#HumanaeVitae vissuta. Parte sesta

L’appello per l’ Humanae Vitae

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Continuate a scrivere  pav@pav.va, al professore che organizza il corso alla Gregoriana, Humberto Miguel Yanez (unigre.it) e al relatore cui abbiamo fatto riferimento chiodimaurizio@ gmail.com  e, se volete, anche al blog sposatiesiisottomessa@gmail.com

 

Sarei una bugiarda se dicessi che seguire gli insegnamenti dell’HV sia stata una passeggiata anzi il più delle volte essere aperta alla vita e usare i metodi naturali mi è costato sudore e sangue ma di certo questo ci ha fatto  crescere e maturare come coppia nonché sperimentare momenti di comunione profondissima e intensa.

Al mio terzo parto cesareo in sala operatoria il medico al mio rifiuto di chiudere le tube diede di matto e fece una bella scenata condita di offese e minacce…. Questo fatto mi turbo’ profondamente e mi portò a una depressione postpartum che durò diversi mesi accompagnata dal terrore puro di avere altri figli. Avevo desiderio però di essere fedele agli insegnamenti della chiesa in maniera responsabile ma volevo anche capire bene quanti e quali rischi correvo.

“Ti porto io da un bravo medico” mi propose un’amica. Il “bravo” medico, un vice primario alquanto blasonato, si rivelò essere il medico che mi aveva terrorizzato in sala parto, il quale in quella visita privata alla modica cifra di 140€ mi  disse che nel mio caso (cartelle cliniche alla mano) potevo tranquillamente avere un eventuale quarto ceraseo….

Non ebbi altri figli per molto tempo, come a sottolinearmi che la vita non è nelle nostre mani ma nelle mani di Dio, dopo 11 anni alla soglia della menopausa e nata Miriam Benedetta.

Anche gli altri miei figli Sara Filippo e Teresa sono contenti di essere vivi e io ringrazio Dio di aver perso un po’di vita per dare la Vita!!

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Da 15 anni sono attivo nella consulenza per la conoscenza del ciclo; l’ho insegnata a incirca 1000 persone e consigliato a centinaia di coppie.

A partire da questa esperienza devo affermare:

L’enciclica Humanae vitae (HV) e la pratica della “regolazione naturale della fertilità” (RNF) dovrebbe essere la norma per ogni coppia. La RNF non è un ideale nel senso che sia idealistico di credere di poterlo vivere. L’affermazione che HV e RNF non siano praticabili non viene forse piuttosto da coppie e sacerdoti che non si sono mai davvero occupati della RNF? Nella mia esperienza pastorale in 15 anni non mi è mai capitato che si non potesse aiutare a una coppia.

Al numero 17 (dell’enciclica) papa Paolo VI esprime la preoccupazione che gli uomini che si sono abituati ai mezzi contraccettivi potessero perdere la stima verso la donna e – senza rispettare il suo benessere fisico ed equilibrio psichico – finire a considerarla solo come uno strumento per soddisfare le proprie pulsioni e non come una partner alla quale è dovuta rispetto e amore.

Esattamente questa è la mia esperienza che ho dovuto fare nel mio lavoro da consulente nella pastorale familiare.

Io suppongo che un teologo come Maurizio Chiodi non conosca affatto il modo di vivere secondo la RNF. Annacquando l’insegnamento di HV i risultati drammatici della contraccezione non si attenueranno di sicuro. Bisogna invece aspettarsi altre coppie ferite quando non si attengono più alla tradizionale dottrina di HV.

(Nell’area di lingua tedesca) quasi tutte le coppie – anche cattoliche – vivono una qualche forma di contraccezione. Non hanno altra scelta perché quelli che avrebbero dovuto sapere hanno taciuto per decenni nell’intento di cambiare la dottrina. È piuttosto grave se alcuni affermano che “praticamente nessuno” segue l’insegnamento della Chiesa e perciò tale dottrina è superflua, mentre essi stessi sono corresponsabili che tale dottrina non sia stata insegnata.

Parlo qui con profonda convinzione e con profonda conoscenza della qualità di vita e di coppia per chi ha trovato l’insegnamento della HV. Chi ha conosciuto il vero insegnamento e l’ha messo in pratica concretamente e in modo coerente è quasi sempre (oltre il 95%) felice e contento della RNF (vedi lo studio Rhomberg). E di questi il 99% consiglia ad altri la RNF.

