Bilanci, giudizi e salami

di Costanza Miriano

“Come è difficile capirsi, mio caro” – ho detto ieri sera appunto al mio caro, dopo un banalissimo malinteso, indossando un sorriso da mogliettina anni ’50. “Cosa esattamente non capisci?” – mi ha stroncato lui, marito anni 2000 impermeabile a ogni moina (è un genio). E’ perché ho un marito che mi risponde così, e nonostante questo non volevo né andare in analisi né prendere a craniate la credenza lillà che mi sono risolta a scrivere un libro. Per imparare la lingua maschile. E’ evidente che non ci sono riuscita.

E per di più la cosa ha avuto degli effetti collaterali, non tutti necessariamente positivi. Voglio dire, ventimila copie, sì, un sacco di riconoscimenti, inviti, attestati di stima, molte nuove amicizie preziosissime, alcune diventate fondamentali. Ma da un punto di vista spirituale, mi chiedo, cosa ha significato questo ciclone che è entrato nella mia, anzi nella nostra vita?

A questo punto il bilancio diventa troppo intimo, quello che riguarda me, e troppo privato per quello che riguarda la famiglia, per poterne parlare qui. Mi sono accorta – sono lenta di comprendonio e ci ho messo un po’ a capirlo – che la rete esacerba gli animi, e che a volte fa sentire le persone libere di roteare la mazza chiodata ed emettere giudizi netti e severi e a volte anche cattivi, giudizi a cui non si azzarderebbero parlando con qualcuno in carne ed ossa, osservandone le movenze e gli accenti.

Ma il cuore del ragionamento non è questo. E’ piuttosto il fatto stesso di giudicare. La Sapienza eterna ci dice di non farlo. Non perché non ci sbilanciamo, e neanche per una sorta di legge del taglione che ci permetta di non essere giudicati, né, infine, per ipocrisia, no di certo. Ma proprio, profondamente, veramente, perché non ne siamo capaci.

Io personalmente sono certa di non essere in grado di giudicare neppure me stessa. Di certo non lo sono gli altri: mi rendo conto di godere di una stima esagerata, ma niente in me è cambiato rispetto a quando mi sono sentita incompresa e sottovalutata. Anzi, forse ci sono stati anni di servizio silenzioso ai figli piccoli, alle fatiche quotidiane (quelle di tutti, per carità) in cui, chissà, magari ero più vicina al Signore. Davvero non lo so.

Penso che nessuna delle nostre azioni sia totalmente pura, neanche le più buone agli occhi degli altri (vanagloria, compiacimento, emulazione, perfezionismo, invidia, competizione possono sempre mettersi in mezzo). Senza lo Spirito Santo nulla è nell’uomo, nulla senza colpa. Per questo c’è tanto bisogno di pregare, anche quando ci sembra di stare a posto con le azioni.

Questo tempo quaresimale è propizio alla conversione profonda del cuore, alla consegna totale, alla resa. Sapendo che ci si arrende a Dio che è amore totalmente misericordioso, che ci aspetta paziente per anni, solo per dirci che ama ognuno di noi come un figlio unico. E’ questo il messaggio di alcune grandi sante degli ultimi anni: di santa Teresina di Lisieux, che ha tracciato la piccola via, di Madre Speranza, instancabile apostolo dell’amore misericordioso, di Santa Faustina Kowalska (Enrica, hai visto?: ho ascoltato il tuo consiglio…), tanto cara a Wojtyla che nella festa della Divina misericordia è salito al cielo. La festa cade la domenica dopo Pasqua, ma già quest’ultima parte di quaresima è propizia, molto propizia a riprendere in mano la coroncina e il Diario di Faustina (io amo in particolare i testi della Via crucis).

L’insegnamento che traggo da tutti i testi di meditazione sulla divina misericordia, e sulla sproporzione con la nostra finitezza, è che nulla di solo umano è profondamente, veramente, totalmente buono. Nulla, chiaro, tranne il pane umbro sciapo cotto a legna, con il salame. (Ho pochi capisaldi di teologia, ma su quelli non ho dubbi).

pubblicato il 26 marzo 2012

 

45 pensieri su “Bilanci, giudizi e salami

  1. Anna Maria Spotti

    Cara Costanza,
    hai il prezioso pregio di tramettere i miei (e forse i nostri) sentimenti che io non so esternare!
    Ti ringrazio e contraccambio gli auguri per una Santa, anche se difficoltosa, Quaresima.
    Estendo l’augurio a tutti quelli a cui può interessare.
    ANNA MARIA

  2. gessiprofumati

    Che carezza per l’anima questo articolo nel primo giorno di Quaresima.
    Grazie!

  3. Cara Costanza,
    posso sottoscrivere quello che hai scritto, ma con una doverosa precisazione (che, per la verità, mi aspettavo facessi tu).
    Nessuno di noi può giudicare un’altra persona.
    Ognuno di noi, però, è chiamato a giudicare la bontà degli atti compiuti dai noi stessi o da altri.
    Nessuno può giudicare il peccatore.
    Ognuno deve (non “può”) giudicare il peccato.
    Altrimenti, come potremmo dire, che so, che il genocidio (ma, a leggere le Scritture ed il Magistero, anche l’adulterio, per dire) è un atto intrinsecamente malvagio, che nessun “fine superiore” può giustificare?
    Come potremmo apparire, credibilmente, dalla parte delle vittime, e non da quella degli oppressori? Perché ogni peccato, anche il più nascosto, registra delle vittime, lo sappiamo vero? Lo sporco che ci gettiamo addosso ha sempre qualche schizzo che va a colpire chi ci circonda… e, ahimé, molte volte sono ben di più che schizzi.

  4. “Mi sono accorta – sono lenta di comprendonio e ci ho messo un po’ a capirlo – che la rete esacerba gli animi, e che a volte fa sentire le persone libere di roteare la mazza chiodata ed emettere giudizi netti e severi e a volte anche cattivi, giudizi a cui non si azzarderebbero parlando con qualcuno in carne ed ossa, osservandone le movenze e gli accenti.”

