di Costanza Miriano
Sinceramente, dopo tutto il tempo passato a rimuovere bestemmie e offese surreali dal mio profilo facebook, ero tentata di lasciar cadere la faccenda, ma non lo farò, per due ordini di motivi. Il primo è che continua a sembrarmi preziosissimo pregare per le vittime del terremoto. Il secondo è che da questa assurda vicenda ho imparato alcune cose utili che vorrei condividere con chi lo desidera.
Per chi si era sanamente distratto dal mondo virtuale, riepilogo. La sera dopo il terremoto ero sul divano con tutta la famiglia, incollati a guardare i luoghi nei quali abbiamo trascorso le vacanze degli ultimi anni con gli amici più cari. Cercavamo volti e luoghi noti. Durante la giornata avevamo chiamato persone che erano ancora lì per capire se si potesse andare a dare una mano, ma la risposta, letterale, era stata: “la Protezione Civile sta cacciando tutti” (nel senso di tutti quelli che non sanno esattamente cosa fare in questi casi). A raccolte di cibo e soldi aveva pensato mio figlio. L’unica cosa che rimaneva da fare era pregare. Quando si muore nel sonno, o in pochi secondi, chissà, magari non si ha neanche tempo di raccomandare l’anima a Dio. Chissà in che condizioni erano quelle anime, pensavo. Se fossi al posto loro sarei felicissima che qualcuno mi presentasse al Padre chiedendo misericordia per me.
La mia amica, che conosceva quasi tutte le vittime, una per una, e con la quale ho condiviso l’idea la mattina dopo, siccome fa l’avvocato come lavoro di copertura, ma nella realtà è un’organizzatrice di amici, ha pensato istantaneamente che ognuno dovesse avere almeno una persona che pregasse per lui. Una per ciascuno. Lei si preoccupava per una in particolare di cui mi poteva dire per certo che difficilmente qualcuno avrebbe pregato per lei, e me l’ha affidata. Poi mi ha chiesto di mettere qui i nomi facendo una griglia in modo che ognuno abbia il suo asterisco accanto quando qualcuno si prenderà l’impegno di pregare per lui.
Ci sarebbero da spiegare un’infinità di cose su questo tema – la comunione dei santi, il purgatorio, l’indulgenza, le colpe e le pene, si potrebbe parlare per ore – ma non sono una teologa, mi basterebbe essere una teofila. La realtà è molto più semplice. È stato un pensiero naturale, quasi ovvio direi. Il culto dei morti è quello che ci distingue dalle bestie. Siamo nell’anno del giubileo della misericordia, e ottenere l’indulgenza non è mai stato così facile (ci sono stati tempi in cui la gente perdeva tempo, soldi, la vita a volte, per intraprendere viaggi lunghi e pericolosi, nella speranza di passare una porta santa e salvarsi l’anima). Facile solo a livello pratico: oggi il Papa lo ha reso possibile in ogni diocesi. Impegnativo come sempre a livello spirituale, perché una vera confessione implica necessariamente una seria conversione, l’impegno rinnovato a seguire Cristo e a fare gesti concreti per i fratelli. Mi sembrava che il mio pensiero fosse abbastanza scontato, e davvero non immaginavo di scatenare questo putiferio.
È successo invece che sui social me ne hanno dette di tutti i colori: la maggior parte degli insulti non li posso ripetere, perché sono una signora e ho un bonus di una parolaccia all’anno ma temo di averla già usata, per il 2016, e tra l’altro moltissimi non li ho neppure letti, perché twitter non lo so usare, e il profilo fb non lo gestisco da sola (quando hanno cominciato ero fuori, senza computer). Comunque non ho mai letto tante cattiverie e volgarità tutte insieme, credo che una povera umanità disperata si sia data convegno sul mio profilo. Quasi nessuno, ovviamente, è stato capace di articolare e motivare il suo disaccordo con questa idea, e il livello espressivo era davvero molto basso. Vorrei riuscire a pregare per ciascuno di loro, ma dovrete aiutarmi, sono troppi; sono certa che si tratti di povere creature ingannate, persone totalmente prive dei fondamentali della fede, persone che però sanno, confusamente, che siamo fatti per l’eternità, e che per questo temono la preghiera, perché intuiscono che c’è qualcosa di vero. Persone che desiderano essere amate come Dio ci ama, ma non riescono a crederlo (il demonio non ha tanta fantasia, usa sempre lo stesso trucchetto, dall’Eden in poi: vuole convincerci che Dio sta tentando di fregarci, togliendoci la libertà, invece è solo un padre che vuole il meglio per noi). Persone che non vedendo questo viso innamorato del Padre preferiscono catalogare la nostra fede come superstizione, e la richiesta di indulgenza come un rito magico. Persone che preferiscono nella loro condizione non ricordare che la morte ci attende tutti, e tutti dovremo andare davanti al Creatore, nella speranza che non ci dica “andatevene, io non vi conosco” (quelli che dicono che l’inferno è vuoto forse non hanno letto tutto il Vangelo). È paura, dunque, ma è anche una nostalgia dell’eternità, di un amore perfetto e grandissimo. Questa ce l’abbiamo tutti, e chi cerca questo amore nelle cose e nelle persone sta male, perché niente gli riempie il cuore.
