Usa, la guerra alla religione riguarda tutti noi

deal

di Raffaella Frullone

Il governatore della Georgia, Nathan Deal, è stato costretto a farci i conti. Con il mondo Lgbt, si intende. Poiché a causa della pressione mediatica, anche di colossi come Walt Disney, Marvel e Netflix, ha dovuto porre il veto alla legge sulla libertà religiosa regolarmente approvata dal Senato e dalla Camera. Un testo che avrebbe lasciato libertà di coscienza a chi, in virtù del proprio credo, non volesse celebrare o fornire servizi per le celebrazioni dei matrimoni tra persone dello stesso sesso.

«Ho visto cosa è accaduto in Mississipi e Carolina e non voglio affrontare lo stesso scenario». Entrambi gli Stati, infatti, dopo aver approvato la legge sulla libertà religiosa sono stati messi alla gogna al grido di «no alle discriminazioni». I Ceo di Facebook, Apple e Google hanno espresso il loro dissenso con un comunicato che lasciava intendere possibili ripercussioni economiche, payPal ha deciso di bloccare un piano di investimenti in North Carolina da quasi quattro milioni di dollari e star della musica rock come Bruce Springsteen, Bryan Adams e Ringo Starr hanno annullato diversi concerti previsti negli Stati americani in questione.

Ma non solo chi legifera sarà costretto a farci i conti, noi tutti lo saremo. Lo spiegano bene Erick Erickson e Bill Blankschaen in You will be made to care – the war on faith, family and your freedom to believe (Sarete costretti a occuparvene – la guerra su fede, famiglia e la tua libertà di credere), pubblicato negli Usa dalla Regenary Faith. «Non importa quanto piccolo sia il tuo bed and breakfast, la tua cappella o il tuo negozio di fiori – affermano gli autori – se non condividi i loro valori pubblicamente, la mafia omosessualista ti schiaccerà». E per essere schiacciati basta esprimere la propria opinione, come accaduto a Kelvin Cochran.

Nato nel 1960 in Lousiana, abbandonato dal padre, Kelvin cresce con la mamma e cinque fratelli a Shreveport. In una casa spesso illuminata solo con le candele dove l’unico pasto era sovente pane e maionese coltiva il suo american dream: diventare un vigile del fuoco a servizio degli Stati Uniti. Un sogno nato una domenica, quando viene sorpreso dal suono delle sirene. Apre la porta e vede il mezzo antincendio fermarsi alla casa di fronte. I pompieri corrono senza esitazione verso le fiamme, ne escono poco dopo portando in salvo la vicina, miss Kate. «Da quel momento – racconta Cochran – non ho pensato ad altro che a crescere per diventare un vigile del fuoco: volevo scappare dalla povertà e costruirmi una famiglia perché solo vedendo quella scena ho realizzato quanto fosse terribile non avere un papà in casa». A 21 anni Kelvin Cochran diventa il primo afro-americano del Dipartimento antincendio di Shreveport. Promosso capitano dopo quattro anni di servizio, diventa assistente e poi capo dipartimento a meno di quarant’anni.

Per i risultati ottenuti, anche nel 2005 durante le operazioni di soccorso a New Orleands quando la città era devastata dall’uragano Katrina, viene chiamato dal sindaco di Atlanta per guidare il Dipartimento antincendio della città. Eccelle al punto da venir notato a Washington: nel 2008, agli inizi della presidenza Obama, viene nominato capo del United States Fire Administration, diramazione diretta del Dipartimento di sicurezza nazionale.

In meno di 25 anni, il bimbo povero della Louisiana, non solo corona il suo sogno di diventare pompiere, ma si occupa di strategie nazionali per la prevenzione e la gestione dei disastri naturali. Nel frattempo si sposa e diventa padre tre volte. Dopo meno di due anni, tuttavia, di nuovo il sindaco di Atlanta elemosina (espressione utilizzata dallo stesso primo cittadino) il suo ritorno alla guida del Dipartimento antincendio della città. Cochran non si tira indietro e presto Atlanta raggiunge il massimo punteggio nella classifica della protezione pubblica diventando modello nazionale.

Ma nel 2014 Kelvin Cochran è costretto a fare i conti, anche lui, con quanto denunciato da Erickson e Blankschaen. Viene convocato da tre membri dell’amministrazione cittadina e che gli comunicano la sospensione dal lavoro per un mese e l’apertura di un’indagine. Perché? Si era rifiutato di salvare qualcuno? Aveva mancato un obbligo? Omesso di dare un allarme? Commesso qualche reato? No, aveva scritto un libro in cui non nascondeva il suo credo.

Il volume, uscito nel 2013, si intitola Who told you that you were naked? (Chi ti ha detto che eri nudo?). L’idea parte dal passaggio della Genesi in cui Adamo, di fronte a Dio che gli chiede conto del frutto mangiato, «si rende conto di essere nudo», ovvero sente il peso della colpa. La tesi di Chochran è che molti cristiani si comportano come fossero nudi, ossia condannati, invece che vivere da redenti. Il volume pubblicato da 3G Publishing, 162 pagine, è arrivato tra le mani di alcuni attivisti gay che hanno fatto scattare l’allarme perché nel testo si legge che l’unione sessuale secondo Dio è «solo all’interno del matrimonio tra un uomo e una donna», ne consegue che i rapporti fuori dal matrimonio, con persone del sesso opposto e dello stesso sesso, «sono contrari al volere di Dio». Tra le accuse c’è poi quella di aver inserito tra gli atti impuri le pratiche «della sodomia, dell’omosessualità». Quando queste frasi iniziano a circolare il sindaco di Atlanta prende le distanze: «Mi trovo profondamente in disaccordo e molto disturbato dal libro» scrive su Facebook. Sebbene l’indagine interna dell’amministrazione comunale non abbia rilevato «alcun evidenza di comportamenti ingiusti o discriminatori», Cochran non solo non viene riammesso al lavoro, ma rifiutandosi di ritrattare, viene licenziato. Il suo caso è nelle mani dell’Alliance Defending Freedom che ha fatto causa al Comune, ma per ora il vigile del fuoco numero uno d’America è senza lavoro ed etichettato pubblicamente come «omofobo».