    Ma va’? 😉

    Per il resto, saggia riflessione ad “uso comune”.

    “vanagloria, compiacimento, emulazione, perfezionismo, invidia, competizione possono sempre mettersi in mezzo…”

    e più si è esposti, per notorietà soprattutto (che può essere palnetaria o nel pur piccolo microcosmo della vita di ciascuno), più i rischi aumentano.

    Poi, grazie a Dio, quando si inizia ad illudersi di “essere qualcuno”, un piccolissimo fatterello, uno screzio, uno “scivolone morale”, ci porta alla realtà di ciò che veramente siamo.

    (parlo per me prima di tutto)

    “Memento homo quia pulvis es et in pulverem reverteris. Ricordati uomo, che polver sei e polvere tornerai”
    Una Santa Quaresima a tutti.

  5. Fabrizio Giudici

    “a cui non si azzarderebbero parlando con qualcuno in carne ed ossa, osservandone le movenze e gli accenti.”

    Uno dei motivi per cui hanno introdotto gli emoticon è stato proprio un tentativo di compensare la mancanza di espressioni extra-verbali di una forma di comunicazione che è esclusivamente verbale (gli emoticon precedevano internet, ma prima di internet la gente non comunicava in massa in questo modo).

    Tuttavia, le cose hanno vantaggi e svantaggi. L’orientamento “cattivo” di internet è noto; ma la cattiveria è dovuta ad una cattiva predisposizione e alla mancanza dell’uso del cervello. Ma la forma puramente verbale della comunicazione obbliga a focalizzarsi sui contenuti e offre meno appigli ai manipolatori (infatti i manipolatori di professione, ovvero i pubblicitari, hanno bisogno di audio e soprattutto video). E certi non si azzardano a dire cose in pubblico per timidezza, oppure malinteso senso dell’educazione, eccetera. Quindi, per quanto mi riguarda, ben venga la franchezza della comunicazione verbale; è uno dei migliori antidoti al pol.corr.

    Quanto ai giudizi, scontata ma doverosa l’osservazione di chesterton63. Per esempio, rimanendo alla cronaca, è giudizio temerario sostenere che Fabo è all’inferno; ma è atto di misericordia dire che il suo comportamento – e soprattutto quello dei sani che con arroganza pretendono leggi barbare – porta all’inferno. Non dirlo chiaramente rischia di farci finire pure noi.

    1. fracentanni

      Ecco bravo, diciamolo e ribadiamolo che la scelta fatta dal dj Fabo porta dritta all’inferno! E trovo scandaloso che solo il card. Bagnasco abbia timidamente fatto rilevare che la scelta di Fabo è una sconfitta per la società. Mentre nessuno ha ricordato che la scelta del suicidio porta all’inferno.

    2. fra' Centanni

      Ecco bravo, diciamolo e ribadiamolo che la scelta fatta dal dj Fabo porta dritta all’inferno! E trovo scandaloso che solo il card. Bagnasco abbia timidamente fatto rilevare che la scelta di Fabo è una sconfitta per la società. Mentre nessuno ha ricordato che la scelta del suicidio porta all’inferno.

      1. Bene, l’avete detto (in due) e quanto meno vi siete tolti dal rischio di finirci per peccato di omissione (secondo l’assioma di Fabrizio)…

        E ora?

        (magari si potrebbe anche tornare al tema cuore di questo articolo… che forse guarda un po’ più al profondo di noi stessi, che non al “male che sta fuori”).

        1. Fabrizio Giudici

          “Bene, l’avete detto (in due) e quanto meno vi siete tolti dal rischio di finirci per peccato di omissione (secondo l’assioma di Fabrizio)…”

          Ezechiele, capitolo 3:

          «Figlio dell’uomo, ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia. Se io dico al malvagio: «Tu morirai!», e tu non lo avverti e non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta perversa e viva, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. Ma se tu avverti il malvagio ed egli non si converte dalla sua malvagità e dalla sua perversa condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato. Così, se il giusto si allontana dalla sua giustizia e commette il male, io porrò un inciampo davanti a lui ed egli morirà. Se tu non l’avrai avvertito, morirà per il suo peccato e le opere giuste da lui compiute non saranno più ricordate, ma della morte di lui domanderò conto a te. Se tu invece avrai avvertito il giusto di non peccare ed egli non peccherà, egli vivrà, perché è stato avvertito e tu ti sarai salvato»

          E per quanto riguarta preti e vescovi, la loro colpa, in caso di omissione, è anche più grave perché sono stati posti a pascere il gregge.

          Cos’è, Bariom, ti stai già allenando a dimenticare parti selezionate delle Scritture, nella prospettiva “ecumenica” con i Luterani?

          (magari si potrebbe anche tornare al tema cuore di questo articolo… che forse guarda un po’ più al profondo di noi stessi, che non al “male che sta fuori”).

          Chi non corregge i fratelli quando è necessario farlo, il male ce l’ha dentro. È impegnativo essere cristiani: bisogna sempre pensare a come si guida, ma anche a come guidano gli altri, e poi di nuovo a come si guida, e subito dopo ancora a come guidano gli altri. Appena uno si concentra solo su una di queste due cose, ecco l’incidente.

          1. “Cos’è, Bariom, ti stai già allenando a dimenticare parti selezionate delle Scritture, nella prospettiva “ecumenica” con i Luterani?”

            Ah ah ah, ma come sei simpatico 😛

            Continua pure ad andare avanti “a caccia di nemici” o di fratelli di richiamare (e salta a piè pari l’invito alla riflessione personale qui proposta) che ne farai di strada…

            Ciao.

            1. Ah, poi giusto per stare alla lettera, tu ti sei preso su e sei andato da Fabo ad avvisarlo o stai solo a chiacchiere sul blog?

