La Dichiarazione di Manhattan

La Manhattan Declaration   del 20 novembre 2009 è una dichiarazione firmata da più di 150 leaders religiosi cattolici, ortodossi ed evangelici degli Stati Uniti per riaffermare e difendere la sacralità della vita, il matrimonio tra uomo e donna e la libertà religiosa.

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I cristiani, quando hanno dato vita ai più alti ideali della loro fede, hanno difeso il debole e il vulnerabile e hanno lavorato instancabilmente per proteggere e rafforzare le istituzioni vitali della società civile, a cominciare dalla famiglia.
Noi siamo cristiani ortodossi, cattolici ed evangelici che si sono uniti nell’ora presente per riaffermare le verità fondamentali della giustizia e del bene comune, e per lanciare un appello ai nostri concittadini, credenti e non credenti, affinché si uniscano a noi nel difenderli.  Queste verità sono:

1) la sacralità della vita umana,

2) la dignità del matrimonio come unione coniugale tra marito e moglie,

3) i diritti di coscienza e di libertà religiosa.

In quanto queste verità sono fondative della dignità umana e del benessere della società, esse sono inviolabili e innegoziabili. Poiché esse sono sempre più sotto attacco da parte di forze potenti nella nostra cultura, noi ci sentiamo in dovere oggi di parlare a voce alta in loro difesa e di impegnare noi stessi a onorarle pienamente, non importa quali pressioni siano esercitate su di noi e sulle nostre istituzioni affinché le abbandoniano o le pieghiamo a compromessi. Noi prendiamo questo impegno non come partigiani di un gruppo politico ma come seguaci di Gesù Cristo, il Signore crocifisso e risorto, che è la Via, la Verità e la Vita.

Vita umana

Le vite dei nascituri, dei disabili e dei vecchi sono sempre più minacciate. Mentre l’opinione pubblica si muove in direzione pro-life, forze potenti e determinate lavorano per promuovere l’aborto, la ricerca distruttiva degli embrioni, il suicidio assistito e l’eutanasia. Nonostante la protezione del debole e del vulnerabile sia il dovere primo di un governo, il potere di governo è oggi spesso guadagnato alla causa della promozione di quella che Giovanni Paolo II ha chiamato “la cultura della morte”. Noi ci impegniamo a lavorare incessantemente per l’eguale protezione di ogni essere umano innocente ad ogni stadio del suo sviluppo e in qualsiasi condizione. Noi rifiuteremo di consentire a noi stessi e alle nostre istituzioni di essere implicati nel cancellare una vita umana e sosterremo in tutti i modi possibili coloro che, in coscienza, faranno la stessa cosa.

Matrimonio

L’istituto del matrimonio, già ferito da promiscuità, infedeltà e divorzio, corre il rischio di essere ridefinito e quindi sovvertito. Il matrimonio è l’istituto originario e più importante per sostenere la salute, l’educazione e il benessere di tutti. Dove il matrimonio è eroso, le patologie sociali aumentano. La spinta a ridefinire il matrimonio è un sintomo, piuttosto che la causa, di un’erosione della cultura del matrimonio. Essa riflette una perdita di comprensione del significato del matrimonio così come è incorporato sia nella nostra legge civile, sia nelle nostre tradizioni religiose. È decisivo che tale spinta trovi resistenza, poiché cedere ad essa vorrebbe dire abbandonare la possibilità di ridar vita a una giusta concezione del matrimonio e, con essa, alla speranza di ricostruire una corretta cultura del matrimonio. Questo bloccherebbe la strada alla credenza falsa e distruttiva che il matrimonio coincida con un’avventura sentimentale e altre soddisfazioni per persone adulte, e non, per sua natura intrinseca, con quell’unico carattere e valore di atti e relazione il cui significato è dato dalla sua capacità di generare, promuovere e proteggere la vita. Il matrimonio non è una “costruzione sociale” ma è piuttosto una realtà oggettiva – l’unione pattizia tra un marito e una moglie – che è dovere della legge riconoscere, onorare e proteggere.

Libertà religiosa

Libertà di religione e diritti della coscienza sono gravemente in pericolo. La minaccia a questi principi fondamentali di giustizia è evidente negli sforzi di indebolire o eliminare l’obiezione di coscienza per gli operatori e gli istituti sanitari, e nelle disposizioni antidiscriminazione che sono usate come armi per forzare le istituzioni religiose, gli enti di assistenza, le imprese economiche e i fornitori di servizi sia ad accettare (e anche a facilitare) attività e rapporti da essi giudicati immorali, oppure di essere messi fuori. Gli attacchi alla libertà religiosa sono pesanti minacce non solo a persone singole, ma anche a istituzioni della società civile che comprendono famiglie, enti di assistenza e comunità religiose. La salvaguardia di queste istituzioni provvede un indispensabile riparo da prepotenti poteri di governo ed è essenziale affinché fiorisca ogni altra istituzione su cui la società si appoggia, incluso lo stesso governo.

Leggi ingiuste

Come cristiani, crediamo nella legge e rispettiamo l’autorità dei governanti terreni. Riteniamo che sia uno speciale privilegio vivere in una società democratica dove le esigenze morali della legge su di noi sono anche più forti in virtù dei diritti di tutti i cittadini di partecipare al processo politico. Ma anche in un regime democratico le leggi possono essere ingiuste. E fin dalle origini la nostra fede ha insegnato che la disobbedienza civile è richiesta di fronte a leggi gravemente ingiuste o a leggi che pretendano che noi facciamo ciò che è ingiusto oppure immorale. Simili leggi mancano del potere di obbligare in coscienza poiché esse non possono rivendicare nessuna autorità oltre a quella della mera volontà umana.

Pertanto, si sappia che non acconsentiremo a nessun editto che obblighi noi o le istituzioni che guidiamo a compiere o a consentire aborti, ricerche distruttive dell’embrione, suicidi assistiti, eutanasie o qualsiasi altro atto che violi i principi della profonda, intrinseca ed eguale dignità di ogni membro della famiglia umana.

Inoltre, si sappia che non ci faremo ridurre al silenzio o all’acquiescenza o alla violazione delle nostre coscienze da qualsiasi potere sulla terra, sia esso culturale o politico, indipendentemente dalle conseguenze su noi stessi.

Noi daremo a Cesare ciò che è di Cesare, in tutto e con generosità. Ma in nessuna circostanza noi daremo a Cesare ciò che è di Dio.

Manhattan Declaration Executive Summary,   20 novembre 2009

Dichiarazione firmata da cattolici, ortodossi ed evangelici degli Stati Uniti.

84 pensieri su “La Dichiarazione di Manhattan

  1. Il problema è che abbiamo pure il fuoco amico. Ieri mi sono recata a messa in una Chiesa nella quale non vado di solito e ho trovato un espositore con i foglietti di Credere, sussidi in otto facciate che sviluppano in maniera divulgativa alcuni temi fondamentali riguardanti la vita umana cristianamente ispirata. Credere è la rivista delle Edizioni Paoline. Ne ho presi alcuni e nel leggerli sono rimasta alquanto basita. Ce n’è uno sul divorzio dove è scritto che è possibile per i divorziati risposati “un cammino di coscienza che permetta di riavvicinarsi ai sacramenti”. Allego come, secondo questo foglietto. Cioè praticamente una sorta di valutazione e autoassolvimento individuale. In un altro sul matrimonio è detto che ci si può sposare in chiesa senza essere battezzati purchè si sia d’accordo sui quattro fondamenti del matrimonio cristiano: fedeltà, indissolubilità, apertura alla vita e alla libertà e che si rispetti la fede del congiunto e il suo desiderio di allevare i figli nella fede cristiana! Io sapevo che per sposarsi in Chiesa bisogna anche essere Cresimati, per questi non è necessario nemmeno il BATTESIMO! Non mi pare una cosa di poco conto. Sul sito internet: http://www.ifogliettidicredere.it ho visto che sono diffusi in tantissime chiese d’Italia: si pensi al danno che possono fare presso i fedeli già abbondantemente disorientati. Ma è possibile che all’interno della Chiesa Cattolica ormai ognuno faccia e dica quello che vuole?