Dott. Helmut Prader, Incaricato della pastorale familiare, diocesi di St. Pölten, Austria

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Questa, più che una testimonianza sull’HV, vuole essere la descrizione di come Gesù può salvarci, soprattutto quando noi non lo chiediamo, questa è una piccolissima dimostrazione di come Lui sappia cosa è meglio per noi molto meglio di quanto non lo potremo mai sapere noi stessi.

Non ho mai voluto figli, non ho mai voluto sposarmi, di più, non ho mai voluto un uomo accanto a me.

Tutto quello che volevo, per molti anni, era avere accanto una persona come me, una donna!

Era con una donna che io avevo immaginato e sognato di trascorre la mia vita e per molti anni così è stato. Sono stati i miei anni senza Dio, gli anni in cui quasi deridevo coloro che andavano a messa, anni in cui dicevo che era comodo appoggiarsi su un essere divino, che per me non esisteva, perché non si era in grado da soli di farcela. Anni in cui mi sentivo libera perché la domenica non avevo la costrizione della messa, ah che grande libertà, che grande senso di libertà era poter organizzare ogni cosa senza quell’impiccio lì!

Io non lo sapevo, ma quegli anni sono stati per me la trasposizione del romanzo di Oscar Wilde Il ritratto di Dorian Grey, fuori ero come sempre, come mi vedevo e come mi vedevano gli altri, ma dentro, a poco a poco, la mia anima si stava decomponendo, si stava smarrendo, si stava incurvando su se stessa, fino a non essere più. Sono stati anni pieni di bugie, di sotterfugi di cose non dette, di sentimenti nascosti e vissuti all’oscuro degli altri. E già questo avrebbe dovuto farmi accendere un campanello d’allarme, ma no, non ero io quella sbagliata, erano gli altri, cattivi, che non mi capivano, primi tra tutti i miei genitori.

Fino a che non arriva quel giorno fatidico, forse uno dei giorni più importanti della mia vita, in cui decido di dire tutto ai miei, e scoppia per me l’inferno, ah, che grande grazia è stata per me quel periodo! Non sto a ripetere quello che mi sono sentita dire in quelle settimane, fatto sta che quella relazione che mi aveva dato tanta sicurezza di me da uscire allo scoperto con la mia famiglia, finisce, scompare, come una bolla di sapone, la chiudo io, perché in quel momento così difficile per me, ne vedo l’estrema fragilità, riesco a riconoscere, solo in quel momento, l’inconsistenza di cui era fatta. Mi accorgo, travolta dalle macerie della mia vita, che era stata solo illusione. Ed in quel momento, mi guardo allo specchio e non mi riconosco, non so più chi sono. Ero il niente, in me si rifanno strada pensieri di morte, volevo farla finita, solo così quel dolore, pensavo, sarebbe svanito. Come mi sbagliavo! In quei giorni, un mio amico prete mi disse ‘se il seme che cade in terra non muore, non può dare frutto’. Ecco, io ero caduta, ero a terra, ero morta. Ma non sapevo che da li tutto sarebbe cambiato, quanto non lo potevo nemmeno immaginare.

E sono certa che quel momento sia stato l’inizio della risalita, in quel momento, nel punto più basso della mia vita terrena, sulle rive del mio Giordano, eccolo Gesù che mi accoglie, che mi raccoglie, che mi tende la mano. Ma io ancora non lo vedevo, non ero ancora pronta, ma Lui era lì, è venuto fin nel punto più profondo in cui ero sprofondata per prendermi per mano. Ora, se mi guardo indietro, la riconosco, la Sua stretta, il Suo tirarmi fuori dalla melma. Ci è voluto ancora quasi un anno prima di quella messa che ha sancito il mio aprirGli nuovamente le porte del mio cuore, e sono stati mesi duri, in cui mi sono interamente ricostruita, ma ora so che non ero sola a farlo, ora so che chi mi passava i pezzettini della mia anima e mi indicava il punto esatto dove metterli era Gesù!

Nella messa di Natala di sette anni fa mi affido a Lui, Gli mette nelle Sue mani la mia vita, con la richiesta di farmi capire che cosa volesse per me. Dopo poco ecco che arriva nella mia vita, o meglio, ci ritorna, l’uomo che poi sarebbe diventato mio marito e il padre dei miei figli.

Subito, insieme, l’appuntamento della messa domenicale diventa immancabile, anche se questo ci ha portato ad allontanarci dalla compagnia che frequentavo precedentemente.