              1. Thelonious

                L’ha scritto sul blog, ma con tono urlato e in grassetto, quindi è a posto !

              2. Giusi

                Bariom a che sarebbe servito? Invece un appello del Papa “tanto amato” avrebbe potuto avere il suo peso anche per gli emuli e per la legge che il 13 marzo approda in Parlamento…… Invece non abbiamo che Paglia che esalta lo “spirito di Pannella”……..

                1. @Certamente avrebbe avuto il suo peso, un appello del Papa…

                  Su quello di Fabrizio direttamente a Fabo, non sottovaluteri la cosa… non tanto per via del messaggero, quanto per il messaggio in sé se mosso dallo Spirito Santo.

            2. Thelonious

              @Fabrizio Giudici

              “Cos’è, Bariom, ti stai già allenando a dimenticare parti selezionate delle Scritture, nella prospettiva “ecumenica” con i Luterani?” che st…..upidaggini !

              E facciamola finita con questo giochetto di mettere in bocca agli altri intenzioni e parole che con ogni evidenza non hanno !

    3. Fabrizio Giudici

      Ovviamente la parola “verbale” è sbagliatissima per quello che intendevo dire: è comunicazione _scritta_.

  6. Fabrizio Giudici

    “E facciamola finita con questo giochetto di mettere in bocca agli altri intenzioni e parole che con ogni evidenza non hanno !”

    Il mio breve commento di ieri notte (sul “dio” minuscolo) dimostra che non ho questo atteggiamento. Ma nel caso di pochi minuti fa ho dovuto usare l’ironia per sottolineare che quanto sto riportando non è “l’assioma di Fabrizio”, testuali parole di Bariom, ma il Magistero. L’intenzione di ridurre tutto alle “mie opinioni” è tipica di Bariom in certe circostanze. Il tuo successivo intervento è poi totalmente fuori luogo: l’urlare sui blog implica il tutto maiuscolo, non il grassetto. Dopodiché, Thelonious, potresti entrare nel merito della questione e sostenere, per esempio, che è falso che quelle persone rischiano l’inferno. Se non è così, non si capisce il motivo della tua critica. Vista la gravità delle cose di cui stiamo discutendo, i commenti totalmente ironici e senza sostanza mi paiono fuori luogo.

    tu ti sei preso su e sei andato da Fabo ad avvisarlo

    Forse non dovrei neanche rispondere a questa sciocchezza… comunque, santa pazienza. Sappiamo tutti che Fabo è un casus belli. Quindi, io commento il casus belli, che è una questione che coinvolge tutta la comunità. Ovviamente non ti starò a riferire di situazioni concrete in cui potrei essermi trovato ad avvisare direttamente qualcuno, visto che la cosa ha implicazioni di riservatezza.

    Siccome ora mi disconnetto fino a stasera, completo con una considerazione (di nuovo non mia). Non l’ho postata prima perché cercavo il riferimento, ma non l’ho trovato; comunque _dovrebbe_ essere stato preso da qui: www . adim . it. “Dovrebbe” perché io ne ho una copia, ma il sito è in fase di ricostruzione dopo un attacco informatico e l’originale non c’è.

    La Chiesa vive la stessa missione di Gesù e deve attuare la correzione fraterna, cioè il rimprovero, l’ammonimento secondo il vangelo, che è sempre un atto che unisce misericordia e verità, compassione e autorevolezza, amore per il fratello e obbedienza al vangelo, fermezza e dolcezza. Nella comunità cristiana la correzione del fratello che cade nell’errore o nel peccato è una responsabilità
    connessa all’essere tutti membra dello stesso corpo.

    “Io sono custode di mio fratello” dice colui che assume la correzione fraterna e così si sottrae al rischio di divenire, come Caino, l’uccisore del fratello. Nella correzione fraterna io rompo con
    l’individualismo che mi dissocia dall’altro e mi porta a pensare solo a me e alla mia “perfezione” individuale. Con la correzione io esco dall’indifferenza in cui spesso mi riparo per proteggermi dal faticoso incontro con l’altro; con essa io mostro di essere responsabile della santità del fratello e che il suo peccato è come se fosse mio.

    Per questo le lettere del Nuovo Testamento mostrano che la correzione fraterna è propria dell’apostolo, ma spetta anche ad ogni cristiano. Paolo riconosce nella capacità di correzione fraterna dei cristiani di Roma un elemento della loro maturità di fede: “Voi siete capaci di correggervi l’un l’altro” (Rm 15,14) e sprona i cristiani di Colossi: “La parola di Cristo abiti tra voi con abbondanza: con ogni sapienza istruitevi e correggetevi reciprocamente […]”

    Ottima riflessione che fa presente – con parole forti: “divenire l’uccisore del fratello”, perfettamente in linea con il brano di Ezechiele – che pensare solo ai propri peccati, con la rinuncia alla correzione degli altri, lungi dall’essere una virtù di umiltà, può essere un peccato di egoismo, individualismo, indifferenza e pigrizia. D’altronde il testo che ho riportato fa parte di una catechesi sulle opere di misericordia, e “ammonire i peccatori” è notoriamente un’opera di misericordia.

    La citazione di San Paolo, inoltre, risponde preventivamente alla solita tiritera sul “veterotestamentismo”.

    1. “Correzione fraterna” che è sempre da farsi in modo diretto e personale (faccia a faccia per quanto possibile). Questo è atto di misericordia…

      Il resto sono affermazione di principi.

      Certo nessuno ci impedisce di affermare continuamente principi (o anche verità assolute), ma non mischiamo le due cose.

      A me disturba (ma è un problema mio) che a ogni piè sospinto e qualunque sia il tema di riflessione offerto, si parta a spianare principi, su qualunque cosa sia avvenuta intorno – di caus belli ne troviamo uno ogni giorno – e chi non lo fa è subito sospettato di non condividerli o peggio di non possederli (o rischiare la dannazione eterna se non li proclama, questo pare l’assioma).