    Allegato:

    divorziati risposati 001

    1. Purtroppo per mia imperizia non riesco ad allegare, trascrivere è un po’ lungo, sono comunque facilmente reperibili in tutte le chiese d’Italia.

      1. Volevo dire in tante. Sul sito c’è l’elenco ma suppongo che molte se ne aggiungeranno ad attingere a questo nuovo verbo magari anzi senz’altro in buona fede… Già di natura ho la pressione bassa, stamattina è proprio sotto i piedi!

          1. Lo so Roberto ma quello che ho riportato è testuale: avrei potuto metterlo tra virgolette. Non dovrebbe essere difficile reperire questi foglietti: sul sito c’è l’elenco delle chiese in tutta Italia.

            1. Non tutto è riportato sul sito, bisogna leggere i foglietti: è scritto anche quello che hai detto tu ma poi c’è un altro paragrafo che ho riportato testualmente.

              1. Roberto

                Vorrà dire che le Paoline hanno inventato un nuovo tipo di eterodossia, cosiddetta “a singhiozzo”. 😀 Non vogliamo farci mancare niente. 😉

                1. Quello sul divorzio è particolarmente subdolo perchè prima enuncia la retta dottrina poi dice: però con l’aiuto di alcuni vescovi (e nella pagina che volevo allegare e non ci sono riuscita si cita Tettamanzi) e rispondendo ad alcune domandine (“le domande da farsi”) si può…….

                2. Roberto

                  Però magari, restando più seri, relativamente al punto 2), era sviluppata la casistica del matrimonio tra cattolico e non-cristiano / non-credente (che richiederebbe anche la dispensa del Vescovo, però, se la memoria non m’inganna).

                  1. Di questo non si fa cenno, forse è implicito…… e in ogni caso ho capito che non tutti i vescovi dicono la stessa cosa…. è una lotteria….

    2. vale

      @giusi
      Il problema è che abbiamo pure il fuoco amico. Ieri mi sono recata a messa in una Chiesa

      e, durante la messa…
      ad un certo punto, a coppie,suppongo dei fidanzati che avevan fatto il corso prematrimoniali o qualcosa di simile,il sacerdote celebrante le chiama una alla volta per dar loro un’attestato ( ? ) e stretta di mano-toh ed io pensavo che il prete desse benedizioni. in particolare durante la messa.- mi son guardato in giro e tutti erano contenti. o almeno così sembrava. mancò poco che scattasse l’applauso.
      mi è venuto subito in mente che avevo sbagliato edificio. ero in comune e nella sala consiliare un assessore dava diplomi di civismo a delle coppie. era solo vestito in modo un po’ bizzarro per essere un assessore…
      allora esco e mi volto a guardar l’edificio. era -forse un tempo- una chiesa cattolica.

      1. Sara

        Vale, mi hai fatto (tristemente) sorridere: quante – troppe – volte in Chiesa tocca assistere a scene del genere, spesso anche con applausi!…

    3. Cacciatrice di stelle

      Guarda che nel matrimonio rito misto è così davvero, non è una castroneria come quella dei divorziati risposati che si auto assolvono…

  2. Bardamu

    Gentile Giusi, capisco l’esigenza di difendere il valore del matrimonio e guai se la Chiesa propugnasse una sorta di tana libera tutti, una sanatoria generalizzata, per chi ha fallito il suo matrimonio, ammettendo alla comunione tutti i divorziati senza alcun discernimento. Ma si metta, con un po’ di misericordia, nei panni dei tantissimi che si sono sposati in piena convinzione (fuori in sostanza dalle cause previste per la nullità di fronte alla Sacra Rota), ma che – per errori, colpe e disattenzioni – non sono riusciti a mantenere la promessa fatta. Hanno fallito. Hanno peccato, certo. Ma molti, da questo errore drammatico, causa di infinita sofferenza, hanno cominciato un percorso. Hanno incontrato una nuova persona con cui approfondire una ricerca cristiana. E magari da questa relazione, umanamente più matura, sono anche nati figli.
    Cosa dovrebbero fare secondo lei queste persone? Abbandonare questo cammino di ricerca comune? Abbandonare la nuova compagna o il nuovo compagno? Abbandonare gli stessi figli e provare a rimettersi insieme alla persona lasciata magari tanti anni prima, che magari a sua volta ha un nuovo compagno o una nuova compagna e dei figli?
    Le sembra logico? Le sembra soprattutto una soluzione carica di amore e comprensione cristiani?
    Cosa dovrebbero fare le persone in questa situazione per tornare a riconciliarsi con i sacramenti? Vivere in castità, come propone una pastorale un po’ fuori dal tempo? E’ davvero un percorso credibile? Davvero vogliamo far finta di ignorare quanto malessere generi in una coppia vivere il sesso vissuto in modo incompleto?
    Non è più logico, le chiedo umilmente, seguire l’esempio dei fratelli ortodossi che ammettono alle comunione i divorziati risposati, ma solo a prezzo di un lungo cammino di penitenza?
    Un saluto caro

    1. Roberto

      La pastorale, se è buona, deve essere sempre “un po’ fuori dal tempo”. L’unica soluzione percorribile è vivere in castità, come fratello e sorella, se non è possibile una ricomposizione con quel che è l’unico e vero coniuge.
      Qua si chiede come sempre alla Chiesa una presunta “Misericordia” che non sarebbe altro che lasciare vivere uno (o due) cattolici in peccato mortale continuato e impenitente. Se consentire a qualcuno di dannarsi dovrebbe essere la nuova misericordia, direi che se la Chiesa decidesse in tal senso (non accadrà) sarebbe messa proprio male.

      1. Per intenderci Roberto, quel pieghevole alimenta per l’appunto questo tipo di mentalità, non ho capito male: ecco perchè sono allibita! Non accadrà? Accade già! Ci sono vescovi e sacerdoti che lo consentono e non subiscono alcuna sanzione…. Altri invece……. ma sto zitta che è meglio!

      2. Rosanna

        Ti propongo un caso che hanno vissute persone a me care ” matrimonio senza figli ( non arrivavano) , dopo 4 anni lui ha deciso che non la amava più e se n’è’ andato con un’altra. Lei cosa fa ? A 30 anni dovrà vivere come una vedova in attesa del ritorno?
        Quando sei davanti a tanta sofferenza ti volti dall’altra parte? Una precisazione i due ragazzi erano legati alla parrocchia, si sono preparati al matrimonio con tutti i sacri crismi.
        Io auguro sinceramente a questa ragazza di trovare qualcuno che le voglia bene e di rifarsi una vita e mi auguro anche che la chiesa sia misericordiosa con lei.
        La vita di tutti i giorni e’ fatta anche di tante lacrime ma non aggiungiamone delle altre.

        1. Potremmo riempire pagine e pagine di questi casi come di altri ben più dolorosi. E allora? Questo autorizza a crearsi una religione su misura? Mi pare che sul Vangelo ci sia scritto: chi vuol venire dietro a me prenda la sua croce e mi segua…

        2. @Rossana, perché bisogna escludere che una persona possa fare la scelta di rimanere fedele ad una situazione che pare umanamente impossibile? Ciò che è impossibile a noi non è impossibile a Dio.
          Io conosco più di una persona che ha scelto di vivere il proprio Sacramento come farebbe una suora o un prete. Lo ha scelto perché sente che quella è la sua chiamata (per la verità non ve ne è un’altra…), e che in quella chiamata Dio li sostiene e dà loro tutto ciò che serve.