Quando lui era tornato io gli parlavo di me e gli raccontavo di quanto fossi cambiata dal nostro primo incontro, proprio nei mesi della tempesta interiore, gli parlavo di come fosse bello e appagante aver ritrovato la fede in Dio, di come lo sentissi accanto.

Dopo pochi mesi da questo suo ritorno e dal mio affidamento a Gesù, decidiamo di sposarci, scegliamo dove fare il cammino in preparazione al sacramento e ci mettiamo d’impegno.

Subito per noi, fin dai primi mesi, era chiaro che prima di raggiungere un’intimità fisica ci interessava molto di più raggiungere l’intimità di anime, quella fisica sarebbe stato il passo successivo e, in un certo senso, conclusivo del nostro percorso.

Durante gli incontri in preparazione al matrimonio, 14 spalmati su sei mesi, siamo venuti a conoscenza dei metodi naturali, in particolare del sintotermico Roetzer, abbiamo partecipato ai ulteriori 4 incontri che ce lo avrebbero spiegato e, subito, ci siamo impegnati per metterlo in pratica, prima di poterlo utilizzare con la consapevolezza necessaria serviva almeno un anno per avere una conoscenza adeguata del funzionamento del mio corpo.

Sempre durante gli incontri in preparazione al matrimonio, ci hanno spiegato ed infine ci hanno regalato l’HV, spiegandoci che l’atto sessuale all’interno del matrimonio non è finalizzato solo alla procreazione, come spesso erroneamente molti dicono, ma che è un importante e fondamentale atto unitivo dei due sposi, un atto che tende ad unire, per davvero, totalmente, in una sola carne, due persone, un modo di vivere la sessualità consapevole, maturo, adulto, che non cerca l’appagamento del proprio piacere, ma che cerca l’appagamento nel rispondere ad una chiamata, nel dire sì alla volontà di Dio, nel diventare preghiera nel momento in cui ci si dona totalmente l’uno all’altra, senza filtri, senza barriere.

Non abbiamo avuto bisogno di parlare molto, anzi, quasi per niente, per noi questo modo di vivere la sessualità è stato fin da subito l’unico che ci ha interessato.

L’unico che ci ha permesso di avere figli quando lo abbiamo desiderato e di non averne quando non lo desideravamo, praticando anche l’astinenza, certo, ma questo ci ha portato ad avere un’intimità molto molto forte, viva e a conoscerci sempre meglio.

In questo cammino ci siamo confrontati con la frustrazione del desiderio non appagato a livello fisico, ma abbiamo scoperto la fortissima intimità che c’è nello stare abbracciati, nell’affidarci e nel fidarci totalmente dell’altro che altro non è che affidarci e fidarci totalmente di Dio.

Ora abbiamo un bimbo in Cielo e due splendide bimbe, ogni tanto pensiamo che sarebbe bello ingrandire la famiglia, ma poi finiamo sempre con il dire: ‘Sarà quel che Dio vorrà’.

Quando le nostre bimbe saranno più grandi e potranno capire, ci piacerebbe aprire la nostra casa all’affido, sperando che questo sia nei piani del Signore per la nostra famiglia.

Preghiamo, già da ora, il Signore affinché ci illumini e ci indichi la via per educare le nostre bimbe ad una sessualità consapevole e nelle mani di nostro Signore, consapevoli che la società odierna le porterà a credere che il nostro vissuto, i nostri insegnamenti siano anacronistici, ma sappiano, perché sperimentato nella nostra vita che non c’è nulla di più appagante che fidarci di nostro Padre!

R.

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Siamo sposati dal 1985 e la dottrina di Humanae Vitae ci ha guidati e accompagnati fin da subito.

Inizialmente abbiamo seguito il suo insegnamento per obbedienza alla Chiesa di cui ci sentiamo figli e abbiamo accolto la proposta dei metodi naturali con la sola idea di accogliere responsabilmente la vita. Ma abbiamo subito scoperto, con stupore, come invece questa stesse “modellando”la nostra vita sessuale. HV ci ha aiutato a vivere il gesto più bello del matrimonio come un dono e un’accoglienza nella ricerca di una comunione più profonda fra noi. Non più solo il piacere, ma il piacere per poter accogliere l’altro nella sua fragilità e nel suo mistero. Quindi il gesto coniugale vissuto come preghiera per chiedere al Padre di riuscire ad amarci di più; un gesto spesso molto desiderato ma non espresso quando non eravamo pronti ad accogliere un altro figlio: e che fatica!e che senso di ingiustizia per non poter vivere quello che i nostri corpi chiedevano a gran voce. Ma quanto questa “astinenza” o “attesa”ci ha purificato e ci ha dato la possibilità di essere umili.

