Devo fare ammenda. Ieri ho scritto che dovrei intuire che mio marito prova stima e simpatia nei miei confronti – ma senza esagerare – dal fatto che non mi lascia.
Mi corre però l’obbligo di precisare che c’è un dato ancora più esplicativo dei suoi forti, fortissimi sentimenti nei miei confronti. Non si libera di me nonostante io la mattina sia un mollusco, un essere privo di spina dorsale, pronta a tutto pur di non alzarmi, capace di inventarmi malori, scuse, contrattempi e piogge di rane pur di dormire quegli ultimi tre minuti.
Credo di avere energie fuori della media, come quasi tutte le mamme che lavorano e forse anche un pochino di più. Mi accade davvero raramente di fare solo una cosa per volta, non vado a dormire neanche se mi sparano e sono una specie di mulo: nessuna fatica mi spaventa. Posso anche fare il dritto e arrivare alla mattina dopo senza chiudere occhio, se necessario (esami, poppate, colichette, varie ed eventuali). Ma se tocco il cuscino è finita, poi ci vuole l’argano. Quel sant’uomo tutte le sante mattine che Dio manda in terra scaraventa fuori dal letto cinque persone e si occupa, con modi bruschi ma funzionali, che tutti si vestano, si infilino ciascuno il calzino di propria competenza, che tutti abbiano uno zaino e una merenda. Gli ossi più duri siamo io – Il mollusco – e Il cadavere, affettuoso nomignolo mattutino di mia figlia Lavinia, che essendo il mio clone ha preso da me anche alcune simpatiche caratteristiche, come l’ignavia antimeridiana e la capacità di rompere oggetti solo sfiorandoli.
In compenso, una volta messa in moto Il cadavere si trasforma rapidamente in una cavaliera Visigota, che rende la noia il mio stato d’animo più ambito, e mai più sfiorato da quando lei è fra noi. Trascorrere una piovosa domenica in casa da sola con lei e i suoi tre fratelli (due dei quali necessitano di una accurata correzione dei compiti) è una prova dei Giochi senza frontiere, e davvero non ci si annoia mai, anche se l’evento più significativo della giornata è trovare dentro una bottiglia di Ferrarelle un chicco di mais che a causa delle bollicine va su e giù, e un consesso di tre giovani scienziati under 8 studia il fenomeno una mezz’ora per vedere se il chicco di mais per caso abbia gli occhi, e dunque sia un pesce misteriosamente finito nella mia cucina (in realtà uno di loro ha mangiato i pop corn e ha elegantemente sputato un chicco non scoppiato nella bottiglia).
E se questo è l’evento della giornata, figuriamoci il resto.
A volte la ripetitività è tale che ci si chiede se quello che si fa produca frutto. Ma come spiegava il Vangelo di domenica, non è quello che facciamo che più di tutto ci qualifica. Moltiplicare il pane: se Gesù lo avesse fatto nel deserto, su richiesta del diavolo, avrebbe ceduto alla tentazione dell’onnipotenza. Se invece lo fa per sfamare la gente stanca, “come pecore senza pastore”, è un atto di amore.
Nel nostro piccolo, anche trascorrere una domenica attappando pennarelli con amore può essere un’avventura strepitosa. Anche se a dire il vero lì per lì non è che sembri tanto.
Guido ha tutta la mia comprensione e appoggio morale: io fortunatamente ne ho solo 4 da sbrandare (anzi in realtà 3 perchè il piccolo desidererei che dormisse ancora un po’ per non interferire con le manovre delle sorelle ma regolarmente è il primo a scattare in piedi; non mi illudo so già che si trasformerà in un “cadavedere” quando dovrà svegliarsi)
Grazie. Ti assicuro che il più duro di tutti è il mollusco (cioè Costanza)
Che meraviglia! Ho avuto sempre l’impressione che essere fatta in quella certa maniera non fosse proprio una bella cosa. Ma leggendo questo post mi sono venute le lacrime agli occhi: qualcuno stava descrivendo me nei minimi dettagli e mi rendeva umana.
Dio ti benedica! Hai dato un “senso di realtà” alla mia vita! Se non fosse per la piccola Lavinia (al posto di mio figlio Antonello), il resto descrive me, questa “indole tonda”, pomeridiana… che però si risvegliava (obbligatorio l’imperfetto, data l’età) ai bisogni mattutini, notturni e crepuscolari dei miei figli (ne ho avuti solo due, purtroppo, ed uno perso ma sicuro in cielo), azioni credo fatte per amore! Ho vissuto nonostante le “segnalazioni” di amici e parenti, i quali, scuotendo il capo, disapprovavano sconcertati i miei “ritmi”, e mettevano me in agitazione, facendomi pensare di essere una aliena, perchè nessuno, nessuno di loro aveva questi miei “strani sintomi”! tutti mattinieri loro, regolari, precisi e senza …. pecche (peccati) ;)!
Trovo affine, inoltre,… leggendo le tue belle righe, il modo di parlare dolce e vero, vi trovo la spensieratezza dei “piccoli” del Vangelo, una lievità, che sembra appartenermi…. Anche se, a scanso di equivoci, dico: non ho capacità né caratteristiche simili a te… tutt’altro…… ma è come se ascolto la mia storia in un’altra “dimensione”, non so se riesco ad esprimermi appieno !! Per questa “emozione” voglio ringraziarti e ripetere con tutto il cuore: Dio ti benedica!!
P.s.:
ho letto tratto dagli scritti di Madeleine Delbrêl, un testo intitolato“La passione delle pazienze” che mi pare si adatti a ciò che scrivi (http://www.gliscritti.it/approf/areopago/delbrel.htm#titre2)
Che bello, Elisa! Hai scritto delle parole bellissime,e io penso che l’amicizia con il Signore ci renda in realtà almeno in parte tutti un po’ simili, noi cristiani…
Ho letto tutto quello che ho potuto su Madeleine Delbrel, mi piace proprio molto, la passione delle pazienze è uno dei suoi testi che mi è piaciuto di più. Ed è così bello sentire di costruire l’eterno aspettando che il latte nel pentolino sia alla temperatura giusta! Dio benedica anche te…