Il monaco veste Prada

di Jane

E’ verità universalmente riconosciuta che una donna, degna di questo nome, debba avere sufficiente vanità da desiderare di essere apprezzata ed ammirata da tutti, uomini e donne, non solo (e non tanto) per la sua bellezza, che potrebbe anche non essere presente, quanto per la sua eleganza, la sua classe, il suo stile, i suoi modi.

Credo che come una persona si presenta agli altri sia importantissimo. E non è questione né di status sociale, né di bambagia o barbagia in cui si vive, né di formalismo, né di “poterselo permettere”. No, è questione di rispetto per gli altri e per se stessi, di ordine, di eleganza, di cura, caratteristiche fondamentali che devono essere presenti in una donna (e in un uomo) come un imperativo morale. Persino un santo come Josemarìa Escrivà parlando delle donne ricordava l’importanza della cura dell’aspetto in ogni circostanza, in particolare si rivolgeva alle donne sposate le quali devono sentire come un dovere il dedicare un po’ di tempo al loro abbellimento , sia per rispetto verso se stesse sia per rispetto verso il marito (quale donna non vorrebbe essere certa sempre che il marito/fidanzato la trova bella/elegante/curata?).

Ripeto: non mi si dica che è questione di “poterselo permettere”. No, avere stile non significa vestire necessariamente Coco Chanel né assomigliare ad Audrey Hepburn né andare dal parrucchiere ogni giorno e dalla manicure in pausa pranzo. Avere stile significa esprimere con l’abito che si indossa e con le maniere che si hanno la cura e il rispetto che abbiamo verso noi stessi e verso gli altri. In più ricordiamoci che vestire in un certo modo significa anche comunicare qualcosa di sé. Ovviamente è chi porta il vestito che conta davvero, e di certo delle belle maniere possono far dimenticare in fretta la trasandatezza eventuale. Sto cercando di immaginarmi un’Alba Parietti in Chanel, ma sarebbe un accostamento da denuncia penale. Non so se sono stata chiara.

Coco Chanel, illustre filosofa del secolo scorso, a tal proposito diceva “Vesti male e noteranno il vestito; vesti impeccabilmente e noteranno la donna”. Inutile star qui a elogiare la stilista/filosofa che meglio ha saputo tradurre la classe e lo stile attraverso quel dettaglio essenziale nonché biglietto da visita per il mondo: l’abito.

Dunque è sempre vero che essere è più che apparire, che conta di più la persona dentro al vestito, che conta di più il portamento, il comportamento, quel che si dice e come lo si dice (diceva qualcuno che non ricordo, il sorriso sta alla bellezza come il sale al cibo). Una può anche essere vestita di haute couture, ma se poi ad un buffet azzanna la fetta di prosciutto e la inghiotte facendola calare dall’alto con la mano, capite che ogni sforzo stilistico risulta inutile, se non addirittura grottesco.

Ma non si può negare che per essere bisogna anche apparire, e nulla contribuisce a fare il monaco quanto l’abito.

Diceva un certo Lord Chesterfield “Lo stile è l’abito dei pensieri. E un pensiero ben vestito, come un uomo ben vestito, si presenta molto meglio”. A parte, dunque, il fatto che conta di più la persona, è inutile nascondere che l’immagine che diamo di noi si basa sulla prima impressione. E la prima impressione si forma in meno di un minuto, il nostro cervello è capace di mettere insieme in pochissimo tempo tanti elementi e dettagli, per questo, spesso, è molto difficile modificare in seguito la prima impressione. Talvolta addirittura diventa il criterio unico di giudizio, basti pensare a certi colloqui di lavoro dove il modo di vestire, come ci si presenta, l’espressione del viso, i gesti, il sorriso, rappresentano una comunicazione di noi stessi fondamentale nel giudizio sulla nostra personalità, utile per capire se si è adatti per un certo tipo di lavoro.

Lo stile, quindi, non riflette la moda presente, la interpreta, a seconda della personalità. D’altronde, se fosse vero che la moda va seguita, vorrebbe dire che non c’è alcun tocco personale nella scelta dell’abito adatto, ma che oltre che l’oroscopo, il meteo e lo specchio, bisogna consultare anche Anne Wintour, la sempre perfetta dea della moda nonché direttrice di Vogue . E invece no, Anne Wintour può anche andare a farsi uno shampoo e ad attaccarsi al tram (rigorosamente in Dior), perché “Le donne sciocche seguono la moda, le pretenziose l’esagerano; ma le donne di buon gusto vengono a patti con essa” (Émilie du Châtelet).

Lo stile è la nostra firma, e anche la nostra forma, è il modo con cui ci presentiamo al mondo. Per carità, non è necessaria e si può vivere bene anche senza. Il tempo è sempre poco e le scuse che abbiamo sono sempre più delle cose da fare. Ma se da qualche parte bisogna partire per far capire chi si è, beh, io preferirei partire da un bel vestito. D’altronde, “o si è un’opera d’arte o la si indossa”, diceva l’esteta per eccellenza, Oscar Wilde.

 

74 pensieri su “Il monaco veste Prada

  1. “Il dandismo non è neppure, come sembrano credere molti sconsiderati, un gusto sfrenato del vestire e dell’eleganza materiale. Per il dandy perfetto tali cose sono unicamente un simbolo della superiorità aristocratica del suo spirito.”

    (Charles Baudelaire, Il pittore della vita moderna)

  2. Fefral

    Oggi ho aperto la porta a quello delle pizze in calzoncini, canotta e mollettone… Ma vi assicuro che avevo stile 😉
    Laura, hai ragione mica no!
    Ma a una madre di 3 figli che legge il tuo post a quest’ora dopo una giornata allucinante (in cui peró ha trovato il tempo per il parrucchiere perché per rispetto di chi lavora con lei non può presentarsi con la tinta stinta e due cm di ricrescita, quindi vedi che sono d’accordo con te?) un po’ girano le balle a sentirsi citare insieme s.josemaria e coco chanel per poi concludere con Oscar wiilde

  3. Fefral

    Per capirci: non vado per strada con le ciabatte e i bigodini…peró non ricordo di aver studiato al catechismo che tra le virtù rientrasse anche la vanità… :-S

  4. “Dizes que a beleza não é nada? Imagina um hipopótamo com alma de anjo… Sim, ele poderá convencer os outros de sua angelitude – mas que trabalheira!”

    Dici che lá bellezza non è nulla? Immagina un ippopotamo con l’anima di un angelo… Si, lui potrà convincere gli altri della sua angelitudine – ma che fatica!

  5. Davvero un blog bellissimo, niente di meno mi aspettavo da delle autrici bellissime e quantomai intelligenti ! Ho da pochissimo trasferito il mio blog da Splinder a WordPress, e il mio secondo post di oggi lambisce proprio il tema femminismo, sebbene in modo vago…strana coincidenza che il prmo blog a cui mi iscrivo sia proprio il vostro! Date un’occhiata al mio, se volete, per quanto mi riguarda siete già fra i miei link! 😉
    A presto!

