Alla scuola internazionale

credere

di Emanuele Fant  per Credere

Quando, un anno fa, mio figlio si è diplomato all’asilo, abbiamo compreso immediatamente che la scelta per il suo ciclo di studi successivo sarebbe stata fondamentale. C’era chi si ispirava al metodo Montessori, gli steineriani, la galassia degli istituti cattolici. Noi abbiamo optato per la scuola internazionale. Ormai è in seconda, e quando mi cita a memoria i nomi del registro, mi stupisce con quanta fantasia sia stato messo insieme quell’elenco di fonemi impronunciabili.  

La berbera Omnia gli ha mostrato i segni di una tradizione suggestiva: sua madre le dipinge i polsi e le mani con le henné quando c’è qualcosa da festeggiare; la sua occasione preferita è il ritorno di papà, dopo le lunghe trasferte per lavoro. Greta, la svedese, ha una carta infallibile per farsi invidiare: dalle sue parti Babbo Natale consegna pacchetti migliori perché, all’inizio del giro, non sono ancora usurati dalle intemperie (pare inoltre che, arrivando prima le letterine, gli gnomi dispongano di maggiore preavviso, quindi fabbrichino doni più complessi). Rayan gli ha presentato nei particolari tutte le qualità di salumi fatti apposta per i mussulmani, senza maiale dentro; a suo dire sono buonissimi e adesso mio figlio sogna di poterli assaggiare e forse, con questa scusa, faranno i compiti insieme. Aya sostiene che la Romania è un posto incantevole dove passare i ponti lunghi e le vacanze di Natale, ci sono pure le montagne con la neve che fa meno storie a cadere rispetto a quella dell’arco alpino. Anche Mohamed gli ha dato silenziosamente una lezione: all’inizio della prima non sapeva un’acca di italiano, ma ha dimostrato che si può pure dialogare con gli sguardi. Da lui ha appreso che la motivazione conta più del passaporto: dopo un anno legge meglio degli autoctoni.

Mio figlio va alla scuola internazionale. Ci mette cinque minuti a piedi, a visitare il mondo intero. Grazie ai fenomeni migratori, non mi costa un euro di iscrizione. È la scuola pubblica del nostro paesino.

 

15 pensieri su “Alla scuola internazionale

  1. Claudia

    Sono contenta per il livello di internazionalizzazione della scuola di tuo figlio…. volevo però domandare: oltre a tutte queste cosr meravigliose che hai descritto, ogni tanto studiano anche qualcosa?
    Una mamms di ragazzi più grandi che hsnnk frequentato scuole cattoliche

  2. Procopio

    Cosa si insegnera’, passa pero’ in secondo piano. Quale storia o geografia? Forse non sara’ cosi’ dannoso non sapere chi erano i romani e che in periodo storico sono vissuti.
    Potenza della cultura neoliberista: merci e lavoratori (tanti da costituire un bell’esercito di riserva) senza frontiere. Magari fare gli Stati Uniti d’Europa ripetendo l’esempio degli Stati Uniti d’America: far fuori gli autoctoni e rimpiazzarli.

    1. Claudia

      Io credo che invece quello che imparano o non imparano sia fondamentale… anche ls storia dei Romani e soprattutto dei Greci
      E ci sono moltissime maestre molto brave sia nella scuola statale che in quella cattolica
      In qyanto ai ragazzi …
      Non credo però che gli studenti drlle cattoliche siano meno tosti…
      I ragazzi sono TUTTI meravigliosi

  3. Lettrice silenziosa.

    Grazie, grazie di cuore. Insegno nella scuola pubblica, i problemi sono tanti, niente è come dovrebbe essere. Blog, articoli e commenti furiosi agli articoli sui giornali, discorsi sull’autobus, gruppi WhatsApp di mamme non esitano a ricordarcelo. Eppure la mattina, quando entro nella mia classe di adolescenti tosti, non posso che inchinarmi di fronte alla Bellezza della realtà, una realtà spesso faticosa, contraddittoria, “incontrollabile” ma piena, abitata, di una ricchezza strabordante.

  4. Silvana

    Sembra la classe di mio nipote…davvero una ricchezza, se gli insegnanti sapranno far conoscere e gustare la nostra cultura anche a chi viene “da un Paese molto lontano”

  5. Stefania

    Grazie Emanuele Fant!!! Anche mia figlia frequenta la scuola internazionale che abbiamo di fronte casa e siamo contenti di non avere dato retta a chi ci diceva che “con tutti quegli stranieri chissà se poi si fa anche scuola”….

  6. Grazie Costanza bellissimo articoli…….io già da piccola eravamo tanti stranieri a scuola in Francia….si impara a stare insieme, con ogni cultura diversi……ma sai.. quando siamo bambini tutti siamo amici, non si guarda alla colora della pelle….almeno io lo vissuto cosi…..in Italia sarà da alcuni anni che ci sono più straniere….nelle scuole…..

  7. Vanni

    Agli entusiasti delle “scuole internazionali” si potrebbe ricordare che ci sono situazioni meno idilliache di quella presentata nell’articolo. La realtà è più complessa e spesso racconta la frustrazione di insegnanti in difficoltà nel portare avanti un programma minimo soddisfacente; di alunni italiani, in particolare quelli provenienti da famiglie più semplici (quelle che non si pongono il problema di “scegliere” una scuola e non si affacciano mai nei blog), trascurati e lasciati lì a vivacchiare; di tensioni, anche quelle “internazionali”, nate nel quartiere e riversate poi nella scuola. E potrei continuare, ma a che servirebbe? Chi lo smonta l’entusiasta a prescindere?

    1. Luigi

      “Agli entusiasti delle “scuole internazionali” […]”

      Non so: a me pare di scorgere, nel breve scritto, una vaga ironia…

      In ogni caso, è un film già visto.
      Si intitola “Torre di Babele” e si sa come finisce.
      Male, ovviamente.

      Ciao.
      Luigi

      1. Vanni

        Sì, Luigi, il dubbio sull’ironia di Fant l’ho avuto anch’io, ma vedo vero entusiasmo internazionale qui e altrove.

        1. Luigi

          Ma è così da sempre!
          I sostenitori delle Internazionali – questa, a memoria, è la Sesta – sono sempre entusiasti.
          Finché non vedono Kolyma, almeno.
          Allora gli entusiasmi si raffreddano di colpo…

          Ciao.
          Luigi

  8. ola

    Un pensiero e un plauso a tutte le maestre che portando il peso di situazioni a volte oggettivamente difficili tentano di fare di necessita’virtu’.

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