Potrebbe succedere a tutti. A me che scrivo, a te che leggi. «Sarai costretto a occupartene – mettono in guardia Erik Erickson e Bill Blankschaen – una volta che la mafia omosessualista ha stabilito che chi non è d’accordo va silenziato, chi ancora pensa di non compromettersi sappia che sarà costretto a decidere da che parte stare».

Gli autori, cristiani evangelici, intitolano un capitolo: Come vincere la guerra, una sorta di manuale di istruzioni per «resistere». C’è bisogno di una resurgent community, di una comunità che rinasce, scrivono, di amici che si incontrano e fanno rete. «Di fronte al mondo che ci propina menzogne dobbiamo circondarci di credenti che non solo ci ricordino che non siamo soli, ma che là fuori è pieno di gente che la pensa come noi e soprattutto che i bambini hanno bisogno di sentir dire la verità». Ci vogliono poi credenti che rinascono, persone che «vivono quello in cui credono, che mettono le cose importanti al primo posto, che non abbiano paura di affermare pubblicamente la propria fede». Occorrono famiglie che rinascono, che lottino nelle difficoltà, che non considerino il divorzio una soluzione, che facciano bambini, famiglie con padri responsabili ovvero guide salde. C’è bisogno di una Chiesa che rinasce, che predichi il Vangelo, insegni la Verità e ci prepari per le persecuzioni. L’errore più grosso che si può fare oggi – scrivono – è non dire a un peccatore che sta sbagliando: abbiamo bisogno di pastori coraggiosi che prendano posizione pubblicamente.

Infine, per vincere la guerra abbiamo bisogno di un cittadino che rinasce: «La rinascita ha bisogno di essere difesa dal basso, non dall’alto. Abbiamo la responsabilità di entrare nei processi politici e influenzarli per il bene lì dove è possibile. Ma l’unico modo per essere incisivi è farlo con la prospettiva della vita eterna». Come cristiani spesso combattiamo battaglie a breve termine – scrivono ancora Erickson e Blankschaen – con la prospettiva di una scadenza elettorale o di far cadere un governo, aspettandoci risultati immediati, ma la battaglia politica può e deve andare oltre: «Noi stiamo lottando per il destino di ciascuno», «ricordiamoci che abbiamo di fronte delle anime immortali quindi non possiamo avere una prospettiva meno che eterna»; «ciascuno trovi la sua via, la politica che più a noi più piace è quella porta a porta, perché è a portata di tutti, ma è importante che ognuno parta da dove si trova, non serve fare una lista di cose che possono essere politicamente utili, bisogna iniziare da quello che si può fare ora»; «siamo nel mezzo di una battaglia per il cuore e l’anima della nostra cultura. Ma è molto di più di questo. È una guerra tra il bene e il male, tra libertà e tirannia, e abbiamo solo due opzioni davanti: seguire il flusso e piegarci allo spirito del  tempo, o alzarci in piedi e rifiutarci di venire zittiti».

fonte: La Nuova bussola Quotidiana

45 pensieri su “Usa, la guerra alla religione riguarda tutti noi

  1. Fabrizio Giudici

    Ecco, allora, visto che riguarda tutti noi e che il nemico è anche fatto da “Walt Disney, Marvel e Netflix”, iniziamo a boicottarli. Sarebbe bello non vedere più recensioni positive sulla stampa cattolica dei prodotti di queste aziende, tanto per iniziare.

  2. Luca Zacchi

    L’ha ribloggato su Luca Zacchi, energia in relazionee ha commentato:
    C’è bisogno di una resurgent community, di una comunità che rinasce, scrivono, di amici che si incontrano e fanno rete. «Di fronte al mondo che ci propina menzogne dobbiamo circondarci di credenti che non solo ci ricordino che non siamo soli, ma che là fuori è pieno di gente che la pensa come noi e soprattutto che i bambini hanno bisogno di sentir dire la verità». Ci vogliono poi credenti che rinascono, persone che «vivono quello in cui credono, che mettono le cose importanti al primo posto, che non abbiano paura di affermare pubblicamente la propria fede». Occorrono famiglie che rinascono, che lottino nelle difficoltà, che non considerino il divorzio una soluzione, che facciano bambini, famiglie con padri responsabili ovvero guide salde. C’è bisogno di una Chiesa che rinasce, che predichi il Vangelo, insegni la Verità e ci prepari per le persecuzioni. L’errore più grosso che si può fare oggi – scrivono – è non dire a un peccatore che sta sbagliando: abbiamo bisogno di pastori coraggiosi che prendano posizione pubblicamente.

  3. Trovo allucinante, al di là del caso specifico, che si possa condizionare una legge non tanto prendendo posizione e dibattendo su cosa sia o meno giusto fare quanto mediante ritorsioni, praticate o minacciate che siano
    Prendere cittadini come scudi umani, cui causare un danno economico o di altro tipo nel caso dei concerti, per imporre una visione
    Non sarà democrazia questa?

    Non commento invece il succo del post semplicemente perchè dice già tutto

    1. Enrico

      Non sono d’accordo con te, il boicottaggio è un mezzo legittimo come un altro per portare avanti le proprie idee. Apple si schiera pro LGBT? E io non compro Apple. Bruce Springsteen non va in Mississippi? E io non ascolto più ‘il Boss’. Non c’è solo Google come motore di ricerca. E via così. Se c’è una discesa in campo di aziende e personaggi contro le religioni, o comunque a favore delle lobbies LGBT, è necessario difendersi, farlo con le loro stesse armi è la cosa più semplice. Oggi con i mezzi che fornisce la rete è facile diffondere informazioni in maniera rapida ed economica. I laici dovranno organizzarsi per fare in modo che le proprie idee vengano rispettate.
      Io inizio subito.
      Se mi piacessero i loro vestiti (e se avessi i soldi) comprerei D&G, sarebbe opportuno fare anche una lista di chi è da sostenere.

