Quel matrimonio che ci salva dal vuoto

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di Costanza Miriano

Sono giorni, mesi ormai, che leggo di possibili interpretazioni di Amoris Laetitia, e che provo sollievo per non essere un vescovo o un sacerdote, chiamato a misurarsi concretamente con quel testo, come ha provato a fare per ultimo il cardinal Coccopalmerio, pubblicando un libretto sul controverso capitolo VIII. Non mi aggiungerò io, che non ho nessun titolo per commentare le parole del Papa. Però, questo posso dirlo, a me sembra che quasi mai le discussioni che ho letto sul tema centrino il punto, il cuore vero della questione. Ecco due o tre cose che ho capito del matrimonio, e che secondo me si stanno dimenticando nel dibattito.

Il matrimonio in Cristo assomiglia solo esteriormente al vincolo umano, eventualmente anche legale, tra un uomo e una donna. Per noi il matrimonio non è un’istituzione, né un valore, ma una vocazione, cioè una via per la santità. Il matrimonio cristiano ha sì una base umana – l’attrazione tra i due sessi, la necessità di dare stabilità affettiva ed economica agli eventuali figli – ma la somiglianza è solo pallida. Il matrimonio cristiano è fatto di una sostanza diversa. È un mistero grande, come lo definisce san Paolo, figura del matrimonio tra Cristo e la Chiesa, cioè fra Gesù e noi. Potrebbe mai Cristo divorziare da noi? Chi ci separerà? Quando chiedono a Gesù, se c’è la possibilità di ripudio, cioè di divorzio, e lui esclude in ogni caso, senza nessuna eccezione, i discepoli esclamano:  «Se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi». Egli rispose loro: «Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso.

L’amore a cui sono chiamati gli sposi cristiani è quindi qualcosa di misterioso, che non tutti possono capire, e che non dobbiamo affrettarci ad assimilare a quello del mondo, anzi, al contrario, che dobbiamo continuare ad annunciare come una profezia. È un amore fatto dell’amore di Dio, unico garante del nostro possibile, non scontato “per sempre”. Il cuore umano infatti è ingannevole, traditore, malcerto, volubile. È ferito dal peccato originale, e non è capace di amare come è chiesto nel matrimonio, se intendiamo amare davvero, quindi volere il vero bene dell’altro, non cercare né di manipolare (noi donne), né di dominare (gli uomini), non volerlo possedere; il nostro cuore non è capace di amare la libertà e il destino dell’altro, il suo compimento vero. Il cuore umano va tenuto dunque sotto sette catene – diceva sant’Escrivà –  perché è capace di bene ma anche di tanto male, e senza la grazia non può amare davvero – senza lo Spirito Santo “nulla è nell’uomo, nulla senza colpa”.

L’amore in un matrimonio inizia spesso con una base quasi solo umana, anche tra gli sposi cristiani, anche tra quelli che sono consapevoli e acconsentono a ciò che stanno facendo, poi nel cammino di santificazione a cui tutti siamo chiamati diventa un amore in cui sempre più agisce Dio, se gli si dà spazio. Così, con un lavoro artigianale e metodico e graduale, si realizza l’essere a immagine e somiglianza di Dio, notizia bomba – siamo a immagine e somiglianza dell’Onnipotente – che non a caso nella Genesi viene annunciata proprio quando si dice che l’uomo è maschio e femmina. Dunque siamo simili a Dio non per l’intelligenza, la volontà o la coscienza, ma in quanto maschio e femmina. È questa la dinamica, tra uomo e donna e con loro l’amore di Dio, che ci fa funzionare in tre, come la Trinità. Viviamo tutti da sposi (anche i consacrati) con Dio, viviamo in una tensione verso l’altro, segnaposto del totalmente Altro. Non sono parole, è il vissuto di ogni giorno che tantissimi coniugi sperimentano nella loro storia, mano a mano che passano gli anni, i decenni. Certo, ci si può anche aggiustare per convivere decentemente, senza diventare mai uno. Oppure, con la grazia, si può imparare a volersi sempre più bene, perdonarsi, a conoscersi, a tifare per l’altro, non perché ci assecondi ma perché sia felice. Si diventa sempre più compagni nel cammino di conversione, e l’altro è per noi insieme la croce e lo sposo, è il migliore alleato, ma anche il nemico in certi momenti, perché ci fa inciampare sui nostri difetti e ci costringe in qualche modo alla conversione. La sposa, e lo sposo, hanno per l’altro il volto di Dio, perciò non puoi dire di amare Dio, di essere cristiano, se non ami prima di tutto il marito, la moglie, che sono il prossimo, il primo povero di cui prenderti cura, insieme agli eventuali figli. Il “noi” è il primo fine di un matrimonio, prima ancora della prole: è tendere verso una sola carne, che è il cammino di una vita intera, e, da questa unione che non è affatto naturale, trarre le forze per un amore che si allarga più possibile verso i bisogni prossimi e poi anche i meno prossimi. È un amore, questo, possibile solo con l’aiuto della grazia, e quindi con la preghiera e i sacramenti, prima di tutto l’eucaristia, che nutre questo cammino di conversione. È un amore non esentato da stanchezze, tentazioni, dubbi, distrazioni, è un amore per cui si combatte da quando ci si sveglia a quando si va a dormire, prima di tutto contro il nemico che ci ha feriti da dentro, il peccato originale, che ci rende pesanti, egoisti, inaffidabili e tutte le cose che sappiamo. È un amore che non ha niente a che vedere con i valori, le istituzioni, le apparenze. È un amore la cui materia prima è Cristo: Cristo solo basta, Cristo solo è al centro, perché “senza di me non potete far nulla”. Questo è quello che ci insegna nostra Madre, la Chiesa, questo è quello a cui dovremmo prestare il consenso quando ci sposiamo davanti a Dio.

