di Emanuele Fant per Credere
Non so perché mi sono venuti insieme a trovare. Quando ho dovuto preparare una lezione sui poeti contemporanei, ho scelto Clemente Rebora e Alda Merini. A prima vista, due persone lontane: uno prete, l’altra convinta che “il peccato non si può mai rifiutare”. Uno esploratore, amante delle scalate in solitaria sulle Alpi; l’altra ancorata al suo letto matrimoniale, mamma di figlie e di poesie affidate al caso, regalate alla vita e agli avventori.
Uno che praticava l’astinenza come allenamento spirituale; l’altra continuamente consumata dall’amore, ostinatamente sensuale anche da vecchia, quando si fece fotografare in posa languida, a petto nudo.
Uno cesellava meccanismi di parole inusuali; l’altra sceglieva termini quotidiani, quasi come calzettoni dai cassetti, li sistemava in una fulminante prosa che va a capo.
Eppure questi spiriti apparentemente lontani, sono gemelli: entrambi hanno conosciuto le grate degli ospedali psichiatrici. Il primo per colpa di una sensibilità estrema portata all’eccesso dal trauma della Prima guerra mondiale; la seconda, probabilmente, per una grave depressione post partum.
Tutti e due hanno tirato a campare: il primo lavorando in modo non continuativo come professore; la seconda arrivando ad accettare i pasti pronti dal Comune. Nutrivano una identica attrazione per le persone sofferenti: lei ha ospitato in casa, per anni, un barbone di nome Titano; lui occupava tutto il tempo libero facendo il volontario con i poveri e i malati mentali. Tutti e due, negli anni finali, hanno deciso di scrivere soltanto per il Signore, rallentando l’attitudine a sperimentare, attenuando il chiaroscuro nello stile piano della preghiera.
Clemente e Alda sono morti in due anni lontani (1957 e 2009), scegliendo lo stesso giorno del calendario: il primo novembre, il giorno dei santi. La festa di chi non si è accontentato delle solite parole, le ha provocate fine a farle scoppiare, mettendo fine a quella fame di cielo che spesso costringe a consumare tanti fogli.
Grazie di avermeli raccontati così.
Paola
O più semplicemente: l’uno un onesto (ancorché non grande) poeta, l’altra una pseudopoetessa trash.
@Navigare: dissento completamente da questo aforisma, che trovo riduttivo e superficiale.
Bello il tuo, il vostro dissenso. Ma essendo io povero e piccolo, come scrive più sotto Elisa, la mia opinione non avrebbe potuto essere altro che riduttiva e superficiale 😉 . Eppure, chissà com’è, ho vissuto e vivo bene ugualmente…
Dissento anch’io. Alda Merini è una grande poetessa. Poi è noto che era una persona con delle fragilità, è stata in manicomio per anni… Peraltro ha scritto delle cose bellissime sulla Madonna
LA MADRE
Potevano uccidere anche Maria,
ma Maria venne lasciata libera di vedere
la disfatta di tutto il suo grande pensiero.
Ed ecco che Dio dalla croce guarda la madre,
ed è la prima volta che così crocifisso
non la può stringere al cuore,
perché Maria spesso si rifugiava in quelle braccia possenti,
e lui la baciava sui capelli e la chiamava «giovane»
e la considerava ragazza.
Maria, figlia di Gesù
Maria non invecchiò mai,
rimase col tempo della croce
nei suoi lunghi capelli
che le coprivano il volto.
«lo credo, madre,
che qualsiasi senso del cuore
sia dentro il tuo sguardo.
Come Figlio di Dio sono un bambino felice,
come Gesù sono colui che camminerà con te
sulle acque dell’incredulità.
Io, madre, ho visto il tuo seno pieno d’obbedienza
e bianco come il tuo pensiero.
E io so che l’amore di Dio è impalpabile
come le ali di una farfalla.
Io ho creduto, madre, al tuo volto,
ma ho anche creduto al Padre.
Non potrebbe ingiuriarti nessuno
al di fuori di quella voce
che ti ha percossa come un nubifragio:
l’addio del messaggero celeste.»