  6. fefral

    La bellezza è una delle qualità di Dio, e far risaltare la bellezza che abbiamo (chè belli siamo tutti, anche se il peccato originale ha offuscato l’immagine di Dio anche nei nostri corpi) è anche quello un modo di cooperare alla creazione e seguire la nostra vocazione di figli di Dio.
    Ma, perdonatemi per i toni di ieri sera a conclusione di una pessima giornata, esaltare la vanità femminile facendone il tema di un post in un blog come questo mi sembra un po’ azzardato
    Capisco (almeno spero) le intenzioni di LGT, ma leggendo il post,anche stamattina, dopo il caffè e a mente quasi lucida la sensazione che mi lascia è quella di una sconcertante frivolezza.
    La donna che si fa bella per cercare l’ammirazione altrui mi sembra così poco somigliante al modello di donna per eccellenza, Maria, che sicuramente non andava in giro in ciabatte e mollettone (ma magari legava i capelli anche lei quando doveva prepare i bagagli per un trasloco) ma non credo perdesse un minuto del suo tempo per sincerarsi che il suo stile rispecchiasse la sua personalità.
    “Ma non si può negare che per essere bisogna anche apparire”
    se il rapporto è di necessarietà io sinceramente nego.
    Che l’apparire possa aiutare a capire l’essere, sono d’accordo. Quindi un monaco senza l’abito giusto difficilmente verrà riconosciuto come monaco. Ma monaco rimane.
    E’ per gli altri, per amore agli altri, per rendere loro più gradevole la vita, che è bello “perdere tempo” da estetisti o parrucchieri o nella scelta di un vestito. E questo era il senso delle esortazioni di s.Josemaria Escrivà… nulla a che vedere con la vanità e il desiderio di suscitare ammirazione.

    Che poi siamo donne e ci piace quando per strada si girano e ci fischiano un complimento, a 20 come a 40 anni quello è comprensibile

    Cito con LGT “”o si è un’opera d’arte o la si indossa”, diceva l’esteta per eccellenza, Oscar Wilde.”
    ecco… noi siamo delle opere d’arte. E la ricerca dell’eleganza, la cura di sè, deve essere, credo, tutta volta a far risplendere la bellezza (ripeto, tutti siamo belli, anche le cameriere racchie col mollettone) che è l’opera di Dio in noi.
    Con umiltà e modestia. La stessa che fece dire alla più bella di tutte le donne, la piena di grazie, “perchè ha guardato l’umiltà della sua serva”

    1. Mia care Ferfal e DaniCor, ve lo devo proprio dire…non c’è una volta in cui non sia perfettamente e completamente d’accordo con quanto scrivete e perfino con il come ( essere e apparire!), prima o poi mi piacerebbe incontrarvi si persona!!

    2. DaniCor

      Devo dire che l’altro giorno si parlava sul blog sul riconoscere in qualcuno del blog l’anima gemella (credo fosse Giuliana a dire qualcosa)…
      Devo dire che sul fatto che io e Fefral avessimo tante cose in comune mi ero già accorta da un pezzo (anche perché lei, come me, si spreca di più qui dentro)
      Tu sei più riservata, ma ricordo bene di essere rimasta colpita dei tuoi interventi, del fatto che mi “calzassero” a perfezione!!!
      Prima o poi vado a Roma a trovarvi (il Genio Cosmico, te, Giuliana, il ragazzo dietro il nasone e chi altro sia da quelle parti)…

  7. Sara

    io invece ritengo che sia un bel post! sinceramente non mi sembra che l’argomento sia poi così frivolo…e poi, tra la vanità e la cura di sé, ce ne passa! In particolare mi hanno fatto riflettere le parole di Josemaria Escriva: penso a quanto sia grande la tentazione di “lasciarsi andare” soprattutto dopo qualche anno di matrimonio e i figli. Brava Laura…

    1. fefral

      E’ laura ad aver parlato di vanità. E sono d’accordo che tra la vanità e la cura di sè ce ne passa, appunto!

  8. Sebastiano

    Un Signore (S maiuscola) che se ne intendeva molto parlava di profumarsi il capo quando si digiunava.
    E parlava dei gigli del campo, vestiti meglio di Salomone (penso che come termine di Paragone fosse più di Carlà, Audrey Hepburn e Grace Kelly messi insiame, nell’immaginario comune dell’epoca).

    Lo stile non è così estraneo al nostro Creatore.

  9. Guardiamoci intorno. Chi sono queste cosiddette persone cosiddette eleganti (derubrico la classe lo stile i modi a un’altra categoria). Montezemoli, Draghi, Mercecaglia (?) De Benedetti, Scalfari, George Clooney con la Canalis, la torma fetente di dopobarba e ascella degli agenti immobiliari, giornalisti, leccapalle, portaborse, usceri,
    il nostro presidente della repubblica, camerieri, cortigiane, faccendieri, corazzieri, ingegneri, architetti? Chi ha bisogno di presentarsi al lavoro, ammesso ci sia il lavoro, vestito da prosseneta? Non certo le migliaia di spalatori sterratori saldatori tornitori autisti di camion contadini manovali facchini stasamerda pulitori. Da una parte la torma dei servitori costigiane ciucciacazzi a pagamento in senso anche metaforico in giacca e cravatta o di Prada o dell’Oviesse con le scarpe a mezzo con qualche collega, dall’altra la folla immensa dei lavoratori nei posti sudici, nelle gallerie, nelle fogne, nei cunicoli degli scarichi nei cessi dei treni negli auobus dei tram. Mi ricordo ho lavorato tra l’altro in un grande cantiere per la regassificazione del metano a Marsiglia, duemila operai di tutte le nazioni nel ferddo del mistral la mattina alle sei arrivavano colle loro auto scassate vestiti

    1. ….vestiti da indiani apaches copricapi passamontagna sacrpacce da lavoro con la punta d’acciaio ragazzi giovani e bellissimi uomini già maturi rispettati e ascoltati da tutti lavoravano tutto il giorno nessuno gli chedeva come erano vestiti nessuno gli chiedeva nulla sapevano da zsè che dovevano fare in culo Montezemolo Draghi e quei finocchi padroni delle scarpe Tod’s in culo i Benetton, i professorucoli, i giornalistucoli, i medicuzzi, gli avvocaticchi gli ominicchi qualsiasi con le loro giacchettine o golfini o camicine o maglettine grottesche

  10. Alberto Conti

    Sarrebbe stata sufficiente la foto per apprezzare il post 😉

    Mi piace molto questo post e mi ha fatto tornare in mente un episodio dei primi ragazzi di GS partiti in missione per il Brasile che si lamentavano con il don Gius perchè una donna, a cui avevano fatto l’elemosina, aveva usato i soldi per comprarsi un rossetto; il don Gius rispose loro “Che ne sapete? Magari si è sentita veramente donna per la prima volta”.

