Chiarimento con il direttore del gruppo san Paolo

Costanza Miriano e don Rosario Uccellatore

di Costanza Miriano

Mi sembra giusto far sapere a tanti amici e lettori che dopo l’articolo della cara amica Monica Marini ho scritto, con il desiderio di appianare i contrasti, una mail al direttore della libreria di Genova, il quale mi ha risposto gentilmente, e che mi ha anche chiamato il direttore del gruppo editoriale san Paolo: ci siamo lasciati con un invito a pranzo (a dire il vero anche a cena, si è lasciato sfuggire don Rosario). Anche se le mie corse a Milano sono sempre con i minuti contati mi tengo il buono, e conto di approfittarne prima o poi. A riprova del fatto che parlarsi direttamente è sempre sicuramente molto meglio.

Ho avuto modo di spiegare che la conclusione del mio pezzo sulla chiusura di Famiglia cristiana non era certo un auspicio che tanti colleghi rimanessero senza lavoro, ma intendeva portare alle estreme conseguenze un certo atteggiamento sull’accoglienza indiscriminata degli immigrati. Come sarebbe assurdo ospitare immigrati mettendo le brandine nella Cappella Sistina o non fare più controlli di sicurezza a piazza san Pietro, allo stesso modo sarebbe insensato ospitare un campo profughi in una redazione… Don Rosario mi ha assicurato che neppure lui né gli autori della copertina che è stato il casus belli – un po’ estrema, a dire il vero, come peraltro la mia immagine della chiusura del giornale – intendono promuovere quella idea di accoglienza. In quei giorni il dibattito sul tema era davvero infuocato, ma parlando con don Rosario Uccellatore ci siamo trovati a concordare sul fatto che quando si entra nel merito degli argomenti, deponendo l’ideologia, è difficile che tra cristiani non si trovi il modo di intendersi. Abbiamo parlato di immigrazione e di Vangelo, trovando che ciò che ci unisce – Cristo – è sicuramente più forte di quello che ci divide – le nostre sensibilità personali. Mi scuso per questo post totalmente autoreferenziale, ma ho voluto raccontarlo perché penso sia importante non dare scandalo tra fratelli nella Chiesa, o se lo scandalo c’è, adoperarsi per ricucire gli strappi.

 

38 pensieri su “Chiarimento con il direttore del gruppo san Paolo

  1. Bene… se son (sante) rose fioriranno.

    Restano le tante perplessità sulle scelte del “gruppo”, che vanno oltre il caso personale…

  2. Barbara

    Felicitazioni per il doveroso chiarimento e grazie per averlo condiviso!
    Cavalcando ottimisticamente l’onda di “Guardiamo ciò che unisce non ciò che ci divide…” vediamo dove andremo a parare…

  3. Giorgio

    Una nota a margine.
    Da “fastidio” solo a me che un sacerdote vesta in giacca e cravatta e non come un sacerdote, anche se ricopre un incarico importante presso un giornale?
    E’ solo una questione di differenti sensibilità personali o c’è qualcosa di più?

      1. Il mio contributo è: “Ma quello lì sarebbe un prete?”. Intanto le disposizioni relative all’abbigliamento dei preti non sono mai state abrogate, pertanto chi si concia così compie un abuso. Ma, primariamente, se questi si vergognano del Crocifisso e della talare o del clergyman, io mi vergogno per loro.

    1. Silvia Viviani

      No, credo dia fastidio a moltissimi. Uno cosi posso chiamarlo “signor”, “conte”, “vostra grazia” o ” Sua Maestà”, a scelta. Ma mai Don o Reverendo.
      Ma è così difficile da capire? Ma cos’è quest’odio satanico contro la talare?

  4. Giorgio

    “Don Rosario mi ha assicurato che neppure lui né gli autori della copertina (…) intendono promuovere quella idea di accoglienza”.
    Con tutto il rispetto, che la linea di Famiglia Cristiana sia da tempo TOTALMENTE a favore di un’accoglienza “indiscriminata” – nel senso letterale della parola – degli immigrati è una cosa che può constatare chiunque legga anche solo di tanto in tanto quel giornale… giusto o sbagliato che sia.
    Che adesso salti fuori che nè lui nè la redazione sarebbero a favore di un’accoglienza senza se e senza ma è una cosa che personalmente mi fa cadere le braccia.

    1. MenteLIbera65

      Veramente un cristiano dovrebbe chiedersi una sola cosa e cioè se Gesù Cristo, potendo scegliere solo tra la linea di Famiglia Cristiana (e di Papa Francesco), e quella di Salvini, con quale dei due si sarebbe schierato. Dopo di che comportarsi di conseguenza.
      Se poi c’è una 3 via , bisognerebbe avere il coraggio di criticare entrambe le parti, e non sempre una soltanto.