      1. Enrico

        Un’aggiunta. Io non so perché lo facciano i pro-LGBT, se in odio alle religioni o altro. Io lo farò (come ho fatto e faccio altri boicottaggi) per difendere le mie idee e la mia religione e assolutamente non contro qualcuno.

        1. Fabrizio Giudici

          “Non sarà democrazia questa?”

          Nella società moderna si vota anche comprando (o non comprando). Sottoscrivo le due risposte di Enrico.

          Solo, va detto, che è impossibile applicare la strategia fino in fondo: se si guarda la lista globale delle aziende che sottoscrivono questo sconcio, ci sono praticamente tutte quelle che producono materiale elettronico ed informatico (certe magari si espongono di più, e quindi non sono tutte uguali). Google, purtroppo, non fa soldi solo con il motore di ricerca, ma anche con Android. Non possiamo certo rinunciare totalmente all’elettronica ed all’informatica, perché nel mondo di oggi rinunceremmo a comunicare.

          Ma, salvo casi estremi, c’è una gran varietà di azioni che si possono compiere: soprattutto verso le aziende che producono contenuti multimediali; che poi sono ovviamente le più pericolose, perché oltre al ricatto diretto spargono veleno, e lo fanno da tempo, e sono il maggior veicolo del veleno che ci ha portati a questo punto. E le abbiamo foraggiate anche noi cattolici, da veri fessi.

          1. Enrico

            Concordo con quello che dici.
            In campo elettronico ed informatico effettivamente, anche considerando sfruttamento dei lavoratori e inquinamento ambientale, è impossibile trovare qualche azienda che ‘si salvi’. Non potendo rinunciare per ora l’unica soluzione è cambiarla il meno possibile e cercare di scegliere la meno peggio (un po’ come nel campo delle scarpe sportive).
            Attenzione ai contenuti più che al contenitore, sono i più pericolosi ma sono anche quelli su cui possiamo intervenire più facilmente per non avvelenarci.
            Le aziende sono sensibili all’umore della gente, anche qualche petizione non sarebbe inutile. Volendo per i laici del lavoro ce n’è (oltre alle preghiere per chiedere il Suo aiuto, ovviamente).

        2. Bri

          @enrico
          Il boicottaggio di un privato cittadino contro aziende che lui giudica degne di boicottaggio è una cosa

          Comprare una legge (ovvero la sua non approvazione) minacciando o mettendo in opera ritorsioni economiche è diverso
          E’ una forma di “corruzione” dove il guadagno del “corrotto” è da un lato un salvacondotto politico e dall’altro l’evitare un danno economico al popolo che governa
          E’ lo stesso principio con cui si fan pressioni sui governi dei paesi deboli per introdurre e sovvenzionare l’aborto etc …
          E’ qualcosa che dovrebbe essere NON legale. E denunciata come tale dagli organi di informazione. Non salutata come un boicottaggio in difesa dei diritti civili.
          E soprattutto si passa arbitrariamente sopra la discussione sul giusto e sbagliato di una legge decidendo che un confronto non serve: o si fa così o in nome della “mia” libertà te la faccio pagare. “Senta Mr. Deal, non serve che ne parliamo, se approva la legge l’artista che rappresento annulla i suoi concerti” “Mr Deal? Buongiorno, sa quell’investimento programmato da nMillionDollar? Se approva la legge, se lo scorda andiamo altrove”
          Questo NON è dibattere democraticamente (e vincere o perdere). Sono pressioni INDEBITE che annullano il dibattito, la discussione, l’individuazione di cosa sia giusto e cosa sbagliato. Il tema in discussione addirittura diventa secondario nell’ambito di prendere una decisione. Mr Deal avrebbe dovuto decidere se ed entro che limiti tutelare la libertà religiosa, ma si è trovato a decidere se perdere i concerti di Springsteen o posti di lavoro e non come conseguenza della legge ma per ritorsione.
          Questo è gravissimo. E non può passare così sotto silenzio che tu (quasi) lo comprendi e lo trovi accettabile

          Ma ripeto: quello che boicotti tu in tua coscienza non c’entra nulla con la violazione del principio democratico. Così come la leggittima organizzazione di controboicottaggi.

  4. Lisa

    Bellissimo articolo. Grazie. Queste sono notizie oggettive che vanno diffuse. Sono assolutamente d’accordo con la necessità di fare rete e appoggiarsi l’un l’altro. La trovo una cosa essenziale per la vita quotidiana, per chi ha idee non omologabili col culto travisato dell’ “ama e fa ciò che vuoi”. Catechesi,giri di amicizie cristiane,circoli di preghiera. Sono oasi di ristoro,da cui prendere le forze per affrontare il tutto che c’è fuori, un tutto sempre più duro, troppo duro anche per chi parte bene ma, non avendo le armi e le forze sufficienti, finisce per adattarsi alla massa e annichilirsi la coscienza. Vegliare,uniti. Credo sia questa la nostra grazia.

  5. Sono stata a Torino qualche giorno fa per un intervento di John Waters, il giornalista irlandese che si è battuto per la libertà di opinione durante il famigerato referendum… è stato forte, molto forte, e ha semplicemente ribadito questo che scrive Raffaella e tutto ciò che ripetiamo da tempo: la verità è una e noi dobbiamo scegliere da che parte stare, lottare per la libertà di affermarla, sempre.

