Una lettrice, Antonietta Campana, ci ha mandato la traduzione dell’intervista in inglese che padre Sean Salai ha fatto a Costanza Miriano
Perché hai scritto questo libro?
Veramente pensavo di non aver niente da insegnare sul matrimonio e la vita di coppia! Volevo solo scrivere delle lettere ad alcune amiche reali (ho solo cambiato i loro nomi e qualche dettaglio) per convincerle che è possibile imparare ad essere felici nella vita quotidiana matrimoniale. Infine, volevo parlare di Dio che è la fonte dell’amore, anche di quello di coppia. Ma non ho mai, mai pensato che lo avrebbero letto così tante persone. Per la prima uscita, ne sono state stampate qualche centinaio di copie. Ero sicura che le avrebbero comprate solo mia mamma, mia sorella e le mie vecchie zie. Non ho mai pensato che potesse diventare una cosa di queste dimensioni.
Chi è il tuo pubblico?
Quando scrivo, io penso di parlare ad una donna occidentale emancipata, che è passata attraverso il femminismo e le sue conquiste. Una donna grata di poter avere la possibilità di compiere delle scelte nella vita. Una donna che ha tutto ma è insoddisfatta perché ha perso il senso della sua missione in questo mondo: essere la culla della vita. Quando scrivo penso alla mia collega tipo: molto brava nel suo lavoro, in grado di viaggiare in tutto il mondo raccontando di guerre e crisi finanziare, o penso ad ingegneri, avvocati, docenti universitarie, mie compagne di classe, o anche alle madri dei compagni dei miei figli, segretarie, parrucchiere, donne normali che sono cresciute con l’idea di dover realizzare se stesse e, solo dopo, di pensare agli altri. Ma una donna può essere soddisfatta solo quando dona se stessa.
Qual è il messaggio del libro?
Sto scoprendo –è un processo lento che si chiama conversione!- che quando dono vita do il meglio di me. Non intendo solo nel senso letterale di mettere al mondo qualcuno, ma anche nel senso di generare, abbracciare, fare spazio. E’ la parte migliore della nostra vocazione. Dio dà la custodia dell’umanità alle donne. Abbiamo il compito di aiutare l’umanità ad alzare lo sguardo verso la Verità, la Bellezza, Dio. Detta in questo modo sembra una questione molto seria, ma nel libro cerco di dirlo in modo divertente. Durante la notte –una lavoratrice madre di quattro figli non può che scrivere di notte e dormire alle conferenze stampa- spesso svegliavo mio marito con le mie fragorose risate (non lo dovrei dire, forse, ma mi fanno ridere le mie stesse battute).
Il titolo del tuo libro, tradotto in inglese con Marry Him and Be Submissive, è un richiamo provocatorio alla lettera di San Paolo agli Efesini laddove esorta le mogli ad “essere sottomesse” ai loro mariti che si devono sacrificare nell’amore per le loro spose. Come moglie e madre, in che modo sei sottomessa a tuo marito e come lui si sacrifica per te?
Non so se sono sempre in grado di essere sottomessa come vorrei. Qualche volta mio marito estrae il mio libro dalla libreria e mi dice: “C’è un libro che dovresti leggere”. Comunque, nonostante la mie incoerenze quotidiane, cerco di non cedere alla tentazione di controllare mio marito, di modellarlo o, peggio, di manipolarlo. Cerco di accettare ciò che mi da, che è tanto, senza controllare sempre se è stato fatto nel modo che ho in mente io. Cerco di ringraziarlo per ciò che fa per me e di evitare di sottolineare ciò che manca per raggiungere la perfezione (noi donne siamo sempre malate di perfezionismo). Cerco di mordermi la lingua. Dall’altra parte, lui dà la sua vita per me facendo silenziosamente il suo difficile dovere, occupandosi di tutte le seccature della nostra vita familiare, di tutte le cose da riparare. Inoltre mi protegge, mi rende stabile: senza di lui penso che sarei un po’inaffidabile perché lui mi aiuta a tenere i piedi per terra.
Il tuo libro promuove l’approccio di san Giovanni Paolo II della complementarietà uomo-donna nel matrimonio, che si esprime in ruoli distinti, seppur di uguale valore. Come si esprime questo tipo di approccio nel tuo matrimonio?
Poiché entrambi lavoriamo fuori casa, non rispecchiamo i ruoli tradizionali: lui spesso cucina, fa il bucato (la qualcosa non mi rende particolarmente felice: le nostre lenzuola sono grigie, ma una volta erano bianche), carica la lavastoviglie, se necessario (ma io penso di essere più brava a fare spazio alla padella grande). Il discorso dei ruoli è qualcosa di più profondo del “chi pulisce la casa?” e di più spirituale. Io penso di essere il fuoco della nostra casa, che mantiene tutti caldi, sono il vento che soffia per far si che tutto proceda. Ma lui è la pietra che fa sentire i nostri figli difesi, protetti e sicuri di sé. E quando lui afferma qualcosa, loro sanno che si possono fidare di lui e questo li rende certi.
Questo libro dispiega una serie di lettere sincere scritte alle tue migliori amiche, che non appaiono certo come catechesi o documenti teologici. Perché i tuoi lettori trovano questo stile accattivante?
Penso che gli piaccia vedere i dettagli della vita: noi cattolici conosciamo molto sui principi generali, conosciamo il catechismo, le vite dei santi, la Bibbia. Qualche volta però può essere utile pensare a come vivere la fede nella vita di tutti i giorni. Noi donne cattoliche amiamo borse e scarpe esattamente come tutte le altre donne. Ci diamo da fare per vivere nel mondo, ma non per appartenergli. Seguiamo diete dimagranti cercando di non essere schiave dell’essere in forma. E poi parlo della mia famiglia: le cose buffe dette dai bambini piccoli, e la vita comica di una madre che è sempre in ritardo e che va ad intervistare un ministro senza conoscerne la faccia perché ha dedicato il tempo della preparazione dell’intervista a cercare una scarpa viola di Barbie sotto ad un letto.
Quali grazie hai ricevuto nella tua vita dal sacramento del matrimonio?
Tutto nel matrimonio è grazia. Vivere 20 anni con una creatura così diversa da noi è già un miracolo. Quattro figli sono una grazia enorme- Avere una casa e del cibo e la possibilità di fare molte cose è una grazia. Ma la grazia più grande che abbiamo ricevuto è quella di sperimentare che nessun amore umano può colmare il nostro cuore. Lo sposo è Gesù Cristo. Lui è il solo che ci ama nel modo in cui desideriamo essere amati. Noi non siamo in grado di amare il nostro marito o la nostra moglei nel modo di cui ha bisogno, possiamo solo chiedere la grazia di amarlo o amarla allo stesso modo di Gesù. Pian piano impariamo che il vero amore ha la forma della croce.
Quali sfide hai affrontato nel matrimonio e in che modo?
Io e mio marito siamo molto diversi, direi – anche se non so se è la parola giusta-opposti. A lui piace il freddo, a me il caldo. A lui piace l’acqua naturale a me quella molto frizzante. Io detesto perdere tempo, perciò quando non ho niente da fare – intendo niente di estremamente urgente – esco e corro 10 km; lui invece quando non ha niente da fare non fa niente! (che a ben pensare è una cosa ragionevole), sostenendo che nel vuoto puoi avere buone idee. Io sono in grado di pensare solo quando corro o prego o entrambe le cose, per esempio quando corro a messa (cerco di andare tutti i giorni ma sono sempre in ritardo). La differenza più significativa tra noi due è forse il fatto che io ho bisogno di circondarmi di persone: invito amici, voglio sapere di loro, cosa fanno, come stanno. Lui è un orso, come si dice. Gli piacerebbe vivere in una grotta, solo con me e i cuccioli. Stiamo imparando a lavorare insieme.
Nel 2013 la pubblicazione del tuo libro in lingua italiana è stata oggetto di critiche da gruppi di femministe che, dall’Italia alla Spagna, hanno protestato stracciando copie del libro nelle strade e chiedendone la censura. Qual è la tua risposta rispetto al fatto che il libro, secondo loro, promuova la violenza sulle donne?
Prima di tutto, se non ti piace un libro, puoi facilmente evitare di leggerlo. Io penso che questo regime di politically correctness sia un pochino preoccupante. Non ci può essere una psicopolizia che ci dica cosa è bene pensare! In secondo luogo, c’è un giudice in Spagna che ha dovuto leggere il mio libro ( a causa del fatto che il ministro della salute Ana Mato mi ha denunciato alla procura, da quanto apprendo dalla stampa): non è riuscito a trovare nulla nelle mie parole che inneggi al fatto che una donna debba accettare la violenza. Quando una donna viene da me dicendomi che è stata picchiata (è accaduto due volte, ma io incontro migliaia di donne in tutta Italia) io le ricordo che anche la Chiesa raccomanda di andarsene da casa e lavorare per il recupero del matrimonio, ma non vivendo insieme perché è troppo pericoloso. Essere la culla della vita non significa che qualcuno debba approfittare di noi. Il nostro è il più alto ruolo che un essere umano possa esercitare. Quando Dio ha creato il mondo, dal caos alla perfezione, la donna è stata l’ultima creatura. Penso che solo i sacerdoti siano più nobili delle donne, perché ci permettono l’accesso a Dio.