“Meglio fare un figlio che un peccato” è stata spesso la decisione presa, perché questo gesto non doveva essere rovinato, era anche Suo, del Padre, del Creatore.

Abbiamo imparato a vivere la tenerezza, e quanto bene ci fa, anche ora che i nostri corpi, già un po’ stanchi e decadenti, non reggono più tanto l’ardore dell’amore.

Abbiamo chiesto e accolto i nostri figli come un dono e quelli concepiti e non nati sono stati anche più preziosi nel farci capire, con dolore, come ogni figlio avuto sia stato un dono e non una nostra conquista.

HV dice che l’amore coniugale è umano, totale, fedele e fecondo”: quante volte ci siamo interrogati  se il nostro modo di amarci fosse proprio così e dove invece dovevamo crescere.

Grazie Paolo VI, grazie dell’Humanae vitae!

 

Enzo e Raffaella

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A tutti i membri della Pontificia Accademia per la Vita;

Al professor P. Humberto Miguel Yáñez;

A Don Maurizio Chiodi;

Desideriamo scrivervi per potervi dare la nostra esperienza circa la sapiente ed ispirata enciclica Humanae Vitae, nella speranza che possa aiutarvi a riconoscere che non c’è la necessità di una neppur minima modifica nè rilettura.

Siamo una giovane coppia di 32 e 29 anni, sposati dal Maggio 2012. In questi primi 6 anni di matrimonio il Signore ci ha donato 3 figli (Giovanni Maria nel 2013, Natanaele nel 2015, Carmen nel 2017).

Siamo stati fidanzati 5 anni, pur giovanissimi avevamo già ricevuto dalla Chiesa (attraverso il cammino di Fede che facciamo praticamente da sempre, grazie ai nostri genitori) tutte le indicazioni ed i consigli necessari per poter vivere pienamente questo tempo della nostra vita. Consapevoli della fedeltà del Signore, gli abbiamo chiesto di donarci un fidanzamento nella castità, in obbedienza alla nostra madre Chiesa. E Lui ci ha aiutato concretamente a vincere le nostre debolezze e tentazioni, donandoci la grazia di giungere all’altare senza esserci macchiati di questo peccato così sottovalutato (e molte volte sconosciuto) dai nostri coetanei di allora. È stato meraviglioso vivere così il fidanzamento! Conoscerci veramente, imparare ad amarci per quello che siamo e non per quello che diamo, risolvendo i problemi non banalmente “andando a letto”, ma parlandone e spiegandoci a vicenda. E poi scoprire quanta sublime bellezza c’è nell’attesa! Della prima notte di nozze, del primo viaggio da soli insieme, del vivere sotto lo stesso tetto. Vale la pena aspettare! Abbiamo sperimentato che le indicazioni della Chiesa (che molti vedono come “leggi” o “paletti”) sono più una protezione che un limite. E sono per la nostra vera felicità. Vi parliamo di questo perché, come lo stesso Gesù nel Vangelo ci insegna, per costruire una casa solida e resistente bisogna fare delle salde fondamenta. Un buon matrimonio affonda le sue radici in un buon fidanzamento! Non benediremo mai abbastanza il Signore per averci fatto conoscere in tempo la meravigliosa e santa dottrina della Chiesa Cattolica, che ci ha messo nella Verità fin da subito. Adesso, da sposati, ci rendiamo conto con ancor più consapevolezza dell’importanza del fidanzamento casto, e ne stiamo riconoscendo i benefici. Ci sono stati momenti più o meno lunghi, in questi ultimi 6 anni, nei quali è stato necessario astenersi per varie situazioni (malattie, interventi, periodi post parto, ecc.), e ci rendiamo conto che la forza per rimanere uniti e reciprocamente fedeli anche in queste circostanze ci viene dall'”allenamento alla castità” fatto nel fidanzamento.