  6. L’ha ribloggato su l'ovvio e l'evidentee ha commentato:
    “C’è bisogno di una resurgent community, di una comunità che rinasce, scrivono, di amici che si incontrano e fanno rete. «Di fronte al mondo che ci propina menzogne dobbiamo circondarci di credenti che non solo ci ricordino che non siamo soli, ma che là fuori è pieno di gente che la pensa come noi e soprattutto che i bambini hanno bisogno di sentir dire la verità». Ci vogliono poi credenti che rinascono, persone che «vivono quello in cui credono, che mettono le cose importanti al primo posto, che non abbiano paura di affermare pubblicamente la propria fede». Occorrono famiglie che rinascono, che lottino nelle difficoltà, che non considerino il divorzio una soluzione, che facciano bambini, famiglie con padri responsabili ovvero guide salde. C’è bisogno di una Chiesa che rinasce, che predichi il Vangelo, insegni la Verità e ci prepari per le persecuzioni. L’errore più grosso che si può fare oggi – scrivono – è non dire a un peccatore che sta sbagliando: abbiamo bisogno di pastori coraggiosi che prendano posizione pubblicamente.
    È una guerra tra il bene e il male, tra libertà e tirannia, e abbiamo solo due opzioni davanti: seguire il flusso e piegarci allo spirito del tempo, o alzarci in piedi e rifiutarci di venire zittiti”

  7. vale

    questo post e quello precedente della miriano su prete che parla ai giovani mi paiono strettamente collegati.
    in fondo si parla di verità e di libertà.quella,appunto, che rende liberi. anche se ti licenziano per una catenina con la croce o per un libro.

  8. fra' Sereno (François Marie)

    Con il vostro permesso, metto nella bacheca della parrocchia. La gente deve sapere. Si tratta veramente di una dittatura del pensiero unico Lgbt. Collegato a questa battaglia mi aspetto su questo blog un commento alla Amoris Laetitia. So che il papa ha detto di leggerla piano piano ma così ho fatto e l’ho pure finita, figuriamoci gente come voi, come Costanza, che sono fulmini intellettuali e non dormono la notte. dopvreste averla letta già 3 o 4 volte!… Il papa è molto chiaro su obiezione di coscienza e libertà di vivere, insegnare ai figli e manifestare pubblicamente i propri valori, sulla verità del matrimonio e la sua bellezza. Anzi, tutti i contrari alla Amoris Laetitia hanno notato subito la sua posizione “senza appello” sul “matrimonio omosessuale” che li ha lasciati con la bocca amara. La via è senz’altro quella della bellezza vissuta e della fedeltà o scelta di campo. Ma chiedo, come si fa una “resurgent community”? con un programma, delle regole, una nuova ideologia, una decisione della volontà, un essere “anti”? o con la grazia-vita nuova di Dio che passa attraverso l’annuncio del Kerigma? è vero che per ciascuno di noi che ha già ricevuto il kerigma, che è stato svegliato alla grazia del suo battesimo, c’è il sì quotidiano alla coerenza o fedeltà ai valori che discendono da questa Molto Buona Notizia. Il sì quotidiano che è no! alla terribile accidia che si insinua continuamente nella preghiera e nelle opere. Il papa parla almeno 5 vote del kerigma come cuore della vita e della missione delle famiglie nella Amoris Laetitia!! Un grazie di cuore a tutti e un forte abbraccio.

    1. Fabrizio Giudici

      “E’ qualcosa che dovrebbe essere NON legale.”

      Questo non è possibile. Il fatto è che in democrazia si è liberi, e si è liberi di fare quel che si vuole con le proprie cose, e non posso pensare che un’azienda, che è privata e ha soldi suoi, non decida di farne quello che vuole. Se tu cerchi di mettere una legge per impedirglielo, quella stessa legge può essere usata contro di te: infatti, la legge dovrebbe distinguere cosa è corretto fare e cosa non è corretto fare. Per esempio, se un’azienda disinveste in Cina, perché lì p.es. non si rispettano i diritti dei lavoratori, siamo tutti d’accordo.

      Il problema quindi non è il boicottaggio è quali sono i valori e i disvalori che lo motivano. In altre parole, il problema è il relativismo. E qui non c’è legge che tenga, nel senso che la legge la imporrà sempre la maggioranza, e la maggioranza non sono più i veri cattolici (perché molti cattolici lo sono solo di nome). Questo è stato il nostro grave errore, e questo ora paghiamo.

      Anche perché, in altre parole, il vero problema non è che uno sparuto gruppo di aziende esercita queste pressioni: se così fosse, in un regime senza monopòli. il buco verrebbe colmato da altri. Il problema è che sono quasi tutte così, e sono quasi tutte così perché abbiamo lasciato che diventassero normali cose che non lo sono.

      Sopra Ettore si chiedeva il motivo per cui lo fanno. In parte, perché i CdA sono stati infiltrati da depravati: googlatevi “Burning Man event”, in particolare quali aziende lo sponsorizzano, e vi farete un’idea della situazione. In altri casi, semplicemente le aziende fanno pesce in barile perché pensano di averne un vantaggio economico. Qui possiamo intervenire, anche se è probabilmente troppo tardi.

      Il problema è proprio il dibbbattito che proponi: cinquant’anni di dibbbattito e non solo non abbiamo convinto nessuno, ma abbiamo perso consensi. Basta. Ora si reagisce.

      1. Bri

        @fabriziogiudici
        Non è affatto vero che in democrazia “si è liberi di fare quel che si vuole con le proprie cose”
        Ma proprio per nulla. E’ una forzatura concettuale pro domo del tuo ragionamento.
        Falsa, perchè limiti sull’uso delle proprie cose ci sono ovunque. Con le motivazioni più varie e più giuste che vuoi.
        Evito di fare esempi, spero tu non ne chieda, perchè si potrebbe spostare il focus di ciò di cui si parla.
        Due temi (volendo) distinti

        . mia convinzione che quella forma di pressione dovrebbe essere resa NON legale e che comunque rimane NON democratica (e tuo disaccordo in merito). Quella sì è un’ingerenza indebita non quelle di un religioso che si esprima nel merito di una legge.

