di Elisa Steffenini
Questa è la conclusione. Dico, la conclusione a cui sono arrivata dopo una riflessione (neanche tanto lunga) durante una salita in funivia, di fianco a me Gioele e Ruggero. Il mio primogenito treenne, Gioele, e il suo inseparabile oggetto transizionale, uno spelacchiato coniglio di pezza di nascita londinese, Ruggero.
Dicevo, io non sono mia, tu non sei tuo o tua. Punto. Non che questa cosa sia una novità assoluta, ma la teoria è un conto, la pratica è tutt’altro. Già, la pratica ha sempre il fantastico effetto di farti sfracellare a terra, quasi mai in piedi, almeno per quello che mi riguarda. Io la dote di cadere in piedi non l’ho mai avuta, si vede che quando la distribuivano (il mondo è pieno di gente che cade in piedi, non trovate anche voi?!) io ero distratta, come al solito. Ed ora, a trent’anni suonati sono piena di lividi e sbucciature ricordo.
In questo caso galeotta fu la vacanza in montagna. Lo sapete voi che le madri non vanno in vacanza? Ecco, io non lo sapevo. Sbang! Prima caduta. Una madre con figli piccoli al seguito quando si prospetta l’idea di andare in vacanza viene investita da una botta di entusiasmo che neanche ve lo immaginate. La maratona inizia circa una settimana prima della partenza (per lo meno per me, che lavorando di giorno, ho tempo dalle nove di sera, a quando crollo dal sonno con il dito sul bottone di accensione dell’asciugatrice) quando comincia a chiedersi cosa mettere nelle valige, scandagliando con l’occhio laser della mente gli armadi dei componenti famigliari in preciso ordine dal più piccolo al più grande di casa, marito compreso, omettendo la propria persona (al massimo intanto che mio marito apre il cancello, con la macchina carica e i bambini sul seggiolino che iniziano già a chiedere “quanto manca?”, faccio in tempo a mettermi in tasca un paio di mutande di scorta)
Ovviamente quello che pensi sia fondamentale da mettere in valigia è sempre nella cesta dei panni sporchi, che già sta eruttando mutandine e bavaglini da qualche giorno. Quindi, quando stai per partire con la famiglia per una breve vacanza, la lavatrice e l’asciugatrice sono costrette a fare gli straordinari, e tu con loro.
Per non parlare di quando arrivi a destinazione, apri la casa di vacanze e mentre il pensiero di tutti è vedere quanto è comoda, se è arredata con gusto, se è davvero vicina alle piste da sci come dicevano, se si salta bene sui letti, e se è bello il paesaggio che si vede dalla finestra il tuo pensiero in realtà è: “Ti prego, ti prego fa che ci sia la pentola a pressione”, perché se hai una bambina di 8 mesi lo sai che i suoi pasti sono a base di passato di verdura, ma la pentola a pressione e il mini-pimer proprio ti sei rifiutata di ficcarli in macchina.
E via che si va… ogni piccolo esempio, che mi rendo conto può suscitare l’ilarità di chi legge, ma quando lo vivi non è sempre così divertente, mi mette costantemente davanti al fatto che io non sono mia, ma vivo e sono dipinta costantemente all’interno di un rapporto che mi definisce e mi limita. Per tutti è così, solo che le mamme hanno la (s)fortuna di capirlo più in fretta, a suon di sfracellate a terra. Perché per un figlio bambino tu non esisti proprio, non hai necessità e bisogni, figuriamoci desideri, sei solo uno psico-soma che (a volte) funziona meglio del suo e che può sfruttare per crescere e imparare a leggere la realtà.
Siamo pensati, nasciamo e cresciamo all’interno di un rapporto di amore, quello dei nostri genitori e quello del Creatore prima ancora di mamma e papà. Quando siamo piccoli ci è così evidente che non possiamo esistere se non all’interno di una relazione buona! E’ che ad un certo punto, non so perché, ce lo dimentichiamo.
Per fortuna i nostri figli ci fanno tornare sulla terra, più o meno in piedi e ci ricordano più o meno amorevolmente che nessuno è proprio.
E’ che a un certo punto, non so’ perche’, ce lo dimentichiamo. Quante volte, pur non essendo mamma ma papa’, me lo sono domandato e non ho’ trovato ancora oggi la risposta giusta. Di risposte ne ho’ trovate, e piu’ di una, ma non sono mai riuscito a credere in una di esse piu’ di tanto e cosi’ tanto da farmi credere che essa fosse poi la piu’ giusta. Alvaro.
