19 pensieri su “La crisi dell’obbedienza

  1. “Ognuno è capo nel senso che ciascuno è responsabile di se stesso e dell’incarico, per quanto umile esso sia, che la comunità gli ha affidato. E ognuno è subordinato nel senso che ciascuno, compresi i capi più grandi, è al servizio del bene comune.!

    Sembra una pagina del “Manuale delle giovani marmotte”!

      1. Tutti per uno uno per tutti! O anche l’apologo di Menenio Agrippa! O anche qualunque buon vecchio manuale di Educazione Civica! Ah la buona cara Educazione Civica di una volta (senza mai specificare quale volta)!

      2. Pace volli con Dio in su lo stremo
        della mia vita; ed ancor non sarebbe
        lo mio dover per penitenza scemo,

        Responsabilità, colpa, (pentimento) pena.
        La colpa sempre, a-priori!

        1. Responsabilità, colpa (se c’è errore, soprattutto consapevole), pena…
          Se c’è pentimento, perdono SEMPRE (a-priori – a-non-priori – a-posteriori).

          Ma questo ti piace ometterlo a-priori (capzioso come sai essere quando vuoi esserlo).

          Ed è lo stesso per tutte le “regole” umane, tranne che per il perdono, che non è quasi mai contemplato.
          E con questo rispondo anche a tuo qui http://costanzamiriano.com/2014/08/07/succede-oggi-milo/#comment-83875, dove già la menavi con codeste tue profonde considerazione e che qui hai riproposto giacché ti vedevi inascoltato…

            1. Nella mia vita, avvicinandomi alla Chiesa e a Dio, non ho sentito mi venisse chiesto conto di colpa alcuna (e volendo… ne avevo).
              Ma tu dipingila pure come ti pare… Se poi è esperienza vissuta, me ne dispiace.

          1. Si potrebbe cercare di risolvere nel seguente modo il conflitto tra libero arbitrio, considerato come presupposto indispensabile dell’imputazione, ed il principio di causalità che determina ogni evento:
            un uomo è moralmente o giuridicamente responsabile di un evento se esso è cagionato da un atto volontario, ovvero dall’omissione di un attovolontario che impedirebbe l’evento in questione. Non è invece responsabile di un evento se esso, palesemente, non è stato causato da un suo atto volontario o dall’omissione di un atto volontario che avrebbe impedito l’evento. Il fatto che l’uomo sia libero significa soltanto che egli è consapevole di poter agire come vuole o desidera. Questo stato di cose sarebbe perfettamente compatibile con il determinismo più rigoroso, poiché si suppone che sia causalmente determinato proprio l’atto volontario o l’omissione dell’atto volontario in questione. Ma il tentativo di salvare la libertà, interpretandola come la possibilità di agire come si vuole, è destinato a fallire. Infatti la coscienza di poter agire come si vuole è la coscienza che il nostro agire è causato dalla nostra volontà. Tuttavia il problema consiste nel dire non se la nostra azione è causata dalla nostra volontà (cosa che l’indeterminismo non nega), bensì se la volontà è casualmente determinata oppure no. Se il tentativo in esame non deve significare solo la negazione del libero arbitrio, bensì una soluzione del problema che faccia salva la supposizione secondo cui la rsponsabilità non è possibile che a condizione dell’esistenza del libero arbitrio, allora ci si trova davanti a null’altro che allo spostamento del problema. Quello che si dimostra con questa impostazione del problema è soltanto che l’imputazione morale-giuridica è possibile in presenza della determinazione causale della volontà e che ha effetivamente luogo…

  2. Silvana

    Ma questo articolo è del 1970? Drammaticamente profetico. E noi che cosa abbiamo fatto per scongiurare questo dramma? Ma lì dentro ci sono già i “semi” per ripartire! Silvana

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