        . tua affermazione (spero di sintetizzarla al meglio, altrimenti correggimi e mi scuso in anticipo) che per una battaglia culturale a difesa o promozione dei valori in cui crediamo anche il boicottaggio sia legittimo (e con la quale, al di là delle concrete possibilità di riuscita, io non sono in disaccordo)

        1. Fabrizio Giudici

          “Falsa, perchè limiti sull’uso delle proprie cose ci sono ovunque. ”

          Vediamo di capirci: stiamo ragionando nel contesto dell’articolo, che parla di investimenti e disinvestimenti. Non sto dicendo che sono libero, con i miei soldi, di comprare un fucile e ammazzarci qualcuno; sto dicendo che sono libero di scegliere dove e quando voglio investirli (salvo attività illecite, s’intende) e da dove e quando voglio disinvestirli. Lo stato non può obbligarmi a mantenere un investimento che non voglio, a mio insindacabile giudizio, sennò diventa uno stato etico con tutto quel che ne consegue. Se sono proprietario di una fabbrica che produce una certa cosa, sono libero di chiuderla o venderla quando mi pare (fatta salva la tutela dei posti di lavoro, che però può solo ritardare i tempi, ammortizzare le conseguenze, dare il tempo ai lavoratori di trovare un altro posto, eccetera).

          Detto questo, che è il punto principale, se per assurdo si trovasse una norma, un CdA potrebbe decidere lo stesso, senza formulare ricatti espliciti, ma lanciando messaggi obliqui ben comprensibili. Per esempio adducendo ragioni logistiche o di valutazioni costi / benefici, che certo lo stato non può andare a sindacare; perché se lo facesse, altro che stato etico, sarebbe uno stato totalitario.

          E in ogni caso meglio i messaggi espliciti che quelli obliqui.

          1. @fabriziogiudici
            “sto dicendo che sono libero di scegliere dove e quando voglio investirli”
            Scusa ma mi è scappato un sorriso pensando a certe situazioni (forse solo) italiane (dalle più piccole e personali alle scalate ostili impedite per fini politici)

            Così per sfizio aggiungo un punto alla discussione: ma le società sono un soggetto economico o un soggetto politico? Hanno diritto di voto? Qualunque loro azione, che non sia un contributo tecnico in materia, nei confronti di una legge che non riguarda il loro settore d’attività costituisce (secondo me) un’ingerenza indebita e pure impropria
            Che una norma risulti facilmente aggirabile non inficia il messaggio che l’esistenza di tale norma veicola sul piano culturale

            Che poi nel caso specifico rimane che sulla decisione del governatore hanno avuto un peso considerazioni ESTRANEE alla materia su cui decidere. Che succeda ovunque e sempre può anche essere vero, ma, non dirmi che lo trovi giusto.

            1. Fabrizio Giudici

              “Scusa ma mi è scappato un sorriso pensando a certe situazioni (forse solo) italiane (dalle più piccole e personali alle scalate ostili impedite per fini politici)”

              È vero.

              “Così per sfizio aggiungo un punto alla discussione: ma le società sono un soggetto economico o un soggetto politico? Hanno diritto di voto?”

              Ma hai ragione: non sono un soggetto politico, né dovrebbero esserlo, e si sono arrogate questo ruolo. Il problema è che formalmente non stanno esercitando il loro peso politico con i normali mezzi politici; però si sono furbamente costruite una specie di ruolo messianico. Nel frattempo la politica seria (che avrebbe dovuto essere seria) si è screditata da sola. Alle aziende è bastato tirar fuori qualche luccicante smartphone per smantellare gli anticorpi che sembravano essersi formati tra gli anni ’80 e i primi anni di questo secolo (sto parlando delle aziende tecnologiche: il problema non sono solo loro, ma sono chiaramente la testa di ponte).

              1. Enrico

                @ Federico
                qualsiasi azione intrapresa da un’azienda, specie se grossa, ha anche riflessi politici. Ai tempi dell’apartheid in Sudafrica, si chiedeva alle aziende di non investirvi e agli artisti di non andarci coi propri spettacoli. Era sbagliato? Non credo. Molte aziende hanno disinvestito dalla Birmania a causa della dittatura. Qual è il limite tra un’azione doverosa e un’ingerenza indebita? Dà fastidio anche a me quello che hanno fatto queste aziende, ci mancherebbe (ho detto che le voglio boicottare), ma è il fine per cui si sono mosse che è sbagliato, non i mezzi che hanno usato.
                Comunque Governatore con pochi attributi, se la legge l’ha fatta il tuo parlamento, dici che non vuoi andare contro la volontà del popolo e la mandi avanti. Da un sito non so se attendibile, pare che dalla libertà del clero delle varie religioni in Parlamento si fosse arrivati ad inserire nella legge la libertà di chiunque di non fornire un qualsiasi servizio per motivi religiosi (tipo un fornaio protestante non vende il pane ad un ebreo) e questo avrebbe dato luogo ad abusi.
                Io credo che i motivi che spingono tante aziende a schierarsi in questa maniera siano di marketing. Evidentemente si stima che l’azienda venda meglio se stessa e i suoi prodotti se presenta un’immagine progressista. Oltretutto è più conveniente economicamente stare coi ‘diritti civili’, che non costa nulla economicamente, piuttosto che pagare il giusto i lavoratori o non inquinare (ben più oneroso). Ho letto da qualche parte che queste aziende così ‘sensibili’ da noi, chiudono un occhio se non tutti e due sulle violazioni dei ‘diritti civili’ in quegli Stati in via di sviluppo dove hanno necessità di lavorare.

                1. Bri

                  @enrico
                  Scusa ma quelle che citi sono state iniziative contro regimi non contro sistemi democratici

                  Il boicottaggio è mezzo coercitivo che posso trovare accettabile contro situazioni di stampo non democratico. In democrazia la coercizione dovrebbe essere vietata.
                  Quindi un problema è l’uso di un mezzo fuori dal suo (secondo me) contesto di applicazione.

                  L’osservazione sul fine ti nasce poi da un giudizio di merito sulla legge contestata: buona o cattiva nel merito la contesti e la avversi. Qui invece, non c’è dibattito sulla bontà o meno della legge. Anzi, si supera ogni dibattito. Cos’è buono e giusto è già deciso fuori dalle sedi deputate. Se non ti allinei, si passa direttamente al ricatto. E la democrazia si inchina.