      E infatti: “…pensare solo ai propri peccati, con la rinuncia alla correzione degli altri, lungi dall’essere una virtù di umiltà, può essere un peccato di egoismo, individualismo, indifferenza e pigrizia.”
      Qualcuno qui ha affermato che l’importante è SOLO pensare ai propri peccati?

      Mi pare anche che si tenda decisamente a sopravvalutare la valenza di simili “affermazioni di principio”, su un blog certamente seguitissimo, ma molto più per i contenuti degli articolo che non per la cascata di commenti a seguire.

      1. Thelonious

        @Bariom: sono perfettamente d’accordo con te.

        Questo continuo proclamare princìpi e chi non lo fa è subito sospettato di eresia (o si essere un cappone, o un apostata, o un protestante, e via dicendo) dà molto fastidio anche a me, ed è segno, a mio avviso, di un ego ipertrofico e/o di una fondamentale insicurezza.

        Probabilmente questa mia affermazione verrà presa dai nostri eroi come un “giudicare gli altri”: beh pazienza, me ne farò una ragione. Buona Quaresima.

      2. Fabrizio Giudici

        “(o rischiare la dannazione eterna se non li proclama, questo pare l’assioma).”

        Fai una bella cosa: prendi carta e penna e scrivi una lettera ad Ezechiele (tanto per rimanere nel contesto; ma si potrebbe fare una lunga lista di destinatari). Fagli presente che l'”assioma” ti dà fastidio. Poi facci sapere cosa ti risponde.

  7. Siamo tutti peccatori..dunque non giudicare……ogni uno deve guardarsi dentro con sincerità……buona quaresima a tutti voi…..è un tempo forte da prendere seriamente…….ciao !!!!!

    1. exdemocristianononpentito

      Vorrei riportare quanto scritto sopra da Fabrizio: “È impegnativo essere cristiani: bisogna sempre pensare a come si guida, ma anche a come guidano gli altri, e poi di nuovo a come si guida, e subito dopo ancora a come guidano gli altri. Appena uno si concentra solo su una di queste due cose, ecco l’incidente”.

      Ebbene, devo dire che, nonostante io sia spesso in disaccordo con lui, STAVOLTA sono d’accordo! E’ estremamente impegnativo essere cristiani (cattolici poi non ne parliamo).
      Se uno vuole vivere comodamente e senza problemi e sceglie il cristianesimo, credo che abbia sbagliato strada.
      Ottima è anche l’immagine del guidatore, perchè in effetti un conducente il quale affronti un incrocio e sia coinvolto in un sinistro, pur avendo a suo favore il semaforo verde, deve rispondere a titolo di concorso di colpa, se non prova di aver usato la dovuta prudenza nell’attraversare il crocevia, pur avendo il diritto di precededenza.
      Non è un Dio che ammetta disattenzioni quello cattolico.

      1. Ma non dimentichiamoci che essere Cristiani (e Cattolici) è fondamentalmente una Grazia, la risposta piena, totale, coerente, impegnativa anche, ad una precisa chiamata da parte di Dio.

        Tanto per capirci NON è aderire ad un partito! (DC o que che vi pare…)

        NON è candiarsi ad essere guida di chichessia, perché semmai anche questa è chiamata, un carisma semmai… è, come sopra, una risposta.
        Semmai è accettare di essere guidati, dallo Spirto Santo prima di tutto e dalla Chiesa (bestemmia per molti di questi tempi).

        E giacché è, come giustamente detto, risposta impegnativa, talvolta molto impegnativa (sino al martirio), è rinuncia a sé, è accettare di convertirsi ogni giorno, è scegliere di essere l’ultimo (ricorda Qualcuno? con buona pace di chi ha smanie di grandezza) al servizio di tutti, è da STOLTI pensare di impegnare se stessi basandosi sulle proprie forze (io sono tutto d’un pezzo e ce la posso fare!)

        Perché non facciamoci illusioni e cerchiamo di non essere boriosi, qui il “guidatore” è uno solo: Nostro Signore Gesù Cristo!
        Chi c’è sulla barca, al timone o meno, che pare dormire o meno? Chi seda la tempesta?
        Noi siamo quelli che devono correre a svegliarlo timorosi che ci lasci affondare e morire.

        Cerchiamo prima di tutto di non essere ciechi che pretendono di guidare altri ciechi…

        Diciamo di non esserlo? Allora quando diciamo di essere solo dei peccatori, ci riempiamo solo la bocca di un bella frase fatta, come colui che lo afferma ma appenna viene giustamente accusato del suo peccato si inalbera e si ribella all’altro.

        Perché se siamo veramente coscienti del nostro peccato come nel Salmo (130) diciamo:

        “Signore, non si inorgoglisce il mio cuore
        e non si leva con superbia il mio sguardo;
        non vado in cerca di cose grandi,
        superiori alle mie forze.”

        Cose grandi in noi le farà Dio, nella misura in cui noi faremo spazio al suo Spirito e alla Sua Volontà.
        Questo gli altri vedranno e benediranno Dio.

        Sino ad allora chi sta in piedi, guardi di non cadere e se forza e violenza vogliamo esercitare, esercitiamola verso noi stessi, i nostri peccati e il nostro unico Nemico… nemico di ogni Uomo.

        1. fra' Centanni

          Essere cristiani è una grazia, certo. Ma se non impegniamo la nostra personale volontà e la nostra capacità di giudizio, è una grazia morta. Insomma, noi siamo fatti simili a Dio e similmente a Lui dobbiamo esercitare la nostra autonomia nel fare le nostre scelte e nel giudicare e correggere (quando è il caso) quelle degli altri. Anzi, direi che proprio la correzione e l’insegnamento (di cosa è bene e cosa è male) è impegno centrale di ogni cristiano. Insegnamento che può essere rivolto anche direttamente alla persona che ha sbagliato, ma che (in un caso come quello del dj Fabo) può e deve avere anche una risonanza che sia la più vasta possibile, perché tutti hanno diritto di conoscere cosa è bene e cosa è male.