    Questa testimonianza mi ha sempre colpito moltissimo perchè ho potuto sperimentare che solo una Bellezza ti muove ed ogni cosa bella rimanda a quella con la B maiuscola (non mi soffermo sul tema belleza interiore/esteriore perchè mi sembra che Laura l’abbia già sviscerato ottimamente).

    Poi si può avere stile anche con la tuta ed il mollettone: mia moglie ci riesce, non chiedetemi come fa, però non esce in tuta neanche per andare a partorire 😉

    1. fefral

      “non esce in tuta neanche per andare a partorire”
      🙂
      quando sono arrivati i dolori del travaglio per il terzo figlio, era notte, mio marito non voleva saperne di svegliarsi per accompagnarmi in ospedale, mentre contavo il tempo tra una contrazione e l’altra mi sono fatta la manicure…

      sul fatto che sia una cosa bella e buona prendersi cura di sè, farsi belle, avere stile mi pare che conveniamo tutti

      E’ sul “perchè” che possiamo secondo me lavorarci un po’. E una volta chiaro il “perchè” allora anche il “come” diventa facile, e lo stile, l’apparire, non è altro che il profumo naturale dell’essere

    2. DaniCor

      Hahahahahah
      Quando mi si sono rotte le acque ero appena uscita dalla doccia e mi sono messa con un asciugamano tra le gambe a fare la messa in piega… mica potevo uscire senza trucco e parrucco!

  11. azzurra

    ciao alvise, hai sempre la capacità di mettere il dito nella piaga invece di distogliere lo sguardo. l’eleganza non dipende dal vestito, ma dal nostro sguardo sul mondo. sono sicura che audrey hepburn aveva lo stessa grazia anche prima di incontrare il cinema e givenchy, quando era una ragazzina malnutrita e povera nell’olanda occupata dai nazisti.

  12. Adriano

    Sono perplesso… In questo post si dice che “Essere è più che apparire” ma subito dopo si aggiunge che “per essere bisogna apparire”. Non si tratta di una contraddizione?

    Inoltre, viene detto che lo stile e l’eleganza sarebbero importanti… Ma chi decide quale sia lo stile e l’eleganza, e cosa si possa fregiare con questi nomi?

    In estate si vedono tanti turisti stranieri in Italia. Questi si vestono in modi che a casa loro vengono considerati eleganti, mentre un italiano li potrebbe giudicare esattamente al contrario. In Germania la calza bianca con i sandali aperti è considerata del tutto accettabile. Un annetto fa un servizio su una TV tedesca la giudicava, orrore!, addirittura elegante e alla moda.

    Questi sono solo alcuni esempi per cui i concetti di eleganza e stile variano da continente a continente, da nazione a nazione o addirittura da persona a persona.

    Correre dietro a tutto questo è chiaramente impossibile… Forse conviene infischiarsene di ciò e presentarsi con un’apparenza sì decente, ma nulla più, ignorando le opinioni altrui in proposito. Non credo che chi fermi la sua opinione su qualcuno alle prime impressioni e alla apparenze abbia poi questo interesse a capire il carattere, le qualità interiori, insomma, l’essenza di chi si trova di fronte.

    Sono convinto che il fare, le azioni che si compiono e l’atteggiamento siano i modi migliori per far capire chi si è veramente e per comprendere chi sia la persona che ci si trova davanti. Certo, ci vuole un maggior sforzo… Ma vuoi mettere il risultato?

    Visto che in questo blog si fanno riferimenti biblici, eccovene qualcuno. Non credo che i pubblicani, i peccatori o le prostitute fossero eleganti o avessero stile. Anzi.
    I disegni del fariseo e del pubblicano che ho trovato su wikipedia rappresentano il primo come vestito in modo elegante. E qual è il confine tra eleganza e “vanità delle vanità”?
    ” Il vostro ornamento non sia quello esteriore – capelli intrecciati, collane d’oro, sfoggio di vestiti -” si legge nella prima lettera di Pietro (3,3) (una coincidenza: nello stesso paragrafo si parla anche del discutibile concetto che dà il titolo a questo blog).

    Si può falsificare l’apparenza. La sostanza però non cambia. Ed è quella che deve contare.

  13. Velenia

    Prima regola del matriarcato occulto (rivelatami da Nonna Margherita,mia vicina di casa morta quasi centenaria):
    La sera,quando tuo marito arriva,fatti trovare sempre benvestita,con la gonna stretta e il rossetto.
    Avevo partorito da 3 giorni il mio secondo figlio quando Nonna Margherita mi disse queste parole,e mi ruppero parecchio,oggi dico che aveva ragione.Per quanto viva la cura di me come un dovere più che un piacere.
    Alberto grazie per aver ricordato quell’ episodio del Giuss.

  14. Luigi

    Oggi parlo da Oscar:
    La Bellezza è l’unica cosa contro cui la forza del tempo sia vana. Le filosofie si disgregano come la sabbia, le credenze si succedono l’una sull’altra, ma ciò che è bello è una gioia per tutte le stagioni, ed un possesso per tutta l’eternità.
    Le donne belle non hanno il tempo di essere gelose dei loro mariti… sono sempre occupate ad essere gelose dei mariti delle altre!
    Tutte le donne diventano come le loro madri. Questa è la loro tragedia. Gli uomini non lo diventano mai, ed è questa la loro tragedia.
    Un uomo che moraleggia è di solito un ipocrita, una donna che moraleggia è inevitabilmente brutta.
    La bellezza è una trappola in cui ogni uomo di buon senso sarebbe felice di cadere.

  15. giuliana z.

    Vengo subito al punto: la foto iniziale del post e la chiosa finale mi sono piaciuti moltissimo (Audrey e Oscar sono tra i miei mostri sacri), forse mi piace meno quello che c’è tutto in mezzo, ma lo dico solo perchè per me tenere sempre alto il tono e l’eleganza è un’impresa funambolica, specialmente col caldo che ti fa colare il rimmel chè alle 4 del pomeriggio sembri un panda. Ieri sera sono stata con tutta la mia piccola tribù in Campo dei Fiori a
    mangiare una pizza con degli amici che venivano da Parma. Non ci vedevamo da 3 anni e sembrava invece che fosse passata solo una settimana. La mia amica S. ha 3 figli e il più piccolo è di 4 mesi, quindi ovviamente all’ora di cena lei ha dovuto offrire alla piazza la vista del petto perchè il piccolo reclamava il pasto; dopo 3 figli di solito non sei più la stessa, la linea non è più smagliante, il caldo afoso di Roma non ti permette di avvolgerti in un tubino nero di taffetà, ma la bellezza di una mamma così, lo sguardo del marito, insomma, tutto l’insieme…. tutto è trasfigurato! Cristo fa nuove tutte le cose. Vuoi mettere una famiglia unita di fronte ad una coppietta griffata dalla testa ai piedi che al massimo come prolungamento di sè ha un guinzaglio con cane di razza???
    Il punto è che lo stile lo fa ciò che tu metti al primo posto nella vita, e tutto il resto nel giusto grado di priorità. Se metti al primo posto l’eleganza dell’abito, quello diventerà il tuo idolo. Se all’abito ed al portamento dai la giusta collocazione, allora sarà bello ed equilibrato perchè è inserito nel tutto. Poi ci sono momenti in cui l’abito avrà un posto di rilievo perchè la circostanza lo richiede, e altri in cui lo smalto rosso lacca non ci azzecca per nulla.