A me non importa molto se fanno o non fanno la comunione i divorziati risposati, come dicevo all’inizio la cosa non riguarda me, grazie a Dio non sono io quella chiamata a decidere su una cosa così seria, grave. Siamo già talmente in pochi a desiderare i sacramenti (avete presente la desolazione delle messe, soprattutto feriali? Io tutta questa folla che agogna ai sacramenti davvero non la vedo) che se il popolo non si assottiglia ulteriormente non posso che gioirne. A me importa che la Chiesa continui però ad annunciare queste verità sul matrimonio, sulle quali ho scommesso tutto, che continui ad annunciare il primato di Dio, la vita secondo il battesimo come più preziosa, infinitamente più preziosa della vita della carne (sennò per cosa sono morti i nostri martiri?). Mi importa che la Chiesa continui ad annunciare il primato di Dio sulla ragionevolezza delle scelte, sui buoni sentimenti, sui valori. Mi importa che continui a dirmi che il Corpo di Cristo è più importante di una moglie che ha tradito, di un marito paralizzato o che beve, è più importante di ogni cosa. E non vale prendere a titolo di esempio un caso molto particolare (che è poi la tecnica che hanno usato sempre i movimenti radicali per far passare nel sentire comune le peggiori aberrazioni come quella dell’aborto) e farlo diventare la norma; è molto pericoloso, e non è indice di vera preoccupazione per le anime. Per questo ripropongo un esempio che secondo me funziona: se la mia pediatra dice a me, nel suo studio, che uno dei miei quattro figli non va vaccinato perché soffre di un particolare disturbo fa il suo dovere. Tre ne vaccino di routine, quello lo tengo d’occhio con particolare cura, lo sorveglio più degli altri. Se invece il ministro della sanità annuncia in tv e sui giornali che vaccinare va bene, ma in alcuni casi particolari è meglio di no, è sicuro che ci saranno schiere di bambini che non verranno vaccinati per paura, e il rischio di epidemia sarà altissimo.

Non mi piace scendere nei particolari, perché credo che noi fedeli dobbiamo solo continuare a tenere lo sguardo ben fisso verso la meta, il matrimonio come via alla santificazione, e non metterci a discettare di storie individuali, che solo chi ha il munus sacerdotale può giudicare. In generale però io so che già prima di Amoris Laetitia in alcuni casi particolarissimi le persone che facevano cammini molto seri di discernimento avevano il permesso del vescovo di accedere alla comunione (ma casi rarissimi tra le migliaia di storie che ho ascoltato). In quel modo l’effetto epidemia era scongiurato. I casi erano rarissimi anche perché, siamo onesti una volta tanto, io di persone che fanno un cammino di fede serio, e vivono nell’enorme dolore di non potersi unire anche fisicamente al corpo di Cristo, persone che non si accontentano di andare a messa, di pregare il rosario, di unirsi alla preghiera liturgica della Chiesa e di fare la comunione spirituale, persone che piangono calde lacrime per non poter fare la comunione non ne conosco neanche una, e tanti sacerdoti me lo confermano: dopo 25 o più anni di sacerdozio stanno ancora aspettando di incontrarlo, questo fedele adultero, sinceramente pentito, che chiede accoglienza, discernimento, accompagnamento in un cammino penitenziale. Ci sono persone meravigliose in questa condizione, che siedono tranquillamente in fondo alla chiesa al momento della eucaristia, e che mi precederanno certo nel regno dei cieli. Mentre ne conosco diverse che pur di non rinunciare a questo dono che da solo vale più del cielo e della terra hanno rinunciato ad avere rapporti sessuali con i nuovi compagni, o hanno rinunciato a compagni tout court. Pensando ai primi, cioè a persone che hanno convissuto anni senza fare l’amore, ho trovato parecchio fastidiosa l’espressione di Coccopalmerio: «qualora l’impegno di vivere “come fratello e sorella” si riveli possibile senza difficoltà per il rapporto di coppia, i due conviventi lo accettino volentieri». Se invece tale impegno «determini difficoltà, i due conviventi sembrano di per sé non obbligati, perché un soggetto “si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa”».

Intanto, non credo che ci sia mai una costrizione a vivere la sessualità, “condizioni concrete che non permettano di agire diversamente”, perché non siamo bestie, e se crediamo che in gioco c’è la vita eterna la prospettiva della castità è accettabile (come lo è per i consacrati). Ho poi pensato alla fatica che hanno fatto alcune persone che conosco, e fino alla morte: non può esserci qualcuno che, abbandonato come la mia amica, trovi un altro compagno, lo ami seriamente, e ci viva castamente fino alla morte “senza difficoltà”. È ovvio che ha fatto un fatica tremenda, e considero la sua una forma di martirio, che sì, non è chiesto a tutti, ma che la Chiesa deve continuare a indicare come misura della vita cristiana. Seguire Cristo vuol dire perdere qualcosa, perdere la propria vita dice lui stesso, e non è una ciliegina messa sopra la torta della vita. Allora, un conto è perdonare le cadute (la pediatra che dice che un figlio non si vaccina per una ragione speciale), un conto è smettere di indicare la meta (dire sui giornali che in certi casi se proprio si fa troppa fatica ad andare all’ambulatorio ci si può anche non vaccinare).

Il giudizio dunque va lasciato ai pastori nei confessionali, nei casi limite, come già prevedeva la Familiaris Consortio. Ma noi dobbiamo preoccuparci anche della maggioranza della gente che divorzia o non si sposa. Ora, io stento a credere che ci si separi quando si è intrapreso un cammino di conversione serio, prima di sposarsi. Probabilmente se ci si lascia, è perché uno dei due almeno, spesso entrambi, non erano in questo cammino. Siamo dunque nel caso della nullità, che è tutta un’altra storia. In questo la Chiesa non è priva di responsabilità, la preparazione è spesso poco chiara ed esigente, non si parla mai di castità, di metodi naturali, non si parla della verità sul matrimonio, non si parla di croce, che è la chiamata prima di ogni cristiano, che è la materia prima di ogni matrimonio. È giustissimo quindi rendere più snelli i procedimenti per dichiarare nulle, cioè mai esistite, le unioni. Secondo me a occhio e croce sono la maggioranza quelle in cui non c’era la piena consapevolezza. Magari buona volontà, sì, ma nessuna catechesi ricevuta, nessuna verità annunciata, nessuna preghiera alimentata per chiedere la vita secondo il battesimo, che è l’unica possibilità perché un matrimonio sia vero e pieno e indissolubile.

Non è quindi certo la cosiddetta misericordia che mi disturba, a leggere certe interpretazioni di AL: solo vorrei ricordare che l’unico segno di misericordia non può essere l’eucaristia, che non è un pasto dal quale si esclude qualcuno, ma il sacramento di un’alleanza che nel caso di un matrimonio tradito si è oggettivamente spezzata. È importante che le coppie ferite si sentano davvero accolte nella comunità, che partecipino a tutto, compresa la comunione spirituale, e non credo che sia necessario fare per forza la comunione per sentirsi guardati con amore infinito da Dio. La misericordia, quella spero che sia sovrabbondante le nostre strette misure, perché ho così tante cose da farmi perdonare anche io. Solo, ho bisogno della conferma della Chiesa, unica garante che tutto quello in cui credo non sia un parto della mia fantasia.