          “E giacché è, come giustamente detto, risposta impegnativa, talvolta molto impegnativa (sino al martirio), è rinuncia a sé, è accettare di convertirsi ogni giorno, è scegliere di essere l’ultimo (ricorda Qualcuno? con buona pace di chi ha smanie di grandezza) al servizio di tutti, è da STOLTI pensare di impegnare se stessi basandosi sulle proprie forze (io sono tutto d’un pezzo e ce la posso fare!)”
          E questo cosa vuol dire in relazione al “casus belli” del dj Fabo? Fabo ha fatto una scelta di morte, che probabilmente lo ha scaraventato nel più profondo dell’inferno. Facendo questa scelta, sostenuto dai nostri nemici radicali, non ha inteso solamente togliersi la vita, ma ha voluto anche dare la propria personale testimonianza a favore della morte; inoltre, come se non bastasse, ha inteso contribuire, tramite l’esposizione mediatica del suo personale “caso pietoso”, alla lotta in favore dell’eutanasia, anzi del suicidio assistito. Di fronte a questo la Chiesa e, in mancanza di un richiamo esplicito del papa, noi semplici fedeli non dovremmo sollevare “questioni di principio”? Dovremmo tacere? In cosa dovrebbe concretizzarsi il nostro essere cristiani se non nell’ingaggiare una lotta all’ultimo sangue contro i nostri nemici?

          “Cerchiamo prima di tutto di non essere ciechi che pretendono di guidare altri ciechi… Diciamo di non esserlo? Allora quando diciamo di essere solo dei peccatori, ci riempiamo solo la bocca di un bella frase fatta, come colui che lo afferma ma appenna viene giustamente accusato del suo peccato si inalbera e si ribella all’altro”.
          Siamo ciechi quando vogliamo camminare su strade che sono diverse da quelle di Gesù. Dj Fabo, ad esempio, era un cieco che pretendeva di insegnare agli altri cosa si deve fare di fronte alla sofferenza. I radicali sono ciechi che pretendono di guidare altri ciechi. Chi invece, come noi cattolici, cieco non è, costui non segue i radicali, né porta loro rispetto, ma si prepara alla battaglia senza esclusione di colpi.

        2. fra' Centanni

          Essere cristiani è una grazia, vero. Ma se non impegniamo la nostra personale volontà e la nostra capacità di giudizio, è una grazia morta. Insomma, noi siamo fatti simili a Dio e similmente a Lui dobbiamo esercitare la nostra autonomia nel fare le nostre scelte e nel giudicare e correggere (quando è il caso) quelle degli altri. Anzi, direi che proprio la correzione e l’insegnamento (di cosa è bene e cosa è male) è impegno centrale di ogni cristiano. Insegnamento che può essere rivolto anche direttamente alla persona che ha sbagliato, ma che (in un caso come quello del dj Fabo) può e deve avere anche una risonanza che sia la più vasta possibile, perché tutti hanno diritto di conoscere cosa è bene e cosa è male.

          “E giacché è, come giustamente detto, risposta impegnativa, talvolta molto impegnativa (sino al martirio), è rinuncia a sé, è accettare di convertirsi ogni giorno, è scegliere di essere l’ultimo (ricorda Qualcuno? con buona pace di chi ha smanie di grandezza) al servizio di tutti, è da STOLTI pensare di impegnare se stessi basandosi sulle proprie forze (io sono tutto d’un pezzo e ce la posso fare!)”
          E questo cosa vuol dire in relazione al “casus belli” del dj Fabo? Fabo ha fatto una scelta di morte, che probabilmente lo ha scaraventato nel più profondo dell’inferno. Facendo questa scelta, sostenuto dai nostri nemici radicali, non ha inteso solamente togliersi la vita, ma ha voluto anche dare la propria personale testimonianza a favore della morte; inoltre, come se non bastasse, ha inteso contribuire, tramite l’esposizione mediatica del suo personale “caso pietoso”, alla lotta in favore dell’eutanasia, anzi del suicidio assistito. Di fronte a questo la Chiesa e, in mancanza di un richiamo esplicito del papa, noi semplici fedeli non dovremmo sollevare “questioni di principio”? Dovremmo tacere? In cosa dovrebbe concretizzarsi il nostro essere cristiani se non nell’ingaggiare una lotta all’ultimo sangue contro i nostri nemici?

          “Cerchiamo prima di tutto di non essere ciechi che pretendono di guidare altri ciechi… Diciamo di non esserlo? Allora quando diciamo di essere solo dei peccatori, ci riempiamo solo la bocca di un bella frase fatta, come colui che lo afferma ma appenna viene giustamente accusato del suo peccato si inalbera e si ribella all’altro”.
          Siamo ciechi quando vogliamo camminare su strade che sono diverse da quelle di Gesù. Dj Fabo, ad esempio, era un cieco che pretendeva di insegnare agli altri cosa si deve fare di fronte alla sofferenza. I radicali sono ciechi che pretendono di guidare altri ciechi. Chi invece, come noi cattolici, cieco non è, costui non segue i radicali, né porta loro rispetto, ma si prepara alla battaglia senza esclusione di colpi.

          1. @Fra’ se da tutto quanto ho scritto non si evince che è necessaria “la nostra personale volontà e la nostra capacità di giudizio”, delle due l’una: o non so esprimermi correttamente in italiano, o ti piace fare la punta agli spilli… (vedi quando scrivo “la risposta piena, totale, coerente, impegnativa anche, ad una precisa chiamata da parte di Dio.”).

            Per me il centro dell’argomentare mio (come dell’articolo qui proposto) non è la scelta di Fabo – o sono vincolato a questo?

            Quindi la tua domanda “E questo cosa vuol dire in relazione al “casus belli” del dj Fabo?” è del tutto fuori luogo rispetto il mio commento (volendo poi, la risposta intrinsecamente ci sarebbe).