                  Sui motivi mi sa che c’è di tutto e di peggio.

                  1. Fabrizio Giudici

                    @Bri

                    L’esempio di Enrico per me è calzante, ma capisco che si può dire che è un caso particolare. Ma ti spiego subito qual’è il problema nei casi non particolari: le quattro paroline “responsabilità sociale delle imprese”. È una cosa su cui ci siamo fatti infinocchiare come cattolici, perché purtroppo se ne stra-parla anche nel nostro ambito. Ora: una cosa è richiamare l’imprenditore cattolico alla comprensione che anche nel suo ruolo imprenditoriale deve seguire la legge di Dio, per cui non può ridurre tutto nella sua attività imprenditoriale alla generazione di ricchezza. E va bene. Ma qui parliamo di _persone_ alla guida delle aziende, non di _aziende_; inoltre dovremmo avere la consapevolezza che gli imprenditori cattolici, veramente cattolici, sono e saranno una minoranza che non fa lo standard. Purtroppo, il concetto di responsabilità sociale ha investito le aziende di una responsabilità etica (le aziende, non gli imprenditori) e, conseguentemente, viene la responsabilità politica; di cui hanno approfittato subito. E qui si innesta il discorso successivo: che il sistema di valori preso a riferimento è del tutto arbitrario, e non è quello Vero.

                    Dal mio punto di vista se considerassero le aziende come semplici macchine produttrici di ricchezza, e pertanto totalmente a-morali (ovviamente soggette alle leggi dello stato, ma qui torneremmo in un campo più classicamente politico, intendo dire governato dagli attori tradizionali della politica), così come predica(va) il capitalismo classico, questo equivoco non ci sarebbe.

                    1. Enrico

                      Se le aziende fossero a-morali cercherebbero di superare anche le leggi per adempiere al loro compito di produrre ricchezza e si inventerebbero che il mercato è capace di autoregolarsi (come dici, è successo?). Le aziende hanno responsabilità sociale, ci mancherebbe, ce ne sono alcune che hanno bilanci superiori a quelle di tanti Stati. Il problema è, come dici tu, che il sistema di valori è arbitrario, ma non mi pare possibile che il non avere un sistema di valori sia meglio.
                      Nel mio commento di prima volevo aggiungere: ci sarebbe da aprire un capitolo relativo ai manager (le grosse aziende sono quasi sempre SPA) e al loro livello etico. Vedi anche solo le buonuscite che si autoelargiscono nonostante magari l’azienda abbia avuto risultati penosi sotto la loro amministrazione. Ma andiamo fuori tema

                    2. Bri

                      @fabriziogiudici
                      Non opererei alcuna distinzione tra imprenditori cattolici o meno perche sposta il focus dal (mio) punto di partenza
                      Le aziende non votano. Punto. E non è una risposta troppo piccola.
                      Non agiscano in modo da determinare una risoluzione di legge che riguarda le persone e non le aziende

                      E coloro che governano tali aziende parlino liberamente a titolo personale senza usarne la leva economica per far prevalere la loro parte. Si facciano un partito, ne finanzino uno o più di uno, facciano politica non facciano ricatti

                  2. Enrico

                    @Bri
                    E chi giudica chi è democratico e chi no? Il boicottaggio è un mezzo nonviolento per portare avanti le proprie idee. Non costringo nessuno, metto l’interessato di fronte ad un bivio dove in genere una delle alternative sono i soldi.
                    Le aziende per me l’hanno fatto per interesse, (ma non possiamo impedirglielo a meno che non nazionalizziamo le imprese e passiamo ad un’economia socialista) è un metro di giudizio anche quello e hanno deciso che quella legge non era buona. Io mi informo e vedo che Nestlé per soldi non esita a vendere latte in polvere per bambini dove non c’è acqua potabile, non sto a cercare sedi deputate per discuterne, non compro più Nestlé e glielo faccio sapere, come le faccio sapere che continuerò così finché non cambierà atteggiamento.
                    Quella legge di cui parliamo, chi può stabilire se è buona o no? Io dico di sì e nessun discorso mi può far cambiare idea, un LGBT dice di no e nessun discorso gli farà cambiare idea: cosa si fa? Non c’è un tribunale che possa decidere.

                    1. Thelonious

                      @Bri: sono d’accordo con Enrico.

                      Perché la scelta di non avvalersi di un certo prodotto dovrebbe essere considerato un mezzo coercitivo o violento?
                      Siamo o non siamo in libero mercato?
                      E dunque non sono libero di scegliere, coi miei soldi, i prodotti da comprare o non comprare?
                      I film da vedere o non vedere?
                      I politici da votare o da non votare?

                    2. Bri

                      @Enrico sopra
                      Non è vero che han messo “l’interessato”. Han messo un singolo e ristretto gruppo di persone (il governatore e qualche altro politico suppongo) di fronte a una responsabilità extra ed estranea alla materia su cui dovevano scegliere. E pure estranea alla loro attività economica. Perchè, non è che Springsteen avrebbe avuto meno gente ai suoi concerti se fosse passata quella legge, o che Facebook sarebbe stata oscurata. Non c’entravano nulla. Non venivano lesi i loro interessi economici. Loro si son presi la briga di determinare l’esito di una legge con l’arbitrio della loro influenza e dei loro ricatti SENZA entrare nel merito di discutere la legge stessa.

                      L’esempio Nestlè è un esempio giusto su come giudicare e opporsi al comportamento condotto da un’azienda in nome del dio profitto. Ma qui chi ha fatto pressione non aveva, come società giuridica, alcun danno da qualunque scelta fosse presa. Non erano parte in causa. E son passati comunque sopra l’interesse dei cittadini con la loro opera di condizionamento.