Elisa-Raffaella-Costanza o: “Le spericolate avventure della vita “cattolica”…
“La maratona inizia circa una settimana prima della partenza (per lo meno per me, che lavorando di giorno, ho tempo dalle nove di sera, a quando crollo dal sonno con il dito sul bottone di accensione dell’asciugatrice) quando comincia a chiedersi cosa mettere nelle valige, scandagliando con l’occhio laser della mente gli armadi dei componenti famigliari in preciso ordine dal più piccolo al più grande di casa, marito compreso, omettendo la propria persona (al massimo intanto che mio marito apre il cancello, con la macchina carica e i bambini sul seggiolino che iniziano già a chiedere “quanto manca?”, faccio in tempo a mettermi in tasca un paio di mutande di scorta)”
“Non si è propri” questa che si voglia riconoscere o meno è la realtà reale, fonte peraltro di continui malesseri e frustrazioni (nella migliore delle ipotesi).
Il Marito non appartiene a sé stesso, come la Moglie non appartiene a sé stessa e i figli poi ricordano con pressante urgenza questa realtà “non si è propri”, continuamente.
Ne fanno esperienza – come giustamente ha scritto Elisa – in primis le mogli-mamme, ma anche i padri quando per momentanei o lunghi periodi, sono chiamati a vestire i panni di “donna di casa” e aprono gli occhi su una realtà spesso a loro sconosciuta.
In fondo è una chiamata a conversione perché il Cristiano non si appartiene. La sua vita è chiamata a spendersi per gli altri (a partire da chi ci è più prossimo), perché se anche solo un poco la Parola si fa carne e “non sono più io che vivo, ma Cristo che vive in me”, questo vivere per Cristo, con Cristo e in Cristo, ci chiama a “uscire da noi” e a non cercare “la nostra vita” (per poi perderla), ma a donarla.
Così ha fatto Dio che si è donato e continuamente si dona (e si “spende”) per noi Suoi Figli. E come ben sappiamo, non lo ha fatto solo “a parole”, ma si e donato sino alla morte, e alla morte di Croce.
Così anche nella sessualità il mio corpo non è mio, ma e dono di gioia e di piacere (e non c’è nulla di male…) all’altro e per l’altro. Già questo basterebbe a spiegare tutte le distorte dinamiche di come la sessualità è vissuta dal mondo, dove anche in questa sfera del vivere umano entrano il “è mio, è mia, lo gestisco io, è un mio diritto, ecc, ecc.)
Molte delle sofferenza psicologiche, molali e spirituali nel mondo, ma anche in noi che ci diciamo Cristiani, vengono dalla continua richiesta di chi ci sta intorno, a spenderci per loro, a rinunciare ad un pezzettino della nostra vita (a volta a tutta). Pezzo a pezzo, giorno per giorno.
Questo se non siamo ben radicati nella fonte della Vita – della Vita Eterna – pian piano ci distrugge, ci consuma, perché e normale e umano difendere con le unghie e con i denti per “pezzettino di vita” che abbiamo in dote. Ma cadiamo in un profondo inganno, perché la Vita non ci viene dal difendere quel piccolo scampolo di cose o di tempo che crediamo di avere e che in un attimo sarà finito.
Ecco anche il profondo senso della Quaresima, di questa come di tutte, delle sue rinunce, dei suoi “fioretti”, per chi ancora li pratica. Digiuno – digiuno dalle nostre cose, da tanti piccoli pezzetti della nostra vita. Preghiera – per essere sempre aggrappati alla fonte della Vita, per non rimanere “a secco”, per trovare il senso profondo dei nostri digiuni e l’energia per la terza “componente”: la Carità.
Carità – per iniziare (o continuare) a spenderci ogni giorno, un po’ per giorno, perché “non si è propri” e perché le prime due “componenti” di questo tempo – estendibile a “ogni tempo” – non restino pie e sterili pratiche.
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Molto più prosaicamente e dopo vari “esperimenti”, ho stabilito che le vere vacanze per mia moglie, con me solo e maggiormente con il resto della famiglia, non possono che essere in albergo.
Che per un tempo sia anche Lei servita e riverita… in molte altre soluzioni (poi per carità si fa come si può) le tocca solo traferire il suo lavoro di donna della casa… altrove 🙁
Parole sante Bariom!
Grazie Giusi, troppo buona… (altra medaglia? :-D)
Al valor civile!
Mi ci ritrovo tantissimo! a parte un dettaglio: in caso di vacanza coi figli piccoli mi portavo sempre dietro la pentola a pressione formato da viaggio e il minipimer….