  16. Alberto Conti

    Alcune riflessioni:
    @ alvise: è vero che ad un operaio di cantiere non gliene frega niente dello stile, ma se si fosse presentato un ragazzino con i pantaloni tirati giù fino a metà sedere ed infradito avrebbe mancato di rispetto a se stesso e ai suoi colleghi (oltre che rischiare la vita), oppure se io pretendessi di andare in cantiere in doppiopetto (e non potendo così scendere nel canale a controllare i lavori) mancherei di rispetto agli operai e a me stesso (oltre che fare male il mio lavoro).

    @ azzurra: Audrey Hepburn è l’impersonificazione dello Stile (basta vedere l’immagine del post) in cui è vestita “da casa”), comunque sono pienamente d’accordo quando dici “l’eleganza non dipende dal vestito, ma dal nostro sguardo sul mondo” ed aggiungerei che la bellezza interiore comunque trapela nel nostro apparire.

    @ adriano: a me sembra che Laura abbia fatto un’analisi corretta del bilanciamento tra l’assoluta importanza di essere e l’opportunità di un apparenza adeguata: apparire per entrare subito in relazione con l’altro, per stare bene con se stessi e per l’importanza della bellezza. Giusto per parlare a frasi fatte “l’abito non fa il monaco”, ma “l’abito ti aiuta ad essere monaco”.

    1. Adriano

      @ Alberto. Non so se l’analisi di Laura sia corretta. Definire il concetto dell’abito, dell’eleganza e dello stile come “importantissimo”, “questione di rispetto” o addirittura “imperativo morale” mi pare un po’ troppo. Il tutto viene poi a mio avviso contraddetto alla fine, quando la stessa idea “non è necessaria e si può vivere bene anche senza”.

      Sono convinto che lo star bene con sé stessi debba prescindere da vestito che si porta, mentre un aspetto che sfidi (entro certi limiti) ad andare oltre le apparenze può essere il modo migliore per entrare in relazione con gli altri in modo vero. Da sempre credo (o cerco di credere, con fasi cicliche di forti dubbi) nella poca importanza dell’apparire.

      A questo, in realtà, siamo già abituati: nessuno qui sa quale vestito abbiano gli altri che intervengono in questo blog; nonostante ciò (o, forse, proprio grazie a questo) siamo in relazione tra di noi, abbiamo stabilito un contatto. Se solo si potesse traslare questo vantaggio di internet nella vita di tutti i giorni…

      Concludo anch’io con una frase fatta ‘ritoccata’: “il monaco resta monaco anche quando è nudo”. Oppure smette di essere tale quando è sotto la doccia o in sauna? 😉

  17. DaniCor

    Credo che il cuore della questione sia essere adeguati al tempo in cui si vive, all’occasione nella quale sei immerso, al contesto nel quale uno si muove.

    Ovviamente quello che conta è l’essere, ma non si può neanche vivere estraneandosi dal mondo che ci circonda.

    Essere sempre “alternativi” mi sembra un attimino rivoluzionario in se stessi. L’opporto non è essere “pecora”, fare come tutti, ma essere adeguati, mantenendo la propria personalità.

    Quando la mia famiglia ha subito un crollo economico pesante, i miei hanno deciso che non ci avrebbero tolto dalle scuole private (condizione fondamentale per avere una buona educazione in Brasile). Hanno fatto i tripli salti mortali. Ovviamente i soldi per l’abbigliamento erano scarsi, ma noi non abbiamo mai sfigurato. Non avevamo neanche un capo firmato, ma avevamo stile da vendere. Una delle massime della mia super mamma era “Mai scendere dai tacchi a spillo”, il senso era quello di mantenere la dignità, mai farsi mettere i piedi sopra la testa, mantenere l’aplomb e l’eleganza esternamente, per far valere quello che sei internamente.

    Per dirla con le parole di un’altra icona di stile del nostro tempo, Ines de la Fressange:

    “L’eleganza si ha quando una cosa corrisponde al suo concetto.”

  18. Alberto: no, io ho lavorato come addetto alla socurezza sul lavoro, dove a nessuno
    sarrebbe mai stato permesso non solo l’infradito, o il culo di fuori (sul lavoro) ma nemmeno lavorare a torso nudo e senza casco, poi fuori si era tutti una marmaglia di disperati nella notte buia, io penso : 1) la pulizia, sopra e sotto, avanti e dietro, bocca
    pulita, fiato gradevole, denti ben tenuti, chi ce li ha e chi si può permettere il dentista, e poi il resto lasciamolo all’intelligenza del datore di lavoro, ammesso che esistano datori di lavoro delle categorie giacca e cravatta che siano intelligenti. In realtà o ilavori sono già preassegnati, e allora presenrasi in ghingheri è solo un ulteriore atto di vassallaggio, o quei posti da vestitino dell’ovviesse sono a tal punto lavori infamanti sia dal punto di vista economico che eufemisticamente professionale che il discorso finisce subito. Mi viene in mente un pezzo di libro mi sembra di Keruac in cui parla dell’America e dice che la gente si fa grandi docce ma non si lavano mai il buco del culo,, letteralmente, ecco questa potrebbe essere una parabola che spiega cosa conta davvero.

