illazione, l’insinuazione maligna. È sempre la debolezza che, come aveva ben visto Nietzsche, si traveste da virtù per sopraffare surrettiziamente la forza.

(1) Lo stile musicale noto come crooning nasce negli Stati Uniti con l’avvento del microfono, una nuova tecnologia che permette al cantante di svincolarsi dall’impostazione vocale stentorea e squillante. Questa era imposta in precedenza dalla necessità di raggiungere con chiarezza le ultime file dei teatri. La potenza vocale, grazie all’uso del microfono, si rivela adesso un requisito meno indispensabile permettendo al cantante (crooner) l’utilizzo di una tecnica sussurrata, più confidenziale.

* * *

Di seguito l’indice del libro.

Prefazione

Il romanticismo biopolitico di Michela Marzano
Un argomentare sofistico
Separazione o distinzione tra sesso e genere?
Un programma di sovversione degli orientamenti sessuali
L’autorità contro la violenza e l’autoritarismo
La schiavitù del biopotere
La diversità contro la differenza
Antiscientificità: innatismo senza ragioni
L’intolleranza dei «tolleranti»
Il Dio‐Logos contro il Dio‐Agape
L’occasionalismo di Michela Marzano
Decisionismo marzaniano
Tra nichilismo ed emotivismo: caritas contro cosmos

Nichi Vendola tra gnosi, doppiezza e spermofobia
Doppiezza e utopia
Un Caronte cattocomunista per la democrazia licenziosa
Emofobi e catari
Creazione contro Redenzione

Fratel Enzo Bianchi, la famiglia è una sola

Sed contra: la famiglia è una, sola, universale
La critica di Enzo Bianchi al vangelo della famiglia
Metter su famiglia: più che biologia
Famiglia sotto attacco
La grazia non abolisce la natura

Un cataro dei nostri giorni: Guido Ceronetti
Un pessimismo funereo
L’imperativo gnostico: denigrare la famiglia
Del buono e del cattivo uso dell’antidolatria ceronettiana
Le ambiguità del sacro secondo Ceronetti

Beatriz Preciado. E dopo Money venne il postgenere…

Dissenso di genere
La «lotta di genere» tra sovversione della natura e dislocazione dell’io
Don’t follow the Money: il superamento della patristica del «gender»
La rivolta contro l’ordine biologico
Un confronto anche spirituale

Kim Davis e il giacobinismo 2.0
Quel curioso doppiopesismo…
Il nuovo spirito (arcobaleno) del giacobinismo

Riscoprire la virilità cristiana con Fabrice Hadjadj
L’era dell’irenismo trionfante Riscoprire una spiritualità combattiva Unire ordine e libertà
Come opporsi al dilagare dell’iniquità?
Ritornare al padre per ritrovare il centro
Dall’identità liquida all’identità armata
Politeismo o fondamentalismo. Tertium non datur?
Tecnicismo, io liquido e corpo armato
Il nòmos della frontiera

L’avvenimento cristiano comporta valori

La vita è fatta (anche) di priorità
«Salviamo l’uomo!»
Avvenimento e valori
Quelle discutibili analogie con l’antichità…
Qualche cosa da accogliere, qualche cosa da lasciar cadere

Quei cristiani “più buoni di Gesù”
Cattolicesimo impolitico?
Supercristianesimo: una nuova tavola di valori Solov’ëv contro Tolstoj
La guerra dei ponti (e dei muri)

L’Antibuonista: maledizione del misericordismo
Pas de miséricorde pour les ennemis de la miséricorde!
Fenomenologia del catto‐crooner
La femminilizzazione del cristianesimo
Un nuovo integralismo: il «misericordismo»
Il falso dualismo tra Madre Chiesa e la legge del Padre Ritorno al virile
Le liaisons dangereuses tra misericordismo e umanismo
Serve la riscossa del padre

32 pensieri su “Una spada per la vita – Alla riscoperta della virilità cristiana

    1. ola

      Buongiorno admin, vorrei proporre la medaglia alla Ploumen come argomento del prossimo post, penso sia un passo falso di cui e’bene che si parli. Cosa ne pensate?

      1. @Ola,

        la notizia desta decisamente qualche perplessità (oltre al clamore di chi ci si è subito buttato “a pesce” con commenti di ogni tipo…), ma si potrebbe dire in ambo le direzioni.