Nel libro tu consigli alle donne di smettere di preoccuparsi di problemi di minore importanza e di non aspettare il momento migliore per sposarsi, sostenendo che nessuno è mai “pronto al 100%” per il matrimonio e che farsi prendere dall’ansia non è un buon modo per condurre una vita felice. Nella tua esperienza, quali sono le ragioni più comuni che allontano le donne dal matrimonio e cosa può far cambiare idea?
Non tendiamo a pensare che il matrimonio sia la fine di un percorso, un obiettivo a cui tendere. Invece, quando ci si sposa si inizia a frequentare la scuola dell’amore. Si inizia il proprio processo permanente di conversione, perché il senso della vita è quello di conoscere e amare Dio. Ovviamente, poiché cerco di parlare anche a donne non cristiane (molte delle mie lettrici sono atee, ma sono d’accordo con me su tante cose), cerco di evidenziare le ragioni umane (sappiamo infatti che l’umano e lo spirituale non sono mai in conflitto). Perciò dico alle mie amiche che esse hanno delle aspettative troppo alte, che si devono buttare e poi impareranno a nuotare. Non c’è nemmeno bisogno del ricevimento perfetto, dell’abito perfetto della casa perfetta e del lavoro perfetto per decidere di sposarsi. Si ha solo bisogno di un uomo e di Dio (e del sacerdote che rende il matrimonio possibile). Se poi hai anche degli amici da abbracciare, sarà ancora meglio. Dobbiamo poi menzionare la vera ragione per la quale i giovani non hanno alcuna fretta di sposarsi; perché fanno sesso fuori dal matrimonio e ciò complica le cose. Ma questo è un altro discorso.
Nel tuo libro affronti anche la questione delle lamentele comuni di molte donne sul fatto che i mariti non le ascoltano. Quando tuo marito non sembra ascoltarti, come reagisci?
Il punto non è che sembra, ma che non ascolta, non mi ascolta proprio! Sostiene che io parli troppo e che lui abbia dovuto mettere un filtro alle orecchie. Questo ormai lo so, e quando ho bisogno di comprensione, quando mi devo lamentare o quando non sono alla ricerca di una soluzione per qualcosa, chiamo una amica, che, essendo femmina, non ha filtri nelle orecchie. Quando ho davvero bisogno che lui mi ascolti, glielo chiedo. “Per favore, smetti di fare qualsiasi cosa tu stia facendo, siediti e guarda le mie labbra” Quando serve, lui c’è sempre. Quando ho solo bisogno di esprimere me stessa, ho amiche addestrate allo scopo (ed io faccio per loro la stessa cosa). Gli uomini e le donne usano due linguaggi molto differenti. Noi lo usiamo per “sputare” sentimenti, emozioni, preoccupazioni, pensieri. Dall’altra parte gli uomini usano la lingua per dire delle cose. Un uomo dice sempre esattamente ciò che vuole dire. Quando mio marito mi chiede.” Vuoi che venga a prenderti in stazione?” io rispondo sempre “Non importa…”, ma in realtà intendo dire “Se non vieni vuol dire che non mi ami più e ora, come facciamo con quei quattro bambini?” Dobbiamo imparare a tradurci reciprocamente. Quando mio marito mi compra un caricatore per il telefono, io gli rispondo “ Anche io ti amo”, perché quello è il modo che lui ha di esprimere il suo amore per me.
Su tema della gravidanza, tu sostieni che non c’è modo di “mantenere la propria vita” dopo aver partorito, ma anche che la vita dopo aver partorito diventa molto migliore. Come la gravidanza ha cambiato la tua vita e quali sono ora gli effetti di questo miglioramento?
Non riesco proprio nemmeno ad immaginare la mia vita senza figli, ora. Li amo follemente, a volte mi chiedono di smettere di dirglielo continuamente. Mi alzo e gli dico quanto siano meravigliosi. Credo di sapere che sono normali, ma per me loro sono straordinari. La mia vita è cambiata perché essendo madre ho imparato a fare molte più cose. Quando non avevo figli, trovavo estenuante anche cambiare l’acqua ad un pesce rosso. Ora nulla mi fa più paura (ho avuto anche due gemelle). Le cose si imparano facendole, e non si perde nulla con la maternità. Nulla a parte delle unghie perfette e tempo per lo shopping, forse. Ma ciò che ricevi è tanto di più di quello che dai. Ci guadagni in abbracci e baci e risate e sorrisi. In una parole, in felicità.
Quando hai dei problemi coi tuoi bambini, per esempio perché si presentano in modo disordinato in pubblico o per altre questioni rispetto alle quali tendi a colpevolizzarti perché non li stai crescendo in modo perfetto, tu scrivi nel tuo libro che “il vino aiuta”. Cosa intendi dire?
Scherzavo, in verità io non bevo (ho solo una dipendenza dalla Diet Coke, so dire con certezza ad occhi chiusi quale sia la sua data di scadenza). Comunque intendo dire che noi, in quanto mamme, ci sentiamo tutte così, di tanto in tanto. Il segreto è riderci su. Sperando di non avere i pidocchi in testa quando andiamo dal parrucchiere.
Oltre ad essere moglie e madre, tu sei una personalità popolare nell’ambito della comunicazione in Italia e molte donne oggi trovano essenziale per la loro salute psicologica cercare una realizzazione nel lavoro fuori casa. Quale consiglio dai alle donne su come mantenere l’equilibrio tra la vita familiare e quella professionale?
Qui servirebbe una risposta molto lunga, che cambia molto a seconda delle condizioni di lavoro. Per esempio io sono stata fortunata perché il mio ruolo pubblico è iniziato quando i miei bambini erano già abbastanza grandi. Comunque io penso che le donne possano dare molto alla società e contribuire a migliorare il mondo. Ma giova anche ricordare che nemmeno un capolavoro come la Cappella Sistina è un’opera d’arte importante e preziosa come un figlio di Dio. Sono sicura che uso il meglio delle mie capacità nel fare la mamma. Uso il cervello, la creatività, la forza. Anche se a volte a casa mi sento invisibile. Il fatto è che una donna è sempre definita da uno sguardo. Dobbiamo imparare a non ricercare lo sguardo del capo in ufficio o quello di altre persone in generale. Nemmeno lo sguardo di nostro marito. Dobbiamo cercare lo sguardo di Dio sulle nostre vite ed imparare ad essere definite solo da quello. Di conseguenza non sarà importante se nella vita avremo successo secondo i canoni del mondo.
In che modo il cattolicesimo influenza il tuo atteggiamento di madre e moglie?
Come dicevo, cerco di amare mio marito nel modo in cui vorrei amare Dio. Se perdono una rispostaccia tacendo è perché Gesù mi chiede di farlo. Lo stesso vale per lui, che mi perdona quando sono in ritardo (sempre) solo per Dio. E cerco di educare i miei figli insegnando loro a non inseguire il successo, ma la vita eterna.
Chi sono i tuoi modelli di vita nella fede, sia viventi che non?
Amo la Santa Vergine! E mie sorelle sono Teresa d’Avila, Caterina da Siena, Teresina di Lisieux, Chiara d’Assisi, Madre Teresa, Madeleine Delbrel, Chiara Corbella Petrillo, una giovane madre di tre bambini morta a 28 anni.
Come è cambiata o si è evoluta la tue fede nel tempo?
Spero di stare capendo in modo profondo che Dio è una persona vera e reale, che vuole avere con me un rapporto vero. Non sono più una bambina piena di paura di fronte a Dio. Voglio essere ogni giorno sempre di più la sposa di Gesù. E puoi essere una sposa quando decidi di non vivere per te stessa. Troverai allora la tua bellezza esattamente come Michelangelo faceva col marmo: togliendo le parti che non ti servono. Quanto più togli di te stessa, tanto più si svelerà la bellezza nascosta.
In che modo preghi?
Ho dei programmi di preghiera molto ambiziosi, ma non li riesco mai a seguire completamente. Ciò che riesco a fare è andare a messa, pregare l’Ufficio delle Letture e recitare un rosario mentre guido o lavoro. Un’ora alla settimana la dedico alla adorazione dell’Eucaristia e un’altra alla Lectio Divina. Mi piacerebbe pregare tutti e quattro i misteri del rosario ogni giorno, ma non ci riesco mai.