            Per il resto, sempre pronti alla “battaglia”… io in conclusione ho indicato il Nemico, tu i tuoi.

            1. fra' Centanni

              Il Nemico lo conosciamo tutti, almeno da queste parti, è satana. Però ci sono anche tanti altri nemici e non tutti sono riconosciuti come tali. I radicali, ad esempio, sono nostri specialissimi nemici, perchè sono nemici dell’uomo. E’ molto importante esserne coscienti e pronti a lottare. Oggi invece, nella Chiesa, c’è paura a chiamarli con il loro nome, fino al punto di arrivare a dire le zozzerie che ha detto Vincenzo Paglia. Contro di loro dobbiamo lottare non solo a livello politico, ma anche a livello sociale e personale. Non è possibile, non è lecito coltivare l’amicizia con un radicale. Non è lecita nemmeno l’indifferenza , verso queste persone. Ogni approccio con un radicale, che voglia avere il sapore ed il significato di un approccio cattolico, dev’essere finalizzato alla lotta (sul piano culturale, politico, intellettuale). Trovo vergognose le parole di stima, di simpatia, di amicizia, espresse da mons. Paglia. Ancora più inspiegabili sono le numerose manifestazioni di amicizia, fino alla più plateale profusione in tenerezze, che papa Francesco ha ritenuto di esternare pubblicamente verso la macellaia non pentita Emma Bonino. Il tutto senza mai aver minimamente accennato ad una parola di correzione fraterna.

              E’ davvero scandaloso.

              1. Thelonious

                “non è lecito coltivare l’amicizia con un radicale”, questa da dove ti viene? Da quale comandamento? Da quale articolo del CCC? Giusto per distinguere il cristianesimo dalle proprie agitazione mentali.

              2. “Non è possibile, non è lecito coltivare l’amicizia con un radicale.”

                Oh questa mi mancava tra i dictat…

                Nemmanco se questa “amicizia” dovesse portare il “nemico-amico-radicale” a convertirsi?

                No eh? Non funziona…

                Chissà se i radicali danno come linea guida: “Non è possibile, non è lecito coltivare l’amicizia con un cattolico (quelli “radicali” poi sono i peggiori)!”

                Lotta, lotta (sul piano culturale, politico, intellettuale)… hai dimenticato quello “spirituale”.

                1. fra' Centanni

                  L’amicizia implica anche la stima. Com’è possibile avere stima per una persona che non si fa problemi ad uccidere un bambino nella pancia di sua madre? Io credo che non sia lecito, oltre che assurdo, essere amici dei propri nemici. Noi dobbiamo amare i nostri nemici, questo è fuori discussione. Ma non è necessario simpatizzare, fare amicizia, stimare una persona per amarla. L’amicizia e la stima implicano una condivisione che è oggettivamente impossibile tra un cattolico ed un radicale.

                  1. Ovviamente ci sono diversi gradi di “amicizia” e per contro posso stimare persone di cui non sono necessariamete “amico”.
                    Poi c’è la stima della persona e la stima o non-stima di idee/convinzioni che propugna o segue – talvolta in modo neppure così convinto o per semplice emulazione o appartenenza ad un gruppo…

                    Ma tu , come sempre, tagli tutto con l’accetta! Fai pure, ma no creo stia a te dire cosa sia lecito o nemo in questo caso.

                    Per non parlare del caso in cui potrei trovarmi un parente stetto che è un radicale (non è il mio caso) che dovrei trattare quindi come una sorta di appestato o avere con lui solo “rapporti di lotta” (lotta continua, naturalmete)

                    Nessuno ti impedisce di vivere così se ti pare, io trovo urtanti questi tuoi continui dictat, che sottintendo – ovviamente – che chi non si adegua, come in qesto caso, commette un illecito (secondo il vangelo di fra’).

                    1. fra' Centanni

                      Un nemico non può essere un amico, nemmeno al grado minimo. O si accetta il fatto che a questo mondo siamo chiamati a combattere una battaglia all’ultimo sangue e che i nostri nemici sono persone in carne ed ossa, magari i nostri stessi figli, o il coniuge…. Oppure continuiamo a cullarci nell’illusione che in fondo si può essere tutti amici di tutti, che non esistono nemici concreti, in carne ed ossa, che l’unico nemico è satana; che nessuno è amico di satana e nemico di Dio.

                      Il papa, ma anche tu a questo punto, dovrebbe spiegarmi come sia possibile per un cattolico essere amico della Bonino, o di Pannella. O di Napolitano.

                    2. Decidi tu chi è tuo nemico… ma non decidere tu chi è mio nemico… chiaro!?

                      Io non ho mai detto che dobbiamo essere amici o “amiconi” di tutti.

                      Ti saluto (amico mio)

  8. Fabrizio Giudici

    Bariom, ma niente niente stai andando a lezione dai gesuiti? Perché la tua ultima risposta è – in alcune parti – veramente un capolavoro di gesuitismo.

    Parli della Grazia e dici che non ci si può illudere di far da sé. Bene, ma non capisco quale parte del dibattito precedente l’abbia messo in dubbio. Non capisco neanche il riferimento ai partiti, peraltro, ma è irrilevante (forse a exdemocristianononpentito? Tra le tante cose strane che dice, comprese difese indifendibili della DC, non mi pare però abbia ridotto tutto al partitismo).

    Dici che il “guidatore” è Gesù. Qui va un po’ meno bene, perché se Gesù ci indica la strada e ci comanda di seguirla, noi però possiamo scegliere di testa nostra. Il guidatore che guida la propria auto è chiaramente la metafora del libero arbitrio; quindi siamo noi. Sennò cadiamo nell’eresia della predestinazione. D’altronde, la Grazia senza le opere è morta, come dice Fra’. La strada da seguire per le opere è quella delle Scritture e del Magistero. Compreso Ezechiele e comprese l’opera di misericordia “ammonire i peccatori”. Sarebbe gradito meno gesuitismo a questo proposito, e una risposta chiara se pensi che quelle cose non facciano parte della guida che Gesù ci ha dato. Sennò può sembrare tutta una cortina fumogena per distrarre da quello, che è il punto centrale.