    1. Ora a me pare che, a mio avviso, secondo il mio parere (figuriamoci), noi si potrebbe essere tutti d’accordo con quanto Alvise ha detto. O c’è da replicare? 😉

  19. Elena

    Molto d’accordo con Giuliana e con Fefral: la vera bellezza risplende da sé. Conosco persone agghindate in maniera discutibile (almeno secondo gli esigenti canoni estetici italici, come giustamente fa notare Adriano, della serie gonnellini, giacchette improbabili e calzini con sandali), ma che manifestano pienamente Dio-Bellezza, o al contrario gente impeccabile preoccupata solo della propria impeccabilità.
    Noi siamo imago Dei non imago Chanel e quindi siamo belli quando amiamo, non quando rispondiamo ad un canone estetico.
    Il rispetto di sé e degli altri passa sicuramente dalla pulizia e dall’ordine, qualità per me imprescindibili, ma la donna (e l’uomo) più pataccato dell’universo che è tale per aver fatto la volontà di Dio (nel lavoro, nell’accudire una persona o nel rendere più accogliente uno spazio di vita…) è immensamente più bello dell’acchittata fresca di manicure e coiffure. Anche la pudicizia è importante, ma su quello capisco che i criteri sono molto soggettivi: per esempio le donne over 40 in minigonna o le settantenni in canotta ai matrimoni mi urtano molto di più di una ventenne con i pantaloni a vita bassa, troppo bassa.
    Certo, poi un piccolo tocco di frivolezza alle donne si concede sempre, perché fa parte della loro natura (un po’ come per gli uomini la spacconeria ;-)): ha una funzione biologica e sociale. E va bene anche farsi trovare ben messe dal marito, a patto che non diventi una forma di degradazione a supellettile o ornamento, ma semplicemente un atto d’amore.
    Ma la bellezza cristiana va oltre, secondo me. Si è belli solo quando si ama. Io quando amo mi sento bellissima, anche se non ho i capelli in ordine e la manicure fatta, oppure i peli sulle gambe, la cellulite e la vestaglietta. Poi anche io come tante mi lacco le unghie e mi depilo, cerco di scegliere con cura il mio abbigliamento (ma per anni mi sono vestita di provvidenza e stavo a meraviglia). Ora che ho qualche soldino in più indugio più facilmente alle vanità: l’altro giorno ho speso 46 (!!!) euro in maquillage di marca ipoallergenico; ci ho pensato e ho cercato di capire se era volontà di Dio. Poi ho concluso che a 41 anni era ora che rispettassi un po’ di più la mia pelle e i miei occhi evitando di impiastrarmi di schifezze, anche se avrebbe significato rinunciare ad altro. Per i capelli invece non vedo l’ora che imbianchino, perché vedo troppe colleghe e amiche schiave della tinta. Magari la canutaggine mi porterà un po’ di saggezza…
    Detto ciò una mia amica che potrei definire sorella d’anima, madre di tre figli di cui uno down, non è certo un modello di eleganza: parecchio soprappeso, vestita sempre in pantaloni con la coulisse, maglietta e scarpe “comode”, spesso porta i segni visibili della creatività del figlio (macchie di sugo, di colore, piccoli strappi)… ma per me è meravigliosa. Una donna forte, combattiva, che tiene su tutta la famiglia (compreso il marito che non va benissimo col lavoro), che ha trasmesso valori importanti ai figli (tra cui non è compreso il tono di rosso delle unghie), che vede Dio in ogni cosa. Ha una luce meravigliosa negli occhi, anche quando è depressa e stremata, è un esempio per tutte. Per questo quando la vedo con lo smalto ai piedi o fresca di parrucchiere mi sembra ancora più bella, ma di una bellezza che non origina dalle mèches, ma dal suo essere fantastica per quello che è, dal fatto di aver trovato mezza giornata per andare dal parrucchiere (eh sì… perché non è solo una faccenda economica: ci vuole anche il tempo!), dal fatto che ancora si vuole bene, nonostante tutto. Per me lei è l’immagine di Maria.
    PS: più vado avanti negli anni, più considero assolutamente istruttivo il film l’Avvocato del Diavolo, in special modo quando John Milton – Al Pacino dichiara: la vanità è sicuramente il mio peccato preferito. E’ vero: il diavolo si nasconde sempre nelle pieghe del discorso, il furbacchione.

  20. Luigi

    Ieri sera ho fatto un giro in mountain bike e prima di rientrare ho deviato verso la casa di un mio collega, lui doveva ancora rientrare dal lavoro e sua moglie lo stava aspettando. Era molto elegante e gentile nonostante fosse rientrata dal lavoro e nonostante le temperature torride. Io non sono il tipo che si mette in mutande quando arriva a casa però…quasi. Ho apprezzato molto lo stile. Mia moglie non ha questa accortezza quotidiana e le rare volte che succede mi fa molto piacere e prelude a seratona. La bellezza e la dolcezza placano ogni tensione.

    “Il mio corpo era come un’arpa e le gesta di lei come le dita che scorrono sulle corde” James Joyce (The Dubliners)

    1. LUIGI: ti è piaciuto parecchio “I morti” é la seconda o terza o quarta volta…anche il film di Huston è BELLISSIMO:
      Ma è quel senso della neve che cade che sta cadendo nel buio su tutta la terra d’ Irlanda, a mio avviso, a mio parere, secondo me, a me mi sembra, un tocco di grande poesia!!!Lo so a te ti piace più il corpo-arpa(che poi l’arpa è anche il simbolo della birra Guinness)dell’animale femmina da strimpellare, lo so, il tuo grande vigore alpino deve pure scaricarsi, talvolta….

  21. CYRANO: d’altra parte, considerando bene, da più punti di vista, in ipotesi, io credo, penso, suppongo, la prudenza prima di tutto, in effetti, da un lato, dall’altro, concluderei, ammesso possibile, eseguibile, anche solo mentalemente….
    Oh grande ERMENEUTA CYrano…

    1. Dal Serpente all’Agnello, tutti sono abili ermeneuti… si tratta solo di incocciare i princìpi giusti, e là è questione di sensibilità, di polso, e non c’è tecnica che tenga… 😉

  22. fefral

    Molto bello il commento di Elena. E quella scena del film “l’avvocato del diavolo” viene spesso in mente anche a me.
    Ho riletto il post di Laura mentre ero dall’estetista ( 😎 ) a stomaco pieno e prima del caffè, quindi in uno dei miei rari momenti di pausa stress, e forse ho esagerato nel definirlo di una “sconcertante frivolezza”. Mi sono interrogata sul perchè ho ricevuto quella sensazione dopo averlo letto, e credo che dipenda dal fatto che forse nel post c’è troppo spazio per l’estetica e troppo poco per l’amore.
    Si parla di “imperativo morale” ma a me pare che l’unico imperativo morale che dovremmo avere è la carità, il mandatum novum. Tutto il resto deve discendere da là, è conseguenza, altrimenti è come bronzo che risuona, cembalo che tintinna.
    E allora è importante e vero tutto quello che dice Laura ma….
    solo alla condizione che lo stiamo facendo per gli altri.
    Quindi ribadisco: la vanità non è virtù. Il desiderio di essere apprezzati e ammirati da tutti, per quanto sia un desiderio molto femminile è un difetto che va corretto e non assecondato. E mi dispiace insistere su questo, mi rendo conto che sto facendo un po’ troppo la morale e questo, come qualcuno ci ha ricordato più su è la dimostrazione che sono inevitabilmente brutta (ed essendo donna e quindi vanitosa questa consapevolezza non è certo piacevole).
    Ma la descrizione che hanno fatto Elena e Giuliana delle loro amiche e l’immagine di tante altre amiche mie mi rincuorano quando mi guardo allo specchio e cerco invano di nascondere i segni della stanchezza e degli anni che passano dietro un trucco che dopo sole 4 ore di sonno proprio non vuole saperne di rimanere attaccato. Mi rincuorano, ma continuo a provare a farlo star su quel benedetto fondotinta, perché voglio che chi mi vuol bene sappia che (come ricordava cyrano in un vecchio post) che non mi considero mai abbastanza per meritare quell’amore.