        Ad esempio:

        – Come mai non si trova traccia della notizia (io almeno non ci sono riuscito) in nessun comunicato ufficiale, tranne che nel sito origine della “news” del Lepanto Institute, che peraltro utilizza solo un “video-intervista” con la stessa Ploumen?

        – Questo tipo di onorificenza viene consegnata direttamente dal Santo Padre o da un suo delegato (Cardinale o Vescovo) e normalmente in adeguato luogo e piccola cerimonia.
        Dinuovo, strano non si trovi altra notizia se non il video di cui sopra…

        – Che tipo di onorificenza, dato che la stessa prevede quattro diversi gradi:

        1. Gran Croce: a candidati/e di alto profilo nel servizio della Chiesa, a livello nazionale e internazionale, con almeno 55 anni di età e dopo 10 anni dal conferimento di una onorificenza di grado inferiore;
        2. Commenda con Placca: a candidati/e particolarmente benemeriti, con almeno 50 anni di età e dopo 10 anni dal conferimento di una onorificenza di grado inferiore;
        3. Commenda: a candidati/e benemeriti, con almeno 45 anni di età e dopo 10 anni dal conferimento di una onorificenza di grado inferiore;
        4. Cavalierato: a candidati/e con almeno 40 anni di età.

        E lo sottolineo perché come vedi i tre ordini maggiori prevedono una precedente onorificenza di grado inferiore, quindi se per ovvia esclusione dobbiamo passare al primo ordine inferiore (Cavalierato), dobbiamo guardare al tipo di insegna:

        Come puoi vedere tu stesso, il Cavalierato prevede la semplice croce (di solito contenuta nel relativo astuccio).
        Nel video sul sito del Lepanto Institute, vediamo chiaramente una croce con “collare”, che spetta al grado di Commenda (che presuppone il conferimento di un precedente cavalierato).

        – Infine tieni presente con non ci vuole nulla nel procurarsi simili distintivi in internet (es. http://www.ildistintivo.it/vetrinait/distintivi-e-medaglie/ordinesangregorio)

        – Ogni onorificenza è accompagnata da specifico attestato.

        Io nella mia piccola ricerca, sto ancora attendendo conferme di adeguato e possibilmente certo valore. Se le avrò ne darò conto.

        Perché in simili casi: “fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio”.
        Quello che appare evidente è che chi ha voluto rilanciare la “notizia”, ovviamente ciascuno con i proprio precisi intenti, non pare si sia minimamente preoccupato di approfondire, anche coloro che si dicono “giornalisti” e che senz’altro più di me hanno la possibilità di cercare qualche certezza in più, prima di dare “fiato alla trombe” o “fuoco alla polveri”.

          1. Io la chiamo prudenza… e per quando io sia realmente affetto da miopismo, in simili questioni preferisco “vederci bene” (perché la cecità che indichi si trova su più fronti).

            Tu chiamala come ti pare e “basta” dillo pure a chi ti pare che ne farà quel che gli pare!

            Se i miei (prudenti) dubbi fossero smentiti, io non portrò che prenderne atto ed esserne profondamente addolorato.
            Se invece accadesse il contrario la magra figura la fai tu e tutte le altre “grancasse” per la loro faciloneria (se solo faciloneria fosse).

        1. Enrico Turomar

          Ne parla Tosatti sul su stilum curiae, prima c’è la trascrizione dell’intervista poi in fondo è riportata la spiegazione della sala stampa vaticana: la Ploumen era al seguito dei reali olandesi nella loro visita a Roma ed in questi casi si è soliti scambiarsi delle onoreficenze.

            1. @Kosmo

              Effettivamente. Ma proprio in virtù delle modalità con cui viene consegnata l’onorificenza, sopra riportate da Bariom, appare risibile il comunicato della Sala Stampa. E poi, pensa a questo: abbiamo un Papa che “svecchia” la Chiesa di duemila anni, riscrive le Scritture, riabilita Giuda, corregge il Padre Nostro, cambia la disciplina dei Sacramenti, non risiede negli appartamenti papali, vuole eliminare tutti gli “orpelli” dalla Chiesa… ma lascerebbe la Chiesa vincolata a “rigidi” prassi su onorificenze, che – a credere alla penosa spiegazione della Sala Stampa – sarebbero diventate contenitori vuoti. Eppure basterebbero due righe di suo pugno per abrogarle od emendarle.

