di Emanuele Fant per Credere
I danesi hanno tutto. Hanno il fresco, adesso che da noi si può respirare solo attraverso un condizionatore. Hanno le autostrade per le biciclette, mentre io vengo insultato dai taxisti quando provo a ricavare una corsia per le due ruote accanto ai marciapiedi di Milano. Hanno il brevetto dei mattoncini Lego, e questo potrebbe pure bastare. Ma, soprattutto, hanno il segreto della felicità.
Tutto parte dal rapporto annuale sui Paesi con gli abitanti più sereni, in cui la Danimarca ottiene le prime posizioni dal lontano 1973. Il metro usato per misurare la felicità non mi è ancora chiaro, suppongo che i sondaggisti dell’Ocse dispongano di speciali goniometri per valutare l’inclinazione dei sorrisi, o di sismografi empatici installati nei parchi comunali che vibrano quando registrano i balzi di gioia dei bambini.
La conseguenza curiosa è che ora i danesi si sono messi in testa di insegnare al mondo come fanno a stare così bene. “Hygge, la via danese alla felicità”, ipotizza che in fin dei conti è questione di atmosfera: alcune candele alla vaniglia, una tisana e un camino, trasmetterebbero la benefica sensazione di “godere delle cose belle insieme alle persone care”. In “Il metodo danese per crescere bambini felici” si indagano con entusiasmo le tradizioni educative nazionali, dipingendo genitori sensibili ma sicuri, in grado di non gridare dietro a un figlio che con il triciclo sta per andare sotto a un tir.
Ironie a parte, gli insegnamenti sintetizzati in questi testi adattissimi all’ombrellone, sono utili indicazioni di buonsenso: il danese non punta sulla competizione, neanche assistendo a un match di calcio giovanile; il danese guarda film con finali malinconici, per fare memoria che la vita non è una commedia hollywoodiana; il danese, se piove, non dice “Governo ladro”, ma “Per fortuna che non sono in vacanza”.
Eppure, il giorno in cui la felicità si potrà descrivere in un manuale, a me lasciatemi da solo con il mio broncio, e per un po’ non venitemi a cercare.
Prenoto un appartamento in affitto.
Poi ti farò sapere😉
“il giorno in cui la felicità si potrà descrivere in un manuale, a me lasciatemi da solo con il mio broncio, e per un po’ non venitemi a cercare”: solo questa meriterebbe il premio Nobel per la felicità nel mondo. Smack!
Ma i danesi e gli altri… noi compresi… abbiamo mai sentito dire che c’è una felicità, anzi gioia, (molto di più direi…) che è dono di Dio, dello Spirito Santo? Questa gioia non passa nemmeno sulla croce.
Che bello avere un Dio che dona felicità e gioia?????
Maddai! È un chiaro esempio di plagio.
La via vichinga alla felicità è quella già descritta da Gozzano,
“Loreto impagliato e il busto d’Alfieri, di Napoleone
i fiori in cornice (le buone cose di pessimo gusto!)
il caminetto un po’ tetro, le scatole senza confetti,
i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro, […]”
con una inequivocabile sentenza sulla Danimarca (e la Scania in genere):
“Sei quasi brutta, priva di lusinga
nelle tue vesti quasi campagnole,
ma la tua faccia buona e casalinga,
ma i bei capelli di color di sole,
attorti in minutissime trecciuole,
ti fanno un tipo di beltà fiamminga….”
dove “un tipo di beltà fiamminga” equivale al più categorico “diciamo che è simpatica, ecco”.
Quanto al programma finale dell’autore,
“Eppure, il giorno in cui la felicità si potrà descrivere in un manuale, a me lasciatemi da solo con il mio broncio, e per un po’ non venitemi a cercare.”
direi che è un po’ modesto.
Personalmente chiedo di esercitare il diritto di recesso da questa “sciviltà” fiammingo-luterana, nonché di riavere indietro gli hidalgos, le crociate, le chiese traboccanti di oro e stucchi, le donne vestite da donne, Dante e de Quevedo ed Ezra, la siesta pomeridiana e il vino buono (il novello datelo ai giapponesi).
Magari pure un principe Borghese o Colonna, o anche solo un Andrea Doria che invece di fare il sindaco torni per mare, affondando a colpi di siluro le corsare delle ONG.
Buona domenica.
Luigi
P.S.: mi tocca l’obbligo di precisare che le auostrade per biciclette sono arrivate anche da noi! 😛
@Luigi
Mi associo. I danesi saranno felici anche perché eliminano tutti i bambini down prima di nascere. In generale, dei nordici bisognerebbe parlare di hybris, non di hygge. E forse la faccio anche troppo complicata: sono semplicemente dei poveracci, però dà sui nervi il fatto che pretendano di far diventare poveracci anche gli altri.
