di Andrea Torquato Giovanoli
Due piccole linee rosa, una di fianco all’altra, che cambiano la vita di ogni donna.
Due righette che per tante coppie realizzano un sogno o scatenano un dramma, che vengono bramate a coronamento di un’attesa caparbia o paventate come una maledizione da cui fuggire.
Due strisce parallele che demarcano il confine esistente tra il compimento di una vocazione ancestrale e la disperazione per una vita “rovinata”, l’abbandono nella solitudine o, addirittura, una decisione di morte.
Due piccole linee rosa che anche nella vita di mia moglie e mia hanno accompagnato sentimenti ogni volta nuovi, inaugurando stagioni cariche di speranza ed apprensione insieme, ma accolte sempre con fiducia.
Come quella prima ed indimenticabile volta, quando sullo sticker del test di gravidanza, quelle due righette hanno dato sfogo alla mia spontanea ed esplosiva esclamazione: “Amore, sei troppo incinta!”, caricandomi di un entusiasmo incontenibile per la paternità appena scoperta, tanto da essere capace di contagiare anche la futura mamma che, in quanto forse interessata in prima persona a dover portare quella nuova vita in grembo, era più preoccupata per la responsabilità che accompagnava quella nuova presenza in lei.
La seconda volta, invece, quelle due lineette rosa erano la conferma di un’aspettativa, presa con coscienza tremebonda dopo tre lunghi anni, tempo necessario ai nostri cuori perché la ferita profonda causata da quel primogenito che ora vegliava su di noi dal Cielo riuscisse a rimarginarsi: quei due segni erano il simbolo di una speranza volitivamente rinnovata, non senza un po’ di paura, ma come un balzo nelle braccia di una Provvidenza che, pur non vedendo, sai che c’é.
E fu proprio mentre quel disegno stava compiendosi, non secondo i nostri limitati desideri, ma in un progetto di bene più grande e dolorosamente misterioso (che avremmo iniziato a comprendere solo con il senno di poi), che per la terza volta e quasi inaspettatamente, quella coppia di strisce ci annunciò che un altro figlio già aumentava il numero della nostra famiglia. Fu una benedizione vera, quella, anche se lì per lì non la capimmo, perché la gioia di quel futuro nuovo arrivo sarebbe presto andata a confortare il vuoto lasciato dalla partenza al Cielo del secondo bimbo, lenendo la nostra sofferenza e ridando vigore alla nostra speranza.
Per la cronaca: quel terzo figlio dopo cinque anni è ancora qui con noi ed è stato pure raggiunto da un fratellino (anche lui segnalato dalle sue due righine rosa), che però nel conto non è il quarto, ma il quintogenito.
Già, perché tra questi due bimbi ce ne fu uno che fu chiamato a Sé dal Padre al quarto mese di gravidanza, quando per me, che non lo portavo nella mia carne, era ancora solo poco più di un pensiero: quasi l’immagine di un figlio, la prospettiva di una presenza, ma già così radicata nel cuore da condizionare la tua vita in rapporto a lui che pur non vedi, non tocchi, e che tuttavia senti così reale nella tua rinnovata paternità.
Poiché quell’embrione, di umano, ha già tutto, a cominciare dal dna, e siccome vive non è cosa, ma persona.
Perché a quell’insieme di cellule in crescendo è misteriosamente ed inscindibilmente legata un’anima creata, unica ed eterna, e che una volta venuta al mondo chiamerai figlio.
Quel figlio ancora celato nel ventre di sua madre, la cui prematurissima dipartita mi ha affranto più che quella degli altri due nati, i quali per un anno e mezzo ho almeno avuto il dono di conoscere. Questo, che abbiam chiamato Mattia, invece no: con lui non mi è stata data l’opportunità di stringerlo nel mio abbraccio, di sostenerne il peso leggero tra le palme, di coccolarlo ed accudirlo, ultimamente, crescerlo.
Quel figlio la cui mancanza ancora oggi, al solo ricordo, mi affligge l’animo così mordacemente.
Quel figlio che, forse proprio perché non nato, è stato subito dimenticato da tutti, persino dai famigliari più stretti, i quali hanno pure vissuto con noi la sua esistenza nascosta.
