Il Crocefisso di San Marcello e la peste di Roma

Questo il commento di una lettrice, Beatrice, al post Sine Dominica non possumus .

All’inizio questa vostra battaglia per voler a tutti i costi riaprire le chiese nelle zone a rischio contagio non la condividevo appieno. Una volta per lavoro avevo in mente di ficcarmi in una situazione rischiosa confidando nella protezione di Dio, ma non lo feci perché a messa il prete disse un’omelia il cui succo era «non dobbiamo metterci in condizioni di pericolo pensando “tanto Dio mi protegge”, non dobbiamo tentare Dio». Ero tormentata dal dubbio che forse continuare a tenere aperte le chiese e a celebrare pubblicamente le messe era un po’ la stessa cosa: esporre le persone al rischio contagio pensando “tanto Dio le proteggerà” equivaleva a tentare Dio.

Ora so che mi sbagliavo: era la poca fede e l’umana paura a portarmi verso quelle errate convinzioni. Prudenti è giusto esserlo, codardi no. Ho cambiato idea perché “per caso” sono venuta a conoscenza di una storia bellissima che ha a che fare con la situazione in cui ci troviamo. Einstein diceva: «Il caso è la via che Dio usa quando vuole restare anonimo».

In questo momento mi trovo a Roma e ci rimarrò fino al 2 marzo. Mentre stavo andando a visitare palazzo Doria Pamphilj vidi una chiesa lì vicino e decisi di visitarla. Si tratta della chiesa di San Marcello al Corso. Lessi sulla porta la dicitura “Crocifisso miracoloso”, così andai in cerca di questo oggetto portentoso con l’intenzione di affidarGli la vita dei miei cari che si trovano al Nord dove il virus circola maggiormente (anche perché mio padre è medico e per ovvie ragioni rischia di più). Non sapevo perché quel crocifisso fosse chiamato “miracoloso”, ma immaginai che una valida ragione ci dovesse pur essere. Scoprii in seguito che effettivamente c’era e che avevo scelto proprio il posto più adatto per quella preghiera a favore dei miei cari. Riporto la storia del Crocifisso miracoloso come è raccontata sul blog di Tv2000:

Le numerose storie di miracoli attribuiti al SS. Crocifisso nascono in un giorno preciso: il 23 maggio del 1519 quando un incendio, nella notte, distrusse completamente la chiesa. Il mattino seguente, agli occhi della gran folla di romani accorsi sul posto, si presentò una scena di grande desolazione: il tempio sacro era ridotto in macerie ma fra le rovine ancora fumanti, appariva integro il crocifisso dell’altare maggiore, ai piedi del quale ardeva ancora una piccola lampada ad olio. […] Tre anni dopo l’incendio, Roma venne investita da quella che gli storici della città ricordano come la “Grande Peste”, un vero flagello che portò desolazione e morte. In preda allo sconforto il pensiero andò al crocifisso miracoloso di San Marcello e forte fu il desiderio di portarlo in processione per le vie della città. Questo sentimento popolare vinse anche il divieto delle autorità, che per paura di far sviluppare ulteriormente il contagio, avevano vietato qualsiasi assembramento di persone. Il Crocifisso dunque venne prelevato dal cortile del convento dei Servi di Maria, dove era stato temporaneamente sistemato, e portato in processione per le vie di Roma verso la basilica di San Pietro. La processione durò ben 16 giorni: dal 4 al 20 Agosto del 1522. Man mano che si procedeva, la peste dava segni di netta regressione, e dunque ogni quartiere cercava di trattenere il crocifisso il più a lungo possibile. Al termine, quando rientrò in San Marcello, la peste era del tutto cessata: Roma, ancora una volta, era salva.

Il crocifisso miracoloso di San Marcello al Corso

8 pensieri su “Il Crocefisso di San Marcello e la peste di Roma

  1. Marco 29

    Riaprire le chiese, armandosi della giusta prudenza, senza tentare Dio e senza sfidare il coronavirus, è doveroso. Per alcuni di noi si tratta di un bisogno primario.

  2. Abbiamo ricevuto questa lettera inviata ai confratelli di una congregazione.
    Azzardiamo la condivisione per la ricchezza del contenuto. L’autore, che non citiamo, non ce ne voglia.
    Riteniamo, inoltre, possa essere una ulteriore conferma di quanto scritto:

    Carissimi confratelli,
    l’emergenza di questi giorni mi ha fatto molto pensare riguardo la nostra capacità di trovare soluzioni alternative alla chiusura di tanti nostri ambienti e alla sospensione delle celebrazioni.

    Abbiamo iniziato ad essere una “chiesa in quaresima”. Mi spiacerebbe che in questi giorni emergesse, invece, l’immagine di una “chiesa in quarantena” incatenata dalle stesse paure del mondo, non rassicurata dalla forza di Dio, impanicata invece che coraggiosa. La quarantena non si addice alla Chiesa la quale, per definizione, è chiamata a vivere “in uscita” e a creare “ospedali da campo” non solo per il corpo ma soprattutto per l’anima sempre desiderosa di respirare Dio. Ho l’impressione che sono più le anime che gemono che i corpi malati. Ci ritroviamo nudi e paurosi. E la vera paura nasce quando si scopre che non si ha un motivo per cui rischiare e morire. Questo porta al punto di aver paura della paura. Penso che dobbiamo passare dalla quarantena che isola anche da Dio a quella “quarantena dell’anima” chiamata quaresima che ha una forza d’amore tale da far morire la morte e da far portare Dio a tutti ad ogni costo. La temerarietà affascina, la paura spegne. L’ansia apostolica ci deve contraddistinguere proprio in momenti come questi.