  5. Ne son felice, e speriamo che certe idee, con fondamento “fuori Cristo”, possano, dopo essersi incontrati a tavola con anche Gesù e magari Maria, cambiare.
    E non credo che cambino quelle di Costanza, che non deve per forza vendere, ma quelle di un gruppo che avrebbe l’esigenza di offrire, a pagamento, ciò che scriverebbe san Paolo oggigiorno.
    Duc in altum!

  6. marco

    Cara Costanza. La informo che c’è un suo alias che sul suo blog scrive nebulosi post su nebulosi chiarimenti con il cravattato direttore di una decadenti casa editrice sedicente cattolica. Ancora un po’ e saltavano fuori i ponti da costruire ed i muri da abbattere…

    1. Bradamante

      Ho notato spesso nei film di checco zalone “frecciate” a sfondo cattolico, molto discrete, mimetizzate fra le altre battute. Bravo, e soprattutto intelligente, è il migliore.

  7. Marco Azzola Guicciardi

    Una volta era eccessiva la tonica, poi troppo il clergy, adesso è troppo tutto. Che tristezza chi non riesce a portare una divisa di cui essere orgogliosi e fieri. Sono rimasti solo gli alpini?

  8. Giacomo

    Se indosso la tonaca sono ridicolo ed inopportuno, oltre che invasato e con le idee poco chiare…. ecco cosa rischia di essere un sacerdote in giacca e cravatta.

  9. nat

    Suvvia! Perfino Papa Francesco si è complimentato con i suoi ospiti gesuti perché non portavano talari et similia.
    Temo che molti non abbiano mai visto le fotografie dei vescovi francesi…

    1. Ho presente. C’è pure un vescovo francese che ha messo sotto indagine un convento di monache perché vestono in modo troppo tradizionale (questa almeno è la scusa ufficiale).

      Peraltro girano anche da noi foto di vescovi italiani in modalità escursionista con braghette corte. Un’arguta commentatrice tempo fa usò l’espressione “vestire da Capitan Findus”, ma forse certi vestono da capitan Findus solo per le Messe pontificali…

      1. Giusi

        La prima visitatrice delle suore francescane dell’immacolata, una teologa che faceva gli esercizi spirituali a Bose, disse loro che portavano i vestiti troppo lunghi, che pregavano troppo e in latino e che facevano troppe penitenze…

  10. stefania

    A PROPOSITO DI FRANCIA, CON TUTTI I DIFETTI DEI FRANCESI, I SACERDOTI SONO PERFETTAMENTE RICONOSCIBILI, SI QUESTA COSA DELL’ABITO CHE NON FA IL MONACO SARA’ PURE VERA, MA PERFAVORE VIVA I SACERDOTI CHE SI RICONOSCONO COME TALI, ABBIAMO BISOGNO DI SEGNI E SOSTEGNI!!

  11. Liso

    Sono un dinosauro e ne vado fiero.
    Non sopporto la sciatteria in Chiesa, tra bermuda, ciabatte e minishort.
    Sospetto dei Sacerdoti che si mimetizzano indossando abiti civili.
    Mi prenderò una scomunica per tali idee reazionarie!

  12. Giuseppe

    I PAOLINI sono religiosi e non sacerdoti diocesani..forse il fondatore portava la veste talare ma i paolini da anni sono molto secolari nel vestire…. Anche se penso abbiano delle disposizioni anche minime sul vestito….

    1. luca roti

      condivido Giuseppe, un commento sobrio fuori dal “coro” che traborda di antico e anacronistico, dal sapor ancien regime, manifestamente tradizionale e rivolto al passato…. con neppure tanto nascoste critiche feroci s Sua Santità Papa Francesco

  13. Che le congregazioni religiose possano dotarsi di un abito diverso non rende tollerabile che i membri si vestano con giacca e cravatta, o come dei debosciati in altri casi, rendendosi indistinguibili da un laico.

    http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3452

    Inviati da Cristo per l’annuncio del Vangelo, abbiamo un messaggio da trasmettere, che si esprime sia con le parole, sia anche con i segni esterni, soprattutto nel mondo odierno che si mostra così sensibile al linguaggio delle immagini. L’abito ecclesiastico, come quello religioso, ha un particolare significato: per il sacerdote diocesano esso ha principalmente il carattere di segno, che lo distingue dall’ambiente secolare nel quale vive; per il religioso e per la religiosa esso esprime anche il carattere di consacrazione e mette in evidenza il fine escatologico della vita religiosa. L’abito, pertanto, giova ai fini dell’evangelizzazione ed induce a riflettere sulle realtà che noi rappresentiamo nel mondo e sul primato dei valori spirituali che noi affermiamo nell’esistenza dell’uomo. Per mezzo di tale segno, è reso agli altri più facile arrivare al Mistero, di cui siamo portatori, a Colui al quale apparteniamo e che con tutto il nostro essere vogliamo annunciare.