P.S.: mi tocca l’obbligo di precisare che le auostrade per biciclette sono arrivate anche da noi! 😛
cit Luigi.
si .. pare con i soldi destinati alla ricostruzione dei paesi terremotati del centro Italia.
Un tempo ero attratto (lo sono ancora adesso) dalle nazioni nordiche ma solo sotto il punto di vista climatico (fin da bimbo detesto l’estate, il caldo, il chiasso, le spiagge) e dei paesaggi.
Ne ho visitate parecchie; in Norvegia, addirittura. abbiamo fatto una parte del viaggio di nozze (l’altra in Trentino) ma, Scozia esclusa, ho sempre notato nella gente, una freddezza, se pur accompagnata di cortesia e ospitalità, glaciale.
In più, hanno una piaga, quella dell’alcool (altissima a livello giovanile) incredibile …
Felici ? non credo
saluti e buona domenica
Piero e famiglia
Tasso di suicidi ogni 100.000 abitanti: Danimarca 16; Italia 10. W l’Italia infelice…
Beh, fino a qualche anno fa il primato europeo di suicidi annuali ce lo aveva un paese in Puglia. Tanto che il prof di teologia norale disse che volevano farci un osservatorio per capirne le ragioni.
Però non conosco le proporzioni del fenomeno.
Mi fanno un po’ pena quelli che pretendono di possedere la ricetta della felicità.
Che poi, bisogna vedere cosa si intende con il termine felicità: il sospetto è che lo si confonda con il benessere, economico e quindi materiale prima di tutto.
In ogni caso, dubito che la felicità si raggiunga “facendo” cose. Soprattutto se quel fare non è ancorato all’essere…
Concordo…certo loro con il materiale pensano di stare bene….ma questo non è felicità….la felicità è tutt’altro…la scena di questo mondo passa e poi ??? cosa ne fai per quanto credi solo nel benessere..??..lasciamo stare serve quello che serve e nulla di più……ma ricordati che devi morire…..allora !!!!
O danesi però sopprimono prima della nascita ogni bambino con qualche “difetto”, soprattutto se down.
Felici ? infelici ? bohh…come si fa a misurarlo. Quello che hanno centuplicato più di noi però è una coscienza sociale, un rispetto della cosa pubblica che a noi possiamo solo sognarci la notte purtroppo !
Fa coppia con l’articolo di Meotti sul foglio di Sab. Dom.sul lysenkismo in Svezia.
Bel futuro.
io vivo fra la Germania e la Danimarca e di cose da dire sulla felicità ne avrei u sacco. Tutta ‘sta felicità in DK non la vedo, ma neanche infelicità diffusa. Mi pare stiamo tutti uguale, a dire il vero. Due commenti: (1) “sono dei poveracci” non mi apre proprio una bella cosa da dire a 5 milioni di persone in blocco; (2) i libri citati nel post sono DUE libri scritti da una danese emigrata e da un danese, e non credo che siano proprio l’esempio giusto per lamentarsi “oddio ‘sti poveracci che vogliono insegnare a noi signori come si vive, orrore ed empietà!”. Sono DUE danesi (su 5 milioni) che hanno un libro….
👍 Visto che in realtà ci saremmo in tanti tra ‘sti poveracci… e cosa ci farebbe ricchi se non ciò che immeritatamente abbiamo ricevuto?
Preferisco il Sud Tirolo (o Alto Adige che sia). Ordine, bellezza, piste ciclabili, senso civico e ambiente alla pari della Danimarca. Natura infinitamente più bella. E soprattutto le chiese non sono state tutte trasformate in musei come quelle che ho visto in Danimarca. Questo per dire che certi valori, che pure apprezzo e in certa misura invidio, non solo inconciliabili con la fede cattolica. E non si vede perché dovrebbero esserlo.
Non “sono” inconciliabili.