Papa Francesco ha pubblicato una esortazione apostolica sulla famiglia intitolata Amoris Laetitia. Se tu potessi dire una cosa a Papa Francesco sulla tua esperienza di vita di una famiglia cattolica dei giorni nostri, cosa gli diresti?
L’ Amoris Laetitia è sulla bellezza della famiglia ed è piena di cose buone (Lo Spirito Santo sa far bene il proprio lavoro). Ma girando per l’Italia ho incontrato migliaia di famiglie e ho imparato che la gente è contenta di sentirsi dire anche che è normale non trovare sempre bellissima la vita familiare. Ci sono momenti in cui amare il tuo sposo è amare il tuo nemico. Non è perché stai facendo qualcosa di sbagliato, ma perché la natura umana è ferita. E amare i nostri nemici è ciò che Gesù ci ha chiesto di fare. Ci sono momenti in cui ti chiedi se hai sposato la persona sbagliata. Ce ne sono altri in cui devi abbracciare la croce. Ma non è perché il tuo sposo è sbagliato, ma perché tu hai qualcosa di sbagliato, nel senso che c’è qualcosa di sbagliato nel profondo di ciascuno di noi. Si chiama peccato originale. E abbracciare la croce non è una sfortuna, ma è il sentiero per trovare un rifugio. Gesù sana le nostre ferite e la ferita è il peccato originale.
Cosa speri che le persone facciano proprio della tua vita e del tuo lavoro?
Io spero che le persone che mi ascoltano pensino “sembra essere felice e il suo è un cammino molto semplice, se lo può fare lei, ce la posso fare pure io”.
Un pensiero finale?
Vuoi veramente sapere a cosa sto pensando ora? Che devo andare a stirare una pila di panni ma non posso evitare di rileggere attentamente le mie risposte perché Padre Salai è un Gesuita e se ho detto qualcosa di teologicamente sbagliato se ne accorgerà immediatamente. Il problema è che comunque io non me ne renderei conto, quindi vado a stirare.
QUI la versione in inglese
Grande Costanza… cosa pagherei per avere un decimo della sua fede.
Grazie mille per la traduzione
L’ha ribloggato su kos64.
Per quanto riguarda lo scritto di Paolo, a parte il fatto che gli esegeti lo contestualizzano nella mentalità del tempo, personalmente preferisco attenermi a quello che Gesù dice nel Vangelo. Infatti, Paolo scrive: “Dunque, come la Chiesa è soggetta a Cristo, così devono esserlo le mogli ai loro mariti in tutto”, (Ef 5,21-33). Per quanto riguarda la mentalità del tempo Paolo scrive anche: “Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola moglie, sobrio, prudente,ecc.”, (1Timoteo 3,1-12). Invece Gesù in merito dice solo: “Dall’inizio della creazione Dio li fece maschio e femmina. Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. Così non sono più due, ma una sola carne”, (Marco 10,6-9).
Bella intervista.opino solo sulla considerazione che un gesuita si accorga subito di qlcosa di teologicamente sbagliato. ( et honny soit qui mal y pense) 🙂
opino solo sulla considerazione che un gesuita si accorga subito di qlcosa di teologicamente sbagliato
Se ne accorge, ma lo promuove. Specialmente su America, dove imperversa padre Martin.
@Mario
Con le Scritture e la Tradizione non si può prendere solo quello che piace. È tutta Rivelazione.
Paolo dice:VOI MOGLI SIATE SOTTOMESSE IN TUTTO AI VOSTRI MARITI…e,poi: LE DONNE,QUANDO PREGANO,ABBIANO IL CAPO COPERTO. Da ciò devo arguire che se ella,sig. Giudici, dovesse sposarsi costringerà la sua sposa ad andare in Chiesa a capo coperto (TUTTO è Rivelazione)? E chissà… magari anche fuori dalla Chiesa… È vero…tutto è Rivelazione… ma anche i più grandi Santi hanno incarnato,spesso, una scheggia della Scrittura e han sentito più vicino al loro spirito più un insegnamento o un atteggiamento di Gesù rispetto ad altri…ognuno ha la sua vocazione specifica…Non io,x fortuna,ma profondi esegeti asseriscono la necessità di contestualizzare storicamente l’insegnamento del beniaminita Saulo. Buona serata,Guendalina.
“Giudicate voi stessi: è conveniente che una donna faccia preghiera a Dio col capo scoperto? [14]Non è forse la natura stessa a insegnarci che è indecoroso per l’uomo lasciarsi crescere i capelli, [15]mentre è una gloria per la donna lasciarseli crescere? La chioma le è stata data a guisa di velo. [16]Se poi qualcuno ha il gusto della contestazione, noi non abbiamo questa consuetudine e neanche le Chiese di Dio.”
Così Paolo di Tarso, civis romanus e apostolo delle genti.
Come si vede ne ha anche per quegli “uomini” che, non a caso, Giovannino Guareschi appellava come capelloni.
Ma solo chi ha il gusto della contestazione, si dà allo storicismo luteranico.
Nell’immagine sotto, un terrificante esempio di cosa possa accadere, seguendo l’insegnamento di san Paolo:
http://www.radiospada.org/wp-content/uploads/2015/11/il_570xN.638957837_2els.jpg
@Luigi qui pero’da prendere cum grano salis, se no finisce che son tutte indecorose le iconografie di Gesu’con i capelli lunghi.
Infatti san Paolo non si rivolge a Cristo, ma agli uomini comuni.
Del resto Gesù era circonciso, ma fu proprio san Paolo ad ammonire dal continuare una tale pratica.
I capelli fluenti, per i maschi, sono attributo regale. Anche per questo l’iconografia mostra Gesù con i capelli lunghi, mentre spesso san Pietro è alquanto stempiato:

Per tacere della tonsura…
Ciao.
Luigi
Beh, la questione della circoncisione la si può risolvere semplicemente con la tempistica. Quando Cristo viene circonciso la legge mosaica è ancora vigente, quando s. Paolo parla c’è già il Nuovo Patto e, di conseguenza, il 1° concilio di Gerusalemme attesta che la legge mosaica NON è PIÙ vigente, dunque, logicamente, da quel momento in poi, non più circoncisione.
Sui capelli lunghi del Cristo c’è stato un lungo dibattito.
È proprio perché delle scritture non si può prendere una parte sola, ma tutto, che gli esegeti hanno contestualizzato e chiarito meglio il pensiero di San Paolo, senza prendere alla lettera una singola frase, ma leggendola alla luce di tutto il pensiero di San Paolo, e alla luce del Vangelo. Sostanzialmente è quello che fa anche Mario nel suo commento: che i due siano una cosa sola è il matrimonio in cristo, e se si capisce questo allora non c’è altro da dire.
Ben detto, caro Fabrizio:per un cattolico la Scrittura e la Tradizioni sono fonti di Rivelazione. C’è da dire però che la Scrittua ha un vantaggio notevole, in quanto che le Sue fonti di cognizione sono certe (i librii dell’A-T e del N.T.), mentre per quanto riguardo la Tradizione, dobbiamo discernere fra le molte pronunce papali e conciliari, quelle che sono da ritenersi parte del Magistero infallibile (e quindi rientranti nella Tradizione) e quelle che NON lo sono. E putroppo non è dato di riconoscere A PRIORI ciò che è parte della Tradizione e quindi della Rivelazione e ciò che NON è parte. Il riconoscimento avviene solo A POSTERIORI basabdosi su una serie di indizi, ed infine cosa più grav e di tutte le conclusioni (sopratutto per i pronunciamenti più recenti) sono tutt’altro che univoche.
Quindi, la Scrittura la si individua subito, mentre per la Tradizioni bisogna fare, previamente, un complesso lavoro di riconoscimento, accreditamento e interpretazione (anche sono per acclarare che di Tradizione, con la T maiuscolas i tratti.
“Dobbiamo poi menzionare la vera ragione per la quale i giovani non hanno alcuna fretta di sposarsi; perché fanno sesso fuori dal matrimonio e ciò complica le cose.”
Se ho capito bene, non si sposano perché hanno la possibilità di fare sesso anche non essendo sposati ?
Ulisse, Lei è un esegeta davvero perspicace.
Se è veramente questo il motivo del non sposarsi oggi, allora ne devo dedurre che una volta si sposavano solo perché era l’unico mezzo consentito e socialmente accettato per fare sesso “legalmente”, e penso che molti converranno che questa prospettiva in relazione al matrimonio è assai svilente, un modo lecito per “sfogarsi” e nulla più.
Preferisco allora cento volte oggi, dove chi si sposa lo fa perché convinto, non costretto da niente e da nessuno, e soprattutto non lo fa per una strana sorta di consuetudine o poco più. E me “ne frego” (almeno per un credente dovrebbe essere cosi’ penso) se questa libertà , che è sacrosante per me, potrebbe portare a meno stabilità o meno nascite nella società…non ci si sposa mica per far contento qualcuno, o avallare più o meno consapevolmente il sistema socio-economico in cui vivo.
