di Costanza Miriano per Il Foglio
L’uomo occidentale è finito per carenza di stelle. L’uomo è fatto di desiderio, ha bisogno di alzare lo sguardo a cercare le stelle, de-sidera, ed è questa ricerca che lo tiene dritto in piedi, in vita. È questo lo spazio nel quale si infila la ricerca di infinito. Ma, prima ancora, è questo che lo muove nel desiderio di migliorarsi. Per millenni le narrazioni – da Omero in poi – sono stati racconti di come l’uomo, l’eroe, cercasse di superare se stesso, di trascendersi, di cercare fuori di sé qualcosa che lo eternasse.
A un certo punto l’uomo ha deciso che non aveva più bisogno di nessun cielo sopra la sua testa, ha smesso di costruire cattedrali, ha cominciato a pregare – i pochi che lo facevano ancora – in posti più simili a garage che a chiese, senza liturgia, senza guglie che portassero…
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…speriamo,almeno, tutto finisca presto!!!
“…speriamo,almeno, tutto finisca presto!!!”
Come canta il poeta,
“Ho scavato una galleria in fondo a questo cuore
e mi ha permesso di apprezzare meglio la luce del sole…
d’altra parte la notte è bella perché è buia,
ci fa venire voglia più dell’alba che della luna!”
Ciao.
Luigi
Ottimo articolo Costanza, molto pertinente.
Io vengo dalle zone di Raffaello Sanzio e purtroppo nel raggio di pochi km mi ritrovo tre dei “garage” di cui parli….
Eh..d’altra parte Cristo ha promesso la vittoria finale all’Assemblea dei suoi fedeli, siano essi occidentali, orientali, meridionali o settentrionali. Non ha garantito nulla all’uomo occidentale. Né vale replicare che l’uomo occidentale è quello che lo ha servito nel modo più corretto, perché: primo, bisognerebbe sapere cosa ne pensa Gesù in merito a tale ultimo punto; secondo, se il Padreterno non ha avuto problemi ad abbandonare a se stesso il popolo eletto, figuriamoci se arebbe problemi con “l’uomo occidentale”.
Insomma, garanzie nei Vangeli e negli altri scritti neotestamentari a favore dell’uomo occidentale non ce ne sono. Ce ne sono solo a favore della Chiesa di Cristo da chiunque (di qualunque razza e cultura sia) sia Essa costituita.
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“E, con l’estinzione dell’ultima favilla della civiltà cristiana, l’Europa piomberà nel buio: perché, ripetiamo, i frigoriferi pieni e i quattro televisori in casa non sostituiscono la sostanza spirituale di una civiltà, al massimo possono tentare di contraffarla con una illusoria apparenza di dinamismo e vitalismo.”
Per chi volesse leggere il resto – in queste ore oscure, in cui si susseguono stentorei, duceschi e ridicoli i “non ci lasceremo intimidire” – qui l’articolo intero:
http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/storia-e-identita/identita-delle-nazioni-sovrane/486-europa-e-civilta-cristiana
Ciao.
Luigi
@Luigi “qui l’articolo intero”
Molto bello, soprattutto perché è la miglior sintesi – in termini di spazio, il che è utile in molti contesti – letta sinora. Stavo per “rimproverarti” di non averla postata prima, ma vedo che è un ovetto fresco fresco di giornata…
Pensiero personalissimo, in natura la “fine” propriamente detta non esiste. Esiste il divenire, l’eterno ciclo di corsi e ricorsi necessario affinché dalle macerie, materiali e non, possa rinascere qualcos’altro. Bisogna solo non rimanere troppo attaccati a consuetudini (e quindi ad una forma esteriore), perché è il contenuto quello che conta !
Concordo con Ulisse. Perché continuasse la società medioevale ci voleva che si perpetuassero l’economia e le strutture politiche medioevalji. Ci voleva che la stampa a caratteri mobili non sopravvenisse. Ci volevano, insomma, tante cose, che invece venivano meno. E, una volta, posti i presupposti affinché l’unità religiosa, ideologica, morale, poloitica del medioevo, hanno cominciato a dissolversi, sono sopraggiunte le inevitabili conseguenze, di cui, quella che stiamo esaminando (fine homo occidentale) non è che una, sia pure a lungo termine. D’altra parte, garanzie di “lunga conservazione”, nessuno ce le aveva date.