Beh, l’Alto-Adige-Sud-Tirolo ha buona parte dei requisiti elencati da Luigi, a parte magari i poeti di secondo piano e gli ammiragli mancanti, Ma c’è sempre Andreas Hofer …
👍
@sweety
La Danimarca è uno dei paesi europei più avanti sul fronte dell’eugenetica, ed è stato ricordato nei commenti due volte, una da me. La Danimarca è una democrazia, quindi il popolo è responsabile delle scelte politiche. Come vedi, dunque “sono dei poveracci” è persino una considerazione gentile. Quanto ai tentativi di imposizione, non mi riferivo né ad un libro né ai suoi autori; neanche genericamente alla Danimarca: perché bisogna mettere nel mazzo pure Svezia, Olanda e Belgio. A questo punto è un fatto oggettivo che da decenni ci stanno imponendo i “valori” di quei paesi: l’ultimo sondaggio sulla “felicità” è semplicemente l’ultimo episodio. Come dice Klaus B, non c’è niente di male nel tenere le strade pulite, nell’avere piste ciclabili, eccetera: se però ti spacciano quelle cose come il metro della felicità, mentre p.es. in Svezia la metà degli anziani muore da sola, perché i legami familiari si sono rotti da tempo, e devo misurare la “civiltà” con il fatto che lo Stato paga loto i funerali, così quei poveretti non devono preoccuparsi di andarsene via “sporcando”, be’, di nuovo concludo che ho usato un termine fin troppo gentile.
@Fabrizio
Concordo su moltissime cose.
Però farei un discorso più ampio. Non so quanta esperienza abbiate di paesi nordici, a parte brevi vacanze. Io, come detto, vivo fra la Danimarca e la Germania. In quest’ultima, a proposito, ho solo esperienze estremamente positive coi migranti ed immigrati in generale, anche se vivo proprio a Colonia, la città dei temutissimi “stupri di massa”…o sono ESTREMAMENTE fortunata io, come tutti i miei amici e amiche, oppure forse la situazione è stata un po’ esagerata nei media. Ciò detto, la differenza fra DK e Germania si nota – devo dire che in DK passo di solito due weekend al mese, meno di quanto stia in Germania, però la mia famiglia acquisita è danese. I tedeschi sono più sereni, felici, soddisfatti dei danesi, mi pare, e i migranti sono più integrati in Germania. Io direi che il retaggio cristiano – non importa se luterano o cattolico – si vede.
Il famoso sondaggio sulla felicità non regge – per motivi lavorativi passerò ora circa dieci mesi in uno Stato del Terzo Mondo nel Pacifico meridionale, e mi pare che là la gente sia più felice (Vanuatu è definita “la nazione più felice al mondo”, come pure il Bhutan…’sta felicità abbonda). Comunque, è la definizione di felicità che è sbagliata – nel famoso sondaggio felicità è intesa come “ti fidi dei vicini?” (sì: qui i genitori lasciano i neonati nei passeggini per strada, senza che nessun pedofilo li rapisca); “hai paura di perdere il lavoro?” (no, perché lo stato ti garantisce); “sei soddisfatto della tua vita?”, ecc. (E comunque quest’anno la Danimarca è arrivata seconda, o terza, non mi ricordo). Devo ammettere che in DK le famiglie sfasciate sono la norma (e la mia acquisita non fa eccezione), ma devo anche ammettere che i genitori passano un sacco di tempo coi figli, i padri si prendono sempre almeno quattro mesi di congedo parentale, i bambini sono i il centro della vita familiare la sera e nei weekend, e le mamme possono tranquillamente dire di essere incinte e non venire licenziate per questo (un’amica di mia sorella, impiegata come lei a Città del Vaticano, appena ha detto di essere incinta è stata licenziata in tronco – cosa che il suo contratto da semi-schiavitù permetteva. Poi dici i valori cristiani).
Ciò detto, alcolismo giovanile (anche se neanche lontanamente vicino ai valori russi e bielorussi), famiglie sfasciate e solitudine sono diffusi e certo non sono i valori che io voglio per la mia famiglia; su questo concordo pienamente.
Penso solo che un approccio di “poraccitudine” non aiuti affatto (anche perché stento a ritenere i danesi in blocco pienamente consapevoli di ciò che approvano – loro sono cresciuti in questo clima sociale) – piuttosto riconoscere i lati positivi della società danese e come integrare il positivo loro al positivo nostro.
@sweety
Mi sembra che tu sia molto fortunata, ma devo dire francamente che mi sembra tu non veda quello che c’è da vedere; o meglio ancora, tu non tragga le conseguenze da quello che vedi (probabilmente un mix delle tre cose). I criteri di “felicità” che tu hai elencato sono il sintomo non di una leggera mancanza di valori, ma di un totale capovolgimento di valori. Sono società totalmente materialiste, e quindi anti-cristiche. Pensare di poterle “integrare” con i valori del cristianesimo è illusorio. Quelle società devono capire di aver sbagliato tutto, e ricominciare daccapo. Purtroppo, quello che sta succedendo è che noi ci siamo messi nella loro scia; per cui scenderemo nell’abisso, facendo danni enormi, prima di capire di aver sbagliato tutto e ricominciare daccapo.