Il matrimonio cristiano
“In questa luce appaiono chiaramente le note e le esigenze caratteristiche dell’amore coniugale, di cui è di somma importanza avere un’idea esatta. È prima di tutto amore pienamente umano, vale a dire sensibile e spirituale. Non è quindi semplice trasporto di istinto e di sentimento, ma anche e principalmente è atto della volontà libera, destinato non solo a mantenersi, ma anche ad accrescersi mediante le gioie e i dolori della vita quotidiana; così che gli sposi diventino un cuor solo e un’anima sola, e raggiungano insieme la loro perfezione umana. È poi amore totale, vale a dire una forma tutta speciale di amicizia personale, in cui gli sposi generosamente condividono ogni cosa, senza indebite riserve o calcoli egoistici. Chi ama davvero il proprio consorte, non lo ama soltanto per quanto riceve da lui, ma per se stesso, lieto di poterlo arricchire del dono di sé. È ancora amore fedele ed esclusivo fino alla morte. Così infatti lo concepiscono lo sposo e la sposa nel giorno in cui assumono liberamente e in piena consapevolezza l’impegno del vincolo matrimoniale. Fedeltà che può talvolta essere difficile, ma che sia sempre possibile, e sempre nobile e meritoria, nessuno lo può negare. L’esempio di tanti sposi attraverso i secoli dimostra non solo che essa è consentanea alla natura del matrimonio, ma altresì che da essa, come da una sorgente, scaturisce una intima e duratura felicità. È infine amore fecondo, che non si esaurisce tutto nella comunione dei coniugi, ma è destinato a continuarsi, suscitando nuove vite. “Il matrimonio e l’amore coniugale sono ordinati per loro natura alla procreazione ed educazione della prole. I figli infatti sono il preziosissimo dono del matrimonio e contribuiscono moltissimo al bene degli stessi genitori”.
(Humanae Vitae)
Bellissima intervista , grazie di averla pubblicata
Veronica
Bellissima intervista!
Trovo molto reale l’immagine che dai del tuo matrimonio con questa presenza costante di Dio che fa da collante perchè il matrimonio non si sfasci a contatto con le vicissitudini quotidiane.
Mi pare che sia questa Presenza che fa la differenza tra il matrimonio Cristiano e un matrimonio senza questa consapevolezza che senza di Lui, non sappiamo fare nulla di Buono.
Non mi voglio dilungare anche perchè non mi sò spiegare meglio, ma lo “leggo” chiaramente nell’intervista.
Grazie Costanza!
Un abbraccio affettuoso
Anna Maria
Scusate, mi permetto di aggiungere una precisazione, riprendendo il mio commento precedente e per rispondere anche in parte ad alcuni commenti che (al di là dei toni da cui non sempre traspare una cordiale volontà di esprimere la propria opinione senza offendere nessuno) mi sembrano anche oggettivamente errati nei contenuti.
Le Sacre Scritture, pur essendo Parola di Dio, portano il segno del tempo e della cultura in cui sono state scritte. Il lavoro dell’esegesi consiste anche in questo: nel farci comprendere quello che è di divina rivelazione e quello invece che è un portato culturale e storico di colui che scrive. Non possiamo pretendere un San Paolo diverso da quello della cultura del suo tempo. La frase di S. Paolo: “voi donne state sottomesse ai mariti, come si conviene nel Signore” (Ef 5,21) va letta, come diceva Giovanni Paolo II, alla luce del versetto precedente: “state sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo”. Ciò significa che anche i mariti devono essere sottomessi alle mogli in riferimento a Cristo. A meno che qualcuno non abbia la pretesa di contraddire quanto scrive Giovanni Paolo II (che non penso fosse motivato da alcun “odio antivirile” nel fare questa chiarissima e inequivocabile affermazione, e che non era certo l’ultimo arrivato).
Se marito e moglie non sono più due, ma una sola carne (Mt 19,6), l’autorità va esercitata di comune accordo. Il governo della casa spetta all’unica volontà decisionale dei coniugi.
In un documento della Commissione teologica internazionale si legge: “Se gli scritti del Nuovo Testamento considerano la donna nella sua subordinazione all’uomo (cfr. 1 Cor 11,2-16; 14,33-36ss) – il che è comprensibile per l’epoca -, ci sembra tuttavia che su questo problema lo Spirito Santo ha condotto la cristianità contemporanea, unitamente al mondo moderno, ad un’intelligenza migliore nelle esigenze morali del mondo della persona” (Commissione teologica internazionale, Principi di morale cristiana, dic. 1974, Ench. Vat. 5,1084).
La Familiaris consortio poi insegna: “L’autentico amore coniugale suppone ed esige che l’uomo porti profondo rispetto per l’uguale dignità della donna… Con la sposa l’uomo deve vivere ‘una forma tutta speciale di amicizia personale’ (HV 9)” (FC 25,a).
E, si sa, l’amicizia si fa tra pari, oppure rende pari.
E ancora: “Nell’«unità dei due» l’uomo e la donna sono chiamati sin dall’inizio non solo ad esistere «uno accanto all’altra» oppure «insieme», ma sono anche chiamati ad esistere reciprocamente «l’uno per l’altro». Viene così spiegato anche il significato di quell’«aiuto», di cui si parla in Genesi 2, 18-25: «Gli darò un aiuto simile a lui». Il contesto biblico permette di intenderlo anche nel senso che la donna deve «aiutare» l’uomo – e a sua volta questi deve aiutare lei – prima di tutto a causa del loro stesso «essere persona umana»”…”E’ facile comprendere che – su questo piano fondamentale – si tratta di un «aiuto» da ambedue le parti e di un «aiuto» reciproco. Umanità significa chiamata alla comunione interpersonale” (Mulieris dignitatem).
Davvero non capisco perché su questo blog alcuni si ostinino a negare questa reciprocità o, comunque, a ritenere arbitrariamente che l’ordine migliore e più giusto nelle cose sia un altro, spacciandolo per ordine cristiano (va da sé che non vanno bene né la prevaricazione maschile né quella femminile, nessuna delle due giustificabile, nessuna delle due voluta da Cristo!! E quindi va da sé che all’amore e al servizio, come Gesù, siamo chiamati tutti nella Chiesa, uomini e donne)
San Paolo parla di sottomissione reciproca non specificatamente agli sposi, ma a tutti. Degli sposi comincia a parlare subito dopo.
Siate dunque imitatori di Dio, perché siete figli da lui amati; 2 e camminate nell’amore come anche Cristo vi ha amati e ha dato se stesso per noi in offerta e sacrificio a Dio quale profumo di odore soave.
3 Come si addice ai santi, né fornicazione, né impurità, né avarizia, sia neppure nominata tra di voi; 4 né oscenità, né parole sciocche o volgari, che sono cose sconvenienti; ma piuttosto abbondi il ringraziamento. 5 Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore o impuro o avaro (che è un idolatra) ha eredità nel regno di Cristo e di Dio. 6 Nessuno vi seduca con vani ragionamenti; infatti è per queste cose che l’ira di Dio viene sugli uomini ribelli. 7 Non siate dunque loro compagni; 8 perché in passato eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore. Comportatevi come figli di luce 9 – poiché il frutto della luce consiste in tutto ciò che è bontà, giustizia e verità – 10 esaminando che cosa sia gradito al Signore. 11 Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre; piuttosto denunciatele; 12 perché è vergognoso perfino il parlare delle cose che costoro fanno di nascosto. 13 Ma tutte le cose, quando sono denunciate dalla luce, diventano manifeste; 14 poiché tutto ciò che è manifesto, è luce. Per questo è detto:
«Risvègliati, o tu che dormi,
e risorgi dai morti,
e Cristo ti inonderà di luce».
15 Guardate dunque con diligenza a come vi comportate; non da stolti, ma da saggi; 16 ricuperando il tempo perché i giorni sono malvagi. 17 Perciò non agite con leggerezza, ma cercate di ben capire quale sia la volontà del Signore. 18 Non ubriacatevi! Il vino porta alla dissolutezza. Ma siate ricolmi di Spirito, 19 parlandovi con salmi, inni e cantici spirituali, cantando e salmeggiando con il vostro cuore al Signore; 20 ringraziando continuamente per ogni cosa Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo; 21 sottomettendovi gli uni agli altri nel timore di Cristo.
22 Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti, come al Signore; 23 il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della chiesa, lui, che è il Salvatore del corpo. 24 Ora come la chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli devono essere sottomesse ai loro mariti in ogni cosa.