Ma cosa è il perdono? Non è che Dio si è offeso perché gli abbiamo fatto un dispetto. Il peccato è sbagliare mira, fare una cosa cattiva prima di tutto per noi, per la nostra vita. Io non è che dico a mio figlio: se ti butti dalla finestra ti perdono. Io gli dico: se ti avvicini alla finestra ti meno! È ovvio che se poi si butta dalla finestra corro a riacchiapparlo e lo curo e lo perdono mille volte e muoio con lui se muore. I comandamenti, le regole, sono il parapetto, sono la custodia, sono la salvezza, sono giubbotti di salvataggio benedetti mille volte che ci impediscono di affogare. Il perdono di Dio è un amore tenerissimo e sanguinante di un cuore di padre e di madre che ci vede lanciarci dalla finestra e rispetta la nostra libertà ma soffre per noi più di noi stessi. Quello che fa Dio con chi si è buttato è raccogliere, chinarsi sulle ferite, medicare. Ma nel segreto, in un rapporto dolcissimo da cuore a cuore, come una mamma che prende il suo bambino che fa i capricci e se lo porta in camera e lo consola. Ma davanti agli altri figli continua a dire “se ti butti dalla finestra ti meno”. Deve farlo, per custodirli! Noi dobbiamo custodire i cuori degli sposi che verranno, di quelli che non sono ancora nati oggi, a loro dobbiamo pensare quando annunciamo la verità del matrimonio.

Io vedo in questa costante preoccupazione del Papa per le famiglie ferite il desiderio di continuare ad annunciare la maternità di Dio. Ma vedo anche il rischio altissimo che il mondo non lo capisca e non tragga giovamento da questo annuncio, anzi, perché il tempo in cui la gente si sentiva costretta e soffocata dalle leggi e dai comandi è finita da un pezzo, almeno in Occidente. Io al contrario vedo vite disperate e disorientate, vedo gente che senza saperlo queste leggi le desidera, annaspa alla ricerca affannosa di appigli certi a cui aggrapparsi, di “libretti di istruzioni” – questo sono i comandamenti – attraverso cui leggere cuori impazziti per la troppa malintesa libertà, vedo generazioni senza padri, vite giocate male, buttate, vite di donne che troppo tardi si sono aperte alla vita, vite di uomini che troppo tardi hanno capito che sarebbe stato meglio obbedire a Qualcuno, perché la nostra voce non è l’unica fonte di informazione affidabile sulla realtà. Mi guardo intorno e vedo ovunque lapidi, una Spoon River di gente che aveva tutto per essere felice e non lo è stata, bambini che sono stati uccisi nel grembo o traditi dai genitori da piccoli, persone vittime dei propri desideri o della propria incapacità di scegliere. Persone che hanno bisogno sì di essere perdonate, ma anche aiutate a discernere, ad alzare lo sguardo, a crescere, a lasciare le piccole misere nevrosi del benessere, a capire che se non perdi la tua vita sarai un fallito per sempre. Amato, sì certo, perdonato, ma che ha sprecato tutta la sua capacità di amare perché non ha avuto un padre che gli insegnasse a morire.

 

pubblicato in versione ridotta su La Verità del 18 febbraio 2017

52 pensieri su “Quel matrimonio che ci salva dal vuoto

  1. Andrea

    ci ho scommesso tutto pure io e la penso come te. ci aiuti la preghiera e, per carità, continua a parlare che se continuiamo a tacere vedremo marcire il mondo.

  2. Tiziana

    Come al solito sai sempre arrivare al centro… Grazie Costanza per partecipare attivamente con le tue considerazioni al mio cammino i discernimento… Prega per me.

  3. rosa

    Sono giorni, mesi ormai, che leggo di possibili interpretazioni di Amoris Laetitia….
    Vero non ci capisco una h neanche io, ma sta benedetta interpretazione perché non la la da il Papa così la finiamo?
    Che ce vo’?
    Che poi sul resto son concorde, beh lo si può vedere da quante volte passo da qui, su questo sito.

  4. SenzapianoB

    Personalmente so che il mio matrimonio cristiano, che dura ormai da 32 anni rallegrato da 4 figli e un nipote è l’unico modo che il signore poteva usare con me per la mia conversione!

  5. Filippo Maria

    Visto che è in corso la Riforma della Curia Romana e considerando il fatto che Papa Francesco non perde occasione per ribadire l’importanza del ruolo delle donne nella Chiesa, propongo al Santo Padre di nominare, seduta stante, Costanza Miriano sua consigliere personale (o forse oggi, dopo la “sindaca”, bisognerebbe dire “consigliera”?). Sicuramente il Papa segue questo blog e prenderà in seria considerazione la proposta.

  6. Giuseppe

    l’Eucaristia non è un pasto dal quale si esclude qualcuno, ma il sacramento di un’alleanza che nel caso di un matrimonio tradito si è oggettivamente spezzata.

    Basterebbe questa frase per rispondere ai dubia di tutta la Chiesa.

    Come al solito articolo bellissimo e soprattutto veritiero.

  7. Filippo Maria

    Visto che è in corso la Riforma della Curia Romana e considerando il fatto che Papa Francesco non perde occasione per ribadire l’importanza del ruolo delle donne nella Chiesa, propongo al Santo Padre di nominare, seduta stante, Costanza Miriano suo consigliere personale (o forse oggi, dopo la “sindaca”, bisognerebbe dire “consigliera”?). Sicuramente il Papa segue questo blog e prenderà in seria considerazione la proposta.

  8. Alessandro

    Ottima riflessione di Costanza.

    Quindi, in definitiva, il cardinale Coccopalmerio è intrepido paladino di un nuovo mirabile femminismo, una vera rivoluzione di libertà e di dignità per la donna.

    Tizio e Caia vivono un legame adulterino dal quale è nato un figlio. Vengono a sapere che, per accedere all’assoluzione sacramentale e all’Eucaristia, la Chiesa Cattolica (Catechismo n. 1650) chiede loro di interrompere la convivenza more uxorio: per adempiere al dovere di educare la prole, possono seguitare la coabitazione, ma debbono farlo “come fratello e sorella”, abbracciando piena continenza.

    A questo punto interviene l’inedita provvidenziale svolta di liberazione ecclesiale della donna in versione Coccopalmerio: secondo il quale, se Tizio e Caia paventano che, praticando la piena continenza, la loro unione si sfasci, allora è lecito che non la pratichino, cioè che perseverino in adulterio («qualora l’impegno di vivere “come fratello e sorella” si riveli possibile senza difficoltà per il rapporto di coppia, i due conviventi lo accettino volentieri». Se invece tale impegno «determini difficoltà, i due conviventi sembrano di per sé non obbligati, perché verificano il caso del soggetto del quale parla il n. 301 con questa chiara espressione: “si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa”»).