“Perché continuasse la società medioevale ci voleva che si perpetuassero l’economia e le strutture politiche medioevali”
Però nessuno pretende che si perpetuasse la società medievale.
Quello che qualcuno avrebbe voluto, era il permanere della civiltà cristiana.
Ciao.
Luigi
@exdc
Intanto non sono convinto che sia quello che intende ulisse, che ha parlato di “corsi e ricorsi” e “rinascite”. Per come lo interpreto io, non mi trovo in disaccordo con il suo commento. Mi pare che sta solo facendo presente che è impossibile pretendere di fermare le lancette quando ci si trova in un periodo storico “ottimale”. Poi magari ci spiegherà lui, se lo ritiene, cosa intendeva.
L’altra questione invece è “Ci voleva che la stampa a caratteri mobili non sopravvenisse.” e le tante altre cose.
Io non vedo da nessuna parte la dimostrazione che lo sviluppo di scienza e tecnologia sia _necessariamente_ incompatibile con il permanere della civiltà cristiana. È chiaro che c’entrano. È vero che certi sviluppi, come la possibilità di separare l’atto sessuale da quello procreativo, o la manipolazione del DNA in futuro, sembrano inevitabilmente condurre su un piano inclinato. Tuttavia, mi pare che la questione sia mal posta. Generalizzato, si sta dicendo che l’uomo sovverte il piano di Dio perché è ora in grado di farlo. Si sottintende che prima non lo faceva, solo perché non era in grado di farlo. Ma questa idea ha a che fare con la predestinazione. L’uomo è dotato di libero arbitrio, e in fin dei conti non è la possibilità di ribellarsi che fa la differenza, quanto la volontà di ribellarsi; meglio se questa volontà, per auto-giustificazione, viene “indorata” come una cosa buona. Vista al contrario, l’uomo può avere la possibilità di ribellarsi, ma non avere la volontà di farlo. Il grande cambiamento che scienza e tecnologia hanno portato nella ribellione, dunque, per me è importante dal punto di vista quantitativo – ovvero la portata dei danni che si possono compiere – non tanto qualitativo.
Tant’è che l’articolo citato individua in alcuni precisi momenti dei secoli precedenti i momenti chiave di questa ribellione. Sono avvenuti in tempi non sospetti, scientificamente e tecnologicamente. E sono avvenuti su questioni vecchie come il mondo.
Il punto è importante, perché genera malintesi. Quando si dice che siamo in una crisi terminale, e che ne usciremo con un cambio radicale, una sconfessione di quanto fatto negli ultimi tempi, e si cita il Medioevo come un esempio di equilibrio, molti non capiscono e pensano che si stia predicando una “regressione” temporale su tutti i fronti, che implichi una denuncia/rinuncia di tutto quello che è arrivato negli ultimi secoli. Io credo che ci sarà un cambiamento radicale e traumatico, epocale, come non se ne sono mai visti prima, ma non necessariamente si butterà via tutto.
Cari Fabrizio e Luigi, non prendiamoci in giro, la civiltà cristiana come la intendete voi, di fatto coincide con la civiltà medioevale.
Si _teoricamente, voi (due) potrete argomentare che i 2 concetti non sono la stessa cosa, ma, nei fatti sono in gran parte sovrapponibili.
Poi, si può senz’altro argomentare che l’uomo dotato di libero arbitrio può rimanere cattolico, nonostante lo sviluppo tecnologico, ma, lo sviluppo dei mezzi di comunicazione porta al diffondersi di tutte le idee giuste e sbagliate che siano. Ed è evidente che più idee contrapposte circolano, poi le certezze si allontanano.