              Attenzione: che poi quello della Sala Stampa non è un comunicato stampa, ma semplicemente una risposta _personale_ alla richiesta di Tosatti (si capisce benissimo dagli “abbracci” della conclusione). Qualche altro giornalista ha ricevuto una risposta simile (p.es. Pentin di NCR). Fino a ieri (oggi non ho ancora letto tutti i giornali di oggi) non c’era nessuna smentita sui canali ufficiali. Ecco quindi il solito trucco: messaggi rassicuranti, per quanto totalmente ipocriti, su canali che leggono in pochi, mentre sui media mainstream passa indisturbato il messaggio della signora, che dice tutt’altro. Stesso trucco del “chi sono io per giudicare”: i tonti si baloccano con la sua interpretazione “normalista”, mentre gli LGBT hanno capito il segnale benissimo, e in tutto il mondo fioccano vescovi che “benedicono”. E il Papa non corregge.

              1. Kosmo

                certamente. La (non)”risposta” è solo una patetica scusa. Aspetto ancora di conoscere onorificenze simili attirbuite al seguito di Trump.

  1. vale

    Ma la giustizia senza misericordia porta con sé dissoluzione, fiacchezza d’animo, mancanza d’energia.

    casomai il contrario. come si evince dalla frase in latino: la misericordia senza giustizia ecc.

  2. Bariom, basta con questo normalismo cieco e senza senso. La notizia è stata confermata:

    http://www.marcotosatti.com/2018/01/15/il-vaticano-spiega-perche-lilianne-ploumen-ha-ricevuto-la-medaglia-di-san-gregorio-magno-non-e-un-placet-ad-aborto-e-controllo-delle-nascite/

    Mentre scrivevamo questo articolo ci è giunta la risposta della Sala Stampa della Santa Sede, a cui avevamo chiesto chiarimenti. Ve la riportiamo integralmente:

    “L’onorificenza dell’Ordine Pontificio di San Gregorio Magno ricevuta dalla Signora Lilianne Ploumen, già Ministro dello Sviluppo, nel giugno 2017, durante la visita dei Reali olandesi al Santo Padre, risponde alla prassi diplomatica dello scambio di onorificenze fra Delegazioni in occasione di Visite ufficiali di Capi di Stato o di Governo in Vaticano.

    Non è quindi minimamente un placet alla politica in favore dell’aborto e del controllo delle nascite di cui si fa promotrice la signora Ploumen”.

    Un abbraccio,

    Paloma Garcia Ovejero.

    Il comunicato della Sala Stampa è il solito capolavoro di falsità, viscidità, doppiezza, in puro stile bergogliano. Qui stiamo commentando un bel pezzo di Fumaneri che di fatto è un atto di accusa contro tutti i cattolici che non hanno le palle. Ecco, orabasta.

    1. Ah ecco…

      Non avevi terminato il commento.
      Quindi prendo atto e vale ahimé il mio primo punto “Se i miei (prudenti) dubbi fossero smentiti…”.

      La conferma di Tosatti risale a ieri e io putroppo non l’avevo ancora letta (purtroppo due vote).

      Nel contempo riconfermo il mio essere libero di dubitare in prima battuta senza venir giudicato di “normalismo” o “ciecità”.

      E solo questione di stile, ma capisco che nel tuo fumantino modo di prendere ogni affermazione altrui – soprattutto se si discostano dalle tue convinzioni – il semplice: “Purtroppo Bariom, la notizia è confermata!”, è pretendere troppo.

      1. ola

        @Bariom grazie per la risposta.
        Il mio commento aveva oltretutto la duplice funzione di richiedere un commento su un tema e mostrare a francesco – il primo commentatore – di come si possa benissimo far presente la verita’ anche senza accusare i padroni di casa di volutamente “far finta di ignorare” qualcosa.

      2. La “prudenza” per troppi è aspettare di vedere cosa dice il capo locale (guida spirituale, capo di associazione, vescovo, eccetera), come diceva Mario Palmaro nel suo testamento spirituale. Nel frattempo la Chiesa viene demolita pezzo per pezzo. Tutto quello che voi “prudenti” non avete voluto vedere sinora si è verificato puntualmente in questi anni, regolarmente predetto dagli “imprudenti” – e il bello è che poi vi riempite la bocca con lo “spirito di profezia”.