Ci sono, siamo in tante, ma pensiamo di essere sole! Stamani sono stramazzata sul divano, da quando lo abbiamo preso penso sia la quarta volta! Questa volta per una banale influenza, i figli sono a pranzo da mia madre, per mio marito io non posso ammalarmi, ma Dio che vede e provvede, mi ha donato figli a scaletta, così se il piu piccolo ha sete mentre stai facendo fuoriuscire dalla tua bocca in malo modo la cena, possano supplire alla tua momentanea assenza! L’uomo e la donna fanno quello che possono, secondo il proprio bagaglio culturale e di esperienza , ma siamo in tante, non siamo sole, o soli, ed ognuno con un esigenza diversa,. La soluzione guardare al Padre che sempre provvede! Altrimenti cedo alle me debolezze esco di casa e scelgo la solitudine! E’ dura, ma bisogna povarci, difficile resistere, a quel punto l’unica soluzione la prghiera. Ci sto provando!
San Luca nel vangelo dice “servo inutile”
Io penso che voi è giusto che pensiate di essere creature di quello che credete sia vs. Padre, voi pensate che io non è giusto che possa pensare di non essere creatura di nessun Dio.
Io penso una cosa (che non sono figlio di Dio, il mio cognome è Scopel) e voi un’altra, ma io penso che va bene che voi pensiate quello che pensate (e cioè di essere figli di Dio) voi invece pensate che io sbaglio.
Sono veramente commossa dalla tua tolleranza…
Io Alvise non penso che sbagli… penso che ancora non hai avuto modo di scoprire la tua figliolanza, al di là di quella che ti ha portato il cognome Scopel… 😉
Bariom:
…io sono convinto che te resterai della tua idea sempre.
te invece sei convinto che io devo ancora scoprire qualcosa.
Te non ammetti che potresti scoprire qualcosa.
io invece per me lo ammetto.
allora te dirai che te l’avevi detto che io ci avevo ancora qualcosa da scoprire.
allora…
@Alvise,
prendo la tua convinzione su di me come un augurio.
Io credo che ancora ho da scoprire probabilmente più cose di quante ne scoprirò in vita (o almeno in questa vita…)
Se tu scoprirai quello che mi auguro (per te) tu scopra, allora non dirò “l’avevo detto”, semplicemente benedirò il Signore perché conosco la gioia di tale “scoperta”.
Allora…
Salve, mi scusi se mi permetto di dirle che, se si e’ convertito L. Mondadori, e come lui molte altre persone (tra cui me:)) beh, ci sono altissime speranze anche per lei 🙂
Ecco qui, un pezzettino di un’intervista fatta allo stesso Mondadori circa la sua conversione. Egli risponde in questo modo alla domanda se ci fosse stato un momeno di inizio, se cosi’ si puo’ definire, di conversione:
(Mondadori) “Si’, ricordo una colazione al Savini con Pippo Corigliano il responsabile delle pubbliche relazioni dell’Opus Dei. Era il 1992 ed io, in quel periodo, non mi interessavo minimamente alla religione, né tantomeno alla Chiesa. Ma sentivo che la mia vita era, come dire?, piena di errori. Avevo già alle spalle due divorzi, tre figli da due donne diverse… Corigliano mi colpì molto. Decisi di incontrarlo altre volte. Cominciai a chiedergli qualche consiglio”.
(domanda) E lui?
(M.) “Fu molto discreto. Mi disse: se sei aperto a queste cose, ti farei incontrare con un sacerdote”.
(domanda): “Ci andò?”
(M) “Naturalmente. Un prete eccezionale. Ebbe un grande rispetto per me. Cominciai a fidarmi di lui, a seguire i suoi suggerimenti. E, piano piano, seguendo ciò che mi diceva, mi resi conto di trovare le risposte che cercavo. Mi feci prendere da un grande entusiasmo, volevo cambiare tutta la mia vita di colpo. E lui, il sacerdote, con grande realismo, mi frenava: non avere fretta, mi diceva, Dio non ti chiede l’impossibile, procedi con calma. Non ho più lasciato quel sacerdote, che è tuttora il mio direttore spirituale”.
Alvise ( mi permetto di chiamarla cosi’, perche’ lo fan tutti qui..spero che anche io ne abbia il permesso..)
MAI DIRE MAI 🙂
Buona notte…alla prossima
*momento (no momeno).
Cmq tutto il commento, se non si e’ capito, e’ rivolto a filosofiazzero (Alvise)
Si è propri soprattutto quando si è da soli e non abbiamo nessuno con cui stare. Per varie vicissitudini sono arrivato a sposarmi 4 anni e mezzo fa e a separarmi lo scorso anno. Soltanto poi ho capito quanto mi sento me stesso piu’ di prima. Non ho figli e questo mi aiuta anche di piu’.