Inoltre lo sviluppo dell’economia capitalistica, creando nuovi bisogni e ampliando le masse dei consumatori, finisce, di fatto, per essere incompatibile, con quella moderazione, del limite e della parsimonia che deve caratterizzare la vita di un cristiano.
Inoltre, una medicina che riesce a guarire molte malattie e ad alllontanare la presenza della morte dalla vita quotidiana e a sopprimere o ridurre di molto, il dolore, non facilita di certo il permanere di una concezione eroica della vita.
E questo è avvenuto, nonostante il libero arbitrio. E del resto, quest’ultimo serve solo ad affermare la responsabile personale, mica ad impedire gli esiti funesti delle vicende umane.
E in quanto al problema della quantità e della qualità, io credo essere fondamentalmente vero, che “oltre un certo limite, la quantità diventa qualità”.
“……..Idee contrapposte circolano, PIÙ le certezze si allontanano.”
“…….quella moderazione, QUEL SENSO del limite, QUELLA parsimonia….,”
Cari Fabrizio e Luigi, non prendiamoci in giro, la civiltà cristiana come la intendete voi, di fatto coincide con la civiltà medioevale.
Solo per chi non vuol capire. Intanto la società medievale non era un monolite e non era immobile. Il medioevo del XIV secolo non era quello dell’VIII. Cultura, arte, mercato, tecnologia esistevano e si evolvevano – certamente la tecnologia molto più lentamente di quanto accade in tempi moderni. Poi ad un certo punto c’è stato un deragliamento, focalizzabile nella Rivoluzione Luterana, a cui si è reagito anche in modo efficace, ma squilibrando tutto. Siccome l’evoluzione costante e progressiva della società ha avuto questa rottura, risulta difficile immaginare come potrebbe concretizzarsi una società del XXI secolo basata su quell’equilibrio.
Inoltre, una medicina che riesce a guarire molte malattie e ad alllontanare la presenza della morte dalla vita quotidiana e a sopprimere o ridurre di molto, il dolore, non facilita di certo il permanere di una concezione eroica della vita.
Questa, e altre considerazioni simili, sono sciocchezze. È vero l’opposto: è perché l’uomo moderno ha perso la saggia prospettiva di quello medievale che non è in grado di gestire correttamente i progressi della medicina (o della scienza in generale). Se avesse mantenuto quella saggezza, si renderebbe conto che, pur felicitandoci del fatto che molte malattie non ci falciano più inesorabilmente, nessuno ci garantisce l’immortalità (salvo follie di qualche scienziato demente, che in realtà probabilmente non ci crede neppure lui e si fa solo pubblicità). Come dicevo sopra, non si sa più valutare opportunamente la differenza tra questioni quantitative (vivo più o meno a lungo, più o meno sano o ricco) e qualitative (l’impossibilità di diventare, su questa terra, immortale e perennemente benestante). Senza contare che poi stiamo parlando di progressi probabilistici: so che statisticamente vivrò grossomodo fino a 87 anni, mentre un mio avo magari un terzo, tuttavia scivolando su una buccia di banana domani potrei crepare, pur essendo sanissimo e ricco.
Tant’è che negli ultimi tempi ogni volta che la società si è ritenuta di aver quasi raggiunto una forma ottimale ed essere indirizzata su un percorso ottimale, le sono piombate catastrofi planetarie.
Quanto al discorso dell’occidentalità… vale quello che ha scritto Marco Gesi. Il Padreterno non ha scelto Roma per caso e non vi ha fatto morire Pietro per caso. Non per caso ha lavorato a lungo per far rientrare la cattività avignonese. Il centro del mondo non può essere, stabilmente, se non dove sta il centro della Chiesa. Se si pensa che il testimone passerà altrove, si deve pensare che il centro della Chiesa non sarà più Roma, stabilmente. Se sia possibile che negli ultimi tempi la Cattolica non sarà più romana, stabilmente, ovvero se non viola qualche dogma non so: se lo fosse, comunque è una tesi forte, che richiede argomenti forti.