Tra l’altro, la hygge a me dà MOLTO sui nervi perché sta diventando una cosa forzata. Però, in danese, hygge non sono solo le candeline profumate e la coperta coccolosa – è il sentimento di benessere che si prova a stare insieme a persone cui si vuole bene chiaccherando di cose piacevoli. Il calore, poi, è anche dovuto al luuuungo e buio inverno danese (L’altro ieri a Copenhagen stavo con la felpa di pile a mezzogiorno, e ho detto tutto – ed è “estate”). Ripeto, anche se ci vivo part-time, non sono una fan della Danimarca, la loro società penso abbia gravi problemi e concordo in molte cose con Fabrizio. Però credo che ci siano lati positivi – e che una sinergia non sia impossibile.
“Però, in danese, hygge non sono solo le candeline profumate e la coperta coccolosa – è il sentimento di benessere che si prova a stare insieme a persone cui si vuole bene chiaccherando di cose piacevoli”
Come dice Ed Harris in Appaloosa, “I sentimenti ti uccidono”.
Certo, le famiglie si sfasciano; però i padri fanno compito atto di presenza. Come lo stocafisso e le coppie che convivono da anni, con figli, e però si sposano in chiesa.
Questione di lochescion, immagino.
Mi sovviene di quanto, già trent’anni fa, scriveva Allan Bloom: in teoria l’uguaglianza tra uomo e donna, sancita per legge contro natura, porterà a un 50 e 50 di impegno di accudimento della prole.
Sì, in teoria (a parte che sarebbe tutto da dimostrare che, in questo particolare campo, 50+50=100…).
Perché prima la pratica era che almeno uno dei due genitori – quello deputato dal Creatore al compito – dava il 100% di sè alla prole; salvo eccezioni che confermano la regola, nel senso che magari dava anche il 110%.
Non a caso poi leggo:
“i bambini sono i il centro della vita familiare la sera e nei weekend”
Peccato, non metaforicamente, che i bambini vivano anche di giorno e fuori dai week-end.
La conseguenza di famiglie sfasciate, caso mai non si vedesse, sono perciò i giovani disperati.
Disse un grande soldato d’Europa e di Cristo, che le persone felici sono quelle che si donano.
Il resto – aiuole pulite, piste ciclabili, famiglie allargate e integrazione coi barbari – è noia.
(E – giova ricordarlo – se i media a suo tempo esagerarono, fu nel coprire spudoratamente di silenzio quanto avvenuto a Colonia e in non poche altre città nordiche. Solo giorni dopo l’accaduto, furono costretti ad ammettere qualcosina.
La copertura mediatica al contrario continua, per altro, come da n-tendente-a-più-infinito casi di occultamento di fatti che si ostinano a non uniformarsi al politically correct.
Se proprio devono dare le notizie, i media nascondono infatti l’etnia del reo (o dei rei). Sempre che non sia un europeo maschio e bianco, perché altrimenti è linciaggio libero, anche in assenza di prove o perfino di reato).
Inutile girarci intorno, sull’assenza di Dio non si costruisce nulla.
Ciao.
Luigi
@sweety “è il sentimento di benessere che si prova a stare insieme a persone cui si vuole bene chiaccherando di cose piacevoli. Il calore, poi, è anche dovuto al luuuungo e buio inverno danese”
Questo tuo riferimento mi ha subito richiamato la scena di un film – e in questo modo posso trovare un riscontro oggettivo nella letteratura di quelle culture, e saltare ogni problema legato alle interpretazioni personali (peraltro potrei dire che certamente non ho la tua esperienza vissuta in quei paesi, ma ho viaggiato in tutti i paesi dell’Europa Occidentale tranne quattro, e ho intrattenuto relazioni personali durature con persone di tutti tranne due o tre; e ogni riscontro è coerente).
Il film è “Il settimo sigillo” di Bergman e penso che non ci sono dubbi nel considerarlo rappresentativo della cultura nordica (sia il singolo film, sia il regista, i cui lavori della maturità sono a loro volta tutti coerenti tranne un breve tentativo fallito di trovare la giusta via di uscita). L’episodio è la scena in cui il protagonista fraternizza con una compagnia di saltimbanchi e tutti si scambiano latte e fragole selvatiche:
Lo ricorderò, questo momento: il silenzio del crepuscolo, il profumo delle fragole, la ciotola del latte, i vostri volti su cui discende la sera, Mikael che dorme sul carro, Jof e la sua lira… cercherò di ricordarmi quello che abbiamo detto e porterò con me questo ricordo delicatamente, come se fosse una coppa di latte appena munto che non si vuol versare. E sarà per me un conforto, qualcosa in cui credere.