Aggiungiamo la grande ignoranza dei fondamentali della fede (tra i più arrabbiati diversi sedicenti cattolici), e soprattutto l’esito di decenni di propaganda laicista che con scuole mediocri e mezzi di comunicazione mediocrissimi cerca di formare un popolo convinto di essere solo al mondo, di non avere niente sopra la testa, di non dover un giorno affrontare la morte. Per l’uomo di oggi l’idea di non essere totalmente autodeterminato è intollerabile: schiuma di rabbia e vomita offese, ciò che denuncia chiaramente la sua infelicità. Di fronte a questa umanità non si può che provare tenerezza, e non serve rispondere alle offese. La più bella è “sciacallo da tastiera”: vorrei sapere che ci guadagno chiedendo preghiere. Il mio blog è volutamente senza pubblicità (ci è stata offerta), e per gli oltre dieci milioni di clic non abbiamo preso mezzo euro, ma anzi abbiamo sopportato in due una mole enorme di lavoro, con l’aiuto ogni tanto di qualche amico. Non mi vengono in mente altri guadagni possibili per l’idea dell’indulgenza, sinceramente, ma si sa che il male è negli occhi di chi lo vede. La più ipocrita: la difesa della privacy. Gli elenchi sono pubblici, e ho visto colleghi spiare volti e storie, addirittura con la telecamera (se finisco sotto le macerie mentre dormo per favore pubblicate ovunque il mio nome per il suffragio, anche sui manifesti di dieci metri per dieci, ma se possibile non mi riprendete piena di calcinacci e in sottoveste; e se perdo un figlio non mi inquadrate mentre piango, ma pregate per lui). La più surreale: paragonare le nostre preghiere a una messa nera. La più da premio Nobel: ti denuncio (pensa il magistrato che riceve un esposto; il capo d’imputazione: richiesta di preghiere). La più diffusa: come ti permetti, e se loro non credevano? A parte che nessuno ha avuto da ridire contro i funerali in chiesa, che io sappia, cosa da cui deduco che le vittime fossero battezzate, comunque le preghiere e le messe non possono nulla di fronte alla libertà dell’uomo, confine che ferma, per il suo rispetto nei confronti dei figli, persino l’azione di Dio. Quindi se uno vuole andare all’inferno ci va (ma dubito che qualcuno possa davvero desiderarlo). La più banale: vai a scavare invece di scrivere (immagino che loro invece stessero digitando insulti da sotto le macerie).
Per ciò, andrei avanti con la mia idea. Qui trovate le persone per cui pregare. Chi vuole e può lo faccia senza dirlo a me. Se invece qualcuno lo desidera, può scrivermi qui sul blog ( sposatiesiisottomessa@gmail.com ) o su facebook, e io cercherò di prendere nota, ma senza rendere pubblica la cosa (se posso risponderò privatamente) per non offrire il destro a un’altra ondata di stupidaggini.
Infine, le cose che ho imparato. Non so quantificare l’entità del problema, perché rispetto al berciare di alcuni, ho ricevuto molte più conferme da persone che avevano pensato la stessa cosa e non si capacitavano delle polemiche (e un intero monastero ha aderito), ma di sicuro c’è una fetta della popolazione che pur vivendo nell’Europa che senza le sue radici cristiane non esisterebbe e nell’Italia in cui quasi ogni pietra parla dell’avventura cristiana, sono di un’ignoranza disarmante (per dirne una, ma questi Dante e Manzoni li hanno mai aperti? Hanno alzato la testa dallo smartphone per vedere l’architettura delle loro città disegnata dalle chiese e dai cimiteri e dai conventi e dagli ospedali e dalle biblioteche che dobbiamo ai fratelli cristiani che ci hanno preceduti?). Dobbiamo prepararci a rendere ragione della speranza che è in noi a questo tipo di persone. Dobbiamo sapere che il pensiero unico troverà sempre di più che la fede è ammissibile, ma solo nel privato. Potremo pensare cristiano, ma solo in chiesa. Per esempio, la cosiddetta legge antiomofobia che presto riprenderà il suo cammino prevede che si possa pensare dell’omosessualità quello che dicono san Paolo e il Catechismo solo nei luoghi di culto, ma se lo dici fuori da una chiesa vai in carcere, e ripeto carcere (nella prima stesura della legge non si poteva proclamare il catechismo manco in chiesa). Dobbiamo sapere che forse alfine ci verrà tolta anche la libertà di culto (il burkini è solo una prova di esercitazione).