    La citazione dei ciechi che guidano altri ciechi, invece, è del tutto fuori luogo. Questo è parte del commento a quel passo evangelico da parte di Sant’Agostino (dal Discorso 46):

    Conto severo sarà chiesto al pastore eretico.

    21. Tornando al tema propostoci, vediamo se Dio tolga le pecore ai cattivi pastori per darle ai buoni. Che le tolga ai pastori cattivi, lo vedo. Dice infatti: Ecco io [interverrò] contro i pastori e domanderò loro conto delle mie pecore che erano nelle loro mani; e le allontanerò da loro, in modo che non pascano più le mie pecore, e cosi essi non pasceranno più se stessi 85. Sebbene infatti io dica loro che pascano le mie pecore, essi pascono se stessi e non le mie pecore. Le allontanerò quindi, in modo che essi non pascano più le mie pecore. In che senso le allontana, sicché essi più non le pascano? Fate ciò che dicono, non ciò che essi stessi fanno 86. È come se dicesse: Dicono del mio, ma fanno del loro. Avrebbe potuto dire: Fate tranquillamente ciò che fanno, poiché, sebbene ad essi per la loro cattiva condotta io infliggerò il castigo, tuttavia ne risparmierò voi che avete seguito i vostri capi. Se avesse parlato in questa maniera, avrebbe incusso timore ai cattivi pastori, che pascono se stessi e non le pecore; ma il Signore vuole che tema non soltanto il cieco che fa da guida ma anche quello che si lascia guidare. Non dice infatti: Cadrà nella fossa il cieco che guida, mentre non vi cadrà chi lo segue, ma: Se un cieco fa da guida a un altro cieco, tutt’e due cadono nella fossa 87. Volendo quindi mettere in guardia anche le pecore disse: Fate ciò che dicono, ma non ciò che essi stessi fanno 88. Evitando di compiere le opere che compiono i cattivi pastori, vi sottraete al loro pascolo; facendo le opere che essi vi insegnano, vi lasciate pascere da me, poiché mie son le cose che essi, pur senza praticarle, vi dicono. Certuni affermano: Noi stiamo tranquilli, poiché seguiamo i nostri vescovi. Son parole che si odono spesso sulla bocca degli eretici, quando vengono convinti per l’evidenza sfolgorante della verità. Noi siamo il gregge – dicono -; di noi renderanno conto i nostri pastori. Certo, essi renderanno conto severo della vostra rovina, poiché il cattivo pastore renderà conto severo della rovina delle pecore, anche cattive. Tuttavia, vivrà forse la pecora per il fatto che la sua pelle è marchiata? Si rimprovera il pastore perché non s’è curato della pecora smarrita e questa è stata inghiottita e sbranata dal lupo. Cosa gioverà a un tale pastore presentare una pelle marchiata? Il padrone di casa vuole la vita della pecora; il cattivo pastore gli presenta la pelle. Di quella pelle renderà conto. Ma non potrà ingarbugliarlo? Colui che giudica ha osservato già prima ogni cosa dall’alto. Colui al quale il cattivo pastore voleva raccontar frottole registra i fatti, scruta i pensieri. Si provi dunque, il cattivo pastore, a render conto della pelle della pecora uccisa. Dirà: Le ho gridato le tue parole, ma essa si è ricusata di seguirmi; ho fatto l’impossibile per non farla allontanare dal gregge, ma lei non mi ha obbedito. Se, dicendo così, le sue parole saranno vere (Lui lo sa!), il pastore si sarà scagionato bene della sorte toccata alla pecora cattiva. Ma se egli non si è curato della pecora errante né l’ha richiamata quand’era sull’orlo della rovina (e Dio lo conosce), cosa gioverà al pastore l’aver ritrovato la pelle da riportarsi? La pecora avrebbe dovuto ritrovare, non la pelle dell’uccisa da presentare [al Giudice] ! E poi, se è vero che non ha scuse valide colui che ha omesso di ricercare la pecora smarrita, quali scuse potrà addurre colui che l’ha spinta nell’errore? E mi spiego. Se nell’ambito della Chiesa cattolica un vescovo renderà conto severo di ogni pecora che non abbia ricercata quando errava lontano dal gregge di Dio, quale non sarà il conto che dovrà rendere l’eretico, che non solo non richiama dall’errore le pecore ma ve le sospinge?.

    Come vedi, il cieco non è colui che non guarda prima a propri peccati, ma ammonisce gli altri; invece è il pastore eretico, colui che ha la responsabilità di pascere il gregge, ma non lo fa, o lo fa con insegnamenti a capocchia, non secondo la parola di Dio. Il pastore eretico cadrà nella fossa, ovvero come scrivevo sopra:

    E per quanto riguarta preti e vescovi, la loro colpa, in caso di omissione, è anche più grave perché sono stati posti a pascere il gregge.

    Il pastore eretico è dunque tra quelli che vanno severamente ammoniti, in nome della misericordia. Non solo. Visto che a qualcuno non piace il grassetto, non l’ho messo; ma ripeto una frase centrale nel ragionamento:

    […] il Signore vuole che tema non soltanto il cieco che fa da guida ma anche quello che si lascia guidare. […] Avrebbe potuto dire: Fate tranquillamente ciò che fanno, poiché, sebbene ad essi per la loro cattiva condotta io infliggerò il castigo, tuttavia ne risparmierò voi che avete seguito i vostri capi.

    Quindi, dice Agostino, nella Chiesa possono esserci pastori eretici e non possiamo nasconderci dietro il loro cattivo insegnamento, lasciandoci guidare (per l’appunto, alla cieca). Dove loro falliscono, altri devono compensare – e “altri” include sempre anche “noi”.