          Facciamo un caso diverso: nostro marito o nostra moglie per un incidente sono costretti su una carrozzina o magari peggio e non abbiamo con loro neppure una relazione verbale… saremmo giustificati a cercare un’altra relazione?
          (Né è diverso perché il tutto parte da una scelta altrui ingiusta.)
          Certo ci sarà misericordia, ma preghiamo perché Dio aiuti (oltre all’infermo) questa nostra sorella o fratello a vivere cristianamente quella croce o… che si possa “rifare una vita”?
          Cosa significa poi questa frase? La Vita per il Cristiano è una e una soltanto: è Cristo, la comunione con Lui e fare la Volontà del Padre.

          Non sempre è come “buttar giù un bicchiere d’acqua”, ma se iniziamo a raccontarci che è altro… beh, mi dispiace, va bene tutto 🙁

          1. Io conosco una coppia dove lei è divorziata. Da non credenti si sono messi insieme e hanno fatto una bambina. Successivamente si sono convertiti. Vivono da allora (un po’ di anni ormai) come fratello e sorella. Pochi mesi fa lei ha avuto l’annullamento del matrimonio in primo grado dalla Sacra Rota. Mi hanno chiesto preghiere perchè vada tutto bene fino alla fine e continueranno ad osservare la castità fino a sentenza definitiva. Sono sereni e gioiosi. Questo “sacrificio” condiviso e offerto al Signore li ha uniti tantissimo. Un’altra via è possibile, non quella che fa comodo a noi. Siamo noi che dobbiamo fare la volontà di Dio, non Dio la nostra.

            1. Sara

              “Un’altra via è possibile, non quella che fa comodo a noi. Siamo noi che dobbiamo fare la volontà di Dio, non Dio la nostra”.
              Brava, Giusi! E pregherò anch’io per la coppia di cui parli: la loro testimonianza è davvero bella!

              @Bardamu: la castità e la dottrina della Chiesa non sono affatto fuori dal tempo! Sono, al contrario, vie bellissime e luminose per realizzare appieno la nostra vita e la nostra natura di esseri umani! Provare per credere!

              @ Rosanna: “Io auguro sinceramente a questa ragazza di trovare qualcuno che le voglia bene e di rifarsi una vita e mi auguro anche che la chiesa sia misericordiosa con lei”.
              Il male non si augura a nessuno!
              E poi dove sta scritto che “vivere da vedova”, al di là dell’immenso dolore che naturalmente ciò comporta, sia, in sé, una cosa brutta? Anzi, la vedovanza in Cristo – Jean Guitton docet – è un’unione ancora più forte col coniuge che ci ha preceduti (la comunione dei santi!). Comunque non è questo il caso della signora in questione, alla quale non è richiesto altro che continuare (dato che, se “i due ragazzi erano legati alla parrocchia, si sono preparati al matrimonio con tutti i sacri crismi”, si suppone già lo facesse) a vivere la castità anche nella sua nuova situazione.

              1. Rosanna

                Ma perché vivere da vedova? Perché a trent’anni per una scelta non sua? Il marito non è disabile su una sedia a rotelle , se n’è andato. Quale è’ la colpa da scontare con una vedovanza forzata perché un “cretino” non ha tenuto fede ai propri impegni ? Sarò fuori dal vs. mondo ma non chiederei mai a mia figlia una cosa del genere.
                A volte questa fulgida e granitica sicurezza che leggo su queste pagine mi sconvolge, beati voi. Sicuramente vivete meglio di me, sempre piena di dubbi.

                  1. Sara

                    E poi vivere la castità non significa vivere da vedova: esiste una forma di castità per ogni stato, anche per quello di questa signora, alla quale mi sento vicina e sorella.

                    1. @Rossana, sottoscrivo i commenti da Sara ma aggiungo: tu dici che il “cretino” non è un disabile paralitico… ne sei proprio sicura? La tua amica non deve “scontare una colpa”, semmai deve unirsi a Cristo e da lui attingere la forza perché la sua sofferenza e il suo sacrificio (certo si tratta aanche di un sacrificio, ma mi permetto di ricordarti che l’etimologia di questa parola significa “fare un’opera sacra”) serva alla sua stessa santificazione e possa anche procurare la redenzione del marito (cretino).
                      Tu parli di “fulgida e granitica” sicurezza… quella non è mia, ma sarei uno stolto se difronte a situazioni come questa – che bada bene potrebbero essere quelle in cui mi sono trovato o potrei trovarmi a vivere – non mi appoggiassi e non mi riferissi alla fulgida e granitica certezza che viene dal Vangelo e la tenessi come stella polare per il mio cammino.

                      Poi vedi, noi ragioniamo sempre per assurdo… la tua amica a 30 anni dovrà vivere una vita, ecc… e se la sua vita finisse domani? L’assurdo è ipotizzare un futuro che non ci appartiene. Noi scordiamo troppo spesso questa concreta realtà! Vivere in Cristo, fedele al suo Sacramento (anche lei ha fatto una promessa senza se e senza ma…) e meritarsi la Vita Eterna, anche per un solo giorno, o vivere il resto della sua vita rifiutando la Croce (che è strumento di Salvezza, letto d’Amore dove ti ha sposato il Signore).

                      Questa considerazione è facilmente applicabile alla scelta del marito, con ben altre conseguenze… purtroppo.
                      Ma sappiamo noi se Dio convertirà il cuore di quest’uomo a tornare da sua moglie? Ma spesso noi, anche questo non lo vogliamo accettare, perché non abbiamo il Cuore di Dio (eggià ha fatto i suoi porci comodi e adesso ritorna…) 😐

                      Infine, pensa bene cosa chiederesti a tua figlia (che poi nella sua libertà agirà come crederà), lei ti potrebbe sorpendere.
                      Se ti dicesse “io resterò fedele a mio marito sino alla morte”, darai a lei della “cretina”? E se fosse lei a dirti un giorno (Dio non voglia) “lascio mio marito!”.
                      Eh cara Rossana, è meglio non farsi mai troppi “viaggi”… stare nella Volontà di Dio giorno per giorno e ogni giorno chedere a Lui – non ai nostri miseri pensieri – il discernimento.

                    2. Sara

                      Inoltre, sempre a proposito dell’affermazione “Io auguro sinceramente a questa ragazza di trovare qualcuno che le voglia bene e di rifarsi una vita e mi auguro anche che la chiesa sia misericordiosa con lei”, mi pare quantomeno curioso augurarsi di poter vivere in contrasto con l’insegnamento della Chiesa e contamporaneamente pretenderne la misericordia! Da parte della Chiesa, che è Santa, sarebbe certamente così, ma da parte di chi volesse questo da lei sarebbe proprio presuntuoso!

                1. Ma non sono le nostre certezze, sono quelle del Vangelo: “Ciò che Dio ha unito l’uomo non separi” l’ha detto Gesù in persona. La tua amica, se è cattolica, parlerà con un sacerdote. E’ molto probabile che un uomo che si sia comportato in questo modo nutrisse già delle riserve mentali al momento del matrimonio. Magari ci sono gli estremi per l’annullamento. Il fatto che lui se ne sia andato non rompe la promessa che la tua amica ha fatto di fronte a Dio, nella gioia e nel dolore. Non è il nostro mondo, è la nostra religione. Se poi sei fuori dalla nostra religione è un altro discorso. Poi nessuno di noi è perfetto, tutti pecchiamo ma non si può pretendere che Dio avalli i nostri peccati. Ti faccio un esempio estremo: la mamma alla quale ammazzano il figlio. Secondo la nostra religione dovrebbe perdonare gli assassini. E’ colpa sua se le hanno ammazzato il figlio? E’ facile? A me verrebbe da dire che li strozzerei con le mie mani. Ma questo mi darebbe la pace? E’ difficile eppure c’è chi ha perdonato e ha trovato la pace. I nostri metri possono essere plausibili, giustificabili persino ma non giusti. Giusto è Dio ed è difficile seguirlo: è la famosa strada stretta ma solo alla fine di essa c’è la salvezza e la gioia piena..Io non infierisco mai sulle debolezze umane perchè dovrei infierire in primo luogo su me stessa, quello che sopporto poco è la religione fai da te, il “visto che mi fa comodo Dio deve essere d’accordo”.