    Quindi, se Caia, per fare la volontà di Cristo suo Signore, è decisa in coscienza a praticare la piena continenza, è convinta intimamente che è ciò che è giusto fare, ma Tizio non ne vuol proprio sapere, allora Caia è obbligata, in virtù del diniego di Tizio e di questa formidabile rivoluzione ecclesiale, ad accantonare il proposito di abbracciare la piena continenza e a continuare ad avere rapporti sessuali con Tizio.
    Insomma, la vera provvidenziale rivoluzione ecclesiale di libertà e di dignità per la donna propugnata dal cardinal Coccopalmerio prevede che, se Tizio non accetta di vivere in continenza con Caia, Caia, malgrado ormai le ripugni in coscienza avere rapporti sessuali adulterini, è obbligata a continuare ad averli, perché – spiega il suo liberatore cardinal Coccopalmerio – se facesse diversamente si macchierebbe di “una nuova colpa”.

    E quale sarebbe questa terribile “nuova colpa”? Non è dato sapere.
    Forse che, praticando la piena continenza, danneggerebbe i figli nati nell’unione adulterina? Decisamente no, perché non si vede proprio come, nel caso, la prole nata dall’unione adulterina possa venire danneggiata dalla piena continenza dei genitori.

    O forse la terribile “nuova colpa” di cui non macchiarsi, quella per evitare la quale Caia è obbligata contro la sua volontà a perpetuare i rapporti adulterini, sarebbe quella di rompere l’unione adulterina stessa?
    Ma da quando in qua la Chiesa (prima della rivoluzione di Coccopalmerio, intendo) promuove la stabilità delle unioni adulterine, e riprova ciò che la insidia?
    Comunque, forse, sono io a peccare di maschilismo: per favorire il nuovo clerical-femminismo 2.0, la stabilità della coppia adulterina è evidentemente requisito imprescindibile.

  9. Concordo su tutto, tranne che sulla preoccupazione del Papa e il rischio che il mondo non lo capisca. Se avesse la preoccupazione di confermare i fedeli nella fede, risponderebbe ai dubia e richiamerebbe all’ordine i vari Coccopalmiero, Galantino e l’intera conferenza episcopale tedesca oltre che eviterebbe di dire che non vi è altra interpretazione che quella data dai vescovi argentini. Chi è che non capisce, Costanza?

  10. andrea

    È inoltre evidente di per sé che l’accusa dei peccati deve includere il proponimento serio di non commetterne più nel futuro. Se questa disposizione dell’anima mancasse, in realtà non vi sarebbe pentimento: questo, infatti, verte sul male morale come tale, e dunque non prendere posizione contraria rispetto ad un male morale possibile sarebbe non detestare il male, non avere pentimento. Ma come questo deve derivare innanzi tutto dal dolore di avere offeso Dio, così il proposito di non peccare deve fondarsi sulla grazia divina, che il Signore non lascia mai mancare a chi fa ciò che gli è possibile per agire onestamente.
    Se volessimo appoggiare sulla sola nostra forza, o principalmente sulla nostra forza, la decisione di non più peccare, con una pretesa autosufficienza, quasi stoicismo cristiano o rinverdito pelagianismo, faremmo torto a quella verità sull’uomo dalla quale abbiamo esordito, come se dichiarassimo al Signore, più o meno consciamente, di non aver bisogno di Lui. Conviene peraltro ricordare che altro è l’esistenza del sincero proponimento, altro il giudizio dell’intelligenza circa il futuro: è infatti possibile che, pur nella lealtà del proposito di non più peccare, l’esperienza del passato e la coscienza dell’attuale debolezza destino il timore di nuove cadute; ma ciò non pregiudica l’autenticità del proposito, quando a quel timore sia unita la volontà, suffragata dalla preghiera, di fare ciò che è possibile per evitare la colpa.

    LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
    AL CARDINALE WILLIAM W. BAUM
    ED AI PARTECIPANTI AL CORSO ANNUALE SUL FORO INTERNO
    ORGANIZZATO DALLA PENITENZIERIA APOSTOLICA
    http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/letters/1996/documents/hf_jp-ii_let_19960322_penitenzieria.html

  11. Buongiorno Costanza !!!…sei stata chiarissima, spero che in molti lo leggano……sto pensando alla mia storia di matrimonio, e mi dico….ho sbagliato in molto, ma ho sempre, creduto nel matrimonio, non sono mancate le croce,….ma la grazie di Dio che è Amore, mi Ha sempre cercato,…indicandomi un camino di fede serio, e sono felice, peccato che il mio marito non lo fa insieme a me.
    So che Dio Padre provvede, io posso solo accettare questa condizione,con pazienza….chi sa ??…nulla è un caso, anche per la conversione. Grazie Costanza ti leggo con gioia.
    Buona giornata.

  12. vale

    ammesso che,poi, l’eucaristia ,nel prossimo futuro, continui ad essere intesa come il corpo ed il sangue di Cristo.

    perché se passa la messa ecumenica, dubito che, a parte qualche anima bella, si possa pensare che sia la medesima che si è fatta per duemila anni.

    http://www.lanuovabq.it/it/articoli-il-lavorio-carsicoper-una-messaecumenica-19011.htm

    per quanto riguarda,poi, gli anglicani essi stanno rapidamente diventando quanto di più lontano possa esserci da quella fede per la quale N.S. è morto in croce ed il pescatore di galilea è venuto a roma:

    ( vedere blondet: nello stesso momento nel quale l’arcivescovo cattolico riconsacrava l’inghilterra e galles al cuore immacolato di Maria,a westminster, a canterbury gli anglicani facevano officiare un rito massonico nella cattedrale.)

    questa è l’aria che tira.

  13. lorenzo

    penso sia fuori discussione che della cura delle anime si occupano i pastori e non i fedeli, però dire che la questione in discorso non riguarda chi non è direttamente interessato è un po’ eccessivo.

    secondo questo iter argomentativo, nemmeno le unioni civili per omosessuali o l’utero in affitto riguardano chi non sia direttamente interessato.

    il dibattito culminato con i dubia, che hanno sicuramente una valenza politica, chiede chiarimenti circa la possibilità di rendere generale il principio particolare enunciato in AL circa la partecipazione all’Eucaristia dei divorziati risposati. è evidente che la fine di una famiglia deve implicare una enorme attenzione pastorale (o forse avrebbe dovuto implicare). resta il fatto che certe norme sono totalmente incompatibili con i “se” e con i “ma”. può non piacere, ma tant’è.

  14. Matteo

    Grazie di cuore Costanza per questo articolo!