Chiarisco meglio il mio pensiero : “l’immobilismo” e il non controbilanciamento delle forze in una società non è mai una buona cosa. Questi due fattori generano smisurato potere e ambizione in chi si trova in questa posizione privilegiata. Nel pieno medioevo questa posizione era occupata dalla chiesa (con tutto il suo carico di interessi e corruzione morale che tale situazione generava inevitabilmente).
In quel contesto la gente era “costretta” ad essere cristiana (e lo è stata “costretta” fino a no molti decenni addietro), non c’era scelta, non c’era certo un vero e proprio libero arbitrio nel comportamento delle persone. Questa condotta che esternamente poteva apparire esemplare, in realtà perpetuava solo uno stanco ripetersi di riti e comportamenti “vuoti” (un po come la storia dei sepolcri imbiancati).
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Forse se si fosse responsabilizzata veramente la persona in quanto individuo libero di scegliere le persone avrebbero sviluppato una coscienza critica che non poteva certo maturare su un “binario” prestabilito ?
Forse quando si esce da quell'”indirizzo” senza ever avuto mai la possibilità di farlo prima non si può fare altro che “deragliare” ?
Io sono tendenzialmente agnostico, quindi i miei discorsi potrebbero non concordare coi vostri.
“Ma questa idea ha a che fare con la predestinazione. ”
“La predestinazione non dipende dalla previsione delle buone opere, ma unicamente dalla misericordia di Dio.
La causa della predestinazione e della scelta preferenziale di Dio non può essere la previsione delle buone opere naturali né quella di un buon inizio naturale della volontà di salvarsi (initium salutis) né quella della perseveranza nel bene fino alla morte senza la grazia speciale.
Fondamenti. “Adiutorium Dei etiam renatis ac sanatis semper est implorandum, ut ad finem bo- num pervenire, vel in bono possint opere perdurare …” (Concilio d’Orange II, can.l0, Denzinger 380).
La causa della predestinazione non è nemmeno la previsione dei meriti soprannaturali che si conserverebbero fino alla morte senza un aiuto speciale di grazia.“Si quis dixerit iustificatum vel sine speciali auxilio Dei in accepta iustitia perseverare posse, vel cum eo non posse, anathema sit” (Concilio di Trento, sess.6, can.22, Denzinger 1572).
S.TOMMASO confuta l’opinione di chi asserisce che Dio sceglie questo a preferenza dell’altro perché prevede il buon uso che egli farà della grazia come il re dona un bel cavallo al cavaliere del qua- le sa che se ne servirà per il meglio.”http://www.studiodomenicano.com/testi/lezioni_predestinazione/Lezioni_predestinazione_1-15.pdf
L’uomo occidentale non è finito. La sua caratteristica fondamentale è da sempre: la volontà di potenza. La sua ambizione principale è: superare i propri limiti. La “fortuna” del Cristianesimo (ma io credo nell’esistenza di un disegno divino) è stata l’aver incrociato l’impero romano. Roma ha donato all’Occidente il cristianesimo. Roma ha donato al cristianesimo la sua vocazione a farsi impero universale. Il Papa è il “sommo pontefice” proprio come Giulio Cesare: i Papi sono i veri eredi dei Cesari. L’uomo occidentale ha – da sempre – proiettato la propria egemonia nel mondo. L’uomo occidentale ha visto Dio in un uomo, allo scopo di divinizzare se stesso e realizzare la morte di Dio. L’uomo occidentale si è fatto cielo e stelle. Egli non si accontenta di eseguire ordini ma li impartisce a tutti, anche alla natura, perché non appartiene alla natura ma a se stesso. L’uomo occidentale si è sostituito a Dio da almeno 500 anni, cioè dall’inizio della storia moderna. L’uomo occidentale ipotizzato da Costanza Miriano è più vicino all’uomo islamico che all’uomo occidentale. L’uomo occidentale è Marco Polo, che attraversa il mondo perché la sua sete di conoscere è più grande delle sue radici. L’uomo occidentale non ha radici, perché le sue radici sono tutto il passato e tutto il futuro. L’uomo occidentale è colui che crede nel primato della cultura sulla natura. Preferisce la filosofia alla biologia.