                    1. E anch’io lo rigiro a Cristo, che mi ha tratto dalle tenebre in cui un tempo mi dibattevo credendo di conoscere la verità (e ben altre risposte avrei avuto su fatti come questo!).

                    2. A proposito di meraviglie operate da Dio: leggete che bella questa storia…. vera:

                      ACCADE A BOLOGNA

                      A volte accadono piccoli fatti che sono come lampi di luce nel buio. E folgorano i cuori immersi nella nebbia e i tempi cupi. E fanno capire e vedere la realtà assai più e meglio di tanti discorsi dei cosiddetti intellettuali o di coloro che dovrebbero illuminare il mondo.
                      E’ accaduto a Bologna
                      Mercoledì scorso, dopo una lunga malattia, è morto a 59 anni Roberto “Freak” Antoni, storico leader degli Skiantos, un gruppo musicale che viene classificato come “rock demenziale” e che nacque nella turbolenta Bologna del ’77, quella degli “indiani metropolitani” e di un’Italia che poi affogò negli anni di piombo.
                      Freak Antoni, un artista divertente e poliedrico, rappresenta il rivolo creativo e surreale di quella stagione che a Bologna mise con le spalle al muro “da sinistra” il monolitico Pci di Zangheri e a Roma la Cgil di Lama. Freak era così ironico, dissacrante, cinico, poetico che non è possibile inquadrarlo negli schemi.
                      D’altra parte quella rivolta giovanile dava voce alla delusione delle rivoluzioni mancate, al disgusto per gli apparati e finiva per esprimere sogni e utopie impolitiche, un grido di “felicità subito” che aveva natura inconsapevolmente religiosa.
                      Tornò in quei giorni un motto del ’68 francese ricavato dal “Caligola” di Albert Camus. Diceva: “Soyez réalistes, demandez l’impossibile”. Era perfetto anche per la Bologna del ’77. Ma era lo slogan meno politico e più religioso che si potesse coniare.
                      Infatti era stato un grande padre di cuori giovani, don Luigi Giussani a riprendere e valorizzare quelle parole di Camus: “Non è realistico che l’uomo viva senza agognare l’impossibile, senza questa apertura all’impossibile, senza nesso con l’oltre: qualsiasi confine raggiunga. Il Caligola di Camus – scrisse Giussani – parla di ‘luna’ o ‘felicità’ o ‘immortalità’. L’insaziabile non può che derivare da un inestinguibile. Un Destino di immortalità si segnala nell’umana esperienza di insaziabilità”.
                      A Bologna è rimasto qualcosa di quella ventata creativa del ‘77. Io stesso ho letto a volte, qua e là, sui muri, delle scritte che mi ricordavano “Freak Antoni”.
                      Vicino alla chiesa dei Servi – e a Nomisma – campeggiava un versetto biblico: “l’abisso chiama l’abisso”. E più in là, su un muro dell’Università, un memorabile: “Basta fatti, vogliamo parole”. Che – a ben pensarci – è geniale.
                      La morte prematura di Freak Antoni naturalmente ha richiamato a Bologna tanti amici e colleghi. Venerdì scorso, quando il Comune ha allestito una camera ardente per rendergli omaggio, nella sala Tassinari, a Palazzo D’Accursio, si sono visti molti personaggi noti dello spettacolo: c’erano Elio e Rocco Tanica delle “Storie Tese”, Luca Carboni, Samuele Bersani, Gaetano Curreri, Andrea Mingardi, Fabio De Luigi, il comico Vito, Milena Gabanelli e poi è arrivato il sindaco Virginio Merola.
                      Il quale ha detto alcune parole di commemorazione, in quell’atmosfera surreale e obiettivamente disperata, tipica di queste “camere ardenti”, tra volti tristi e straniti. Subito dopo si è fatta avanti una ragazza, una giovane studentessa di liceo.
                      Era Margherita, la figlia di “Freak”. Con dolcezza e fermezza ha detto alcune cose che hanno fatto sentire a tutti un brivido.
                      Un brivido di verità profonde che tutti conoscono in fondo al cuore, ma che tutti anche hanno rimosso e nascosto. Pure a se stessi.
                      La ragazza ha ringraziato i presenti, ha ricordato come suo padre vivesse per quel suo lavoro, per il palco, per i concerti che in tanti giorni di festa lo hanno strappato alla famiglia.
                      Margherita ha confessato di aver sofferto questa sua assenza, ma “adesso forse ho capito. Non so” ha detto guardando quei volti “se vi è mai capitato di sentirvi tristi. Ma tristi tristi, tanto tristi da chiedervi qual è il senso della vita, il perché delle cose. A me a volte capita. A mio padre capitava sempre. Siete tristi perché vi manca qualcosa, non è così? Altrimenti avreste l’animo appagato, soddisfatto. Ma che cosa manca?”.
                      La domanda della ragazza per un istante ha fatto sentire tutti come messi a nudo. Poi ha proseguito: “Ognuno cerca di colmare il vuoto che sente. Mio padre lo colmava con la droga, con i concerti, con storie d’amore improponibili. Mio padre era uno triste, uno senza speranza, un infelice, un irrequieto”.
                      Erano parole dette con profonda compassione e pietà. Margherita ha poi raccontato di aver trovato, l’altro giorno, nel portafoglio del padre, un biglietto dove aveva annotato questa frase: “perciò io non terrò la bocca chiusa, parlerò nell’angoscia del mio spirito, mi lamenterò nell’amarezza del mio cuore”.
                      Era una frase della Bibbia, del libro di Giobbe. Chissà quando e come Freak Antoni l’aveva sentita o letta e se l’era annotata, perché di certo la sentiva sua, perché esprimeva il suo dolore, la sua solitudine, le sue domande e il suo grido.
                      Infatti Margherita l’ha commentata così: “mio padre era un grande perché gridava, perché non si accontentava, perché il suo desiderio di felicità era più grande di qualsiasi concerto, droga o storia d’amore”.
                      Così, con una grazia che incantava e una pietà commossa, la giovane figlia ha descritto il senso religioso di questo padre artista irrequieto e scapigliato. E ha colto più e meglio di chiunque altro il suo genio. E il suo dolore.
                      Ricordando una delle sue memorabili battute (“Dio ci deve delle spiegazioni”) Margherita ha concluso con la speranza che davvero “lassù gliele dia”.
                      Poi, in tutta semplicità, a quella platea improbabile e sbigottita ha detto che voleva dire una preghiera per suo padre. E chi voleva poteva unirsi a lei. Ha recitato con alcuni amici l’Eterno riposo e un’Ave Maria e in quel momento una Misericordia infinita è scesa su tutti, in quella stanza, come un immenso e bellissimo panorama pieno di azzurro.
                      E come sono sembrate goffe e ridicole le chiacchiere di certi intellettuali e di certi notabili dell’industria sui giovani di oggi.
                      Se questo Paese ha una speranza, bisogna riconoscere che questa speranza ha il volto di Margherita e dei ragazzi e delle ragazze come lei. Che ci sono e sono molti più di quanto si immagini.
                      Nei loro volti s’intravede una speranza, una certezza, una pietà che oggi sembrano impossibili. Come quella pace di Margherita davanti al dolore della morte. Talora l’impossibile per grazia accade.

                      Antonio Socci

                      Da “Libero”, 18 febbraio 2014

                    3. Si una meraviglia!! (e questo è il Socci che preferisco…)

                      “Non so” ha detto guardando quei volti “se vi è mai capitato di sentirvi tristi. Ma tristi tristi, tanto tristi da chiedervi qual è il senso della vita, il perché delle cose. A me a volte capita. A mio padre capitava sempre. Siete tristi perché vi manca qualcosa, non è così? Altrimenti avreste l’animo appagato, soddisfatto. Ma che cosa manca?”.