È una cosa bellissima questo scambio di calore umano. Peccato che è contestualizzato in una visione del mondo cupa, il cui senso è un continuo gioco a rimpiattino con la morte, che però alla fine vince inevitabilmente. Non c’è Dio, non c’è visione di una comunione con Lui da realizzarsi parzialmente in Terra (con l’Eucarestia) e compiutamente in Cielo (con la Comunione dei Santi). Pertanto l’unico scopo della vita è rendere accettabile l’attesa in vista dell’inevitabile; “l’unica cosa in cui credere” è quel “calore umano”.
Che poi è vero o un’illusione? O, detto meglio, qualcosa di strumentale usato esclusivamente per l’appagamento personale, a scapito dell’altro? L’amore del prossimo è bi-direzionale. Il protagonista del Settimo Sigillo, in un’altra scena, dice:
Vorrei confessarmi ma non ne sono capace, perché il mio cuore è vuoto. Ed è vuoto come uno specchio che sono costretto a fissare. Mi ci vedo riflesso e provo soltanto disgusto e paura. Vi leggo indifferenza verso il prossimo, verso tutti i miei irriconoscibili simili. Vi scorgo immagini di incubo nate dai miei sogni e dalle mie fantasie.
Il tasso di suicidi, di famiglie sfasciate, di vecchi che muoiono soli; il rapporto sempre problematico tra genitori e figli, o tra coniugi, che è descritto anche in opere letterarie contemporanee (penso a giallisti come Mankell, Larsson & co.) confermano questa visione strumentale dei rapporti umani. D’altronde è la classica eterogenesi dei fini che inevitabilmente segna tutto ciò che l’uomo pensa di costruire da sé, senza fondarlo in Cristo.
Probabilmente il successo di quelle culture nell'”ottimizzazione” di alcuni aspetti della vita (le piste ciclabili, ecc…) è anche spiegato da quel contesto: se una società non ha più visuale metafisica, concentra tutti i suoi sforzi sul fisico. Di fatto è una società di drogati: che si drogano con il benessere, l’ordine formale, il soggettivismo sfrenato declinato in tutte le forme (di cui il “calore umano” è un surrogato del vero amore reciproco), in modo tale da sfuggire all’ossessione della morte finché l’incontro non è imminente. La loro religione prevalente, il luteranesimo, si è sostanzialmente adattata a questo giochino.
È una visione del mondo anti-cristica. Una società di drogati è una società di poveracci. Siccome generalmente scelgo bene i termini che uso, “poveraccio” è uno che non ha niente (ed è così: se non hai Dio, quello vero, non hai niente), ma non se ne rende conto; anzi, crede di avere le cose che contano e si mette in testa di insegnare agli altri. È uno che va aiutato ad uscire dalla sua condizione, ma il requisito preliminare a questo processo è che si renda conto di quella condizione. Il che richiede un duro scontro con la realtà, non una pillola dorata. Se quello che ha, o crede di avere, è frutto di una visione senza Dio, non puoi “semplicemente” pensare di “aggiungere” Dio a quella visione; ripeto, è quello che fa il Luteranesimo, ma è un Dio fittizio ed accessorio. Dio sono le fondamenta, e queste devono _sostituire_ quelle su cui il poveraccio ha costruito la sua società. Quindi, gli si deve chiedere un _totale ribaltamento di prospettiva_. Le piste ciclabili potrebbero rientrare successivamente, come conseguenza secondaria di una società virtuosa che riconosce il primato di Cristo su tutto; ma ho il sospetto che, in quella prospettiva, non riceverebbero lo stesso spasmodico interesse.
Analisi condivisibile. 😉
@Fabrizio
Non credo di non voler vedere, o di avere occhiali rosa sul mondo…ho vissuto in tanti paesi diversi finora, e da ognuno ho esperienze positive e negative. Sarebbe un bel caso che io (e quasi tutti i miei conoscenti a Colonia) siamo delle mosche bianche protette dal cielo cui nulla mai capita…ma può essere. Potrebbe anche essere che forse la mia esperienza invece riflette una realtà che tu, almeno parzialmente, non vuoi vedere perché mal s’adatta al tuo schema; e forse entrambe le cose sono vere.
Sull’analisi della società nordica (nel complesso; i singoli scandinavi sono completamente diversi, va detto) sono d’accordissimo.
Vedo però il solito pericolo dei cattolici da trincea (o da tastiera): il gettare il bambino con l’acqua sporca – un’abitudine che i cattolici (almeno italiani) hanno molto, molto spesso…ed era su questo che volevo far riflettere.