Detto questo, vorremmo raccontarvi di quanto il vivere l’HV ci rende liberi e ci aiuta a fidarci sempre più di Dio Padre e sempre meno di noi stessi. È chiaro che non siamo dei pazzi lavati di cervello. Abbiamo anche noi i nostri momenti difficili, nei quali viene provata la Fede. Abbiamo vissuto in precarietà almeno i primi 3 anni di matrimonio e dunque conosciamo la difficoltà e la sofferenza di trovarsi col frigo vuoto e senza un soldo (neanche per comprare i pannolini). Nonostante ciò, ci siamo ancora una volta fidati del Signore, certi della sua bontà, avendo già sperimentato la sua infinita Provvidenza. Infatti non ci è mai mancato niente, sempre abbiamo mangiato ed abbiamo avuto tutto il necessario ed anche di più.

Amiamo dire che Lui è sapiente, nel senso proprio del termine, “colui che sa, che conosce”. Conosce noi singolarmente, e conosce la nostra vita, la nostra storia. Noi a malapena sappiamo interpretare il nostro passato e capire il nostro presente, Lui invece conosce anche il nostro futuro. Come abbiamo imparato questo? Sperimentando sulla nostra pelle l’Humanae Vitae. Siamo sempre stati aperti alla vita, e abbiamo visto l’amore e la fedeltà di Dio. Lui ci ha rispettato quando ci spaventava l’idea di un’altra gravidanza, ed ha saputo trasformare le nostre paure in fiducia. Nel 2014 infatti avevamo già il nostro primogenito da un anno. La casa era piccola. Eravamo rimasti entrambi senza lavoro, non percepivamo nè disoccupazione nè altri sussidi o aiuti. Pur cercando molto, per mesi non avevamo trovato nulla. Umanamente era il momento peggiore per rimanere in attesa di un secondo figlio. Ma il Signore non la pensava così (“quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri”. IS 55,9). Neanche per un istante abbiamo pensato di non accettare questa nuova vita che Dio voleva affidarci, ma non nascondiamo di aver avuto timore. Dopo pochi giorni arriva una chiamata. Avevano valutato positivamente il mio curriculum. Mi offrono un lavoro. Precario, certo. Poco retribuito, ma che ci ha permesso quantomeno di non indebitarci e di poter cercare una casa più grande, miracolosamente trovata in affitto ad un prezzo inferiore ed in zona migliore. Ma siccome il Signore non ha il braccio corto, per toglierci qualsiasi dubbio che vale la pena fidarsi di Lui, dopo qualche mese mi chiamano per un lavoro ben pagato a due passi da casa. Dopo un periodo di prova mi offrono un contratto a tempo indeterminato, che ovviamente firmo (tra l’altro grazie a questo contratto possiamo accedere al finanziamento per comprare un’auto più grande). Il giorno dopo nasce Natanaele, il cui nome significa “Dio ha dato”: una profezia per la nostra vita.

Vi scriviamo adesso da Malabo, capitale della Guinea Equatoriale, in centro Africa. Abbiamo lasciato tutto, casa, auto e lavoro, per rispondere ad una Chiamata all’evangelizzazione. Siamo qui in missione con i nostri figli da un anno e mezzo. “Che coraggio!”, ci hanno detto in molti. “Siete pazzi!”, pensano molti altri. “Come avete fatto?”, ci chiedono alcuni. L’Humanae Vitae ci ha insegnato a fidarci di Dio. A capire che è Lui che fa la storia, non noi. A vedere che è fedele, che è buono, che ci ama molto oltre i nostri egoismi. Che ci vuole felici! Che Lui non toglie niente ma dà tutto! E che noi possiamo dare la vita, perché l’abbiamo ricevuta per primi!

Vi preghiamo, vi scongiuriamo, vi chiediamo come figli e fratelli: non negate ad altri la possibilità di fare questa nostra stessa esperienza. Non toccate l’Humanae Vitae, non la modificate! Piuttosto promuovetela nella sua interezza e solidità. Abbiate l’umiltà e l’onestà intellettuale di ascoltare le tante famiglie che, come noi e meglio di noi, ne sperimentano la validità e la bontà. Fate in modo che ritorni ad essere un perno per tutte le famiglie cristiane. La società odierna ne ha bisogno.

Che Dio vi illumini e vi benedica.

La Pace,

Filippo ed Elisa

 

2 pensieri su “#HumanaeVitae vissuta. Parte sesta

  1. Betta

    La testimonianza di Filippo edElisa rende molto bene la VERITÀ! È vero: bisogna che la Chiesa faccia RETE intorno alle coppie, intorno alle famiglie perché si rimetta la storia nelle mani di Dio. Grazie!

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