                      Don Giussani lo chiamava “senso religioso”, Sant’Agostino “sete d’infinito”, e altri in altro modo, ma è quello che agogna e muove ogni Uomo: è l’Impronta di Dio nella Creatura, è i DNA del nostro Spirito, è il senso di appartenenza che una Appartenenza vuole, è lo Spirito che attesata al nostro stesso spirito… che siamo Figli di Dio!

                      E’ la differenza che brilla sui volti di chi questa Verità ha scoperto e sperimentano e quella dei volti tristi di chi questa Verità ancora cerca o peggio crede di trovare in ciò che Verità non è.

                      E’ il monito per noi che questa Verità conosciamo e diciamo di conoscere, quando il nostro volto non rimanda alcuna luce e non dà risposte a chi questa Luce cerca.

                2. Cacciatrice di stelle

                  Per quanto sia una situazione triste e dolorosa, non si tratta di una vedovanza forzata. Il giorno del matrimonio si promette di “essere fedele sempre, nella gioia e nel dolore”. Questo dolore può essere causato proprio dalla persona che stai sposando, non è necessariamente una generica disgrazia che ti capita. Inoltre non c’è alcuna reciprocità nel consenso, non si dice che la promessa è valida finchè viene rispettata da entrambe le parti, ciascuno promette per sè. Quindi se mio marito decidesse di lasciarmi di punto in bianco, sarebbe la promessa che IO ho fatto il giorno del matrimonio a vincolarmi, nessuno mi direbbe “adesso vivi in castità”, ma l’ho promesso io il giorno delle nozze.
                  Personalmente conosco una signora separata dal marito per motivi molto gravi. Gira con la fede e dice che quell’uomo, nonostante tutto il male che le ha fatto, è e resta suo marito. E’ serenissima e io la ammiro tantissimo.
                  Poi ovviamente ognuno decide per sè se valgano di più gli anni (forse!!! Non sappiamo niente!) della nostra vita terrena o l’eternità.

                3. Fraser

                  Hai ragione Rosanna… l’esempio del marito disabile era del tutto fuori luogo. Di più, era situazione opposta a quella che descrivi tu: un marito disabile fa se mai accrescere l’amore e le attenzioni che hai per lui (pur nelle difficoltà), un marito traditore che se ne va da un lato è peggio di uno morto, perché non ti ama e forse non ti ha mai amato. D’altro lato è come uno morto nel senso che non torna più. Infatti qui non parliamo di settimane di riflessione o di scappatelle, ma di partner che se ne sono andati da tempo e per sempre, rifacendosi magari anche una famiglia. In questi casi, non prendiamoci in giro, nessuno torna mai indietro.
                  Come vedi Rosanna non sei la sola ad essere piena di umanissimi dubbi…

        3. Maria

          Ci siamo dimenticati di Gesù Cristo: forse che ci lascia soli?
          Certamente manca spesso una comunità vera, che sostenga queste persone..

    2. Caro Bardamu, mi consenta una risposta che viene da una esperienza diretta e che trova sempre riscontro nelle, chiamiamole “coppie in crisi”, che arrivano poi alla separazione se non al divorzio.

      Il problema si potrebbe riassumere con la classica frase “si vuol chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati”, o meno metaforicamente, con una serie di errori, sbagli, sofferenze e (chiamiamo le cose con il loro nome) peccati, che abbiamo accumulato nel nostro percorso di coppia sposata a cui poi si vuole trovare soluzione – tardivamente – con una nuova relazione (adulterina, anche qui chiamiamo le cose ecc) alle nostre esigenze umane e contingenti e chiedendo una qualche forma di riammissione ad un Comunione Ecclesiale, che venga incontro alle nostre “esigenze” spirituali. Quella Comunione Ecclesiale, che si è deciso autonomamente di rompere (il caso in cui si subisca la separazione è altra cosa. Situazione che ci chiama, si è così, a vivere nella castità, sapendo che a Dio nulla è impossibile).

      Ora, partiamo dall’assunto che il Matrimonio è uno e perdura “sinché morte non ci separi”, e che il suo concreto fondamento è il Sacramento stesso sino ad arrivare alla radice che è Cristo Nostro Signore.

      Per non fare un lezione di “Teologia del Sacramento”, ma per venire al concreto, non esiste coppia felice a priori, non esiste coniuge giusto o sbagliato a priori, non esiste che “..,per errori, colpe e disattenzioni – non sono riusciti a mantenere la promessa fatta”, perché la promessa fatta su basi unicamente umane vale il tempo di un giorno e di una notte! La promessa si mantiene poggiandola e affidandola a Cristo.
      Perché quando iniziano i primi scontri, le prime delusioni, si incappa anche nel peccato grave, non si ricorre a Lui? perché molte coppie non ricorrono all’aiuto della Chiesa PRIMA di aver “tirato la corda” sino al limite? Perché non si inizia personalmente o anche meglio in coppia, un serio cammino di conversione? Una seria esperienza (e ce ne sono tante!) all’interno della Chiesa per scoprire come sia possibile veder rinascere il proprio Matrimonio, laddove lo si vedeva inesorabilmente fallire?

      Il Matrimonio è un dono meraviglioso, ma è anche il luogo dove il NOSTRO (non quello del coniuge) limite, la nostra pochezza, la nostra incapacità, la nostra fragilità, vengono messe maggiormente in luce e se ne vivono le concrete conseguenze.
      L’errore di fondo, che vale per qualunque umana esperienza di limite, di peccato, di croce, è di pensare che la causa sia fuori di noi (nel Matrimonio che sia l’altro) e che allontanando la causa ritroveremo la pace… che scendendo dalla Croce, troveremo la serenità.
      Così l’altro/a diventa il nemico, colui o colei che si frappone tra noi e la felicità di cui abbiamo diritto!

      Il passo a cercare o trovare fuori del Matrimonio la “alternativa” è breve e facilmente ci si illude di aver trovato la “persona giusta”… e alle volta sembra esserlo davvero. Ha mai pensato come il Demonio in questo ci gioca?!
      Se lei (come mi sembra di capire, ma non so se parlava di lei o di queste situazioni in senso generale…) ha un desiderio ad una ritrovata vita spirituale nella Chiesa, mi auguro creda anche in ciò che la Chiesa insegna riguardo Satana.
      Bene, qual è il suo scopo? Allontanarci da Dio, tenerci nell’inganno, possibilmente nel peccato… e l’adulterio, guarda caso, è un peccato mortale. Le dice nulla questo?
      Certo, a cose fatte, sorgono le domande che lei pone: “Cosa dovrebbero fare secondo lei queste persone? Abbandonare questo cammino di ricerca comune? Abbandonare la nuova compagna o il nuovo compagno? Abbandonare gli stessi figli e provare a rimettersi insieme alla persona lasciata magari tanti anni prima, che magari a sua volta ha un nuovo compagno o una nuova compagna e dei figli?
      Le sembra logico? Le sembra soprattutto una soluzione carica di amore e comprensione cristiani?”

      Certo logico non sembra, ma il Cammino Cristiano ha una sua precisa logica, stringente e esigente, se ve ne inserisce un’altra – la logica del mondo che è prettamente anti-evangelica – come si può poi pretendere di ritrovarla una logica comune?
      Forse un discorso come questo le sembrerà privo di “amore e comprensione cristiani”, ma perché amore e comprensione cristiani non si sono ricercati e “praticati” (chiesti in dono) quando era tempo? Quando ci si unisce in una relazione adulterina (mi dispiace in questi casi non amo girare attorno alle parole…) non si fa solo il proprio male, ma anche il male della persona che si coinvolge in questa relazione… questo è “amore cristiano”?
      Oppure non si ritiene questa relazione extraconiugale un grave peccato, eppure questo la Chiesa insegna. Se non lo si ritiene vero, perché si cerca poi un approvazione dalla chiesa stessa? Mi sembra un posizione a dir poco contraddittoria.