Esempio trito e ritrito: i miei genitori vivono a Roma, e in questa città vedo illegalità, sporcizia, corruzione, et cetera, et cetera che non vedo in Germania/Danimarca. E mi sembra che in moltissimi italiani cattolici ci sia una sorta di “orgoglio” che faccia loro dire “eh, noi avremo pure mafia, rifiuti per le strade, affitti in nero e quant’altro – ma almeno abbiamo Dio e la famiglia”. Che va benissimo: ma certo piste ciclabili, raccolta differenziata e legalità non farebbero male, per dirne una. Io non lascerei mai mio figlio piccolo per strada da solo a Roma; in Danimarca lo si fa sempre (anche alla periferia di Copenhagen, con immigrati, non in un idilliaco villaggio sperso sulle colline…).
Penso che l’accusa di “poraccitudine” sia una reazione comprensibile (che francamente anche a me viene, alla quinta volta in una giornata che mi dicono “ma di che ti lamenti, vivi nel Paese più felice del mondo”) all’agiografia che viene fatta delle società scandinave come del Paradiso in terra (non lo è, siamo d’accordo). Ma una volta stabilito che là non è il Paradiso si dovrebbe passare all’integrare i lati positivi loro ai nostri, dico solo questo. L’analisi della “poraccitudine” va bene (sia della poraccitudine danese che di quella nostrana); dopo di che dovrebbe arrivare la pars costruens – che non riguarda solo piste ciclabili o congedo parentale (vedo che il mio discorso sul tempo passato in famiglia è andato perso nella discussione), ma anche queste.
@sweety
Francamente mi pare che sei veramente condizionata, e sulla tua ultima risposta lo posso dimostrare con dati. Non conosco le statistiche sulla pedofilia: ma se, invece di un bambino da lasciare tranquilli per strada, parliamo di una ragazzina adolescente, i dati sono questi (fonte insospettabile, Repubblica):
Secondo dati dell’Agenzia per i diritti fondamentali dell’Unione europea, i Paesi in cui la violenza contro le donne (fisica e/o sessuale) è più comune sono quelli del Nord Europa. L’Italia si attesta sotto la metà della classifica, ben al di sotto della media europea: nel nostro Paese le donne vittime di violenza fisica o sessuale dai 15 anni in poi rappresentano il 27%, a fronte del 52% in Danimarca, del 47% in Finlandia, del 46% in Svezia, del 45% nei Paesi Bassi e del 44% in Francia e Regno Unito. […] La stessa tendenza sarebbe confermata anche se si analizza il fenomeno solo dal punto di vista delle molestie sessuali (15% in Italia, 32% in Danimarca, 27% in Svezia e Paesi Bassi, 24% in Francia e Belgio).
Tempo fa ho studiato attentamente le statistiche svedesi (fonte un dettagliato rapporto annuale del ministero dell’interno): queste violenze avvengono in gran parte proprio per strada, non in famiglia. Come ha scritto sotto Luigi, c’è una censura di stato (mi pare in Danimarca no, in Svezia certamente sì) sulla correlazione etnica di queste violenze, i cui dati non vengono rilasciati. Ma basta incrociare poche informazioni “collaterali” per scoprire che c’è stata un’impennata da quando, negli anni ’70, hanno fatto entrare “risorse” in abbondanza. Questo vuol dire che, purtroppo, noi seguiremo a breve. Ma non c’è dubbio che le strade nordiche siano più pericolose, almeno per quanto riguarda i crimini sessuali, di quelle di Roma (che saranno pure più sporche di quelle di Stoccolma, non c’è dubbio).
Sarà; sono condizionata dalla mia vita privilegiata a Copenhagen. Ammetto che non leggo i giornali danesi (e neanche troppo quelli tedeschi, solo la Süddeutsche). In Svezia la censura è verissima, in Dk non so.
Però a questo punto da quanto dici, tutta la mia vita ed esperienza è inutile per dire alcunché su dove vivo perché sono condizionata dalla mia incredibile ed esasperante fortuna (o Angelo Custode incredibilmente potente…)…peccato.
Bella parte, Fabrizio.
“Inutile girarci intorno, sull’assenza di Dio non si costruisce nulla.”
Ma infatti il problema e’tutto qui, e comunque lo si giri rimane un problema personale, non di popolo. Un determinato ambiente culturale puo’costituire un bell’handicap, che comunque non puo’mai valere come giustificazione assoluta – fermo restando che il giudizio spetta solo al Padreterno -, se pensiamo che il CVI ha definito che il solo intelletto umano puo’pervenire a riconoscere l’esistenza di Dio.