    A sostegno e sottoscrizione di quanto dici mi permetto di citare nuovamente, per quanto già notevolmente diffuso, un estratto da Joseph Ratzinger, Opera Omnia, “Teologia della Liturgia”, 2008, pagg. 422-424:

    “La tesi secondo cui l’Eucaristia apostolica si ricollega alla quotidiana comunità conviviale di Gesù con i suoi discepoli […] viene in ampi circoli radicalizzata nel senso che […] si fa derivare l’Eucaristia più o meno esclusivamente dai pasti che Gesù consumava con i peccatori.
    “In tali posizioni si fa coincidere l’Eucaristia secondo l’intenzione di Gesù con una dottrina della giustificazione rigidamente luterana, come dottrina della grazia concessa al peccatore. Se infine i pasti con i peccatori vengono ammessi come unico elemento sicuro della tradizione del Gesù storico, si ha per risultato una riduzione dell’intera cristologia e teologia su questo punto.
    “Ma da ciò segue poi un’idea dell’Eucaristia che non ha più nulla in comune con la tradizione della Chiesa primitiva. Mentre Paolo definisce l’accostarsi all’Eucaristia in stato di peccato come un mangiare e bere “la propria condanna” (cf. 1 Cor 11, 29) e protegge l’Eucaristia dall’abuso mediante l’anatema (cf. 1 Cor 16, 22), appare qui addirittura come essenza dell’Eucaristia che essa venga offerta a tutti senza alcuna distinzione e condizione preliminare. Essa viene interpretata come il segno della grazia incondizionata di Dio, che come tale viene offerta immediatamente anche ai peccatori, anzi, anche ai non credenti, una posizione che, comunque, ha ormai ben poco in comune anche con la concezione che Lutero aveva dell’Eucaristia.
    “Il contrasto con l’intera tradizione eucaristica neotestamentaria in cui cade la tesi radicalizzata ne confuta il punto di partenza: l’Eucaristia cristiana non è stata compresa partendo dai pasti che Gesù ebbe con i peccatori. […] Un indizio contro la derivazione dell’Eucaristia dai pasti con i peccatori è il suo carattere chiuso, che in questo segue il rituale pasquale: come la cena pasquale viene celebrata nella comunità domestica rigorosamente circoscritta, così esistevano anche per l’Eucaristia fin dall’inizio condizioni d’accesso ben stabilite; essa veniva celebrata fin dall’inizio, per così dire, nella comunità domestica di Gesù Cristo, e in questo modo ha costruito la ‘Chiesa’”.

    E la finale del discorso – già riportata sul tuo blog in altre occasioni – che il pontefice emerito ha pronunciato in occasione del suo 65° anniversario di sacerdozio:

    “Eucharistómen”: in quel momento l’amico Berger voleva accennare non solo alla dimensione del ringraziamento umano, ma naturalmente alla parola più profonda che si nasconde, che appare nella Liturgia, nella Scrittura, nelle parole “gratias agens benedixit fregit deditque”. “Eucharistómen” ci rimanda a quella realtà di ringraziamento, a quella nuova dimensione che Cristo ha dato. Lui ha trasformato in ringraziamento, e così in benedizione, la croce, la sofferenza, tutto il male del mondo. E così fondamentalmente ha transustanziato la vita e il mondo e ci ha dato e ci dà ogni giorno il Pane della vera vita, che supera il mondo grazie alla forza del Suo amore.
    Alla fine, vogliamo inserirci in questo “grazie” del Signore, e così ricevere realmente la novità della vita e aiutare per la transustanziazione del mondo: che sia un mondo non di morte, ma di vita; un mondo nel quale l’amore ha vinto la morte.

    Uniti nella preghiera!

  15. Marco Maria Boatto

    Grazie, la franchezza e la limpidezza delle tue parole sono fonte di speranza per noi!

  16. Clementina

    Verità! Mi considero una ‘graziata’ una a cui è stata salvata la vita perché durante la mia adolescenza ho ascoltato la verità sulla sessualità, sulla castità e luce per discernere la mia vocazione. Oggi ho 29 anni per grazia di Dio sono sposata da 7 anni e ho 4 splendidi figli ( fino ad oggi ); sono laureata in economia e lavoricchio. La nostra vita grida la bellezza del matrimonio cristiano e la gente si interroga quando vede qualcuno felice!!! Buon combattimento!!! I tuoi libri mi aiutano tantissimo a centrare l’obbiettivo del mio essere sposa! Aspetto con ansia il prossimo!!!😉

    1. Laura

      . La nostra vita grida la bellezza del matrimonio cristiano e la gente si interroga quando vede qualcuno felice!!!..
      Hai ragione….. la tua vita è un bellissimo esempio di matrimonio Cristiano…..
      La gente si interroga? Ti capisco!!! Io ho 32 anni, sposata (matrimonio cristiano) da 6 anni e 3 figli (4, 3 e 1 anno ).
      La gente ci guarda e nn capisce….
      Nn capisce com’ è possibile l’aver voluto questa vita… e volerla e cercarla tutti i giorni
      La gente nn capisce l’amore e la fiducia verso Dio e nn si spiegano i nostri sorrisi, la nostra gioia e le nostra felicità..

  17. Come mi sembra dica Costanza, e sembra anche a me, non pare che i divorziati risposati che vogliono la comunione siano così tanti. Ma non è tanto una questione di quantità perchè se la cosa rientrasse nell’ ambito della giustizia e della verità anche un solo caso farebbe legge. La questione ha l’ aria di essere stata sollevata in modo strumentale per desacralizzare l’ eucarestia. Se non è vero che l’ eucarestia è il corpo e il sangue di Cristo allora non è necessario fare tante storie!
    Così si favorisce l’ ecumenismo con protestanti, anglicani ecc…ecc…mi viene solo da osservare che se ci fosse oggi G. Paolo II, i Coccopalmerio, i Kasper, i Galantino difficilmente, molto difficilmente avrebbero modo e coraggio esibire le loro eresie!

    1. lorenzo

      Sono molto d’accordo. Infatti penso che la questione dovrebbe interessare tutti e anche parecchio.