        Bella prudenza e bella profezia sarà quella di ragionare a posteriori su un cumulo di macerie fumanti!

        1. Mah!

          Mentre tu (e chi come te), libero da ogni vincolo, sei in grado di impedire l’eventuale “cumulo di macerie fumanti”!

          Che eventualmente sarà Dio a non permettere (o a permettere a seconda di cosa Egli abbia nei Suoi Pensieri).

          Sarei poi curioso di sapere dove sta il male di attendere ad esempio la parola del proprio Vescovo su questo o quel tema?
          Ma ovvio il tutto è, per altri, subordinato alla propria personalissima lista del “buoni e dei cattivi” (Vescovi).

          1. Mentre tu (e chi come te), libero da ogni vincolo, sei in grado di impedire l’eventuale “cumulo di macerie fumanti”!
            Che eventualmente sarà Dio a non permettere (o a permettere a seconda di cosa Egli abbia nei Suoi Pensieri).

            Ed ecco che siamo arrivati al sofisma: siccome non possiamo conoscere cosa ha Dio nei suoi pensieri, lasciamo che accada qualsiasi cosa.

            Fuori dai sofismi, sappiamo con certezza che Dio certo non ci chiede di non far niente. Ci chiede di dare testimonianza, uno per uno. Ma dimmi un po’, non eri uno di quelli che si commuovevano quando Costanza ricordava GPII e il suo “Noi ci alzeremo in piedi!”. Che banderola che sei! Si vede che per te era “noi ci alzeremo in piedi… quando qualcuno ci dirà di farlo”. Bella testimonianza, spontanea. Dici: che male c’è ad attendere la parola del proprio Vescovo? Sei un ipocrita, al quadrato. Primo perché in questi due anni abbiamo visto cosa vuol dire aspettare la parola del proprio vescovo: divorzio breve, legge cirinnà, eutanasia sono passate con una manciata di vescovi che hanno parlato, tutti gli altri zitti, conniventi o favorevoli. A furia di aspettare, abbiamo lasciato sfasciare il nostro paese. Che poi anche sull’eutanasia, è già tutto finito: il tema se l’è portato via la Befana. Siamo in campagna elettorale, e tu dimmi quanti e quali vescovi (tranne la solita manciata) ne stanno ancora parlando: non solo per l’obiezione, ma anche per chiedere che quella legge venga cancellata, cosa che sarebbe perfettamente possibile con un nuovo parlamento.

            E poi, secondo motivo della tua ipocrisia, forse ti sei già dimenticato questo:

            […] i laici che hanno una formazione cristiana autentica non dovrebbero aver bisogno del vescovo pilota, o del monsignore pilota o di un input clericale per assumersi le proprie responsabilità a tutti i livelli, da quello politico a quello sociale, da quello economico a quello legislativo

            Papa Francesco, maggio 2015. Adesso spiegamelo tu: questa frase è una stronzata? Sono proprio curioso di saperlo. A dimostrazione di quanto dicevo: che quelle rare volte che Francesco ne dice una giusta, proprio i suoi più grandi fedeli sono i primi che la lasciano cadere nel vuoto, senza conseguenze. Probabilmente perché sanno che è fuffa.

    2. Enrico Turomar

      ‘Il comunicato della Sala Stampa è il solito capolavoro di falsità, viscidità, doppiezza, in puro stile bergogliano’

      Vergognati. Tu e chi lascia passare questa roba.

      1. Enrico, tu sei un vero bigotto moderno nel senso che ha scritto Fumaneri nell’estratto che ci è stato proposto ieri. Vergognati tu, di ripetere difese vuote e pappagallesche, senza essere in grado di portare nessun argomento. Io ne porto molti a sostegno di quello che scrivo e attendo sempre che qualcuno me li contesti punto per punto.

      2. admin @CostanzaMBlog

        @Fabrizio Giudici
        effettivamente Fabrizio ultimamente hai ecceduto verbalmente con parole inappropriate e giudizi sul Papa che non ci fa piacere ospitare.

        @Enrico Turomar
        mi era sfuggito il commento che tu hai evidenziato, in ogni caso è vero che probabilmente dovrei vergognarmi, ma non per questo.

    1. Peccato per la scelta dei font…

      Troppi, non armonizzati e quell’azzurro de “Una spada per la…” e che assieme al carattere rende il testo decisamente poco leggibile.