    @Fra’
    “non è lecito coltivare l’amicizia con un radicale.”
    “Trovo vergognose le parole di stima, di simpatia, di amicizia, espresse da mons. Paglia. ”
    “L’amicizia implica anche la stima.”

    Il discorso è più complesso. Mons. Paglia è fuori di testa, o peggio, non v’è dubbio: perché ha espresso stima per Pannella in cose orribili, l’ha fatto pubblicamente, ed è un pastore. Ecco un cieco alla guida di ciechi, come quelli di cui parlava Sant’Agostino. Aperta parentesi – segnalo che alcune testate cattoliche hanno chiesto esplicitamente le sue dimissioni:

    www . retiunificate . it /2017/02/chiediamo-le-dimissioni-di-mons.html

    Sarebbe bene che il “popolo” si facesse parimenti sentire, invece di stare solo a guardare quello che fanno gli altri, magari accusandoli di essere “boriosi”, o meditare esclusivamente sui propri peccati. Chiusa parentesi.

    Tornando all’amicizia, essa segue strade imprevedibili. L’amicizia per un radicale da parte di un uomo timorato di Dio può essere la Grazia che lo Spirito Santo manda a quel radicale, perché si ravveda prima che sia troppo tardi. Ovviamente se il cattolico lo ammonisce, e non se ne sta eclusivamente a meditare sui propri peccati; e non pensa di essere “borioso” se corregge il radicale. Se si parla in pubblico, perché l’amico è un uomo politico, l’amicizia non impedisce certo una correzione pubblica, perché bisogna contrastare gli insegnamenti sbagliati. Ricordiamo che Chesterton era amico di Shaw ed altri atei – non tanto diversi dai radicali di oggi, storicizzando un po’. Evidentemente non li stimava nelle loro eresie; tant’è che gli diceva chiaro e tondo “eretici!”, anche in pubblico. Ma gli era sinceramente affezionato.

    Credo che uno debba evitare totalmente l’amicizia con certi personaggi solo se ritiene di non essere sufficientemente corazzato e rischia di andargli dietro sulla cattiva strada. Il cattivo esempio di mons. Paglia è eclatante in questo senso.

    1. Fabrizio Giudici

      A proposito dell’amicizia, ecco cosa scrive San Tommaso nella Summa Theologiae (sempre in tema con l’ammonizione):

      Tuttavia talora, per un bene da conseguire o per un male da escludere, la persona virtuosa, come nota il Filosofo [Ethic. 4, 6], non esita a rattristare coloro con i quali convive. Per cui l‘Apostolo [2 Cor 7, 8 s.] scriveva: «Se anche vi ho rattristati con la mia lettera, non me ne dispiace. Ora ne godo; non per la vostra tristezza, ma perché questa tristezza vi ha portato a pentirvi». Non dobbiamo quindi mostrare, per compiacenza, un volto sorridente a quelli che sono sulla china del peccato, per non parere consenzienti alle loro colpe e quasi offrire un incoraggiamento a peccare. Da cui l‘ammonizione della Scrittura [Sir 7, 24]: «Hai figlie? Vigila sui loro corpi, e non mostrare loro un volto troppo indulgente».

      […]

      Sopra [q. 109, a. 3, ad 1] abbiamo detto che l‘uomo, essendo un animale socievole, è moralmente tenuto a manifestare la verità agli altri, senza di che la società umana non potrebbe sussistere. Ora, come l‘uomo non può vivere in società senza veracità, così non può vivere senza soddisfazioni: poiché, come dice il Filosofo [Ethic. 8, 5], «nessuno può durare a lungo nella tristezza, e senza soddisfazioni». Quindi per un debito naturale di onestà l‘uomo è tenuto a convivere in modo piacevole con gli altri: a meno che in certi casi per un motivo di vera utilità non sia necessario contristarli.

    2. “Credo che uno debba evitare totalmente l’amicizia con certi personaggi solo se ritiene di non essere sufficientemente corazzato e rischia di andargli dietro sulla cattiva strada…” Ecco appunto “se”, tutta qui la differenza, (fermandomi solo sulla conclusione della lenzuolata), non “se” quello é un radicale “non è lecito”. Quanto alla scuola dei Gesuiti, no, non frequento, ma non credevo fosse altra cosa da evitare… Certo meglio di quella di altri maestri che qui esercitano 😛

    3. fra' Centanni

      Non lo so, Fabrizio. Io intendo l’amicizia come una profonda condivisione e comunanza di valori, di ideali, di obiettivi. L’amico è un compagno d’armi, siamo dalla stessa parte e combattiamo insieme la stessa battaglia. Non riesco a separare l’idea di amicizia dall’idea di stare dalla stessa parte. Posso provare un sentimento d’affetto, questo si. Di pietà, certamente. Posso anche arrivare ad offrire la mia amicizia; ma solo chiarendo che non ho alcun rispetto delle sue idee, delle sue scelte, delle sue battaglie. Io rispetto il suo essere persona e mi aspetto che anche lui impari ad rispettare se stesso scegliendo di amare Dio.

      Diversamente il radicale è un nemico. Ed io non lo dimentico.

  9. M. Cristina

    Su questi ultimi scambi di risposte, io penso che uno non ha paura di andare incontro a nessuno e di essere compagno di strada con tutti se è certo della fede, se fa esperienza convincente della fede. Allora ti capita di guardare chiunque, radicale, cattolico, figlio, estraneo, gay, prete, marito, chiunque, con gli occhi di Gesù, non per tuo merito, ma perché è il modo con cui sei stato guardato tu nella chiesa. Guardo me stessa e tutti col desiderio che incontriamo Chi può compiere il nostro desiderio, espresso bene o male…tutto il resto viene dopo, tutti i distinguo, i chiarimenti delle idee, tutto. Tutto dopo l’abbraccio a te…non è ciò che vogliamo per noi stessi, quando usciamo di strada?

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