  18. girab@libero.it

    è proprio così Costanza, hai saputo mitragliare mille verità (che poi sono le sfaccettature dellA Verità) in un solo post… Il problema non è il mondo: quello sappiamo da chi è guidato e a cosa mira… Il problema siamo noi, cioè la Chiesa, che dorme, è soggiogata, impallidita, sbiadita, accomodante e che strizza penosamente l’occhiolino al mondo o perché connivente o pensando che questa sia la strada per farsi da esso accettare. MANCA L’ANNUNCIO. E se manca l’annuncio è perché tanti pastori (e laici) nella Chiesa non l’hanno ricevuto o lo hanno sottovalutato o rifiutato. E mancato un incontro, un ” corto circuito ” con Gesù Cristo come lo chiamava con un’eccellente intuizione il mio catechista Carlone (che don Fabio Rosini e tanti altri con lui a Roma ben ricordano …). E se uno non ha incontrato Lui, come può annunciarlo? Così per il Matrimonio (= quello cristiano) manca l’Annuncio. Io lo penso seriamente: ci vorrebbe una sorta di Seminario per la chiamata al MATRIMONIO. 50 anni fa era più o meno assodato a parte qualche eccezione, che “bisognasse” dire si per sempre(pur fra cadute e fragilità, si restava insieme…) oggi la situazione è diametralmente opposta. E’ quasi scontato NON restare assieme, alla prova dei fatti almeno. Ma oggi grazie al Magistero di papa GP II soprattutto la Chiesa è più ricca di un tempo, in materia…. La Chiesa potrebbe e dovrebbe fare di più per chi, come dici tu, deve ancora sposarsi, per le nuove generazioni. Siamo una minoranza: è allora? Che c’è da perdere? Creiamo una realtà canonica che chieda, a chi sente la vocazione di sposarsi in Chiesa, di intraprendere un cammino metodico, anche un po’ lungo (nel realismo naturalmente di due fidanzati che vogliono sposarsi) , nel quale apprendere, intuire, desiderare almeno cosa significa sposarsi. Chi non vuole, si accomodi altrove: municipio, convivenze, unioni civili o “incivili”, perché ingannarsi o ingannare? Meno siamo meglio stiamo, mi verrebbe da dire… Non lo dico con arroganza, tu insomma mi capisci cosa voglio dire… E’ che i preti non lo faranno mai… troppo paura di “perder terreno” di esser “duri” e giudicati “eccessivi”… qui sta il punto. Ma, se il matrimonio non è una vocazione di serie B, rispetto al sacerdozio ministeriale, perché non istituire un metodo canonico, una Scuola per la Famiglia in ogni Diocesi con mille insegnamenti bellissimi e “materie” che potrebbero esser insegnate alla luce di Scrittura e Magistero (Vita, dono, scuola, famiglia, sessualità, genitorialità, psicologia , educazione, vecchiaia, accoglienza, ospitalità …) ? Come ci si può accontentare oggi di un serie di incontri (qualche serata, per ben che fatta dal parroco di turno, per fantasioso e preparato che sia) che è spesso vista un fastidioso lasciapassare per sposarsi all’altare (e per ben che vada lascerà qualche piacevole ricordo nei due sposi novelli…) ? Accetterebbe un vescovo di ungere sul capo un nuovo presbitero della sua diocesi, reduce da una serie di incontri “pre sacerdotali ” ? un abbraccio e grazie per la tua solita verve e passione per Cristo che sai comunicare così beneGiuseppe

  19. Claudia

    Semplicemente Grazie di esistere
    Grazie di riuscire a riservare nelle tue giornate di mamma di sposa di cristiana anche il tempo per riuscire a scrivere la Verita che oramai in pochi riescono a dire e a testimoniare
    grazie a Dio per te
    grazie davvero
    Claudia

  20. anna.divan@alice.it

    Cara Costanza condivido tutto quello che scrivi e ti ringrazio perchè tante volte esprimi le idea che mi accorgo essere dentro di me senza saperlo. Il punto su cui non sono daccordo con te e, mi piacerebbe capire perchè lo porti spesso come esempio, sono le vaccinazioni. Lo dico perchè per il lavoro che faccio ho visto e vedo tanti danni da vaccino, e vedo tanta disinformazione, tanto marcio e tanto dio soldo dietro alle vaccinazioni. Per questo ti invito a informarti a 360 gradi se vuoi veramente cercare la verità anche su questo. un abbraccio fraterno.

  21. Stefania

    Forse la croce che è arrivata subito dopo il mio matrimonio è servita a legarci a Lui indissolubilmente. Abbiamo perduto la spensieratezza tipica dei “primi tempi” per guadagnare un matriminio veramente cristiano. Grazie Costanza perché a questa riflessione non ci sono mai arrivata prima

  22. Digital

    Senza alcun dubbio i primi tre secoli del primo millennio d.C. è stato il periodo più fecondo della Chiesa dove la Santità, al contrario di oggi, era la regola e non l’eccezione!
    Ebbene in quel periodo si veniva cacciati dalla Comunità Cristiana se non si mostrava pentimento per i tre peccati, allora, considerati i più gravi: apostasia, omicidio ed adulterio.
    In quel tempo non esistevano concetti, oggi tanto di moda e molto apprezzati non solo dai radical chic ma purtroppo anche da una parte della Chiesa, come “inclusione”, “accompagnamento”, “accoglienza” ed affini…
    Se al termine del Catecumenato (periodo di preparazione al sacramento del Battesimo che segnava l’ingresso nella comunità ecclesiale) non rompevi definitivamente con uno dei tre peccati suddetti non c’era un posto per te nella Chiesa.
    E’ questo era ed è (perché alcune realtà ecclesiali ancora mettono in pratica tale principio) l’unico modo per far comprendere al peccatore impenitente la gravità della propria condotta. E, pertanto, questa era ed è la vera Misericordia!
    In merito al giusto rilievo di Costanza, relativamente al fatto della estrema marginalità del fenomeno dei divorziati risposati che desiderano accedere all’eucarestia, a dispetto di quello che i giornali e non solo invece descrivono come un’emergenza umanitaria, è doveroso sottolineare che questa parziale concessione prevista dall’Amoris laetitia, che ha di fatto trasformato l’adulterio da impedimento oggettivo a soggettivo (cioè a seconda dei soggetti coinvolti), costituisce il primo pericolosissimo tassello alla legittimazione della relazione adulterina.
    Per questa ragione la nostra società, profondamente secolarizzata, ha festeggiato quest’inaspettata apertura di Papa Francesco (che invece ha scandalizzato molti di noi, me per primo). Non certamente perché sentisse il bisogno di vivere pienamente la propria fede.
    Una cosa però è sicura: i divorziati risposati conviventi more uxorio, che non rispettino la continenza, potranno avere anche l’approvazione del Papa (forse un giorno anche quella esplicita) ma non avranno mai la benedizione di Dio perché il Vangelo su questo punto è chiarissimo e quindi non lascia spazio ad alcun tipo di interpretazione.

  23. cinzia

    La questione è molto complessa, e mi sembra che Costanza non sottovaluti affatto questa complessità. Rimane il fatto che la Chiesa deve dare delle indicazioni chiare e univoche. E’ vero, tanti non capiscono, ma se tanti non capiscono è perché la Chiesa non è chiara…. e come tutti voglio dire al medico come curare, all’insegnante come insegnare, si chiede alla Chiesa di adattarsi a noi…. e si comincia con tutti i casi particolari, i se e i ma… (Costanza giustamente faceva l’esempio della tecnica con cui è stato sdoganato l’aborto).
    Per quanto riguarda i divorziati che intraprendono una nuova relazione, si parla sempre dei figli della seconda relazione (se la coppia non ha rapporti scoppia e quindi poveri questi figli). Ma una parola per i figli del matrimonio andati in frantumi? Loro sono figli di serie B?