      E’ deformazione professionale, ma una copertina nel suo insieme conta molto per la vendita di un libro (almeno rispetto chi non cerca appositamente quel titolo) 😉

  3. articolo molto interessante!
    Mi permetto solo di segnalare un probabile refuso nel testo:
    <>
    essendo la traduzione di <>
    mi fa dedurre che i termini qui siano stati invertiti

    1. ops – mi ha cancellato la citazione – dicevo

      “Ma la giustizia senza misericordia porta con sé dissoluzione”

      dovrebbe essere la traduzione di quanto riportato subito sopra

      “misericordia sine iustitia mater est dissolutionis”

      ma ha i primi due sostantivi invertiti

  4. roberto

    Queste cose disorientano i fedeli e danno adito ad interpretazioni che distruggono la fede.Si va inesorabilmente verso il relativismo e il modernismo.Papa Francesco parla troppo quando è sull’aereo e i giornalisti ingannatori distorgono le sue parole.Meglio pregare.

  5. exdemocristianononpentito

    la questione della storia dell’onorificenza pontificia alla sig.ra Plounmen, mi ricorda un dramma che vidi alla televisione tantissimi anni fa. Il dramma si intitolava “Ritratto di ignoto” ed era di Diego Fabbri, un autore cattolico che lavorò per la RAI dalla nascita della TV fino agli anni 70, inoltrati. La sua opera più famosa è il dramma “Processo a Gesù”-
    La sig.ra Costanza ed il marito, avranno sicuramente conosciuto persone che hanno lavorato con lui.
    In quel dramma, una commissione mista, laici ed ecclesiastici, presieduta, da un cardinale, esamina la vita di un manager di un importante istituto religioso, morto poco prima in un incidente e con “qualche” voce di santità, al fine di preparare una relazione preliminare in vista di una possibile beatificazione.
    Indagando sulla vita del defuhto, vengono a scoprire qualche lato “discutibile” del persnaggio, fra cui l’aver avuto una relazione con una giovane donna non credente. Invitata per un colloquio con la commissione, la donna si presenta e dice di esser venuta per avere dal Vaticano, una decorazione, in quanto, grazie a lei, ossia grazie alle sue provocazioni fisiche ed intellettuali, il defunto potè affrontare una grave crisi interiore e ritornare in seno alla Chiesa (“Io ve l’ho restituito!”).
    Ero giovane, ma trovai la cosa divertente e paradossale. Ora mi accorgo che la realtà ha finito coll travolgere gli stessi paradossi.
    Passando all’argomento del thread, vorrrei esprimere la mia perplessità, perplessità che mi sopravviene quando ha l’impressione che si vada verso un eccesso, verso un’esagerazione.
    Mi spiego meglio: il libro di Andreas Hofer esalta la virilità e lo spirito guerriero del cristiano “d’una volta”, in contrapposizione con una piùo meno presunta “mollezza” del cristiano attuale.
    Ma, dico, esaltando a dismisura gli elementi guerrieri e lo spirito combattivo del cristianesimo, non corriamo il rischio di trasformare la religione di Cristo in una religione guerriera, militare? Quando elementi cospicui di pacifismo e di non violenza (“non resistete al malvagio” “porgete l’altra guancia” “Pietro, riponi la spada” “Il mio regno non è di questo mondo, perchè, se lo fosse stato, le mie legioni sarebbero intervnute” ed infine lo svolgimento stesso delle vicende degli “Atti”), nel cristianesimo evangelico ci sono eccome.
    Non dico che quei passi non debbano essere interpretati, ma non credo fino al punto di essere “nullificati”, trasformando la Chiesa di Cristo, in una Chiesa combattente, nel senso militare, propriamente detto.
    Ho come l’impressione che si espanda a dismisura l’episodio di Gesù che sferza i mercanti, facendolo diventare la regola generale di condotta, e si riducano tutti i riferimenti che ho fatto sopra, a delle rarissime eccezioni, con scarsissima operatività.