Quel figlio la cui perdita ha lasciato un vuoto enorme nella mia vita, riempito solo dalla riconoscente consapevolezza della grazia: la profonda compassione per quel padre Giacobbe, anche lui distrutto dalla perdita del figlio Giuseppe; la comprensione, nella propria carne, dell’angoscia del buon Pastore, che per l’amore verso la pecorella smarrita, senza esitare lascia le altre nell’alveo sicuro del recinto e non si dà pace finché con quell’una non s’è riunito; l’esperienza di comunione vera con quel Padre che agogna ad ogni singola anima e si strugge per quelle che nella loro disperazione si smarriscono, poiché non è che l’aver salvi nove figli ti pacifica per quel decimo che perdi. E la mia condizione è ancor migliore della Sua, perché per me c’è la speranza di avere un altro Santo in Cielo e pur nel ricordo sbiadito di quel figlio così caro e sconosciuto una consolazione resta: la certezza che il mio Mattia, pur non essendo qui con noi, ora sta bene, anzi, sta da Dio.
Grazie. Fiorella
Caro Adrea, grazie del bel post che sento molto.
Proprio in questi giorni ho scritto questo:
Figlio mio
Strappato dalla vita
prima del tuo respiro
come poche note
di una bellissima
canzone che mai udirò,
come un bocciolo i
cui petali mai vedranno
il sole
come una cena
interrotta dopo
l’aperitivo
come un’onda
che mai sulla sabbia
s’infrangerà
come un viaggio
annullato alla partenza
come un grido soffocato
un sorriso solo accennato
un profumo non annusato
una carezza interrotta
un lampo senza il tuono
un amore non donato
Chi sei figlio mio?
Sempre mi domanderò
fino al giorno in cui
finalmente nella Sua luce
in eterno ti abbraccerò.
E tempo fa avevo scritto quest’altro legato alla mia esperienza.
http://exileye.wordpress.com/2012/07/31/elia/
@exileye 🙂
“L’albero a cui tendevi
la pargoletta mano,
il verde melograno
Dà bei vermigli fiori
Nel muto orto solingo
Rinverdì tutto or ora,
E giugno lo ristora
Di luce e di calor.
Tu fior de la mia pianta
Percossa e inaridita,
Tu de l’inutil vita
Estremo unico fior,
Sei ne la terra fredda,
Sei ne la terra negra;
Né il sol piú ti rallegra
Né ti risveglia amor.”
Non ti risveglia amor umano,
ma quel Divino ti risveglerà
e la morte, più toccarti potrà.
Come poeta faccio schifo, ma il senso si è capito 🙂
Pianto Antico è una bellissima poesia perchè mirabilmente esprime la disperazione di un padre che ha perso il figlioletto di 3 anni. D’altro canto Carducci era ateo e massone (scrisse persino un Inno a Satana!) e quindi non traspare nessuna speranza. Però la Mamma che sempre veglia sui suoi figli alla fine lo conquistò e lui l’amò e le dedicò questa preghiera:
Ave Maria! Quando su l’aure corre
l’umil saluto, i piccioli mortali
scovrono il capo, curvano la fronte
Dante ed Aroldo.
Una di flauti lenta melodia
passa invisibil fra la terra e il cielo:
spiriti forse che furon, che sono
e che saranno?
Un oblio lene de la faticosa
vita, un pensoso sospirar quiete,
una soave volontà di pianto
l’anime invade.
Taccion le fiere e gli uomini e le cose,
roseo ‘l tramonto ne l’azzurro sfuma,
mormoran gli alti vertici ondeggianti
Ave Maria.
Qualcuno, sarcasticamente, mentre sostava davanti all’effigie della Madonna, gli chiese: prega professore? “Rispetto il dolore di una madre che ha visto morire il Figlio” fu la risposta. E Lei da quel Figlio l’ha portato e Giosuè (che aveva tolto l’accento dal suo nome una volta entrato nella massoneria) adesso lo sa che il piccolo Dante non è nella terra fredda, non è nella terra negra ma è nella gloria di Dio.
Nell'”Inno a Satana” di Carducci, Satana è il progresso: Carducci (in questa fase ancora positivista) inneggia al progresso definendolo così per rovesciare polemicamente la definizione (Satana, per l’appunto) che del progresso avevano dato i reazionari, in linea con quanto affermato dal Papa, Pio IX, nel Sillabo.