«Quante lacrime, madre, su quella tua
visitazione.
È stato un lavacro per tutti i peccati degli uomini,
e solo Giuseppe ha creduto che il tuo mantello
contenesse tanto dolore.
Non ti ha mai levato di dosso quel mantello di luce,
Maria,
con cui Dio ti ha coperta
per non far vedere
che le tue spalle tremavano d’amore.
Ma io, Maria, credo in te,
e credendo in te
credo in Lui.»
Alda Merini
“Magnificat: un incontro con Maria”
Ella era di media statura e di straordinaria bellezza, le sue movenze erano quelle di una danzatrice al cospetto del sole.
La sua verginità era così materna che tutti i figli del mondo avrebbero voluto confluire nelle sue braccia.
Era aulente come una preghiera, provvida come una matrona, era silenzio, preghiera e voce.
Ed era così casta e ombra, ed era così ombra e luce, che su di lei si alternavano tutti gli equinozi di primavera.
Se alzava le mani le sue dita diventavano uccelli, se muoveva i suoi piedi di grazia la terra diventava sorgiva.
Se cantava tutte le creature del mondo facevano silenzio per udire la sua voce.
Ma sapeva essere anche solennemente muta.
I suoi occhi nati per la carità, esenti da qualsiasi stanchezza, non si chiudevano mai, né giorno né notte, perché non voleva perdere di vista il suo Dio.
Alda Merini
“Quando il cielo baciò la terra nacque Maria / che vuol dire la semplice, / la buona, la colma di grazia. / Maria è il respiro dell’anima, / è l’ultimo soffio dell’uomo. / Maria discende in noi, / è come l’acqua che si diffonde / in tutte le membra e le anima, / e da carne inerte che siamo noi / diventiamo viva potenza”. (Alda Merini, Magnificat)
Ciao Giusi, benritrovata 😉
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Condivido Giusi
https://costanzamiriano.com/2017/03/27/clemente-e-alda-nel-baratro-del-cielo/#comment-126110
Penso che intanto bisognerebbe sempre avere rispetto di chi vive la sua vita appoggiandosi soltanto alla propria arte e condividendo pure quel poco che ha.
Trovo veramente inappropriata la contrapposizione Onesto/Trash.
Prima di valutare qualcosa in modo critico bisognerebbe capire che cosa significa strappare una emozione profonda e vera ad un lettore, e la Merini è stata sicuramente in grado di farlo. Magari se fosse vissuta da borghese invece che da poveraccia l’avrebbe considerata in modo diverso…
Grazie per queste splendide parole….
Povero Navigare così piccolo, quante cose si perderà….
Il bene ed il male apparenti sono la stessa cosa?
Troppo amore a parole, nessuna ambiguità….. e fatica . troppa retorica e luoghi comuni……abbandonare i propri figli…..in ogni caso i poeti vanno visti per la loro scrittura e non per la loro biografia, anche se sarebbe bello trovare consonanza fra opera e vita, forse avviene solo per opera della Spirito Santo nelle vite dei Santi.
in ogni caso i poeti vanno visti per la loro scrittura e non per la loro biografia
Sono integralmente d’accordo. Il mio “aforisma” 🐱 riguarda infatti la scrittura dell’uno e dell’altra (borghese/proletario, gobbo/atletico, uomo/donna, credente/non credente… c’entrano… nulla).
Alda Merini, per qualità dell’ispirazione e – semplifico – competenza tecnica mi ha sempre fatto pensare a quello che per la musica sono i Sex Pistols (che a molti, beninteso, piace considerare musicisti fatti e finiti, se non altro per ragioni democratiche e popolari: “Questi sono tre accordi… e adesso andate e formate una band!”).
Rebora, io trovo, ha avuto, al contrario ottime intuizioni poetiche, anche se non sempre ha saputo sviluppare nel modo più efficace.
Donde l’idea che l’uno sia un (degno) poeta, l’altra una pseudopoetessa punk in perfetta linea con le “chiese-garage” di cui un post precedente, che a una lettura serotina di “versi” merininani farebbero da scrigno ideale…
Si può essere santi e peccatori: magari tutti lo fossero!