25 Mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la chiesa e ha dato se stesso per lei, 26 per santificarla dopo averla purificata lavandola con l’acqua della parola, 27 per farla comparire davanti a sé, gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santa e irreprensibile. 28 Allo stesso modo anche i mariti devono amare le loro mogli, come la loro propria persona. Chi ama sua moglie ama se stesso. 29 Infatti nessuno odia la propria persona, anzi la nutre e la cura teneramente, come anche Cristo fa per la chiesa, 30 poiché siamo membra del suo corpo. 31 Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diverranno una carne sola. 32 Questo mistero è grande; dico questo riguardo a Cristo e alla chiesa. 33 Ma d’altronde, anche fra di voi, ciascuno individualmente ami sua moglie, come ama se stesso; e altresì la moglie rispetti il marito.
Grazie admin della precisazione. Ma il fatto che quando Paolo parla di sottomissione reciproca non si riferisce specificatamente agli sposi ma tutti… non toglie che gli sposi non sono esenti da questa sottomissione reciproca! Altrimenti Giovanni Paolo II avrebbe sbagliato nello scrivere quello che ha scritto, oppure si sarebbe permesso arbitrariamente di modificare la dottrina, oppure ha capito male? Ho scritto un commento citando fonti ufficiali della chiesa, e non la mia personale opinione, proprio per dire quanto sia chiaro il pensiero della chiesa su questo punto. E del resto, è anche ciò che ho sempre sentito in chiesa quando nell’omelia si commentava questa lettera di San Paolo, dal nord al sud Italia il commento era lo stesso: “bisogna capire che San Paolo scrive in un’epoca diversa dalla nostra”.
“Davvero non capisco perché su questo blog alcuni si ostinino a negare questa reciprocità o, comunque, a ritenere arbitrariamente che l’ordine migliore e più giusto nelle cose sia un altro, spacciandolo per ordine cristiano”
E a te che devi rivolgere questa domanda; e risponderti, se lo vorrai.
Tu – come altri commentatori, del resto – cerchi di far passare letture del Vangelo che hanno ben poco di cattolico. Basta dire che è stata citata Elettra Deiana! (senza dirlo, magari per la vergogna).
Non rovesciare su altri l’accusa di questo spaccio.
Hai negato esplicitamente, ad esempio, la pari dignità fra uomo e donna, sostenendo come nel caso dell’aborto il primo sia solo carnefice. Ti è stato detto da più d’uno che la realtà è differente, anche sulla scorta di evidenze scientifiche, ma non hai fatto una piega.
Hai sostenuto, in più di una occasione, la menzogna della sistematica e duratura prevaricazione e sopraffazione da parte degli uomini nei confronti delle donne.
Hai negato esplicitamente la realtà storica dell’aborto come conquista femminista (!!).
Errare humanum est. Perseverare, non so.
La pari dignità fra uomo e donna, sempre riconosciuta dalla dottrina cattolica, è una cosa differente dalla pedissequa e mortificante uguaglianza che vorrebbe, a parole, il mondo; per non dire della esplicitamente bramata supremazia femminea, che è nascosta dietro il “falso scopo” dell’uguaglianza; supremazia a cui le tue parole sembrano chiaramente mirare, ad esempio quando affermi che sono gli uomini ad avere colpa esclusiva dei mali del matrimonio.
Ma “pari dignità”, ripeto, è cosa ben differente da amorfo egualitarismo mucillaginoso.
Uomini e donne sono, grazie al Cielo, profondamente differenti; è ovvio – o dovrebbe esserlo – che nel Matrimonio come in ogni altra situazione – la loro natura si esplichi in modi differenti.
Le parole di san Paolo, riportate dall’Admin, sono chiarissime nell’esporre questa diversità di ruoli. Ma comprendo come, nell’ambito del gendero-femminismo questo fatto sia inaccettabile. Per altro è stato chiaramente spiegato come la “sottomissione” di san Paolo non abbia nulla a che vedere con la sottomissione in stile “cinquanta sfumature di grigio”, ma tant’è!
Mi sembrano banalità degne del signore di La Palisse, ma evidentemente tali sono i tempi.
Osservo, infine, sulla scorta di quanto detto da Fabrizio, che il Cattolicesimo ha, unico fra le religioni, una Tradizione chiara di trasmissione del Depositum Fidei.
Nessuno, in questo ambito, può variare uno iota, fosse anche il Papa.
Come del resto fummo avvertiti, nessun nuovo Vangelo deve essere accettato, venisse pure un angelo a portarcelo.
Quanto ai toni, ripeto al solito che se non si regge la prima linea non bisogna sgomitare per arrivarci 😀
È davvero patetico, però, questo accusare sistematicamente gli uomini di ogni nefandezza, salvo poi sdegnarsi se si (e vi) difendono (!!!).
A Napoli definiscono tale comportamento con un’espressione efficace ma volgarotta.
Essendo gentiluomo, eviterò di riportarla. Come tale, sono però sempre disponibile a una “spiegazione” con un campione da te scelto, se lo vorrai 😛
Mi scuso per la lunghezza del commento e me ne torno là fuori ad angariare femmine della specie umana.
Ciao.
Luigi
P.S.: giusto per fare un esempio di come agisca la violenza femminile.
Fabrizio è stato obliquamente ma pubblicamente umiliato, da un’altra utente, perché non sposato; arrivando a insinuare che, nel caso, imporrebbe il velo alla moglie (!).
La sua unica colpa, evidentemente, quella di non piegarsi al volere del mondo, inventandosi nuovi evangeli. E di dimostrare coi fatti, virilmente, tutto ciò.
(State comunque tranquille, tu come le altre – nonché gli altri facitori d’inganni che vi reggono bordone: nessun uomo vi imporrà mai niente. Ma il tempo è galantuomo, e temo avrete presto l’opportunità di ripensare alle fesserie scritte. Ho paura infatti che a breve rimpiangerete con amarezza, tu come le altre/i, di aver annichilito gli ultimi maschi bianchi cristiani, eredi di un costume vecchio di trenta secoli).
@luigi
cmq.: Jacques II de Chabannes de La Palice. non la palisse.
insomma,come detto da altra parte nel vangelo, è meglio non sposarsi ? 🙂
“insomma,come detto da altra parte nel vangelo, è meglio non sposarsi ?”
Che è quello che sta avvenendo, purtroppo in un’ottica del tutto mondana e quindi sterile:
http://www.enzopennetta.it/2017/09/se-i-maschi-fanno-sciopero
Ciao.
Luigi
Bella intervista è stato un piacere leggerlo e ti ringrazio….
.Per quanto mi riguarda sono 40 anni di matrimonio ….non senza difficoltà anzi tante forze troppe…..ma una cosa posso dire se siamo ancora insieme è un miracolo,che attraverso tutte queste prove oggi abbiamo, avuto la grazia di amarsi, l’uno per l’altro insieme….
Nulla è impossibile a Dio.
Grazie Costanza per la tua testimonianza.
Sig.ra Anna condivido in tutto il suo intervento anche laddove invita a maggiore pacatezza di toni ed in questo io faccio il metà culpa e chiedo perdono…mi son fatta prendere un po’ la mano…per il resto mi riprometto mi continuare a seguire il suo blog,sig.ra Costanza…ma a non più intervenire perché in tutta sincerità le parole di alcuni commentatori a me fanno…paura…Detto ciò non aggiungo altro se non cordiali saluti,Guendalina.
Scusate:MEA CULPA…ma forse era freudiano
(al di là dei toni da cui non sempre traspare una cordiale volontà di esprimere la propria opinione senza offendere nessuno)
le parole di alcuni commentatori a me fanno…paura
Profetico Vittorio Messori:
Di Gesù non si parla tra persone educate. Con il sesso, il denaro, la morte, Gesù è tra gli argomenti che mettono a disagio in una conversazione civile. Troppi i secoli di sacrocuorismo. Troppe le immagini di sentimentali nazareni con i capelli biondi e gli occhi azzurri: il Signore delle signore.
E capisco anche il card. Burke quando parla di “femminizzazione della Chiesa”.
Fabrizio è stato obliquamente ma pubblicamente umiliato, da un’altra utente, perché non sposato; arrivando a insinuare che, nel caso, imporrebbe il velo alla moglie (!).
Grazie Luigi. Ma, come puoi immaginarti, la cosa mi entra da un orecchio e mi esce dall’altro (anche perché sono in giro… oggi ero a pregare davanti alla cappella di Santa Caterina, patrona d’Europa e d’Italia, perché gli occidentali rinsaviscano da tutte le scemenze da cui sono intossicati, compreso quelle che ogni tanto si ritrovano in certi commenti).
PS Andate su un sito della tradizione, dove a volte ci sono foto delle comunità riunite a Messa (per esempio la foto riprodotta in questo articolo: https://onepeterfive.com/chapel-veil-womans-rights/). Donne eleganti e molto belle, con un sobrio velo sui capelli. Confrontatele mentalmente con certe vestite da straccione (ma non straccione senza soldi… mi avete capito) che si vedono spesso (non parliamo poi del periodo estivo). Se certe avessero anche solo un minimo di senso estetico, non si porrebbero neanche il problema.