La pressione fiscale nello Stato Pontificio oscilla tra i 20 e i 22 franchi a persona, mentre in Piemonte è tra i 30 e 32 franchi, in Francia tocca i 40 e in Inghilterra addirittura gli 80. Pio IX cura il prosciugamento delle paludi di Ostia e di Ferrara, la bonifica dell’agro romano, amplia i principali porti sull’Adriatico, fornisce Roma dell’acqua potabile, promuove sin dal 1847 l’illuminazione a gas, dà nuovo impulso a scavi e restauri, fa poggiare oltre 400 chilometri di ferrovia. Roma possiede un ospedale ogni 9000 abitanti, mentre Londra uno ogni 40.000; e un istituto di beneficenza ogni 2700 abitanti, contro uno su 7000 della capitale inglese”.
(Alessandro Gnocchi — Mario Palmaro, Formidabili quei Papi. Pio IX e Giovanni XXIII: due rifratti in con froluce, Ancora, Milano 2000, pp. 30-32).
Pio IX si rese conto di come il partito della Rivoluzione tentasse di dare un indebito significato ideologico alle sue riforme, snaturandone l’essenza. Le riforme erano provvedimenti concreti, privi, nelle intenzioni del Pontefice, di significato politico; la Rivoluzione si presentava invece come un principio, o meglio come un’ideologia, opposta, in radice, alla concezione cristiana dell’uomo e della società: essa, secondo le parole di un autore che ebbe l’affettuosa confidenza del Pontefice, mons. Gaston de Ségur, «è la rivolta elevata a principio e a diritto», è «la consacrazione legale dello stesso principio di rivolta»…….Papa Mastai avvertì come gli attacchi al potere temporale della Chiesa rientrassero in una prospettiva immanentista e secolarista. All’indomani della costituzione del Regno di Italia, nella enciclica Jamdudum cernimus, del 18 marzo 1861, egli affermava che l’offensiva contro il Pontificato romano mirava non solo a espropriare il Pontefice del suo principato civile, ma a dissolvere, se possibile, ogni influenza della Religione sulla società
roberto de mattei “Pio IX e la rivoluzione italiana”, Cantagalli 2012, pp. 300 – http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=2177&testo
o andarsi a leggere il libro “elogio del sillabo” di rino cammilleri per farsi un’idea un po’ più precisa di quel che fu quel documento e del periodo storico che lo produsse.
altro che Beato Pio ix reazionario….difensore della civiltà!
Perfettamente d’accordo! 🙂
A proposito di Pio IX oscurantista e retrogrado, la stazione Termini (del 1863) e il circostante quartiere, compreso un cospicuo tratto di Via Nazionale sono stati costruiti quando ancora c’era lui, Allora il tutto si chiamava “quartiere de Mérode”, come il monsignor ministro belga che voleva “hausmaniser Rome”. Il governo italiano sviluppò un’urbanizzazione che già era in corso.
Forse non mi sono spiegata: io parlavo della poesia del Carducci, quindi indicando in Pio IX un reazionario parlavo dal punto di vista allora positivista del poeta… In ogni caso il Sillabo mi piace: lo sottoscriverei dalla prima all’ultima parola e, per dirla in termini odierni, lo quoterei!
a sara
allora è solo che sono un po’ rin…..il classico qui quo qua…( o qui pro quo?)
un bacio a sara
Chi ama e onora il Medioevo non può essere del tutto cattivo 😀
Mi è facile comprendere ciò che sin qui è stato scritto..
Tre figli ancora qui abbraccio e tre già mi “guardano dal Cielo”.
Ma ciò che mi portava a riflessione è l’apparire delle due piccole linee rosa che vengono come un annunzio, una notizia, che portano in sè un cambiamento, a volte uno sconvolgimento… per taluni “lieta notizia”, per altri un “sciagura”.
Pensavo come sono tante le “linee”, le due “righe”, che nella nostra vita possono portare un annunzio.
Le due righe di un referto medico, le due righe di un licenziamento, le due righe di un addio… ecco che d’un tratto tutta la tua vita ne è sconvolta, per alcuni è già “finita”, tanto che per l’annunzio di una malattia, già ci si sente come morti, quand’anche potremmo vivere più di chi ci sta intorno.
Perdonerete se accomuno qui Nascita e Morte, ma penso a nostro Signore che nato in una “culla”, l’iconografia orientale già ci presenta come avvolto in fascie in piccolo sepolcro. Ma ancor più lo faccio, per ciò che sopra è già stato scritto da Andrea: “Due strisce parallele che demarcano il confine esistente tra il compimento di una vocazione ancestrale e la disperazione per una vita “rovinata”, l’abbandono nella solitudine o, addirittura, una decisione di morte.”