    1. Laura

      Grazie Cinzia… effettivamente è una questione che si pongono in pochi…o forse nessuno…. nn se la pongono le coppie che si separano…..
      Parlo da figlia di divorziati, che nonostante tutto ha sempre creduto nel matrimonio anche grazie all’iall’incontro con mio marito. Che mi ha portata ha conoscere il meraviglioso mondo di Dio e la fede…
      Noi figli di divorziati effettivamente siamo messi da parte…

  24. daniela

    Condivido con gioia l’idea che il matrimonio sia un sentiero verso la santità. Anche essere preti o giornalisti potrebbe essere una via verso la santità, il punto è che troppe sirene ci invitano sulla via dell’edonismo e del narcisismo.Sto pensando a come educare i figli, certo prima di tutto con l’esempio, ma contro abbiamo una società che sventola la bandiera dell’erotismo come fosse il paradiso e non si parla mai neanche ai corsi per i futuri sposi della forza distruttiva dell’eros, una forza che dobbiamo imparare a trasformare in bene.Grazie Costanza i tuoi articoli sono sempre una grande fonte di riflessione.

  25. Giovanni

    mah…sono piuttosto confuso, in verità, ultimamente. Da abbandonato per un altro uomo (e ovviamente mandato via da casa e prole consegnata alla ex moglie anche se sarebbe stato molto meglio il contrario, grazie a Dio ormai almeno la prole sta più da me..) ho cercato di vivere la mia condizione restando solo, ma mi sento incompleto, come uomo e come padre (non è mica facile educare i figli senza il confronto con la sensibilità femminile, anzi è un’impresa titanica), e allora, mi spiace, ma io spero che il Signore mi metta davanti una donna da amare, con la quale camminare verso di Lui, come sarà possibile… non potrò fare la comunione? Verrà il momento in cui sarà possibile, e non per una decisione umana…quello che non mi piace è il clima che queste incertezze hanno creato, “quelli bravi” (sposati, divorziati obbedienti ecc..) che si sentono offesi che si scatenano contro gli altri. In questo senso gli accenti dello scritto di Costanza sono un bellissimo esempio di cosa significa essere cristiani, purtroppo non è sempre così… e in fondo non capisco questa cosa della continenza come condizione per poter acceder ai sacramenti, preferirei si dicesse che non si può e basta, anche perché sarebbe sdoganato qualsiasi tipo di rapporto extraconiugale in cui la castità è diventata (magari per età o malattia) un fatto naturale e pacifico, e questo mi pare un po’ ipocrita, sinceramente.

    1. lorenzo

      sono d’accordo con te sul fatto dell’ipocrisia. credo che equivalga a dire che certe condizioni consentono di derogare a leggi assolute. se poi questa sia fregola di piacere al mondo, non so: non sono un teologo.
      di certo so che il problema sollevato in relazione ad AL non è che quelli che tu chiami “bravi” si siano offesi, quanto il fatto che se si ammette la deroga che tu stesso riconosci come ipocrita, lo si dovrà fare per tutto.
      sotto il profilo logico, la fallacia della china scivolosa (oggi ti do un dito, quindi domani mi chiederai un braccio) non funziona; sappiamo bene che, invece, nelle scienze sociali e in psicologia funziona benissimo.

      1. Giovanni

        Una precisazione: quando scrivo “quelli bravi”, non mi riferisco genericamente a chi cerca, talvolta anche faticosamente, di rimanere in una situazione di fedeltà all’interno di un matrimonio oppure perfino quando è stato lasciato, ma a chi in queste situazioni fa come il fariseo nei confronti del pubblicano che sta in fondo al tempio… con l’effetto perverso di voler limitare la misericordia di Dio… la cui azione supera di certo ogni nostra opinione, convinzione, ma anche ogni nostro scritto o interpretazione di encicliche o esortazioni che siano…
        detto questo, quanto viene dal Papa e dalla Chiesa mi trova pronto al rispetto e alla sequela, pur nella mia debolezza di peccatore…
        Infine, mi pare di aver letto che “la deroga che tu stesso riconosci come ipocrita” non sia in Amoris Laetitia, ma nella Familiaris Consortio, perciò sia già comunque ampiamente ammessa, cosa che mi lascia molto, molto perplesso, per cui se fossi in una situazione di nuova unione preferirei comunque rispettare il Sacramento facendo la Comunione Spirituale

        1. Alessandro

          la Familiaris consortio al n. 84 esclude senza eccezioni e in ogni caso dall’assoluzione sacramentale e dall’Eucaristia il divorziato risposato che non assuma l’impegno tassativo di interrompere la convivenza more uxorio.

          Il divorziato risposato cui incombano gravi e certi doveri il cui adempimento non sia compatibile con la cessazione della coabitazione può ricevere l’assoluzione sacramentale (e quindi l’Eucaristia) anche se seguita la convivenza, ma solo ed esclusivamente se si impegna fermamente a interrompere la convivenza more uxorio, cioè solo ed esclusivamente se si impegna fermamente a vivere in piena continenza.

          In ciò non c’è, da parte del Magistero della Chiesa, nessuna “deroga” per chicchessia al comandamento “non commettere adulterio”, nessuna ferita all’assoluta indissolubilità del matrimonio, nessuna ipocrisia. Non c’è dunque, da parte del Magistero autentico al riguardo (espresso nel Catechismo al n. 1650) alcuna “mancanza di rispetto” al Santissimo Sacramento, cioè nessuna ammissione al Santissimo Sacramento di divorziati risposati che non si siano pentiti e non abbiano posto fine al legame adulterino.

          Familiaris consortio n. 84:

          “La riconciliazione nel sacramento della penitenza – che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico – può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio. Ciò comporta, in concreto, che quando l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione, «assumono l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi» (Giovanni Paolo PP. II, Omelia per la chiusura del VI Sinodo dei Vescovi, 7 [25 Ottobre 1980]: AAS 72 [1980] 1082).”

        2. lorenzo

          Giovanni, avevo capito cosa intendevi riferendoti a “quelli bravi”. non credo che chi non viva la tragedia della separazione si senta – passami il termine – danneggiato dal cap. 8 di AL: probabilmente c’è qualcuno che si sente primo della classe e ritiene di essere sminuito.
          ho la sensazione che la preoccupazione sia molto più razionale.
          per quanto riguarda AL o Familiaris Consortio, vedo che sotto hanno già risposto diffusamente.
          penso semplicemente che stiamo affrontando una situazione senza precedenti, indipendentemente dal fatto che si voglia interpretare o semplicemente obbedire.

              1. Alessandro

                @Fabrizio

                sì, i troll cattonichilisti abbondano.