      A volte ci si attorciglia talmente proprio nelle proprie umane vicende che divine quasi impossibile districarsene o scioglierle (qualora si voglia farlo)… o si pretende qualcuno lo faccia per noi, magari la Chiesa. Ha presente come è stato sciolto il “nodo gordiano”? Un taglio netto!
      Brutale? Poco Cristiano? Brutale e poco cristiana come quella Parola che dice: “se il tuo occhio ti è di scandalo, cavalo è meglio per te… ecc”.

      Non creda io non mi renda conto delle umane sofferenze che situazioni come quelle di cui parliamo, provocano e si trascinano, ma mi creda, quando si innestano queste perverse spirali, non se ne vede la fine.. ed è un’onda lunga.
      Quindi se si vuole ritrovare una strada, bisogna fare molti passi indietro, tornare alla Chiesa mendicando (tutti siamo mendicanti) e non pretendendo, fare scelte che non si è fatto un tempo e mi riferisco a scegliere Cristo, implorare da Lui quella forza e quel discernimento di cui siamo incapaci, ma non è detto basti, perché sono coinvolta altre persone e alle volte è impossibile ritornare la dove si era partiti… troppe macerie, troppi ponti bruciati, troppe sofferenze e l’incapacità di fondo a perdonare. Quell’incapacità che spesso è la prima a minare i nostri Matrimoni.

      Le auguro di cuore di trovare la sua strada… quella della Volontà di Dio.

        1. Vorrà dire che se mi appoggi, proporrò la mia candidatura… 😉

          Spero di trovare lì un buon “correttore di bozze” visti i tanti errori che faccio scrivendo .-|

      1. Alessandro

        Bariom, è così. Giro il tuo commento ai vescovi tedeschi, chissà se si convincono 😉 🙂

            1. Alessandro

              Anzi, Bariom, il tuo commento andrebbe recapitato direttamente al cardinal Kasper, che per motivi per me arcani e imperscrutabili, giovedì 20 febbraio, nell’Aula del Sinodo, durante il Concistoro straordinario dei Cardinali, terrà l’unica relazione prevista, prima degli interventi liberi, proprio sul tema della pastorale familiare, cui è dedicato questo Concistoro.

              Il Kasper è noto per aver espresso in più circostanze il proprio favore all’ammissione dei divorziati risposati alla comunione eucaristica (dopo teologicamente nebulosi “itinerari penitenziali”), e quindi non è in linea con il magistero della Chiesa. Sfugge dunque quali siano i di lui meriti, tali da promuoverlo a relatore unico in un Concistoro dedicato alla pastorale familiare.
              Staremo a sentire che dirà… fortuna che dopo c’è il dibattito (darei qualcosa per esserci 😉 )

              1. Alessandro

                Il cardinal Re:

                “Non ritengo che sia possibile rivedere l’esclusione dai sacramenti dei divorziati risposati.
                Non si può cambiare una situazione oggettiva.
                Opportunamente Francesco richiama l’attenzione pastorale della Chiesa verso le persone che si trovano in questa situazione e che vanno aiutate a conservare la fede, a condurre una vita di preghiera e a partecipare alla messa domenicale. Il Papa si interroga su cosa sia il caso di fare per stare vicini ai divorziati risposati e infatti si stanno studiando i modi migliori per manifestare vicinanza”.

                http://vaticaninsider.lastampa.it/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/concistoro-2014-32147/

                1. Personalmente non ho molti dubbi che non vi saranno sostanziali modificazioni della dottrina o della prassi, mentre certamente, ed è buona cosa, ci potranno essere forme e mezzi di aiuto e di sotegno ad un forma di sofferenza e di “emergenza” che è evidente e innegabile.

                  Ma per risolvere il problema alla radice, bisognerà tornare alla alle radici… 😉

                  O sarà come, difronte ad una perdita di gas letale, continuassimo a distribuire maschere anti-gas invece di chiudere la falla! 😐

                  1. Alessandro

                    Intanto il cardinale Kasper tracima:

                    “Ogni peccato – afferma a margine dei lavori del seminario su dialogo interreligioso e violenza promosso dalla Comunita’ di Sant’Egidio – puo’ essere assolto, ogni peccato puo’ essere perdonato. Questo e’ il punto di partenza: non e’ immaginabile che uno possa cadere in un buco nero da cui Dio non possa tirarlo fuori”.
                    Il riferimento del cardinale tedesco, per quanto implicito, e’ chiarissimo. E l’ammissione alla comunione dei divorziati risposati e’ stata sollecitata da una valanga di questionari presinodali. “I questionari sono il modo con cui il popolo e’ ascoltato”, spiega Kasper.
                    “Ancora non abbiamo i risultati completi, sappiamo cosa si pensa in alcuni paesi d’Europa, ma gli altri? Vediamo cosa pensano gli africani. E come navigare”. “La dottrina – ricorda – non e’ una laguna stagnante. La vita cristiana e’ un cammino, un punto di partenza, non di arrivo, e il compito della Chiesa e’ accompagnare il popolo. Rispettando l’esperienza del popolo di Dio. Papa Francesco ci invita ad andare verso le periferie dell’esistenza umana. Ad essere come il Buon samaritano che aiuta e non come il sacerdote e il levita del Vangelo che hanno le loro risposte preordinate per tutto.
                    Dobbiamo essere l’ospedale da campo che cura le ferite”.

                    Qualcuno spieghi per cortesia al noto teologo Kasper che Dio perdona chi si pente.
                    Il divorziato risposato pecca attentando all’indissolubilità, voluta da Dio, del vincolo proprio del matrimonio sacramentale. Che il divorziato risposato non sia pentito di questo peccato, ed anzi vi perseveri, lo attesta il fatto che si è risposato e non si astiene dagli atti propri dei coniugi con chi suo coniuge non è davanti a Dio. Se invece il divorziato risposato si pentisse e dimostrasse l’autenticità del pentimento col cessare di compiere atti propri del coniugi con chi suo coniuge non è davanti a Dio, allora potrebbe essere perdonato, ricevere l’assoluzione sacramentale ed essere riammesso alla comunione eucaristica.
                    “La riconciliazione nel sacramento della penitenza – che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico – può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio. Ciò comporta, in concreto, che quando l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione, «assumono l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi» (Giovanni Paolo PP. II, Omelia per la chiusura del VI Sinodo dei Vescovi, 7)” (Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 84)

                    Va aggiunto che chi ipotizza per Tizio, divorziato risposato, itinerari penitenziali che non includano l’astensione dagli atti propri dei coniugi con chi coniuge di Tizio non è davanti a Dio, avanza ipotesi vane e contraddittorie, perché è di tutta evidenza che chi persevera negli atti propri dei coniugi con chi suo coniuge non è davanti a Dio persevera nel peccato consistente nell’attentare all’indissolubilità del matrimonio (peccato che è “violazione del segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo”), rispetto al quale peccato dunque egli non sta compiendo alcuna “penitenza”, non si sta affatto pentendo.

                    1. Che il Cardinale Kasper la pensasse così si sapeva (come tu avevi fatto notare). Il Concistoro è la prima tappa verso il Sinodo. Sorge spontanea la domanda: perchè la relazione è stata affidata a lui? Che vuol dire? Non penso che si facciano le cose a caso.

                    2. C’è poco da aggiungere… il Perdono è propedeutico e in vista del sostanziale cambiamento o anche solo del profondo desiderio di cambiamento, al contempo ne è sorgente e alimento, dal Perdono si trae forza per il cambiamento.
                      Il Perdono di Dio re-infonde in noi lo Spirito Santo, ma lo Spirito Santo “fugge” (come usava dire) a ripresentarsi del peccato.