Così, seppure alcune notizie subito ci ricolmano di infinita gioa il cuore e altre ce lo stringano in una morsa terribile, non c’è reale differenza per il Cristiano dopo che ha ricevuto e accolto l’unico e vero Annunzio capace di sconvolgerti la vita… L’Annuncio del Vangelo.
Così le due righe, che ti annunziano la malattia, la perdita, del lavoro, la sconfitta, la condanna, l’ingiusto giudizio, l’abbandono, fosse anche la morte, sono l’Annuncio di un Tempo Nuovo, di una Novità, una Parola di Dio che ti chiama a un cambiamento, a lasciare le tue sicurezze, la tua “terra”, per andare verso un Promessa, guidati solo dalla Fede e dalla Speranza… così in fondo è anche per l’annuncio di una nuova nascita, perchè per il Cristiano TUTTO è GRAZIA.
Perchè Dio vuole portarti lì, al luogo dell’incontro, in quel luogo, in quel punto della tua storia, dove non avrai “nessuno all’infuori di Lui”. Dove potrai gustare il Suo Amore, la Sua Potenza, la Sua Misericordia. Pregustare il gusto della Vita Eterna e posare il capo sul Cuore di Suo Figlio, come Giovanni… Lì riposare e benedire il Suo Nome.
per sei volte quelle due linee rosa hanno abitato la nostra vita.
per sei volte sei angeli hanno baciato la nostra esistenza e sono volati in cielo.
non sono mai riuscita a chiamarli embrioni
sono i nostri bambini
con la loro anima
e i loro nomi
che abitano i nostri cuori
e da lassù ci osservano
Grazie Andrea, per questo post. Grazie per come racconti la tua storia dolorosa ma non vinta, storia di fede sincera!
Grazie a tutti gli altri per i commenti lasciati. Mi piange il cuore all’idea di una creaturina che sale al Cielo. Come non rimanere colpiti da un’evento così innaturale? Eppure Dio lo permette. Mi fermo a pensare che Dio ha “bisogno” di anime candide, sante, innocenti e pure, per assisterci con più “mano d’opera”. Lo so, Dio non ha “bisogno” di nulla, siamo noi i “bisognosi”. Per questo, credo, Lui si avvale di “mano d’opera” straordinariamente forte: chi più forte di un bimbo? Chi più innocente di lui?.
Una delle veggenti di Medjugorje racconta che quando è stato chiesto alla Madonna, la Gospa, dove sono i bambini non nati, Lei, la Gospa, ha risposto che sono tutti sotto il suo manto. Da lì, da sotto QUEL manto, sono certa che pregano per noi, a partire dai loro genitori, fratelli e sorelle, fino ad arrivare al resto dell’umanità.
Ben detto Angel, brava
Grazie per questo racconto di vita….anche io sono convinta che tutti i bimbi “non nati” siano insieme alla Mamma e pregano per noi…Floriana
Grazie a tutti, davvero.
Grazie perchè ci hai aperto il cuore 😉
Il 28 dicembre si festeggiano i santi innocenti fra cui si ricordano i bambini mai nati.Noi in quel giorno festeggiamo il suo “compleanno “andando a Messa per essere in comunione dei santi e fra l ‘altro proprio quei giorni è nato in cielo
grazie mille per quello che scrivi…anche a me è capitato di perdere all’9° settimana il mio primo genito. lo ricordo molto bene quel giorno, io al lavoro con quelle macchioline rosse per le quali non c’era nulla da fare, solo aspettare, e alla notte quei tremendi dolori che ne segnalavano la perdita…. un lutto ho dovuto elaborare, una tremenda mancanza nella mia vita che mi ha accompagnato i primi anni, ma che con la nascita dei miei due figli subito dopo, ha assunto un ruolo diverso… ora lo immagino e lo racconto loro come un angioletto che ci protegge dall’alto, che ci accompagna nella nostra vita terrena, e che intercede per noi presso Dio… è stata dura ma ora posso dire di avere accolto questa strada che Dio ha riservato a noi, e che alla fine mi ha aiutata a crescere nella fede, perchè proprio nel dolore e nella disperazione ti rendi conto che l’unico presente è Lui, l’unico in cui confidare, su cui appoggiare il capo per cercare ristoro e consolazione. Inoltre ti rendi conto “che puoi gustare il Suo Amore, la Sua Potenza, la Sua Misericordia”
Grazie mille a tutti per quello che avete scritto e condiviso…
Grazie Andrea.