    1. Miriam

      che sei brutta non ci credo.
      Mi piace tutto quello che dici.
      Mi fai venire in mente che Io non cerco più di nascondere i segni della stanchezza.
      Per me sono piaghe gloriose (perdonatemi l’enfasi e l’accostamento ardito). Ma la ‘stanchezza’ a cui mi riferisco io è fatta non solo di fatica, impegno, ma anche dolore, attesa dura, delusione. Ma non hanno mai l’ultima parola! Perché non siamo soli.
      Comunque il fatto di parlarne in un luogo come questo non è da sottovalutare. Con il giusto equilibrio, s’intende: la ‘nicchia’ non è solo un posto ‘poco frequentato’ (che poi chissà?); ma soprattutto è un posto dove c’è possibilità di ristoro, di condivisione, di arricchimento, di un sorriso, di una lacrima, di tutto ciò che è vita, insomma!

    2. A questo punto devo intervenire per prevenire malevole illazioni dei nostri indagatori: Fefral e io non siamo la stessa persona, anche se più volte, leggendo i suoi interventi, anch’io ho trovato questo dubbio ragionevole… 😉

    3. Fefral

      No che non siamo la stessa persona: io non ho studiato dai gesuiti! E non userei mai parole come apoftegma 🙂

  23. Penso che non sia vero che sempre la prima impressione è quella che conta, (e che quindi è meglio essere sempre attenti a come ci si mostra, sennò ti sei giocato tutte le possibilità).
    Voglio dire invece che ci sono molte persone che hanno segnato dei momenti importanti della mia vita, e che li hanno segnati forse anche perché sono molto diverse da quello che appare, da quello che fanno apparire con il loro modo di vestirsi/truccarsi/porsi/essere fisicamente.
    La prima impressione (lo confesso) non era del tutto positiva, ma poi, lasciando loro la possibilità di mostrarsi dentro, ho scoperto che la seconda impressione, quella definitiva, quella giusta, quella vera, era del tutto opposta alla prima e che erano persone di gran lunga migliori di quelle che invece, all’apparenza, erano “perfette”.
    Parlo di persone che sembrano invadenti e “caciarone”, e dalle quali non ti aspetteresti mai che ti ascoltino, ma invece alle quali basta mezza frase tua per capire una tua esigenza e farsi in quattro per aiutarti, parlo di persone che sembrano trasandate ma sull’efficienza e la precisione delle quali ci puoi contare, persone che non passano il tempo a dire quanto sono brave e sensibili, e che poi ti dicono due parole che ti rimettono al mondo in un momento di sconforto.
    Persone vere dentro, che per esserlo si dedicano del tempo, ascoltano gli altri, pensano, pregano, riflettono, e poi comunque lavorano, tirano sù i figli, fanno i conti con mariti/mogli non sempre ben disposti, pagano le bollette, vanno a fare la spesa, puliscono la casa (ogni tanto pure i vetri) e magari il tempo di sfogliare un giornale per capire qual’è il colore di moda quest’anno non ce l’hanno più, o anche avendolo non lo farebbero comunque. E quindi alla fine non sono “alla moda” ma sono eccezionali, e per questo ti travolgono, se dai loro il tempo e l’occasione per farlo.

  24. Miriam

    Ho visto che ho scritto Io con la maiuscola 😉 ma semplicemente perché era all’inizio della frase e poi ho aggiunto delle parole… excusatio non petita 😉
    Devo fare i conti con il mio “io” un po’ troppo intraprendente.
    Per tornare all’articolo, condivido tutto nell’ottica precisata da fefral.
    Personalmente amo la sobrietà; il che non esclude colpi di testa per la Bellezza in tutte le sue infinite manifestazioni. E sono per la cura di sé, che significa anche volersi bene e rispettarsi (per quanto mi riguarda significa anche vincere la pigrizia e non dare priorità ad altro) e in genere ha il suo risvolto nell’analogo atteggiamento che si ha verso gli altri.
    Mi sono accorta che ogni cosa che facciamo -con equilibrio- per il nostro bene, coincide anche con quello che dobbiamo fare per il Signore e produce bene intorno a noi.

  25. DaniCor

    Volevo fare un’appunto forse controcorrente.

    Quando tocchiamo il tasto apparenza si scatenano i commenti di come uno è sente bello e giovane dentro anche se fuori tutto ciò non traspare. Di come nel donarsi agli altri spesso non si riesce a dare il giusto spazio ai lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, finendo per dover subire una ristrutturazione che non sempre è fattibile (sia economicamente che in termini di tempo). Di come siamo belli dentro, di come non dobbiamo giudicare dalle apparenze. Tutte cose sacrosante.

    Ora, sappiamo tutti che l’apparenza non è tutto, non è neanche minimamente vicina al tutto. Su questo siamo tutti d’accordo. Ma l’apparenza fa parte di noi, della nostra natura, del nostro essere. L’essere Alvisico di Alvise è frutto anche di come lui appare e di come crede di apparire (si, perché, ricordiamocelo, non sempre le due cose corrispondono).

    Le mie stanze interiori si mostrano al mondo con questa facciata, si affacciano ad esso dalle finestre dei miei occhi. Ci sono facciate austere che nascondono meravigliosi giardini, ci sono facciate sgargianti che nascondono stanze buie e fredde. Ovviamente meglio le prime, lo dicono tutti. Ma mentre lo dicono quasi quasi si ammette, implicitamente, che una cosa escluda l’altra. Non è così.

    E’ vero che chi vive dietro ad una facciata appariscente, certamente non per merito proprio, nella maggior parte delle volte si dimentica di mettere a posto il resto, ma non è sempre così. E chi è nato con un’apparenza gradevole agli occhi degli altri deve convivere con questa e la cosa è spesso ingombrante. Uno si fa le spine. Deve lavorare il suo essere a questo suo apparire ed accettarsi esattamente come gli altri (di solito nel periodo dei diari citato l’altro giorno da Cyrano). E’ un poco come la rosa: un fiore bellissimo e pieno di zucchero che, proprio per questo, attira a se una miriadi di insidie, chi lo vuole cogliere, una miriadi di insetti e bestioline varie. Quando sei li a togliere le pulci dalle rose perché pensi siano loro il problema, ti arrivano orde di vermicelli che te le devastano. Le rose si sono fatte le spine a furia di essere rose, ma non potranno smettere di essere rose. E appassiscono anche loro (e in quel caso, se non si sono appoggiate su altro nella vita, soffrono enormemente, perché da bambini e da vecchi ci assomigliamo tutti).