    Non ignoro le motivazioni di ordine storico, ambientale, psicologico e sociale, che possono essere proposte in contrario. Potrei tuttavia dire che motivazioni di eguale natura esistono in suo favore.
    Devo però soprattutto rilevare che ragioni o pretesti contrari, confrontati oggettivamente e serenamente col senso religioso e con le attese della maggior parte del Popolo di Dio, e con il frutto positivo della coraggiosa testimonianza anche dell’abito, appaiono molto più di carattere puramente umano che ecclesiologico.
    Nella moderna città secolare dove si è così paurosamente affievolito il senso del sacro, la gente ha bisogno anche di questi richiami a Dio, che non possono essere trascurati senza un certo impoverimento del nostro servizio sacerdotale.
    In forza di queste considerazioni, sento il dovere, come Vescovo di Roma, di rivolgermi a lei, signor Cardinale, che più da vicino condivide le mie cure e sollecitudini nel governo della mia diocesi, perché, d’intesa con le Sacre Congregazioni per il Clero, per i Religiosi e gli Istituti Secolari e per l’Educazione Cattolica, voglia studiare opportune iniziative destinate a favorire l’uso dell’abito ecclesiastico e religioso, emanando a tale riguardo le necessarie disposizioni e curandone l’applicazione.

    Giovanni Paolo II

    1. Il fatto che diversi consacrati non usino nessun “segno distintivo” che va dall’abito al semplice (a anche fosse piccolo) crocefisso appuntato sul petto – costerebbe veramente poca “fatica” – non è un fatto di poco conto.

      Anche la migliore delle presentate intenzioni come quella essere un persona in mezzo alle altre, non non frapporre “ostacoli” (?) e altre di simile tenore, mi paiono tanto un inganno (anche ipotizzando la piena buona fede).

      Non capisco come si possa credere, soprattutto nel frenetico e individualista tempo contemporaneo, il NON essere riconosciuto come prete o suora (ma mi pare il problema sia di molto più presente tra i preti), possa aiutare il contatto umano, laddove il contatto umano di una seppur minima profondità è sempre più raro.

      Vero invece è il contrario, cioè che sapendoti un consacrato/a, qualcuno, fuori di una chiesa o altro ambiente “religioso”, può approfittare per aprirsi ad un confronto, magari inizialmente anche duro o critico (è forse questo che spaventa?), ma che a Dio piacendo e per aiuto dello Spirito Santo, può sfociare in qualcosa di molto edificante… anche in una bella Confessione.

      Il consacrato comunque non è mai “persona confusa o confondibile tra le altre” (così si dovrebbe poter dire di ogni Cristiano) e il segno esteriore è il primo dei segni distintivi, almeno quanto a immediata percezione.

      Non ultimo, il segno distintivo esteriore è “scudo e difesa”, non tanto dagli altri – in verità può anche essere calamita per scherno o altro, ma anche questo è da mettere in conto – quanto dalle proprie debolezze nel relazionarsi con il prossimo o da azioni e atteggiamenti non consoni: se sei subito riconoscibile come consacrato/a, ciò ti aiuterà a ricordare Chi e cosa rappresenti, la tua responsabilità verso il prossimo, la necessità di avere un comportamento degno della tua consacrazione.

      Che queste semplici e ovvie considerazioni, non vengano fatte da chi è chiamato in prima persona portare Cristo al mondo, scegliendo invece una mimesi con l’ambiente circostante, che non sia causata da questioni di “forza maggiore”, lascia un tantino perplessi (anche un po’ più di un tantino…).

      1. Barbara

        Ma non c’era già nel post-concilio, x alcuni, questo voler “mimetizzarsi”?
        Allora poteva essere una novità, un tentativo in buona fede… Adesso personalmente mi sembra più un negare volontariamente la propria condizione (per difendere se stessi?).
        Spiace, perché il “passare inosservati” non e’ esattamente un testimoniare Dio con la propria vita…

        1. Adesso personalmente mi sembra più un negare volontariamente la propria condizione (per difendere se stessi?

          Il punto chiave – espresso anche nella lettera di GPII – è che uno si veste in modo coerente a cosa si sente di essere. Uno che non si veste da prete, ma preferisce vestirsi come un manager, evidentemente si sente più manager che prete. Tutto lì. Poi fanno anche i maestrini con prediche sulla “mondanità”, ma sono i primi mondani.