                      Il motivo del perché sia tanto grave il peccato di adulterio con il compiersi degli atti propri dei coniugi con chi coniuge non è davanti a Dio (ma già Cristo è stato più esigente…) è legato non alla supposta sessuofobia della Chiesa e di chi ai Suoi Insegnamenti si attiene, ma ad una profonda e sapientissima teologia del corpo che non starò certo qui io a riassumere (anche ne fossi capace), ignorata temo da molti – evidentemente non solo laici – a da cui bisognerebbe ripartire per uscire da una la “dottrina del mondo” che e’ una laguna stagnante o peggio un enorme bacino di sabbie mobili di cui non si conosce il fondo, ma che tutto inghiotte inesorabilmente.

                    3. Alessandro

                      Giusi, tranquilla, in fondo non ogni male viene per nuocere. Visto che Kasper parlerà a lungo e per primo (e che brama così tanto di parlare che già oggi ha cominciato a farlo), poi i Signori Cardinali avranno agio di passare al crivello la sua relazione, e se vorranno potranno dirgli qualcosa del genere:

                      “il rigore critico della teologia deve anzitutto sgomberare il campo dalla superficialità di chi si lascia affascinare dai luoghi comuni creati dalla pressione dei media e di mentalità non compatibili coi contenuti autentici della fede: pensiamo a quanta leggerezza nel teologare intorno a temi come il sacerdozio femminile, l’autorità nella Chiesa, l’accesso ai sacramenti da parte di chi non è in piena comunione con la Chiesa…
                      E, guarda caso, quanti applausi da parte dei media nei confronti di certi teologi e di opinioni teologiche non radicate fino in fondo con i capisaldi dottrinali della fede. In tal senso, attorno a certi temi, vi è oggi più che mai il rischio di una deriva sentimentale della fede, anche a livello di espressione teologica. Logos e Agape, che sono inseparabili coordinate dell’essere umano nel mondo, vengono sovente contrapposti, e spesso un amore male inteso viene utilizzato per offuscare, se non oscurare, la verità.”

                      http://www.ilfoglio.it/soloqui/21952

                    4. E intanto per radio (Radio24 – Radio Rai – ecc) e alla TV, non ultima la puntata ora in corso di “A Sua Immagine”, le dichiarazioni – sempre quelle – e l’intervista al Cardinal Kasper, viene rimandata a “ruota libera”, con commenti di attesa, di “apertura”, di “giusta” richiesta (notare prego le virgolette) a mostrare nelle parole di Kasper, la “Chiesa Buona e Misericordiosa” – aperta al cambiamento – in contrasto a quella “dura” e arroccata su “cavilli giuridici” che non guardano alla sofferenza (innegabile) di molti.

  3. Sulla questione Cresima – Matrimonio riferendosi al Diritto Canonico è bene ricordare quanto prescrive:

    LA CURA PASTORALE E GLI ATTI DA PREMETTERE ALLA CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO

    Can. 1063 – I pastori d’anime sono tenuti all’obbligo di provvedere che la propria comunità ecclesiastica presti ai fedeli quell’assistenza mediante la quale lo stato matrimoniale perseveri nello spirito cristiano e progredisca in perfezione. Tale assistenza va prestata innanzitutto: 1) con la predicazione, con una adeguata catechesi ai minori, ai giovani e agli adulti, e anche con l’uso dei mezzi di comunicazione sociale, mediante i quali i fedeli vengano istruiti sul significato del matrimonio cristiano e sul compito dei coniugi e genitori cristiani; 2) con la preparazione personale alla celebrazione del matrimonio, per cui gli sposi si dispongano alla santità e ai doveri del loro nuovo stato; 3) con una fruttuosa celebrazione liturgica del matrimonio, in cui appaia manifesto che i coniugi significano e partecipano al mistero di unione e di amore fecondo tra Cristo e la Chiesa; 4) offrendo aiuto agli sposi perché questi, osservando e custodendo con fedeltà il patto coniugale, giungano a condurre una vita familiare ogni giorno più santa e più intensa.

    Can. 1064 – Spetta all’Ordinario del luogo curare che tale assistenza sia debitamente organizzata, consultando anche, se sembra opportuno, uomini e donne di provata esperienza e competenza.

    Can. 1065 – §1. I cattolici che non hanno ancora ricevuto il sacramento della confermazione, lo ricevano prima di essere ammessi al matrimonio, se è possibile farlo senza grave incomodo.

    §2. Si raccomanda vivamente agli sposi che, per ricevere fruttuosamente il sacramento del matrimonio, si accostino ai sacramenti della penitenza e della santissima Eucaristia.
    …………………………………………

    Aggiungo stralci di un testo a mio giudizio ben fatto, che potete trovare nella sua interezza qui:
    http://www.diocesicassanoalloionio.it/vicario_mons_oliva/download/5_2010.pdf

    a) La necessità della Cresima per la vita matrimoniale.

    La cresima conferisce il dono dello Spirito che «perfeziona il sacerdozio comune dei fedeli» (CCC 1305) e abilita il battezzato non solo a offrire il sacrificio di Cristo, ma anche a compiere la propria missione, la propria ministerialità, nei diversi stati di vita. Benedetto XVI nel Messaggio per la GMG di Sydney (2007) ricordava ai giovani l’importanza di “riscoprire il sacramento della Cresima e ritrovarne il valore per la nostra crescita spirituale”. “Chi ha ricevuto i sacramenti del Battesimo e della Cresima ricordi che è diventato “tempio dello Spirito”: Dio abita in lui. Sia sempre cosciente di questo e faccia sì che il tesoro che è in lui porti frutti di santità. Chi è battezzato, ma non ha ancora ricevuto il sacramento della Cresima, si prepari a riceverlo sapendo che così diventerà un cristiano “compiuto”, poiché la Cresima perfeziona la grazia battesimale” (n. 6). In un contesto in cui il sacramento della Cresima sembra talvolta ignorato, va riaffermato con forza che i fedeli chiamati alla vita matrimoniale hanno certamente bisogno dell’unzione dello Spirito Santo ricevuta attraverso questo Sacramento.

    b) La normativa canonica circa l’obbligatorietà della Confermazione per il Matrimonio.

    La Cresima è richiesta dalla normativa canonica prima di essere ammessi al matrimonio, come lo è per svolgere il compito di padrino e di madrina (can. 874, 1; 893,1). I nubendi “che non hanno ancora ricevuto il sacramento della Cresima, lo ricevano prima di essere ammessi al matrimonio, se è possibile farlo senza grave incomodo” (cfr. can. 1065 C.J.C.). La ricezione del sacramento della Cresima prima del matrimonio è obbligatoria, anche se con una eccezione in presenza di “grave incomodo”. Dal punto di vista della “verità”, cioè della pienezza di senso, celebrare il matrimonio cristiano senza la Cresima è un’anomalia (S. Sirboni). L’eccezione “grave incomodo” va bene compresa, evitando il pericolo di intenderla sia in modo da dare adito a valutazioni troppo soggettive, o peggio lassiste, che in campo pastorale possono suscitare sconcerto tra i fedeli sia in modo eccessivamente rigoristico da pregiudicare il diritto alle nozze tutelato dall’ordinamento canonico (cfr can. 1058).

    c) L’ammissione al matrimonio dei fedeli conviventi senza Cresima.