    Vi scrivo questi appunti per dirvi che non dobbiamo accontentarci di essere dei “buoni cittadini” che mettono in pratica la legge. Certo, va fatto, ma ciò non ci esime dal trovare delle modalità, specie domenica prossima, per fare in modo che l’anima dei fedeli non rimanga a digiuno. Forse si potrebbe portare l’eucarestia per le case a chi lo richiede, certamente possiamo offrire qualche strumento per la preghiera in famiglia oppure invitare a passare comunque un tempo di orazione in qualche chiesa (sperando che rimangano aperte) o con il rosario in mano sotto la volta del cielo. Non saprei cos’altro suggerire, ma allo stesso tempo mi dico che a fronte di celebrazioni sospese dovremmo attivare la fantasia della carità. Sono certo che di idee ne avete più di me! L’immagine di una “chiesa in quarantena” non fa bene ai nostri giovani che hanno bisogno di vedere e toccare con mano che ci teniamo concretamente al gregge a noi affidato al punto da contemplare il rischio nel nostro agire.

    Analogamente, se malauguratamente Scuole e CFP dovessero rimaner chiusi (ma sembra di no), dobbiamo attivare delle modalità per non lasciare i ragazzi nell’ozio. Qualcuno di voi ha scritto loro una lettera dando delle indicazioni preziose, altri so che stanno pensando ad una modalità di didattica a distanza… bene. Ricordiamoci quanto ci ha detto Papa Francesco nel 2015: “I salesiani che non hanno questa concretezza delle cose… Gli manca qualcosa. Il salesiano è concreto, vede il problema, ci pensa e lo prende in mano”. Il vero virus è rimanere con le mani in mano.

    Un sacerdote re-sponsabile

  3. Marie Rose Maciejasz

    Questo tempo di prova, sia un tempo forte di riflessione.
    Come siamo messi con la nostra anima d’avanti a Dio ??
    Lo dico anche per me.

    Buona quaresima a tutti.
    Grazie.

  4. stefdo64

    La fede nel Signore è un dono che Dio fa ad ogni uomo . Oggi stiamo attraversando un periodo difficile, e non parlerei di codardia se, ci chiedono di rispettare alcune regole di prevenzione, a tutela ns ed altrui salute . Quel che conta è il rapporto che in cuor ns abbiamo con Cristo . Non dimentichiamo che la preghiera è il respiro dell’anima .

  5. Maria Chiara

    Questa mattina mi sono svegliata con una sensazione molto forte: “sai quanto è contento il principe di questo mondo che tanti fedeli sono lontani dall’Eucarestia”.
    Ed ho iniziato a concretizzare i dubbi in merito ai provvedimenti presi. Non la faccio lunga, perché sposo in pieno quel che ha scritto Costanza ed ancora di più le parole del sacerdote Re-sponsabile.
    Ricordiamoci sempre che l’unica parola contraria al termine FEDE è “paura”, non “prudenza”, unica cosa che occorrerebbe a prescindere dal questo virus!
    Che sia una Santa Domenica per tutti e soprattutto che possa trovare un santo sacerdote che domani mi dia la mia indispensabile fonte di nutrimento, ovvero la Santissima Eucarestia , proprio qui, nella zona gialla!!!!

  6. ELENA

    Oggi i Vescovi della zona gialla si riuniranno a Caravaggio per decidere….preghiamo che la Madonna di quel Santuario interceda per loro con i doni dello Spirito Santo..!!!

  7. The_Punisher_020

    Mah! Che dire…in questo tempo di coronavirus. Innanzitutto, soprattutto per certe questioni, citerei con estrema cautela Einstein, perche’ se e’ senz’altro vero che ammetteva l’esistenza di un Creatore dell’universo, negava poi tutto il resto, compresa l’esistenza dell’anima, intesa solo come un principio vitale destinato a esaurirsi nella bara con il corpo; avesse letto San Tommaso d’Aquino, forse avrebbe tratto beneficio…
    Fermo restando che su questa terra non succede niente che Dio non permetta, e’ pero’ altrettanto chiaro che se questo virus estremamente contagioso piu’ che letale, e’ libero di imperversare come la peste nera del 1348 che mieteva vittime anche tra le fila del clero (morivano persino i monaci dediti alla incessante preghiera, racchiusi nei loro monasteri), occorra prenderne atto e rimettersi alle misure prudenziali decise dal Vescovo, ovvero dal Vicario di Dio sulla terra a cui si deve obbedienza. Non trovo affatto scandaloso che anche i luoghi di culto siano assoggettati alle norme addottate dall’aurorita’ civile preposta in materia e fatte proprie dal Vescovo responsabile della diocesi, perche’, ricordiamolo, se pure il demonio puo’ entrare in Chiesa, anche questo virus ugualmente subdolo, potrebbe farlo…o no?🤔

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