    Quando aveva quattro anni, dopo una cena con gli amici a casa, mio figlio mi disse: “mamma, perché mi dicono tutti “quanto sei bello”?”, “Perché lo sei amore mio”, risposi. Lui mi fa “ma cosa c’entro io? Che merito ho? Capisco se uno mi dice quanto sei bravo, ma per la bellezza io non ho fatto proprio niente!”…

    Amore mio piccolo e bello, passerai la vita a cercare di dimostrare al mondo che oltre ad essere bellissimo, hai un animo da gentiluomo ma, a volte, non te lo lasceranno fare, fermandosi all’apparenza. Avrei voluto rispondere così, invece lo abbracciai.

    1. Dani, quando Filippo era nella pancia dicevo sempre: “speriamo che non abbia gli occhi azzurri”. Lo dicevo perché mio marito, mio padre, mio nonno, mio suocero hanno o hanno avuto gli occhi azzurri, quindi il rischio c’era. Ma come il rischio? Tutti sperano che il proprio figlio sia bellissimo, anche io lo speravo, ma la gente ti guarda, ti dice “che begli occhi!” e si ferma lì. E i rischi sono due: il primo è che tu pensi che di bello hai solo gli occhi azzurri, il secondo è che tu pensi che nella vita basti avere gli occhi azzurri.
      C’è anche un altro rischio, ed é quello di chi ti guarda e ti giudica solo per il colore degli occhi, ma a quel punto problemi suoi.
      Filippo ha gli occhi scuri come i miei, Francesco invece ha gli occhi del padre, e ti giuro che i miei incubi si stanno avverando: chiunque lo vede gli dice: “che begli occhi”, lui sorride sbattendo le palpebre. Allora anche io lo abbraccio.

    2. Certo che ti capisco, per questo il post di oggi mi lascia perplessa, perché curarsi tanto dell’apparire se poi è un’arma a doppio taglio, e spesso crea solo più disordine?

  26. DANIELA: chi ti potrà mai eguagliare nelle tue storie e nei tuoi ragionamenti sinuosi e lussureggianti!!!! E poi que me gusta mucho (scusa lo spagnolo ma il portoghese è troppo arduo) è questo tuo orgoglio e voglia di vendere sempre cara la pelle coraggio e generosità tutto insieme, sui tacchi a spillo, quelli veri, sei straordinaria, una lezione di vita e di carattere per tutti!!! (FEFRAL esclusa!)queste sono lezioni vere!!!

    1. DaniCor

      Carissimo,
      qui si rischia…
      VANITA’, il mio peccato preferito… ricordavano prima di me la frase di uno dei miei fil preferiti!
      E se dal lato estetico io oramai mi sono fatta i calli, su quello che scrivo la cosa diventa pericolosa…
      Grazie comunque, perché so che la vostra intenzione è bella, sono io che devo molto lavorare le stanze interiori.

  27. Luigi

    Dovremmo forse avere due specchi: in uno vederci belli e irresistibili e nell’altro vederci una scimmia.

  28. Elena

    Stasera sono talmente stanca che ho cercato di struccarmi gli occhi con l’acetone (e non è la prima volta). Qui nella bassa padana oggi non si respirava: l’unico profumo che ci si poteva concedere era non già la mitica goccia di Chanel n. 5, ma l’essenza di citronella, per tentare di tenere a bada fameliche zanzare, grosse come elicotteri. Inutile dire che con un’umidità del 70% e passa qualsiasi tentativo di far tenere il trucco è risultato fallimentare: a metà mattina già sembravo un panda (in realtà io sembro un panda già alle 7 e senza trucco: ho una pelle sottile e diafana e gli occhi sono irrimediabilmente cerchiati di viola, sempre). Ora cercherò di sistemarmi un po’ i piedi, i cui calli (nel mio caso non metaforici, DaniCor!) eguagliano ormai quelli della nonna novantenne. Domani vorrei mettere i sandali, e per una volta liberarmi delle calze a compressione graduata 140 den (autoreggenti, però ;-)) che la mia disastrata situazione vascolare mi costringe a portare. Dunque finalmente metterò lo smalto ai piedi, un lilla polvere che va molto di moda quest’anno. Alle mani, non so. Ultimamente le unghie mi si sfogliano come cipolle, nonostante le mie assidue cure. Sarà lo stress, saranno i detersivi.
    Tutte le mattine quando vado al lavoro vedo arrivare una signora più o meno della mia età, forse anche un pelino più avanti. La vedo scendere da una mastodontica Ssang Yong: tacco 12, gambe nervose e perfettamente depilate, un filo di abbronzatura, abito sexy ma non vistoso, messa in piega impeccabile, accessori pure. Tacchetta ritmicamente verso il bar, dove farà colazione. La vedo e il mio primo pensiero è: ecco la fighetta. Ebbene sì, sono invidiosa. Come si fa a non esserlo? Lei è quella sempre a posto, lei è quella che gli uomini si girano a guardare, che le amiche ammirano, con la macchina, il tacco, la borsetta. Sembra avere il mondo in mano. Eh, sì, dico io, ma chissà che oca, che testa vuota, sicuramente è un’infelice, una frustrata.
    Ecco, anche io sono vittima degli stereotipi. Quelli che vogliono oca la donna bella, geniale la quattrocchi in gonnellone e birkenstock, stupida la chiattona con l’eye liner troppo marcato e i capelli color vino-andato-a-male. Gli stessi stereotipi che guidano le classifiche dell’apparenza, della foto patinata, del mito da copertina.
    E invece ha ragione chi, come Sorellastra, cerca di andare al di là, ossia di vedere il prossimo con gli occhi di Dio, di amarlo così com’è. Di vedere Gesù nell’altro. Una volta un’amica mi ha detto: se proprio non ci trovi Gesù, guardalo come se guardassi un tabernacolo vuoto il venerdì santo.
    Io mi guardo. E mi giudico. Gli occhi da seppia (panda? seppia? fate pure un mix a piacere), la muscolatura senza tono, i fianchi larghi, i polpacci grossi, le vene varicose. Sempre di corsa, con le scarpe sbagliate (perché uso sempre le stesse due-tre paia), i vestiti un po’ lisi (una stending ovaton speciale per la Coloreria, per favore!), la borsa non abbinata. Le pellicine smangiucchiate che uno smalto molto vistoso tenta di camuffare. Eppure a volte mi sento bella. Sorrido. Penso alla grazia immensa che mi è stata data di essere cristiana, di conoscere l’Amore e il Dolore, di camminare sulla strada della pienezza. E quando mi sento bella scelgo i miei vestiti migliori, mi trucco con cura, un po’ di profumo (clima permettendo), una collanina di perline… Perché sento Dio che esplode. Smetto di ingozzarmi di dolci (la mia unica dipendenza – non fumo, non bevo, mai fatto uso di droghe, ma il cioccolato… sigh!) non perché speri così di ottenere corpo da favola, ma perché spero, rispettandolo, di onorare il corpo in cui abita cocciutamente lo Spirito, nonostante, immenso e sorprendente, sia troppo spesso confinato nel ripostiglio, piene come sono le altre stanze interiori (ancora DaniCor!) di cose inutili. Spero sempre che si svuotino, quelle stanze, che si faccia il vuoto pneumatico, per attirare la vera bellezza. Nel frattempo mi trucco.
    Ogni cosa allora prende la sua misura, la misura dell’amore: il trucco, la crema idratante, lo smalto, l’abito , la borsa. E faccio pace anche con miss Ssang Yong.
    Stasera ho mostrato, un po’ titubante, una cosa a mio marito. Gli ho detto che l’avevo presa per lui, anche se in realtà l’ho presa anche un po’ per me (ma lui, furbo, lo ha certamente intuito). Una sottoveste in seta. L’ha guardata ad occhi sbarrati. Non me lo sarei mai aspettato, lui che mi ha sempre assicurata dell’inutilità assoluta della biancheria intima di pizzo, lui che la mise più intrigante è maglietta e… basta, lui che non si accorge mai di nulla. Mi ha detto che mi deve stare benissimo, che con quella indosso sembrerò sicuramente molto attraente.
    Sì, mi sono sentita bellissima. Con la cellulite e i fianchi larghi. L’ho presa per me, quella sottoveste. Ma anche e soprattutto per lui.