@ola “rimane un problema personale, non di popolo”
Non è così semplice. D’accordissimo che le responsabilità sono sempre prima di tutto personali; però se la dottrina riconosce il concetto di “ignoranza invincibile” – che cito solo per esempio, non per portare una giustificazione – vuol dire che riconosce che l’ambiente può condizionare in modo determinante le persone. Vista dall’altra parte: se GPII e BXVI hanno così tanto insistito sul concetto di inculturazione (discorsi sulle “radici cristiane” del continente, e del “vivere come se Dio ci fosse”), non sarà mica per sfizio. E da dove deriva l’inculturazione nordica? Mica sono stati invasi dai marziani, quei paesi. Le loro società e i loro valori se li sono costruiti da soli. Sappiamo che anche questa è stata una costruzione delle elite, possiamo trovare una parziale riduzione della responsabilità nel citato fatto che il Luteranesimo non solo non si è opposto, ma alla fine si è schierato dalla parte di questa costruzione; possiamo anche dire che il Luteranesimo in Svezia, cinquecento anni fa, non fu scelto, ma imposto con la forza… però, caspita, sono passati cinquecento anni e non si può ridurre la storia umana a un determinismo basato su singoli fatti che poi condizionano inesorabilmente per secoli. Dopotutto i nordici sono persone aperte che viaggiano: l’hanno visto il mondo fuori dal loro cortile, e alla fine hanno sempre preferito il cortile.
Sweety ha citato la mancanza di sole ed il freddo… su questo fronte con me sfonda una porta aperta, e non conosco italiano che non abbia sollevato critiche sulle società nordiche e non abbia tirato fuori lo stesso argomento. Ma mi chiedo, seriamente: può essere quello il problema? San Pietroburgo è più a nord di Copenhagen e Stoccolma…
Fabrizio:
io – nelle mie peregrinazioni in parte lavorative, sono un’oca migratrice oramai – ho anche vissuto in Lituania (d’inverno, -25…tenevo lo yogurt fuori dalla finestra visto che non avevo il frigo…), in Bielorussia, Russia e Polonia.
Effettivamente è affascinante il contrasto fra culture nordiche (scandinave) e quella russa e polacca (la Lituania è caso a parte), entrambe “fredde”. Nei Paesi slavi il concetto di ospitalità è fondamentale: in Germania se ti invitano ti porti il cibo da casa; in Russia e Bielorussia non importa quanto tu sia povero (ho vissuto in case dove facevano i turni a dormire sul letto, gli altri dormivano sul pavimento) – ci sarà sempre la tavola imbandita per te. Mi chiedo quanto sia derivato dalla cultura bizantina (almeno per la Russia).
Però c’è anche un alcolismo diffuso; le donne mandano avanti la casa, mentre gli uomini si ubriacano – è davvero così; in provincia ci sono interi villaggi dove il 90% degli uomini sta seduto davanti casa ubriaco. Le famiglie sono perciò fragili (una mia conoscente si è sposata a 18 e ha divorziato a 20). L’illegalità è sotto gli occhi di tutti; non c’è concetto di “bene comune” (ironico per un Paese comunista). Certo, 70 anni di comunismo hanno prodotto questa situazione; ma non so quanto essa fosse in germe da prima. La Polonia è ancora diversa.
Io personalmente credo che il luteranesimo sia stato l’elemento principe della scandinavizzazione della Scandinavia, se così si può dire; mentre cattolicesimo e ortodossia hanno “tenuto botta”. I problemi dell’ortodossia sono evidenti: il comunismo non a caso è prosperato in ambienti ortodossi, e non a caso la resistenza più efficace è iniziata in Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia. Nella cultura russa il potere è dato da Dio allo zar – e lui ne fa uso come vuole (zar prima, Politburo dopo, Putin adesso); nella letteratura polacca (Mickiewicz, Milosz) è la nazione a essere messianica – e il potere è sempre sottomesso alla nazione (vedi Solidarnosc).
Scusate la digressione, ma è argomento che mi appassiona…
Ola,
nessuno ha preteso che tutti i danesi – o i nordici, più in generale – siano seguaci dell’anticristo, o che per loro non vi sia speranza alcuna.
Tanto meno qualcuno ha proposto, come modello alternativo, la Roma amministrata dalla “sindaca Raggi”; una che nemmeno è riuscita ad amministrare il suo matrimonio, tanto per dire.
Gli è che stufa, questo additare a modello un paese – e, più in generale, una visione del mondo – che è arrivato a questo livello di abominio:
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/nientedownindanimarca
o, poco più in là:
https://costanzamiriano.com/2016/08/07/la-teoria-svedese-dellamore
Nonostante tutto, noi a questo non siamo ancora arrivati. Siamo sulla buona strada, per altro.