                Ci vuol pazienza. Sappiano che, per quanto si affannino con ogni mezzo 24h al giorno su ogni blog con milioni di commenti cambiando miliardi di nick, le loro falsità non prevarranno e saranno tutte smascherate.

            1. Alessandro

              L’articolo di Conte è zeppo di errori teologici.

              Evidenzio solo questo, che va al cuore della questione:

              “So it is contrary to truth to proclaim that no confessor or pastor of souls can ever acknowledge that fact: some objective mortal sins are not also actual mortal sins”.

              “E’ contrario alla verità proclamare che nessun confessore o pastore d’anime può mai ravvisare questo fatto: che qualche peccato mortale oggettivo non è anche un peccato mortale attuale, effettivo”

              Cioè, secondo Conte qualcuno al mondo può sapere che Tizio, commettendo un peccato oggettivamente mortale, non abbia commesso un vero e proprio peccato mortale a tutti gli effetti, cioè un peccato che toglie la grazia santificante a chi lo commette e lo priva dello stato di grazia.

              Ma questa convinzione di Conte è falsissima: nessun uomo, nemmeno il confessore, può ravvisare con giudizio indubitabile che un peccato oggettivamente mortale (come è l’adulterio) commesso da Tizio non sia un vero e proprio peccato mortale a tutti gli effetti, cioè sia un peccato la cui commissione non ha privato Tizio dello stato di grazia.

              Conte di fatto ripudia, con questa sua affermazione falsa, quanto insegnato al riguardo infallibilmente dal Concilio di Trento:

              “come nessun uomo pio deve dubitare della misericordia di Dio, del merito del Cristo, del valore e dell’efficacia dei sacramenti, così ciascuno nel considerare se stesso, la propria debolezza e le sue cattive disposizioni, ha motivo di temere ed aver paura della sua grazia, non potendo alcuno sapere con certezza di fede, scevra di falso, se ha conseguito la grazia di Dio.” (sessione 6, cap. 9)

              Ci sono poi, come dicevo, un sacco di altre falsità, ad esempio sull’indole del fermo proposito necessario per l’assoluzione sacramentale… ma non ho tempo né voglia di confutare questo tale punto per punto.

              Lo sproposito che ho rimarcato valga a chiarire che costui sbaglia gravemente e si contrappone al Magistero infallibile della Chiesa.

              1. Generale Han

                Le consiglio di contestarlo direttamente sul suo blog, sono aperti i commenti. Se pensa che abbia sbagliato può confutarlo li.

                1. Alessandro

                  @Generale

                  Come ho mostrato, se sei d’accordo con questo sedicente teologo, ricusi il Magistero infallibile della Chiesa.
                  Decidi tu da che parte stare…

              2. Fabrizio Giudici

                Alessandro, questo signore ha pure pubblicato una sua personale traduzione della Bibbia dal latino (!!), un “Catechismo di etica”, una “guida pratica per sopravvivere all’Apocalisse”… Se segui i suoi link ha una miriade di siti pieni di fuffa. Lo stile è quello di presentarsi all’inizio con affermazioni apparentemente ortodosse e conservatrici, per poi dare di matto. Mi ricorda qualcuno…

                1. Alessandro

                  Insomma, un tronfio ciarlatano pericoloso per sé e per i gonzi che gli danno spago.

                  Sì, anche a me ricorda qualcuno… 😉

  26. Maria

    Cara Costanza, grazie di cuore per ciò che scrivi, sottoscrivo ogni tua parola e sono pienamente concorde, sono una mamma/nonna catechista battesimale e ministro straordinario della comunione e quando mi trovo ad incontrare i genitori dei bambini da battezzare mi rendo conto della grande confusione che si è creata in merito all’argomento della comunione ai divorziati risposati e anche ai conviventi che non avrebbero alcun impedimento al matrimonio! oltre al fatto che c’è una grande disinformazione e ignoranza in proposito. Grazie per come riesci ad esporre con chiarezza e semplicità temi così importanti di spiritualità, che davvero non sarebbe possibile se non con l’aiuto dello Spirito Santo.

  27. vale

    eppoi basta con le polemiche su divorzio e quant’altro.

    il nuovo generale dei gesuiti – arturo sosa abascal – ha detto che è tutto relativo, bisogna contestualizzare e che nessuno ai tempi di Gesù aveva il registratore.

    “Intanto bisognerebbe incominciare una bella riflessione su che cosa ha detto veramente Gesù. A quel tempo nessuno aveva un registratore per inciderne le parole. Quello che si sa è che le parole di Gesù vanno contestualizzate, sono espresse con un linguaggio, in un ambiente preciso, sono indirizzate a qualcuno di definito.

    Nell’ultimo secolo nella Chiesa c’è stato un grande fiorire di studi che cercano di capire esattamente che cosa volesse dire Gesù… Ciò non è relativismo, ma certifica che la parola è relativa, il Vangelo è scritto da esseri umani, è accettato dalla Chiesa che è fatta di persone umane … Perciò è vero che nessuno può cambiare la parola di Gesù, ma bisogna sapere quale è stata!

    – Mi par di capire che per lei ci sia una priorità della prassi del discernimento sulla dottrina.
    Abascal. – Sì, ma la dottrina fa parte del discernimento. Un vero discernimento non può prescindere dalla dottrina.

    – Però può giungere a conclusioni diverse dalla dottrina.
    Abascal. – Questo sì, perché la dottrina non sostituisce il discernimento e neanche lo Spirito Santo.”

    (dal sito di blondet )

    e adesso tana libera tutti!!!

    1. Fabrizio Giudici

      @vale

      Prendere nota. Al prossimo che contesta chi critica il Papa, a cui si dovrebbe obbedienza totale (*), si risponderà così:

      – Per noi c’è la priorità della prassi del discernimento sull’obbedienza.
      – Ma l’obbedienza fa parte del discernimento. Un vero discernimento non può prescindere dall’obbedienza.
      – Però può giungere a conclusioni diverse dall’obbedienza; perché l’obbedienza non sostituisce il discernimento e neanche lo Spirito Santo.

      La differenza è che Abascal sostiene cose contrarie alla Tradizione; il dialogo immaginario che ho appena scritto, al netto di un po’ di ironia, no.

      (*) Va detto che da qualche giorno sembra siano spariti tutti. Per lo meno da queste bande.

        1. Fabrizio Giudici

          A parte che pare che tu non sia così affacendato da non poter postare di essere affacendato… non sei mica l’unico. Tutti casualmente affacendati?

          1. Sai 5 minuti d’aria me li danno comunque… (ne ho utilizzati solo pochi secondi). Degli altri non so, ma come detto mi auguro meglio affaccendati 😉

            Alla prox

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