“che si vedono spesso” -> “che si vedono spesso in chiesa”
@Fabrizio 1P5 non mi trova sempre d’accordo su tutto, ma l’articolo e’obiettivamente ottimo.
E capisco anche il card. Burke quando parla di “femminizzazione della Chiesa”.
Così abbiamo anche trovato il termine adatto, che cercavamo qualche giorno fa.
“Femminizzazione”: femminizzazione della Chiesa, della società, della politica, dei costumi, finanche dello sport… sprofondare tutto in un tiepido e stordente brodo amniotico, certo indispensabile come “culla” della vita, ma poi del tutto inadatto a difenderla, la vita.
Perché, come scrisse a suo tempo la dottoressa de Mari, le capacità femminili di presidio del territorio sono residuali.
E si vede, sia chiaro!
Per il resto, ci pensavo intanto che lo scrivevo: “a Fabrizio la cosa non ha dato fastidio, almeno personalmente”.
Il problema è che tutte queste piccole cose, come è un commento su un blog, sono quelle che poi contribuiscono ai grandi edifici (il “compagno copeco” di don Camillo, per intenderci).
Più che il gesto eclatante e solitario, come aveva già intuito Gomez Davila, è infatti il modesto agire di ogni giorno che “fa” la realtà. È perciò ora di dire basta, sistematicamente, di non fare più un passo indietro, di difendere sempre e dovunque il territorio; anche – e soprattutto – se ormai è ridotto a un fazzoletto di terra.
Vasto programma, come disse qualcuno 🙂
Ciao.
Luigi
@Anna
Ti rispondo qui perché nell’altro post sono stati chiusi i commenti.
Innanzitutto il servizio non può essere imposto a nessuno, altrimenti si chiamerebbe schiavitù. In teoria il servizio dovrebbe essere liberamente abbracciato da un cristiano per conformarsi il più possibile all’esempio dato da Gesù. Nel Vangelo Cristo non obbliga mai nessuno a seguire i suoi insegnamenti meno che mai dobbiamo farlo noi, perché non si può costringere qualcuno ad essere buono, quello che fa Gesù è indicare la via affinché le persone possano vivere meglio già in questa vita oltre che naturalmente nell’altra. Pensare prima di tutto a donarsi è qualcosa che va a vantaggio dell’uomo stesso perché prima o poi l’egoismo si paga caro. Banalmente: un atteggiamento di continua rivalità, in cui si pensa sempre e solo a vedere rispettata la parità dei sessi in ogni singola questione di vita in comune, non può certo fare bene all’armonia di coppia. Al contrario pensare innanzitutto a donare senza aspettarsi necessariamente qualcosa in cambio, oltre a far guadagnare un tesoro in Paradiso, spesso porta l’altro a dare il meglio di sé restituendo più di quanto ricevuto (sarà un caso per esempio che gli atti di cavalleria fossero molto più frequenti in passato che adesso?). Certo a volte capita di trovare la persona sbagliata che invece di restituire quanto ricevuto con gli interessi, se ne approfitta pensando solo e soltanto a prendere tutto ciò che può. In quel caso si applica l’opera di misericordia spirituale della correzione, si prega per la conversione del coniuge e si resiste nell’attesa di un ravvedimento proseguendo nella donazione di sé per quanto consentito dalle proprie forze opportunamente rinvigorite con l’aiuto dei sacramenti.
A me sembra che nella società odierna vengano veicolati da diverse parti (politica, media, arte e cultura) determinati messaggi che vanno sempre nella direzione di incentivare un rapporto conflittuale tra i sessi, puntando da un lato a demonizzare gli uomini e dall’altro a incattivire le donne perché nutrano sentimenti di rivalsa sociale nella famiglia e nella società. Faccio un esempio concreto per spiegarmi: una volta Laura Boldrini ha detto che non vuole più vedere spot con la mamma che serve a tavola. Su “Campari e De Maistre” ho letto un’efficace presa in giro di questa frase: «Boldrini: “No agli spot con mamme che servono la famiglia a tavola. Il mio filippino Carlos è molto più veloce”». (http://www.campariedemaistre.com/2013/09/shots-52.html)
Dietro l’ironia viene trasmessa secondo me una grande verità: la signora Boldrini occupa una certa posizione sociale che molto probabilmente le consente di pagare altre persone per fare i lavori domestici, per questo forse non si rende conto di quanto sia offensiva una frase del genere nei confronti di tutte quelle donne che per necessità devono fare da sé senza l’aiuto di nessuno, la presidente della Camera indirettamente esprime l’idea secondo cui queste donne si fanno usare dai mariti per adempiere a lavori umilianti, quando sinceramente non ci vedo niente di degradante nel servire a tavola e cucinare. Per carità lo può fare anche un uomo (e se dovessi sposare uno come Cracco lo farei fare certamente a lui), ma perché dare il messaggio che se lo fa una donna, allora è uno zerbino, una geisha, un mollusco invertebrato che si fa sfruttare dal marito e dai figli? Io mi chiedo: che c’è di male se una donna vuole far star bene i suoi familiari prendendosi cura di loro nel modo che le è più consono? Perché in realtà è di questo che si parla quando si discute dal punto di vista cristiano di sottomissione della donna: non si vuole spingere le donne a fare le schiavette degli uomini accondiscendendo ad ogni loro stupido capriccio ed evitando accuratamente di intervenire nelle decisioni importanti che riguardano la famiglia, si vuole piuttosto ricordare che gli uomini e le donne sono diversi e sono per loro natura portati ad assumere ruoli differenti all’interno del nucleo familiare (basta solo ricordare come negli uomini siano molto più alti i livelli di testosterone, gli ormoni della forza, dell’aggressività e del desiderio sessuale, mentre la maggiore quantità di estrogeni porta generalmente la donna ad essere più dolce, sensibile, empatica ed emotiva). Insomma l’uomo deve fare l’uomo e la donna la donna, invece vedo come si cerchi in tutti i modi di spingere gli uomini a femminilizzarsi e le donne a virilizzarsi. Mi sembra che nella società odierna vengano trasmessi vari stimoli per indurre gli uomini e le donne a disprezzare la loro vera natura, la loro identità precipua, i doni particolari che Dio ha elargito in maniera distinta agli individui di sesso maschile e femminile.
Poi ribadisco quanto ho detto precedentemente: anche chi riveste una posizione di comando deve farlo secondo una logica di servizio. I nostri ministri per esempio dovrebbero essere completamente sottomessi al popolo italiano, nel senso che dovrebbero agire solo e unicamente in vista del bene comune e non di interessi particolari (poi non è che viva nel mondo dei sogni, so che questo accade raramente). Quindi sì, pure gli uomini devono sottomettersi alle mogli, nel senso che devono esercitare la propria devozione verso il coniuge nella maniera più confacente al loro ruolo familiare, anzi devono essere talmente devoti alle mogli da arrivare persino a dare letteralmente la vita, se è necessario, proprio come ha fatto Cristo e quale sottomissione più grande esiste del sacrificare sé stessi per il bene degli altri?
Tu in precedenza hai parlato della necessità di risanare i rapporti tra uomini e donne compromessi a tuo dire dalla prevaricazione maschile, ma io sinceramente vedo che oggi tanti rapporti vengono avvelenati piuttosto dal germe della prevaricazione femminile celato dietro i bei discorsi sulla parità di genere (penso per esempio che la Boldrini non avrebbe nulla da ridire nel vedere spot in cui sono i padri a servire la famiglia, anzi sono convintissima che li elogerebbe pubblicamente). Io ho letto diverse autrici dichiaratamente femministe e questo desiderio di dominio sull’uomo l’ho notato spessissimo (anche perché l’alternativa alla tanto odiata società patriarcale è il matriarcato, c’è poco da fare, non è un caso che tutte le ideologie che hanno sbandierato il mito dell’uguaglianza siano state tra le più prodighe nel promuovere una disparità di trattamento foriera di alcune tra le più grandi ingiustizie della storia dell’umanità, anche nella democrazia in fondo sono in pochi a decidere e a comandare poiché i cittadini hanno una limitatissima gamma di scelta, tanto che sono in moltissimi a non riconoscersi in alcuna formazione politica e a optare alla fine per il meno peggio).
“Certo a volte capita di trovare la persona sbagliata che invece di restituire quanto ricevuto con gli interessi, se ne approfitta pensando solo e soltanto a prendere tutto ciò che può”
Ma se restituisse quanto ricevuto, e pure con gli interessi, non sarebbe stato un dono; ma solo un’altra applicazione di quella colonna portante della “civiltà” occidentale che è la partita doppia.
Ormai non ci facciamo più caso, tanto il riflesso è automatico: non si decide un’azione per via di giusto/sbagliato, bello/brutto, buono/cattivo, ma secondo il risparmio o il guadagno che comporta.
Cosa guadagno ad agire così? Cosa perdo?