                      In democrazia non sono io e non sei tu: ci sono i nostri rappresentanti eletti e delegati. Se la sbrighino a maggioranza e se ne escano con una legge buona, meno buona o cattiva. Ma se la dovrebbero (lo so, che è teoria, ma stiam facendo anche teoria) sbrigare solo in base al giudizio (anche personale) su ciò su cui si trovano a legiferare. E non in base a un finanziamento perduto. E non in base alla minaccia di una chiusura di un’azienda se non metti l’obbligo di girare ignudi ogni secondo martedì del mese. Devono decidere in autonomia solo se sia giusto o meno imporre la svestizione in un giorno, eventualmente quanti e quali giorni del mese, definire norma ed eccezioni. Liberissimo Mr Facebook di dire la sua ma non di minacciare perchè il suo pensiero prevalga. Quella decisione non riguardava la sua azienda. Il peso di Mr Facebook dovrebbe essere garantito pari al tuo e al mio in casi come questo. Non è che per bilanciare il potere politico che gli deriva dal potere economico noi dobbiamo riunirci in un comitato di un milione di persone che scenda in piazza. Una testa, un voto. La democrazia bellezza. Ma questo è un caso lampante in cui essa viene superata.

                      @Thelonious sotto
                      C’è un equivoco: io non sono contrario al boicottaggio da parte dei cittadini operato nei confronti di aziende con cui non son d’accordo. Anzi. Sto invece dicendo che son contrario alla (e la denuncio come indebita) pressione esercitata dalle aziende al di fuori dei settori di interesse della loro attività commerciale.

  9. MARCO ARTURO STERNIERI

    Purtroppo a Modena, città in cui vivo da quando sono nato 53 anni fa, i cristiani sono accettati solo se non dimostrano pubblicamente i propri valori; siamo ormai confinati nelle Chiese come gli indiani nelle riserve. Io sono stato discriminato perché ho tenuto appeso un crocifisso nel mio armadietto sul posto di lavoro.

    1. Mah, quasi tuo coetaneo (+ veccio di poco) e tuo concittadino, non mi sento di avallare in toto la tua descrizione…
      Io non sono affatto confinato in alcuna chiesa, non mi sento una indiano (né un UFO), che tu sia stato discriminato non ne dubito se lo racconti, ma come capita ad ogni Cristiano, quando è segno di contraddizione o semplicemente contrario alla mentalità del mondo.
      Si potrebbe dire “motivo di vanto”, visto che siamo stati discriminati per l’amore a Nostro Signore.

      Ci sarebbe da preoccuparsi nel venir osannati in ogni dove… 😉

  10. Riguardo a questa nuova forma sottile di persecuzione alla quale certamente prima o poi io andrò incontro, mi sentirei un po’ più rassicurato se il mio parroco il mio vescovo e il Papa si esprimessero con parole inequivocabili su questi fatti di così chiara evidenza. Al Colosseo i cristiani ci andavano con i loro preti, io a volte temo di vedermeli in futuro sugli spalti.

  11. C’è anche da metterer in conto la “vittoria della Croce”…

    Come potrebbe un Cristiano non mettere in conto questa prospettiva escatologica, questa assimilazione a Cristo?
    Chi ha vinto, la persecuzione, le ingiurie, lo scherno, chi credeva di cancellarlo dalla faccia della terra, dai cuori e dalle menti? Cristo! E ha vinto perché il Padre o ha risuscitato…

    “Ma giunsero da Antiochia e da Icònio alcuni Giudei, i quali trassero dalla loro parte la folla; essi presero Paolo a sassate e quindi lo trascinarono fuori della città, credendolo morto. Allora gli si fecero attorno i discepoli ed egli, alzatosi, entrò in città. Il giorno dopo partì con Barnaba alla volta di Derbe.
    Dopo aver predicato il vangelo in quella città e fatto un numero considerevole di discepoli, ritornarono a Listra, Icònio e Antiochia, rianimando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede poiché, dicevano, è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio.” Dagli Atti degli Apostoli.

    Paolo viene preso a sassate (mica a male parole), tanto che lo credevano morto e lo trascinano fuori dalla città… e lui che fa rianimatosi? Rientra in città! Un folle, potremmo dire… No. Un Cristiano.
    Lui continua a fare ciò che sente essere chiamato a fare, senza se e senza ma, con il coraggio che viene dalla Fede, il resto lo opera lo Spirito Santo tanto che “un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli”.

    La vittoria è e rimane comunque nelle mani di Dio!
    Vivere o morire per il Cristiano non fa differenza, anzi morire è un guadagno!

    Solo questo a mio giudizio farà la differenza. O pensiamo che 4 o 4.000 (poco importa) assatanati – a volte non per modo di dire – lgtb, avranno la meglio?

  12. Luigi igiul

    Ho letto questo articolo in mattinata e ci ho pensato spesso durante il giorno. Mi fa piacere notare di essermi sbagliato nell’aver erroneamente pensato che i commenti sarebbero stati al vetriolo contro i gay e compagnia cantante… E sembrerà strano, ma proprio io in quanto gay e felicemente convivente sento il bisogno di prendere le distanze da certo modo di pretendere i diritti… No, non mi sento rappresentato da simili attivisti…
    Avrei molto altro da dire in merito, ma le idee non sono chiare e mature, perciò taccio.

  13. Fabrizio Giudici

    “Se le aziende fossero a-morali cercherebbero di superare anche le leggi ”

    Certo; come tutti del resto tendono a fare quello che vogliono. Ma lo Stato ha i meccanismi opportuni per far rispettare le leggi, anche con la forza. Il problema è che la patina di moralità con cui le aziende si sono rivestite, gabbando l’opinione pubblica, le ha dotate di un’arma che permette loro di ribaltare il rapporto di forze, e così sono loro a poter usare la forza contro lo Stato. Se l’opinione pubblica le ritenesse a-morali, sarebbe diffidente e non si presterebbe a questi giochini.