  6. exdemocristianononpentito

    La questione della storia dell’onorificenza pontificia alla sig.ra Plounmen, mi ricorda un dramma che vidi alla televisione tantissimi anni fa. Il dramma si intitolava “Ritratto di ignoto” ed era di Diego Fabbri, un autore cattolico che lavorò per la RAI dalla nascita della TV fino agli anni 70, inoltrati. La sua opera più famosa è il dramma “Processo a Gesù”-
    La sig.ra Costanza ed il marito, avranno sicuramente conosciuto persone che hanno lavorato con lui.
    In quel dramma, una commissione mista, laici ed ecclesiastici, presieduta, da un cardinale, esamina la vita di un manager di un importante istituto religioso, morto poco prima in un incidente e con “qualche” voce di santità, al fine di preparare una relazione preliminare in vista di una possibile beatificazione.
    Indagando sulla vita del defuhto, vengono a scoprire qualche lato “discutibile” del persnaggio, fra cui l’aver avuto una relazione con una giovane donna non credente. Invitata per un colloquio con la commissione, la donna si presenta e dice di esser venuta per avere dal Vaticano, una decorazione, in quanto, grazie a lei, ossia grazie alle sue provocazioni fisiche ed intellettuali, il defunto potè affrontare una grave crisi interiore e ritornare in seno alla Chiesa (“Io ve l’ho restituito!”).
    Ero giovane, ma trovai la cosa divertente e paradossale. Ora mi accorgo che la realtà ha finito coll travolgere gli stessi paradossi.
    Passando all’argomento del thread, vorrrei esprimere la mia perplessità, perplessità che mi sopravviene quando ha l’impressione che si vada verso un eccesso, verso un’esagerazione.
    Mi spiego meglio: il libro di Andreas Hofer esalta la virilità e lo spirito guerriero del cristiano “d’una volta”, in contrapposizione con una piùo meno presunta “mollezza” del cristiano attuale.
    Ma, dico, esaltando a dismisura gli elementi guerrieri e lo spirito combattivo del cristianesimo, non corriamo il rischio di trasformare la religione di Cristo in una religione guerriera, militare? Quando elementi cospicui di pacifismo e di non violenza (“non resistete al malvagio” “porgete l’altra guancia” “Pietro, riponi la spada” “Il mio regno non è di questo mondo, perchè, se lo fosse stato, le mie legioni sarebbero intervnute” ed infine lo svolgimento stesso delle vicende degli “Atti”), nel cristianesimo evangelico ci sono eccome.
    Non dico che quei passi non debbano essere interpretati, ma non credo fino al punto di essere “nullificati”, trasformando la Chiesa di Cristo, in una Chiesa combattente, nel senso militare, propriamente detto.
    Ho come l’impressione che si espanda a dismisura l’episodio di Gesù che sferza i mercanti, facendolo diventare la regola generale di condotta, e si riducano tutti i riferimenti che ho fatto sopra, a delle rarissime eccezioni, con scarsissima operatività.

  7. exdemocristianononpentito

    Intendetemi bene: io non voglio dire che A. Hofer è nel torto, ma di stare molto attenti ad evitare l’eccesso opposto a quello ora lamentato.

    1. Nel Cristianesimo non c’è semplicemente nessun elemento, tantomeno cospicuo, di pacifismo. Il “porgete l’altra guancia” è già stato affrontato debitamente tempo fa nei commenti di questo blog e non intendo ritornarci (rimando solo la trattazione del teologo che citai allora, che come si può intuire già dal titolo va nella stessa direzione del pezzo di Fumaneri: http://isoladipatmos.com/porgere-laltra-guancia-vuol-dire-essere-persone-umanamente-e-spiritualmente-superiori-non-vuol-certo-dire-essere-codardi/). Cristo non ha reagito davanti a Pilato perché doveva avvenire il Sacrificio; oltre a quello che hai detto, Cristo ha pure detto cose tipo “non sono venuto a portare la pace, ma una spada”.

      Le interpretazioni pacifiste hanno infiltrato la Chiesa solo negli ultimi cinquanta anni, in totale contrasto con tutta la tradizione precedente, quasi bimillenaria. E i risultati si vedono: mondo che va a rotoli, peggio ancora Chiesa che va a rotoli, a tutti i livelli. Basta solo questa considerazione (dai frutti si giudica l’albero) per capire quanto sia dannosa l’interpretazione pacifista.

  8. Enrico Turomar

    „L’altro guarirà non perché gli hai detto il suo errore, ma perché mentre parlavi ha sentito il tuo amore e gli è venuta nostalgia anche a lui di amare.“
    Don Oreste Benzi

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