Come però ammoniva il poeta, “con usura / non v’è chiesa con affreschi di paradiso” (ma solo gli obbrobbi delle archistar, pressoché tutte atee, eretiche o infedeli, a guardar bene).
Il dono è piena e totale gratuità, oppure non è.
Quando si comincia a pensare “io gli dò dieci, speriamo mi torni almeno cinque” si chiama invece baratto 😀
Ciao.
Luigi
@Anna
C’era un’ultima cosa che mi premeva dire, ma avendo già scritto molto nel commento di prima ho dovuto rimandare ad ora. Ho da poco cominciato un corso di catechesi sulla Bibbia e adesso siamo all’episodio di Rebecca, Isacco e i figli Giacobbe ed Esaù. In questo passo delle Scritture siamo in un contesto da società patriarcale di quelle peggiori, dove era addirittura consentita la poligamia per gli uomini (quindi sì, io non ho problemi ad ammettere che in passato esistevano gravi discriminazioni nei confronti delle donne). Ebbene vai a leggere Genesi 27 e dimmi se Rebecca è una moglie di quelle passive, succubi e senza alcuna personalità. Rebecca rispetta in tutto l’autorità del marito, non gli si contrappone come farebbe oggi una femminista incallita, ma con l’astuzia riesce a fargli fare quello che vuole e cioè far benedire il figlio da lei prediletto, Giacobbe, nonostante la contrarietà del padre che viene sapientemente ingannato proprio a tale scopo. Rebecca è una figura di donna fortissima che non ha bisogno di avere conferme dal mondo esterno circa la sua indipendenza morale ed intellettuale. Se pensa che il marito sbagli non sta a rimproverarlo con insulti e minacce per far valere le sue ragioni, non gli manca di rispetto ma allo stesso tempo agisce come ritiene più giusto secondo la sua coscienza e fa in modo di condurre il marito verso ciò che lei vuole lui faccia. E quanto appaiono più sottomesse certe paladine del femminismo nel loro rapporto con l’altro sesso solo apparentemente paritario, ma nella realtà molto più avvilente per la donna. Mi riferisco per esempio alla notissima Simone De Beauvoir che era talmente succube di Sartre da procurargli delle amanti tra le sue alunne del liceo (quindi ragazzine quasi sempre ancora innocenti). Questa dipendenza della De Beauvoir da Sartre venne amaramente riconosciuta persino da note esponenti del femminismo come l’autrice Angela Carter che disse: «perché mai una bella ragazza come Simone spreca il suo tempo a lusingare una persona sgradevole e noiosa come J-P? Le sue memorie verteranno in gran parte su di lui; lui invece non parlerà quasi di lei». (http://www.lastampa.it/2008/08/25/cultura/sartrede-beauvoir-le-relazioni-pericolose-V7uOUf8MPy6fEBlNpET7TJ/pagina.html)
Cito al riguardo anche un articolo di “La Repubblica”, fonte al di sopra di ogni sospetto per ciò che concerne il femminismo:
«Gli autori hanno tenuto conto delle rivelazioni postume, memorie e corrispondenze, che hanno sbrecciato, se non proprio infranto, il mito della coppia, ugualitaria, armoniosa, basata sul rispetto reciproco. Lei, Castor, come la chiamava Sartre fin dai primi incontri («beaver» in inglese, precisava), si sarebbe fatta ingannare. Una scrittrice e psicologa, Catherine David, dice che è stata gabbata. Beauvoir non se l’aspettava. Né lo meritava. Aveva fatto di tutto per sfuggire all’ oppressione cui erano destinate le donne: aveva rifiutato il matrimonio e la maternità per non essere la domestica di un uomo. Aveva scelto di diventare uno scrittore con il suo «cervello d’ uomo». Anzitutto non voleva assomigliare a sua madre, assoggettata al marito. E in effetti si è liberata, ma si è liberata con Sartre, attraverso Sartre, per Sartre. Dice sempre Catherine David: Sartre non era più perverso o più cattivo di un altro, ma era più intelligente e moderno, aveva letto Leibniz e Heidegger, era eloquente, divertente, affascinante. Soprattutto dava a Simone quel che le mancava di più: un interlocutore alla sua altezza, sinceramente interessato a quel che scriveva, e pronto a stimolarla affinché realizzasse i suoi progetti letterari. Anche lei è indispensabile a Sartre. E dunque Sartre propone a Beauvoir un patto di libertà che sarà la trappola della sua vita. Lei lo accetta quel patto senza sospettare che è truccato, che non è simmetrico. E cosi Simone diventa parte del mobilio di Sartre. Il quale dice di non avere alcuna predisposizione alla monogamia. Perché le donne «vorrebbe scoparle tutte», conclude Catherine David.»
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2006/04/18/simone-amante-vittima.html
Simone De Beauvoir, nel tentativo di liberarsi da quella che lei vedeva come un’inaccettabile schiavitù, è ricaduta in una molto peggiore e avvilente per la sua persona. Quanto più libera era invece una Caterina da Siena, che, pur sottomettendosi esplicitamente al Papa, non ha avuto problemi a rimproverarlo aspramente sempre però mantenendo il rispetto per la sua autorità tanto da chiamarlo “dolce Cristo in Terra”. E toglieva forse un millesimo alla forza di Giovanna D’Arco il fatto che fosse sottomessa al re di Francia (personaggio che non aveva neanche lontanamente la statura morale della Santa)? Insomma non sono i proclami femministi a rendere una donna veramente libera dal punto di vista morale e intellettuale, è la consapevolezza di non bastare a sé stesse in quanto frutto di un Amore che siamo chiamate a corrispondere se vogliamo veramente raggiungere una piena realizzazione come persona spiritualmente e culturalmente indipendente.
Sull’episodio di Rebecca da te citato, non penso che manipolare il marito per non contraddirlo/contrariarlo apertamente sia una strategia preferibile, è solo più nascosta, ma la sostanza è quella.
“dimmi se Rebecca è una moglie di quelle passive, succubi e senza alcuna personalità. Rebecca rispetta in tutto l’autorità “…dimmi se Rebecca è una moglie di quelle passive, succubi e senza alcuna personalità. Rebecca rispetta in tutto l’autorità del marito, non gli si contrappone come farebbe oggi una femminista incallita, ma con l’astuzia riesce a fargli fare quello che vuole e cioè far benedire il figlio da lei prediletto, Giacobbe, nonostante la contrarietà del padre che viene sapientemente ingannato proprio a tale scopo. Rebecca è una figura di donna fortissima che non ha bisogno di avere conferme dal mondo esterno circa la sua indipendenza morale ed intellettuale. Se pensa che il marito sbagli non sta a rimproverarlo con insulti e minacce per far valere le sue ragioni, non gli manca di rispetto ma allo stesso tempo agisce come ritiene più giusto secondo la sua coscienza e fa in modo di condurre il marito verso ciò che lei vuole lui faccia…”
Certamente Beatrice è in buona parte come dici, ma non dimentichiamo che Rebecca INGANNA suo marito… Non si può esattamente dire che rispetti la sua autorità. É piuttosto scaltra certamente, ma non la prenderei come esempio dell’agire di una buona moglie, infatti non “conduce” Isacco a prendere coscienza magari della necessità di una diversa scelta, semplicemente lo raggira.
Neppure la Scrittura ci dice che lo abbia fatto perché Dio le indichi questa via, semplicemente ha le sue mire e i suoi progetti (come tante donne suoi propri uomini che siano mariti o figli…).
Che poi, come sappiamo, Dio si servirà anche di questa”furberia” per i suoi piani e per condurre la Storia, questo è altro discorso 😉
@ Bariom
Riguardo al comportamento di Rebecca è nata una piccola discussione tra il gruppo di fedeli che ascoltava la catechesi del frate, perché quest’ultimo ha proprio parlato in termini positivi delle scelte compiute dalla donna e da suo figlio Giacobbe. Anch’io lì per lì, come tutti gli altri nella sala, sono rimasta un po’ sconcertata dalle parole del frate, che comunque so essere un bravo sacerdote degno di fiducia, perché mi sembrava moralmente riprovevole l’inganno messo in atto da Rebecca nei confronti di Isacco. Per questo a casa sono andata a documentarmi e ho trovato una spiegazione convincente dell’episodio nelle parole di don Angelo Bellon sul sito “Amici domenicani”:
«Quesito:
Caro padre Angelo,
potrebbe spiegarmi la storia di Esaù, Giacobbe e Rebecca? Perchè si dice (e che cosa significa esattamente) che Esaù vendette la primogenitura per un piatto di lenticchie? E’ scritto nella Bibbia? Perchè si esaltano Rebecca e Giacobbe che imbrogliarono Isacco ed Esaù derubando quest’ultimo della benedizione che gli sarebbe spettata di diritto?
La ringrazio e la saluto.