    Resta da esaminare il caso dei fedeli conviventi, di fatto o sposati solo civilmente, che si preparano al sacramento del Matrimonio. Una situazione ovviamente contraria alla norma morale, che impedisce di per se la ricezione fruttuosa della Cresima prima del Matrimonio, ma dalla quale i soggetti vogliono uscire celebrando il sacramento nuziale. Pur volendo accogliere e valorizzare il desiderio di completare l’iniziazione cristiana, che può manifestarsi in occasione della preparazione alle nozze, si inviteranno i fedeli che si trovano in questa situazione a celebrare prima il sacramento del matrimonio, regolarizzando la loro posizione nella Chiesa e a ricevere la Cresima successivamente. Il Decreto Generale sul Matrimonio Canonico (5.11.1990), dopo aver richiamato ad una “particolare attenzione a coloro che, dopo il battesimo, non hanno ricevuto gli altri sacramenti né alcuna formazione cristiana”, invita ad “una grande prudenza pastorale nel curare la preparazione dei nubendi non cresimati che già vivono in situazione coniugale irregolare (conviventi o sposati civilmente), prescrivendo che, in questo caso, di norma, l’amministrazione della confermazione non preceda la celebrazione del matrimonio” e demandando all’Ordinario diocesano la possibilità di dare disposizioni particolari, “affinché la celebrazione della Confermazione per i nubendi sia opportunamente inserita nella preparazione immediata al matrimonio” (n. 8). I parroci, conoscendo tali situazioni matrimoniali irregolari, non devono considerare la celebrazione del matrimonio religioso solo un modo di regolarizzare la propria situazione religiosa, ma come occasione importante perché i coniugi – seppure uniti di fatto o attraverso il vincolo civile – “giungano a condurre una vita familiare ogni giorno più santa e più intensa” (can. 1063, 4°). Tenendo conto che negli ultimi decenni il numero dei fedeli in tale situazione è aumentato notevolmente, le indicazioni diocesane sono utili ad offrire ai parroci orientamenti omogenei sul modo di comportarsi in questi casi, onde evitare disparità di trattamento da parrocchia a parrocchia, in casi sostanzialmente uguali.
    ………………….

    Mi pare ci sia poco da aggiungere, se non notare come le tensione della Chiesa sia sempre quella di non escludere nessuno a priori, ma di trovare – laddove possibile – sempre una strada per portare ciascuno ad un bene superiore, ad un serio cammino di conversione, ad abbracciare la Verità, in buona sostanza, all’incontro con Cristo.

    1. Bariom, al di là di tutto, affrontare queste questioni in dei pieghevoli con frasette buttate là è demenziale! Ogni giorno tocca vederne una peggiore del giorno prima!

      1. Non ti dico la banalità, l’approssimazione, la mancanza di profondità… In quello sul matrimonio: “il matrimonio è fondato sul desiderio…… da rinnovare continuamente…..” (mancava solo l’indicazione di un manuale…). Se voglio leggere queste cose mi compro Cosmopolitan o Vanity Fair!

  4. Questa sera alle 23.50 su rai due va in onda Razza Umana, con una mia intervista a Piero Marrazzo (cioè, è lui che intervista me), durante la quale con garbo ed educazione mi ha ascoltata e mi ha lasciato dire le cose che di solito dico nelle parrocchie nelle quali mi sento a casa (aborto, metodi naturali, sesso, adozioni da parte di omosessuali), e non è neanche caduto dallo sgabello.

  5. Uau! Visto che dal “Progetto Manhattan” scaturirono le bombe atomiche c’è da augurarsi che da questa quasi omonima dichiarazione sorga qualcosa di altrettanto potente a livello sociale. 😉

  6. Stefano

    Barion sei stato più che preciso:-) aggiungerei la risposta che gli apostoli danno a Gesù quando gli parla del matrimonio INDISSOLUBILE: “se le cose stanno così allora tanto vale non prendere moglie”, ecco a me pare che molti “cattolici” siano ancora al livello della “convenienza personale” e non guardano invece alle promesse di Cristo.

  7. Rossana

    Credo che prima di sposarsi sia necessario un sano discernimento. Si può voler bene ad una persona ma sapere che vivere insieme non è possibile, non ci sono i presupposti caratteriali. Non credo che basti la buona volontà o l’amore che accetta tutto. Ci vuole complicità, condivisione dei valori, ecc. Ovviamente tutto ciò va fatto prima del matrimonio. Perché quel giorno in cui prometto di amarlo e onorarlo utti i giorni della mia vita, mi impegno anche per lui. Anche se lui (o lei, per par condicio) cambiano idea.

    1. Anche qui (perdonatemi non voglio fare il saccente, ma è un argomento che ho molto “masticato”), dobbiamo tornare alla fonte in una linearità apparentemente più semplice… apparentemente perché non è un “automatismo”.

      Una volta appurata quale sia la propria vocazione – altra cosa da non dare per scontata – a chi chiedere il discernimento su chi possa essere nostra moglie o marito? Perché pensare sempre che le scelte le facciamo noi e poi, casomai, chiedere a Dio di intervenire ad aggiustare le cose?
      Se il cristiano chiede tutto a Dio sapendo che è Suo Padre e da Lui proviene ogni bene per noi, come non chiedere a Lui di provvedere in un passaggio talmetne fondamentale per la nostra (e non solo nostra) vita?

      Questo, superfluo precisarlo ma lo faccio, non vuol dire aspettare a braccia conserte la “manna dal cielo”, né che non contino le nostre umane attese, desideri, peculiarità caratteriali e psicologiche (che perltro Dio ben conosce meglio di noi…), ma, uso un frase conosciuta per non fare tanti giri: “fare come se tutto dipendesse da noi, sapendo che tutto dipende da Lui.
      Io di questo, come molti, ho un precisa esperienza personale.
      Ed ecco cos’è il fidanzamento (fidanzato, fidanzata… che roba sono?!), un tempo di discernimento e di chiarezza sulla Volontà di Dio. Altro che convivenze pre…
      Ed ecco anche uno dei motivi (non il solo) che sia vissuto nella castità. Che discernimento (dono dello Spirito Santo) si può avere vivendo bellamente nel peccato?

        1. @senm grazie, bella testimonianza. 🙂

          Direi che c’entra eccome… quanto meno sui un ulteriore aspetto della preparazione al Matrimonio, anche quelle di tante giovani (o no) coppie di buone famiglie cattoliche.
          Mi spiego, fatti salvi i punti precedenti della “storia”: discernimento sulla propria vocazione e incontro poi della persona con cui fare il passo successivo, arriviamo a “tutto quello che serve” per sposarsi.
          Cosa serve? Una chiamata, due fidanzati, un Ministro, i testimoni…. stringi, stringi credo di non aver dimenticato nulla.
          Però, cosa ci dice la mera realtà? Bisogna avere un lavoro, una casa (arredata di tutto s’intende…), la macchina, i soldi da parte, la chiesa bella, il posto per il ricevimento, gli inviti, le bomboniere, la lista (meglio due…), la … , il…. ecc, ecc. Esagero?
          Esagero nel prospettare una situazione da “due cuori e una capanna”?
          Fate vobis… se c’è una chiamata, si risponda prontamente alla Volontà di Dio, ci si preoccupi primariamente delle cose indispensabili, si pensi prima “alle cose si lassù” che il resto verrà.. e verrà in abbondanza.

          Perché ‘sta Benedetta Provvidenza, o c’è o non c’è… e qualche volta si può anche metterla alla prova. E Dio che è Nostro Padre, non si occuperà forse del Matrimonio di due Suoi Figli?
          Altrimenti sono chiacchiere.. e in questo le chiacchiere stanno (o dovrebbero stare) a zero!

          1. Nei miei due pellegrinaggi fatti con i Francescani dell’Immacolata c’erano molte coppie con tanti figli. Nell’ultimo c’era una signora incinta con due gemelle adolescenti bellissime. Il Papà era rimasto a casa con gli altri figli (si alternano negli esercizi spirituali). Non ricordo se fosse incinta del nono o del decimo. Un solo stipendio in famiglia. Le ho chiesto come facesse con i soldi. E lei mi ha risposto: il Signore provvede, c’è sempre qualcuno che ci aiuta. riusciamo anche a dare agli altri. Mi pareva di essere su un altro pianeta!

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