@Ulisse
Le “consuetudini” ci permettono di creare una “comunione” tra il presente e il passato, tra i vivi i morti e quelli che ancora devono nascere. Le consuetudini costruiscono quei solidi e possenti ponti che ci proiettano nella dimensione di un’eternità che il progresso tecnologico tende a celare.
Tuttavia devo ammettere che anch’io, almeno fino agli anni ’90, non mi preoccupavo troppo dei “contenitori”, trovavo che fosse del tutto indifferente chessò, bere un del buon vino in un bicchiere di plastica piuttosto che di vetro, o partecipare all’eucaristia celebrata in un negozio piuttosto che in un’antica chiesetta. Pensavo fosse solo una questione di banale tradizionalismo, e che bastasse solo concentrarsi sui “contenuti”.
Poi ho dovuto fare i conti con la realtà e, lentamente, ricredermi. Ho letto e riletto McLuhan e ho dovuto convenire che, più che mai oggi, nell’era della tecnologia ad alta velocità e definizione, cambiando il contenitore cambia, impercettibilmente ma anche inesorabilmente, proprio il contenuto veicolato.
Da una parte è vero che se anche l’uomo occidentale finisse e l’Europa diventasse islamica, sarebbe bruttissimo ma non sarebbe la fine del Cristianesimo. Hanno cominciato in 12 (anzi a voler essere pignoli hanno cominciato in Uno), i quattro gatti di cattolici rimasti possono ricominciare ancora.
Dall’altra parte più la società va a ramengo più diventa inevitabile l’esperienza del male. Finchè tutto va bene uno può anche ripiegarsi su se stesso e dire che lo scopo della vita è la mozzarella, ma quando si va a sbattere contro il limite, il dolore, l’ingiustizia, il male – lì se togli Dio restano solo due alternative: l’ideologia, che diventa violenza, o la disperazione.
O si decide che è tutta colpa delle leggi sbagliate, delle politiche sbagliate, dei pregiudizi sbagliati, delle persone sbagliate – e si lotta e si protesta e in nome dell’eguaglianza, della giustizia e della dignità si ammazzano vecchi e disabili e malati “terminali” e bambini nella pancia, si incoraggiano ragazzini confusi a mutilarsi, si condanna il pasticcere che non vuole fare la torta per il matrimonio gay e si licenzia l’impiegato di Google che ha osato dire che ci sono differenze biologiche tra maschi e femmine.
Oppure si pensa che non ci sia niente da fare, tutto accade per caso, niente ha senso, al male fatto non si può rimediare, chi ha sufficiente pelo sullo stomaco se la cava diventando cinico, gli altri cercano di non pensarci o anestetizzarsi in qualche modo – lavoro, TV, cibo, shopping, alcool, droga, farmaci antidepressivi ecc. ecc.
Io un po’ ci spero in quello che dice Costanza: “l’unico antidoto alla morte per estinzione dell’uomo occidentale è innanzitutto riconoscere e dichiarare il proprio bisogno, dichiarare la propria vulnerabilità.” Conosco persone (me in primis) per le quali i propri limiti a volte diventano una spinta a fidarsi di Dio, se hanno al loro fianco qualcuno che li aiuta. Perfino nelle serie TV mi sembra di vedere sempre più spesso personaggi che fanno cose orrende, ma che poi ne sentono il peso, e credono che non ci sia nessuno che li può perdonare e riparare il male che hanno fatto, e ne soffrono tantissimo, e non hanno risposte, o quelle che hanno non bastano. Secondo me è per questo che il Papa ha fatto l’Anno della Misericordia l’anno scorso, o che a volte dice cose che fanno venire i capelli dritti a tanti cattolici, non per cambiare il Magistero, ma per dire a questi disperati che il perdono c’è, se lo chiedono, che una cura per le loro ferite c’è, se solo ammettono di averle.
Ammetterlo dipende da loro. Ma che ci sia qualcuno lì al loro fianco quando uno finalmente lo ammette, dipende da noi.