Cybermax:
…credo di riuscire capirti e sono d’accordo che si sta bene a stare soli. Dipende anche dai caratteri. C’è chi sta bene solo e chi no. C’è anche chi si è autocarcerato in famiglia e non gli riesce più scappare via, per una ragione o per un’altra.
Chiediamolo anche a Giusy e Extralarge, il loro parere….
Ti ringrazio per tenere da conto il mio parere. Io penso che il problema non sia essere soli o accompagnati ma quello di trovare un equilibrio con se stessi e con Dio o meglio tramite Dio (parlo da credente, tu potresti dirmi io l’ho trovato senza Dio: ok lo rispetto). Poi il fatto di trovare una persona dipende da tanti fattori e peraltro se non ci sono delle affinità, un idem sentire, ci si può anche sentire più soli di prima. Non giudico le altrui scelte ma mi pare, potrei anche sbagliarmi, di intravedere nelle parole di Cybermax dei rancori non sopiti per avvenimenti negativi pregressi che hanno portato ad una chiusura…..
Cybermax, ma hai preso la decisione di passare il resto della vita da solo?
Mia figlia sedicenne è appena partita per una vacanza studio in Germania. All’euforia iniziale:libera! E’ subentrata l’angoscia dell’abbandono. E’ talmente tanti anni che non sono più mia che mi trovo spiazzata!!! E’ giusto spendersi per gli altri, ma bisogna stare attenti a non annullarci, specie nei figli. Bisogna lasciarli andare. Anch’io come Elisa ero altrove quando distribuivano “il cadere in piedi”, ma concordo con Maria Elena, per fortuna, Dio vede e provvede.
Vero!!!
“Chi vuol tenere la propria vita la perderà, ma chi la perde PER AMOR MIO la troverà”.
Bariom – aspettavo di leggere le cose che hai scritto tu, e ti ringrazio di averlo fatto. Non siamo propri, è vero, ma c’è modo e modo. Che fa la differenza è quel PER AMOR MIO, che poi si traduce amore per i figli, per il marito/moglie, per i genitori anziani che han bisogno di te, per il vicino di casa che chiede aiuto, per tutti e per chiunque sempre senza tregua….è una cosa grossa per creature così fragili come noi, che impieghiamo un secolo ad imparare ad amare “come IO vi ho amato”, e Lui ci ha amato in quella maniera pazzesca fino ad andare in croce…Forse si potrebbe voler bene anche un pochino a noi stessi, per non annullarci, per essere poi in grado di continuare a lasciarci mangiare vivi fin che ce n’è bisogno e noi stessi siamo i primi a non voler mollare…Lui non ha avuto limiti, ma per noi quando è possibile un limite bisogna che ci sia. Come anche sottolinea Carolina. Pregare perchè possiamo acquistare la capacità di dare tutto di noi e nello stesso tempo esserne contenti e riderci sopra. Forse anche renderci conto che nella nostra vita c’è stato qualcuno che ci ha dato tutto di sè, e forse c’è ancora, e a noi sembra la cosa più naturale del mondo. Lui dice di “amare il prossimo COME SE STESSI”, quindi è giusto voler bene anche a noi stessi, nello stesso modo in cui nostro Padre ci ama, che è la misura dell’amore, sia per noi che per gli altri. La vita è un dono. Quindi va donata, senza misura. Quando però è possibile farlo, una misura bisogna mettercela! Buona notte e buona settimana.
Leggo questo bel post solo stamattina. Con i figli piccoli le vacanze sono effettivamente impegnative, ma poi si apprezzano di più quando sono cresciutelli. In ogni caso è bello condividere le bellezze della natura con i propri bambini insegnar loro ad apprezzare una mucca al pascolo, un fiore, una montagna, ecc.
Tutto vero, per le vacanze e, più in generale per la vita, però ricordiamoci anche di chi le vacanze proprio non le puó fare ….forse (e dico forse perché quando ancora per noi le vacanze erano ancora una possibilità mi é capitato in un paio di occasioni di chiedere a mio marito di rinunciare perché non riuscivo in quel momento a sobbarcarmi la fatica extra) farebbe volentieri il “sacrificio”
Grazie! bella riflessione. Quando c’è ne accorgiamo però -che non siamo nostre intendo- tutto diventa quasi rilassante… È un altro che fa! Io cercò di godere dei Suoi doni. Comemi sono rivista nella tua descrizione! Ciao, grazie