    1. DaniCor

      Ma a chi interessano i refusi quando uno apre il cuore? A chi interessa la cellulite quando uno ha l’Amore?
      🙂 🙂 🙂

  29. Elena

    Dani, è il mio passato da correttrice di bozze, ahimè… Buonanotte. Vado a fare a botte coi calli :-*

  30. Fefral

    @ Elena grazie!
    @ Dani vanità… È un problema la vanità perché è subdola. Proposta per un post agli autori: parliamo di vanità?
    @ tutti buonanotte sono distrutta, grande performance con mollettone anche oggi. Ora spero di dormire il sonno del giusto, domani si riprende, prima ufficio conl tacco e tailleur e poi pulizie in infradito….infradito rosa!

  31. “Ecco, anche io sono vittima degli stereotipi. Quelli che vogliono oca la donna bella, geniale la quattrocchi in gonnellone e birkenstock, stupida la chiattona con l’eye liner troppo marcato e i capelli color vino-andato-a-male.”

    Scrive Elena.

    Ma davvero gli stereotipi dicono che la quattrocchi col gonnellone e le birkenstock è geniale? d’ora in poi chiamate genio anche me, please, e non lo dico per finta, si vede anche dalla mia iconcina che sono quella descritta da Elena!!!

    Buonanotte a tutti voi, ma ve l’ho detto che ieri mi sono portata Filippo a casa? Speriamo che duri…

    1. DaniCor

      @Sorellastra: Queste si sono notizie!

      @Fefral: forza che per me sei elegante col mollettone e con il tailleur!

      @Elena: tu correttrice di bozze, io architetto con le mie stanze… quello che uno è traspare…

      Ho la famiglia sparpagliata: i miei uomini sono partiti oggi (marito dalle parti di Luigi, figlio in Trentino con i nonni) ed io parto venerdì mattina per l’Africa nera (non dite ad Alvise che crede che io sia Nembo Kid: un po di ansia comincio ad avere anch’io)

      Notte a tutti e grazie di farmi compagnia!

  32. Fefral

    Forza genny. Un abbraccio a Filippo.
    Quanto mi piacerebbe vedere gli occhi di voi tutti. Solo gli occhi.
    Notte

  33. DaniCor

    È cosa veramente da piangersi che, essendo l’amore dei proprio disprezzo un punto di sommo rilievo nel divino servizio e per l’ acquisto della cristiana perfezione, sì poco vi attendano per lo più non solo le persone scarsamente applicate alla pietà, ma quelle ancora che praticano una vita spirituale e devota. Che l’amore del proprio disprezzo importi infinitamente per ottenere la santità è chiaro, perché il fondamento di quella, secondo i Santi, è la vera umiltà, in guisa che, al dire di s. Agostino, la santità va del pari colla umiltà, e quella cresce, si aumenta a misura di questa. Or l’amore del proprio disprezzo è come la sostanza e la midolla della vera umiltà , e costituisce il più sicuro riscontro, se l’uomo è sinceramente umile.
    Quindi è che s. Filippo Neri, eccellente maestro della vita perfetta, dovendo esaminare lo spirito di taluno, si rifaceva dall’investigare se veramente fosse umile, e per discernerlo tale veniva tosto alla prova del disprezzo, e trovatolo saldo e costante a questa pietra di paragone giudicava che egli fosse investito dallo spirito del Signore.
    Di più il primo passo fondamentale ingiunto da Cristo nel Vangelo per chi vuol seguirlo dappresso è l’abnegazione, e l’odio santo di sè medesimo; e siccome ciascun cristiano per l’obbligo della sua professione è tenuto a seguirlo, perciò a tutti senza eccezione e riserva, o siano ecclesiastici, o secolari di qualunque sesso, stato e condizione, rivolse questo suo premuroso comando: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso” (Lc 9,23). Ma ciò è impossibile a conseguirsi senza atterrare il proprio orgoglio ed amore: e questi non cadranno giammai estinti senza amare il disprezzo di se stesso.
    del Servo di Dio Giuseppe Ignazio Franchi d.O.:
    L’amore al proprio disprezzo

  34. Luigi

    Il post di oggi era prettamente femminile. Grazie a voi donne che vi conciate per noi. Chissà come saremo belli in paradiso, io credo che sarò fighissimo, il problema è che lo saranno tutti ma ci sarà anche molto tempo a disposizione. Complimenti a Elena per la sua scrittura e a tutte/i per i bei commenti. Bentornato a casa Filippo. Dani e Fefral, le vacanze sono vicine.

  35. Paolo1984

    “quale donna non vorrebbe essere certa sempre che il marito/fidanzato la trova bella/elegante/curata?”

    per un marito/fidanzato innamorato la donna amata è sempre elegante, bella e curata
    Per il resto lo trovo un articolo interessante per il concetto largo di “eleganza” che propone

  36. Elena

    Stamattina ho sentito le notizie sul corno d’Africa e mi sono sentita una pezza, anche con lo smalto ai piedi…
    Un bacio a Filippo

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