Le piste ciclabili non sono la civiltà, bisogna farsene una ragione.
Che poi, a dirla tutta, noi si andava in bicicletta quando a Oslo ancora erano alle slitte con le renne.
Ciao.
Luigi
Luigi e Fabrizio per chiarirci lungi da me additare qualcuna delle odierne nazioni europee e non come modello, ma se venisse poniamo un danese a incolpar me per I misfatti di Renzi potete immaginare la mia reazione…
@ola … Renzi …
Non potrà incolpare né te, né Luigi, né me, ma è stato eletto secondo le regole che il nostro popolo si è dato.
Qui potremmo però fare un discorso più complesso… noi siamo stati letteralmente trascinati sul modello nordico negli ultimi anni, con la pistola dell’euro puntata alla testa (ne ha scritto pochi giorni fa Ettore Gotti Tedeschi (*)). Sulla corretta applicazione delle regole, specialmente degli ultimi due Presidenti della Repubblica ci sarebbe molto da dire. Un momento chiave di questa situazione è stato l’ingresso nell’euro negli anni ’90. Anche quelli ce li siamo eletti tutti, e come popolo abbiamo sbertucciato quei pochi che all’epoca paventavano un futuro cupo. Sono responsabilità di popolo a cui non sfuggono i singoli, se pur non possono esserne imputati.
(*) «La mia posizione, è la seguente: l’ euro è stato utilizzato come scusa per ridimensionare il nostro Paese da un punto di vista economico e “morale” (spiegherò che vuol dire). […D]ette pressioni ci hanno ridotto allo stremo economico, con rischio morale. La carta stampata ha ignorato la mia considerazione perché può avere indirizzi politici da rispettare: «No touch issues», che sono tabù e vanno trattati in un certo modo. Per esempio appunto l’ immigrazione, l’ ambientalismo,l’ Europa, l’ euro, Bergoglio, ecc.
[…]
Per giustificare l’ economia, si potrà forzare la libertà. La moneta unica per funzionare necessita di un governo unico europeo che dovrà coesistere con il governo del mondo globale. A questo si sta arrivando, in modo sempre più accelerato dopo la crisi globale scoppiata nel 2007, grazie agli organismi sovranazionali che impongono leggi, discipline, modelli democratici, governanti cooptati, e soprattutto visione morale omogenea. […] I giochi son fatti e noi non giochiamo più, siamo diventati un gioco in mano ad altri. Il nuovo mondo globale aspira ad un’ omogeneità culturale e pertanto morale, che significa relativizzare le norme morali. Tutto questo porta ad una forma di sincretismo religioso, che necessariamente tende ad arrivare ad una religione globale panteista, ambientalista (animalista e vegana), neomalthusiana e orientata alla decrescita. […] Con la scusa di difendere l’ euro dai problemi italiani, il nostro futuro non potrà che essere terrificante. Attenzione però, il problema non è nell’ euro in sé, ma nell’ avere un euro gestito “abusivamente” da altri, grazie alle nostre debolezze politiche
Buongiorno Ola,
a quanto scritto da Fabrizio mi permetto di aggiungere che, personalmente, io non me la prendo più di tanto se i demeriti di Renzi o Berlusconi vengono imputati anche a me.
Diciamo che il concetto di “male” è un poco differente da quello di “reato”, ecco.
Uno dei tratti salienti del carattere nazionale è infatti quello di addossare solo al potente di turno tutte le colpe dei guasti della penisola; Renzi o Berlusconi ne avranno certo di più, di colpe, stante le loro certo maggiori responsabilità, ma non è che gli italiani “normali” ne siano esenti, come a molti di loro piace credere.
Più che per una questione di legittimazione democratico-elettorale, è così per il fatto che l’Italia è la mia patria e anche a me è stata affidata da Dio (io sono fermo all’alleanza fra trono e altare, le problematiche moderne di rappresentanza parlamentare tendono a sfuggirmi).
Per il mio ambito, ne sono responsabile tanto quanto ne è un Renzi o un Berlusconi.
Come ammoniva già Tucidide, il male non è solo di chi lo fa; anche di chi, potendolo impedire, non agisce in questa direzione.
Un esempio su tutti: l’aborto.
Ogni singolo italiano ne porta la responsabilità; saranno di peso differente per ognuno, ma ci sono per tutti.
Ciao.
Luigi
P.S.: quello che vale per gli italiani vale anche per i danesi, è ovvio!