  14. Astore da Cerquapalmata

    Ricucire gli scandali da tutte le parti. Non mi riferisco a don Rosario che non conosco, ma in generale.
    Quando sento i papisti dell’ultima ora, cioè quelli che criticavano Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, parlare oggi di NEMICI del Papa perché è a favore dei poveri, mi viene da ridere.
    Io non sono né sedevacantista, né tradizionalista, ma ritengo che la Chiesa dovrebbe chiarire alcune questioni, perché anche certi silenzi possono creare scandalo.
    Del resto: “NON E’ PECCATO criticare il Papa, si può fare…” (PAPA FRANCESCO 21/05/2018).
    Io non lo critico perché è per i poveri. Figurarsi, collaboro con la Caritas! Voglio solo capire e perciò porre questioni in modo COSTRUTTIVO.
    Perché TUTTI i migranti vengono considerati poveri (e posso assicurare che non tutti lo sono) mentre dei poveri italiani non si fa menzione?
    Perché i Vescovi alludono all’inferno per Salvini e non per la Bonino? Anzi, il Papa l’ha lodata?
    Perché non interessa di risolvere il dramma delle migrazioni soprattutto alla “fonte”?
    Perché non si parla più di Humanae vitae, non per la fissa del sesso, ma in quanto tratta dell’amore come DONO di se stessi?
    Perché la Chiesa non difendere la famiglia dalla mentalità LGBT con la stessa frequenza con cui parla parla di migranti?
    Perché non si fa chiarezza sul “vizietto” di McCarrick che, al di là del dossier Viganò, il Papa non poteva non sapere dal 2013 in quanto Papa Benedetto gli ha lasciato sul tavolo tutte le sua carte?
    Perché in Germania si dà la Comunione si dà anche a chi convive da non sposato nonostante l’innegabile SCANDALO che si dà?… E quisquiglie del genere.
    Vorrei sapere se molti Pastori hanno ancora la FEDE, quella che è dono soprannaturale, o se hanno ridotto la fede a una convinzione umana, come è la fede degli islamici, o a un’ideologia.

    1. Perché TUTTI i migranti vengono considerati poveri (e posso assicurare che non tutti lo sono) mentre dei poveri italiani non si fa menzione?

      È interessante questo estratto di un intervista di un vescovo cattolico in Grecia, riportata da RossoPorpora:

      https://www.rossoporpora.org/rubriche/interviste-a-personalita/810-ccee-grecia-arcivescovo-rossolatos-l-europa-cattolica-ci-aiuti.html


      Qui a Poznan, in questo incontro annuale delle Conferenze episcopali continentali, il tema è quello della solidarietà in Europa…

      Bisogna pur dire che in genere nel resto d’Europa vige – a proposito di solidarietà – una mentalità ecclesiale che secondo noi greci è sbagliata. Certo di aiuti ne arrivano in Grecia dalle Caritas europee, per milioni di euro: ma sono aiuti per i migranti, in gran parte musulmani, che sono nei campi di raccolta…sessantamila persone, tra le quali i cattolici non arrivano neanche a mille.

      E gli aiuti per la Chiesa greca?

      Noi, Chiesa greca, che abbiamo gravissimi problemi anche pastorali con ricadute economiche pesanti, non riceviamo niente dal resto dell’Europa ecclesiale. Ho incominciato a costruire una chiesa per i greci e gli albanesi vicino all’aeroporto di Atene, in una zona sprovvista di strutture ecclesiali… quaranta chilometri senza una chiesa cattolica!…la costruzione della chiesa è però ferma, perché non abbiamo più i soldi necessari per proseguire. Mi viene in mente, a questo proposito, che in certi Paesi dell’Unione europei le chiese vuote le vendono… ma di soldi per costruire le chiese necessarie in Grecia non ce ne danno… il loro è un ragionamento curioso dal punto di vista della solidarietà ecclesiale. Noi dobbiamo costruire chiese per gli immigrati, ma non abbiamo i soldi. Abbiamo bisogno di sacerdoti, che però non possiamo sostenere economicamente. Non siamo più in grado di affittare locali. La Conferenza episcopale dovrebbe avere una propria casa, ma le tasse da pagare sono gravose e dunque dobbiamo rinunciare. Dobbiamo sostenere un ufficio stampa, un giornale diocesano, alcuni impiegati, stampare i testi più importanti del Magistero… ma con quali soldi? Con questa crisi economica non possiamo servire il nostro popolo, greci e immigrati.

  15. Vale

    @aratore
    Guarda,se uccellatore foss’anche un centesimo del ritrattino di sorondo fatto dal card.zen nel suo ultimo libro(Per amore del mio popolo non tacero’),il tipo che ha avuto la ridicolaggine di affermare che la Cina è la nazione più esemplare nel mettere in pratica la dottrina sociale della Chiesa “(E tralascio il parolin che pare anche peggio),figurarsi quel che l’uccellatore avrà detto alla mi riano per sembrare un prete.

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