    1. Enrico

      @Fabrizio (commento delle 13 del 29)
      Lo Stato avrà la forza con la piccola azienda, ma con una multinazionale assolutamente no. Non ho seguito in maniera approfondita, ma so che nelle trattative per il commercio tra USA ed Europa ci si sta accordando sul fatto che se un’azienda si dovesse ritenere danneggiata da uno Stato potrebbe chiamare il medesimo in giudizio davanti ad un tribunale che dovrebbe dirimere la questione. Gli interessi economici dell’azienda evidentemente hanno lo stesso valore della difesa dei cittadini da parte dello Stato. Non sono cose che piovono dal cielo, la colpa è dei governanti che non vogliono/riescono a tenere l’economia (e la finanza) soggette alla politica. Il mercato capitalista non si autoregola e tutti i Papi da Giovanni Paolo II in avanti hanno evidenziato il pericolo del capitalismo (al pari del comunismo, ci mancherebbe).

  14. vale

    beh,dipende da che stato e da che leggi.

    uno come milton friedman sosteneva che in Italia ( ed anche altrove, a determinate condizioni) ,l’evasore fiscale ,è un patriota.

    punti di vista,si dirà.

    gli è che,dopo kelsen e la sua nomodinamica, la legge è solo e solamente quella del più forte -sia esso singolo o élite- che domina in un determinato tempo e luogo.

    la moralità c’entra nulla. anche perché senza una trascendenza comunemente ritenuta tale,la moralità e l’etica-dalla quale dovrebbero discendere i princìpii alla quale dovrebbero ispirarsi le norme, non esistono. sono solo una moda del tempo.

    1. Bri

      @vale
      non è che abbia capito tutto ma … da quel che mi pare d’aver capito “… legge del più forte … ” domando a Fabrizio ed Enrico
      ed è forse democrazia un luogo dove vige la legge del più forte?

    2. Enrico

      @ vale
      Beh, c’è la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo che dovrebbe costituire un punto di partenza per chi non crede a nulla di trascendente. Non siamo proprio all’età della pietra.

  15. Fabrizio Giudici

    In realtà, è democrazia in senso stretto. È che quando noi parliamo di democrazia, dovremmo parlare di “democrazia liberale”, il che dovrebbe includere certe garanzie per il meno forte. Meno peggio, ma non abbastanza: la liberalità che pretende di rifiutare la Verità alla fine sbanda, ed è quello che sta succedendo. Senza Verità, il più forte non ha bisogno di imporsi direttamente, ma è capace di condizionare il popolo. Tu hai ragione quando dici: prendano e si fondino un partito, senza entrare a gamba tesa. Ma, ripeto, non vedo come si potrebbe fare una legge, non teorica, una che poi si fa rispettare, che gli impedisca di far quello che stanno facendo. Senza contare che siamo arrivati a questi punti perché ormai si sentono onnipotenti, e hanno in qualche modo fretta; altrimenti potrebbero continuare sottilmente a manipolare l’opinione pubblica attraverso i produttori di contenuti multimediali (musica, film e telefilm) e attendere.

    Per cui, per quello che vedo le nostre democrazie sono sulla parabola discendente. Non sono affatto sicuro che, quando saremo usciti da questo periodo di crisi, ci saranno ancora. A me par di vedere il Padreterno che ci dice: prima avete voluto la bicicletta, e poi avete voluto andarci senza mani. Vi lascio prendere una serie di facciate, poi ve la toglierò per evitare che vi facciate ancora più male. Cosa ci sarà dopo? Non lo so.

    1. bri

      @fabriziogiudici
      La durata delle nostre siffatte e sedicenti democrazie dipende proprio dalla loro capacità di garantire la difesa di certi interessi

  16. Enrico

    @bri (commento del 29 ore 16,51)
    anche alle aziende che si sono messi contro i governi sudafricano e birmano non cambiava nulla che il governo fosse più o meno democratico. Anche quei governi sono stati ricattati.
    Quanto alla democrazia: Planet Parenthood non ha fatto ricatti a nessuno, però si sa che ha sostenuto l’elezione di Obama e guarda caso lui l’ha difesa anziché chiuderla (come sarebbe stato giusto). Sono altrettanto noti i legami tra i Repubblicani e l’industria delle armi e possono esserci stragi tutti i giorni ma in Parlamento una legge restrittiva non passerà mai. Voglio dire che le aziende hanno sempre usato il loro potere economico per influenzare la politica, non è solo in questo caso che è successo e non sono previsti mutamenti. Al massimo si chiede più trasparenza, che però qui non è certo mancata.

    1. @enrico

      Le aziende che si misero contro il governo sudafricano erano “ispirate” da altri governi.
      Quelle contro il regime birmano non saprei
      Situazione per gestire la quale gli USA hanno giusto una legge che impedisce alle aziende statunitensi di prendere parte ai boicottaggi non approvati dal governo centrale (ad es. Il boicottaggio contro i prodotti israeliani in atto da sempre da parte della lega araba)

      Le attività di lobbying sono regolamentate
      I boicottaggi internazionali sono regolamentati
      Come mai le attività di ingerenza politica interna son libere a danno dei cittadini di un singolo stato confederato? Forse perchè tramite queste il governo centrale può mettere il becco sugli affari di uno stato non allineato? (Illazione gratuita la mia, eh)

      Per altro convengo con te sul “le cose vanno da sempre così” (che non vuol dire che vanno bene così comunque)
      C’è stato un noto politico italiano che in aula di tribunale durante il processo a suo (tra gli altri) carico disse così nei primi anni 90
      “Ma voi credete davvero che a comandare siano i politici?”

      Frase usata in un contesto in cui il suo obiettivo sembrava quello di alleggerire la sua posizione e della cui verità potevo, in ignoranza, diffidare

      In realtà era una chiara duplice denuncia
      1. La democrazia è uno specchietto per allodole
      2. La politica aveva già perso contro l’economia

      Ps.
      Lascio un link a un articolo,in tema, che ho letto oggi. Un punto di vista che in effetti non condanna le ingerenze (come vorrei io) ma minimizzandone le conseguenze invita a tirar dritto senza porgere orecchio
      http://www.crisismagazine.com/2016/on-state-boycotts-an-open-letter-to-north-carolina

I commenti sono chiusi.