Risposta del sacerdote:
Carissima,
1. la storia di Esaù e di Giacobbe è narrata nella Bibbia e precisamente nel libro della Genesi, dal capitolo 25 al capitolo 27.
Ecco le premesse: “Isacco supplicò il Signore per sua moglie, perché ella era sterile e il Signore lo esaudì, così che sua moglie Rebecca divenne incinta. Ora i figli si urtavano nel suo seno ed ella esclamò: «Se è così, che cosa mi sta accadendo?». Andò a consultare il Signore. Il Signore le rispose: «Due nazioni sono nel tuo seno e due popoli dal tuo grembo si divideranno; un popolo sarà più forte dell’altro e il maggiore servirà il più piccolo» (Gn 25,21-23).
I due figli che nascono sono gemelli e portano il nome di Esaù e di Giacobbe.
2. Ed ecco il fatto relativo alla cessione della primogenitura: “Isacco prediligeva Esaù, perché la cacciagione era di suo gusto, mentre Rebecca prediligeva Giacobbe. Una volta Giacobbe aveva cotto una minestra; Esaù arrivò dalla campagna ed era sfinito. Disse a Giacobbe: «Lasciami mangiare un po’ di questa minestra rossa, perché io sono sfinito». Per questo fu chiamato Edom. Giacobbe disse: «Vendimi subito la tua primogenitura». Rispose Esaù: «Ecco, sto morendo: a che mi serve allora la primogenitura?». Giacobbe allora disse: «Giuramelo subito». Quegli lo giurò e vendette la primogenitura a Giacobbe. Giacobbe diede a Esaù il pane e la minestra di lenticchie; questi mangiò e bevve, poi si alzò e se ne andò. A tal punto Esaù aveva disprezzato la primogenitura” (Gn 25,28-34).
3. Rebecca prediligeva Giacobbe perché di carattere mite e anche perché le stava sempre vicino. Esaù invece, amando la caccia, era spesso fuori casa.
Inoltre Rebecca ricordava le parole che Dio le aveva detto e che ho riportato poco sopra (Gn 25,23).
4. Giacobbe probabilmente sapeva quanto il Signore aveva rivelato a sua madre.
Inoltre “Esaù ha mostrato di stimare ben poco la primogenitura se fu disposto a venderla per un piatto di lenticchie.”
La primogenitura comportava diversi diritti.
Il primogenito aveva una specie di principato su tutti gli altri fratelli e su tutta la famiglia.
Riceveva dal padre morente una speciale benedizione. Nel nostro caso si trattava nientemeno che della benedizione promessa da Dio alla posterità di Abramo.
II primogenito inoltre era il sacerdote della famiglia e riceveva alla morte del padre il doppio di quel che ricevevano gli altri fratelli.
Esaù preferì la soddisfazione attuale della sua gola ai privilegi futuri della primogenitura e alla benedizione messianica.
5. La lettera agli Ebrei dice che Easù è stato un profanatore e per questo è diventato indegno della primogenitura: “Non vi sia nessun fornicatore, o profanatore, come Esaù che, in cambio di una sola pietanza, vendette la sua primogenitura” (Eb 12,16).
6. Il significato spirituale di questo fatto è molto grande ed evidente: molti purtroppo sono disposti a vendere la veste nuziale della grazia e i beni del Paradiso per i piaceri degradanti di un momento.»
https://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=2360
Effettivamente se ci pensi ci sono situazioni in cui lo stato di necessità obbliga a usare la menzogna e l’inganno. Per esempio sicuramente nessun confessore riterrebbe mai peccatore un uomo che durante il nazismo ha mentito e ingannato le autorità tedesche per proteggere degli amici ebrei, anzi quell’uomo avrebbe peccato nel caso in cui avesse detto la verità sul luogo in cui si trovavano tali persone. Nel passo biblico cosa succede? Rebecca viene a conoscenza della volontà del Signore riguardo ai suoi figli: «Due nazioni sono nel tuo seno e due popoli dal tuo grembo si divideranno; un popolo sarà più forte dell’altro e il maggiore servirà il più piccolo» (Gn 25,21-23). Inoltre Esaù si rivela indegno della primogenitura perché la svende per un piatto di lenticchie. Quindi, quando Isacco sta per morire e decide di dare la benedizione al figlio da lui prediletto, Esaù, Rebecca non ha altra scelta che ricorrere a un’astuzia per far sì che la volontà di Dio trionfi, la donna sa per certo che il marito non le avrebbe dato retta e che avrebbe compiuto una grandissima ingiustizia nel benedire il figlio maggiore, in quanto quest’ultimo cedendo la primogenitura aveva perso insieme tutti i privilegi ad essa legati. Quindi per come la vedo io il comportamento di Rebecca è stato quello di una donna forte che non ha avuto paura di perseguire la volontà di Dio con ogni mezzo e a qualsiasi costo (per esempio davanti a un Giacobbe timoroso di essere smascherato dal padre e di venire da lui maledetto, Rebecca si prende il rischio di vedersi attirata a sé la maledizione che sarebbe potuta andare al figlio).
@Ulisse
«Questa associazione simbolica del marito=Dio / moglie=chiesa in cui i primi sono preponderanti sui secondi non tiene conto che Dio è capo della chiesa in quanto essere infallibile, il marito infallibile forse lo è un po meno.»
Ecco perché ho parlato del fatto che bisogna essere “pecore” e non “pecoroni”: se può succedere, ed è successo, che il Papa, cioè il rappresentante di Cristo sulla Terra, possa sbagliare quando non parla ex cathedra e quindi possa essere corretto pubblicamente da un sottoposto (rimprovero di San Paolo riportato in Gal 2, 11), evidentemente anche tutte le altre persone che ricoprono una qualche forma di autorità sono potenzialmente soggette ad errori che non devono essere assecondati a maggior ragione se porterebbero a peccare gravemente contro la fede o la carità. La verità evangelica per cui “bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (Atti 5, 29) è sempre stata chiarissima a tutti i cristiani fin dalle origini, tant’è che in molti vennero martirizzati proprio perché si rifiutarono di adorare l’imperatore romano come un dio e di rendere culto alle divinità pagane. Altri esempi famosi di “santa disubbidienza” che costò la vita a quanti si mantennero fedeli alla legge di Dio: Tommaso Moro che si contrappose al re Enrico VIII per difendere l’indissolubilità del matrimonio, i cristeros messicani tra cui spicca il giovanissimo Josè Sanchez Del Rio da poco proclamato Santo e, ultimo ma non per importanza, il beato Josef Mayr-Nusser che si rifiutò di giurare fedeltà a Hitler. Poi naturalmente esistono tanti altri esempi, ma ora mi sono venuti in mente questi.
Comunque sia, mi preme sottolineare come i veri cristiani non siano delle marionette prive di personalità e di raziocinio che devono sempre e comunque obbedire a qualsiasi comando impartito dall’autorità e questo vale in famiglia, nella società e persino nella stessa Chiesa. Il buon Dio ci ha donato una coscienza e un cervello per capire cosa è giusto fare in una certa situazione e a volte fare la volontà del Signore significa rifiutarsi di obbedire a un ordine sbagliato che contravviene alla legge naturale rivelataci in maniera definitiva nelle Scritture. I cristiani sono uomini liberi, dove libertà non va intesa nel senso oggi predominante di “licenza di fare tutto ciò che voglio”. I “liberi” nell’antica Roma erano i figli: i cristiani sono liberi nella misura in cui riconoscono un legame indissolubile con un Padre amorevole che ha donato loro la vita. E quanto è più forte questo legame tanto più si riuscirà a resistere alla tentazione di peccare per cieca obbedienza alle autorità umane. È in virtù di questo legame d’amore col Padre che Tommaso Moro, Josè Sanchez Del Rio, Josef Mayr-Nusser e tutti gli altri martiri riuscirono ad essere talmente liberi da patire qualsiasi sofferenza pur di ribadire la propria fedeltà a Dio quando essa entrava in conflitto con la fedeltà dovuta a qualsiasi altra autorità umana.
Ma io dico che è proprio l’associazione uomo/Dio che non dovrebbe nemmeno lontanamente essere asserita, promossa da chicchessia. E’ un assurdo, nessuno è, o è uguale, a Dio.
Diamine, ma questo bisognerebbe proprio farlo sapere a Dio! Come s’è permesso di incarnarsi in una Sua creatura, dico?? Roba da matti! XD
Pingback: Quando doni la vita dai il meglio di te | Sopra La Notizia
Ai tempi, prima del Concilio, si dava, negli incontri in alcune parrocchie, che la crisi matrimoniale era causata dal non fare sesso prima del matrimonio.Oggi si fa sesso prima, dopo e durante e i fallimenti matrimoniali sono aumentasi in maniera vertiginosa.Cosa fare per evitare la rovina dei matrimoni?Rinunciare a noi stessi !!