Infine, dopo quello che è successo, ho pensato con uno sguardo un po’ diverso anche a Papa Francesco, al suo sbriciolare con parole semplicissime la nostra fede, per esempio al suo modo di parlare del matrimonio (tema a me più caro) con i suoi “permesso scusa e grazie” che alle nostre orecchie educate a volte suonano forse meno affascinanti della teologia del corpo di Wojtyla, meno stimolanti di certe lucidissime catechesi di Ratzinger. Il Papa evidentemente sa che sta parlando anche a quel tipo di persone, totalmente digiune dei pur minimi riferimenti, e noi, piccolo gregge, ci dà un po’ per scontati. Sa che siamo quella pecorella, una su cento, che è rimasta dentro l’ovile, e cerca di farsi capire da qualcuno che non sa proprio niente di niente di Dio. Cerchiamo di dargli una mano.
Si è davvero difficile capire cosa scatta nella testa di certa gente…
“E se loro non credevano?”
Pensa che offesa “alla memoria”! Abbiamo pregato per quell’incallito ateo, magari mangi-preti…! Ci siamo approfittati di una suo momento di debolezza … e che debolezza, è morto.
E così non si è potuto “difendere” da quest’onta, questo indicibile insulto!
Mah, come se oggi dire a qualcuno “Dio ti benedica…” (ma chi più lo dice?) è come sputargli in faccia, cacciargli due dita negli occhi!
Chi fa simili discorsi, ma manda in bestia (tu hai uno spirito ben più misericordioso Costanza), ma poi ripenso a prima della mia conversione, ragazzo ma non certo ragazzino, quando le mie sorelle più piccole tornavano da catechismo con un rosario in mano e io,,, io mi incavolavo come una biscia! E appena potevo andavo a cercare quei rosari e li facevo sparire… mah!
Che cavolo mi passava per la testa neppure adesso lo saprei dire.
Certo tanta ignoranza, tanti pregiudizi sulla chiesa prima ancora che avversione per il Sacro o per le preghiere, ma ci doveva essere qualcos’altro…
La ribellione profonda dell’Uomo a cui viene ricordato che c’è (o ci potrebbe essere, vista da chi non crede) “qualcosa” o Qualcuno più in alto di lui…
Che la propria vita non sta tutta nelle nostre mani o nei nostri bei progetti, nella nostra patetica convinzione di “quasi onnipotenza”.
O forse ci si ribella all’idea che si potrebbe essere chiamati a rendere conto delle proprie azioni, anche nella convinzione di non aver nulla di male di cui rendere conto …è l’idea in sé che infastidisce. “Come, io devo rendere conto?! E a chi?! Ma per piacere…”
E’ anche un assurdo logico… se gli idioti, poveri illusi siamo noi, qual è il problema?
Preghiere, Riti, Benedizioni, tutte superstizioni, “teatrini” affidati al nulla… quindi qual è l’offesa? Il male del pregare per chiunque sia?
Credo ci sia (o lo dico anche per me ripensandomi allora) uno spirito luciferino, uno dei tanti demoni piccoli o grandi che albergano nel cuore inquieto dell’Uomo che soffia sopra le braci dell’orgoglio e anche della stupidità e ci infiamma.
Penso anche che chi sia inca***a tanto da dietro una tastiera, dando poi dell’ipocrita o peggio a chi come te a scritto di tastiera ciò che ha scritto, si erge a difensore del dolore altrui senza avere la più pallida idea di cosa sia il vero dolore… quel dolore nel quale le preghiere le cerchi e se non le conosci ti affidi e le chiedi a chi sai le conosce non fosse altro che per abitudine.
Ma hai ragione, anche per costoro dobbiamo pregare e accettare i loro insulti e la loro cattiveria (si possiamo anche chiamarla così…).
Intanto oggi mia moglie ed io, dopo aver partecipato alla Santa Messa nella nostra Parrocchia, siamo arrivati sino al nostro Duomo, abbiamo attraversato la Porta Santa e dato che non avevo con me nomi o elenchi, abbiamo chiesto a Dio di dispensare Lui la sua Grazia a chi pensava meglio, magari ad una di quelle anime il cui corpo ancora e sotto le macerie e non hanno un nome.
Se come spero le incontreremo in Paradiso, non credo mi terranno il muso o saranno offese per il mio povero gesto di Carità Cristiana…. che dici?
Mario: “Che cavolo mi passava per la testa…” dove non c’è Dio passano cavoli, broccoli e tutto l’orto. Ero anche io così… Mi verrebbe da scrivere “sob!” ma adesso, l’essere stata così prima… è la mia forza per rialzarmi ogni volta che cado.
Facciamo un patto? Chi va Lassù prima, si dia da fare per quelli che saliranno dopo… e chi va Lassù dopo, si dia da fare per chi è già salito… Grazie. Smack!
Non è che possiamo anche chiamarla “cattiveria”: lo è proprio, in senso etimologico e reale.
Captivus, ovvero prigioniero. Prigioniero del mondo e del male.
Cattiveria che non si deve accettare, e per tale motivo è opportuno pregare anche per questi “posseduti” (nonché togliere magari la possibilità di commentare sui profili FB: tanto di opinionite idiota ve n’è già in abbondanza. Affama la bestia, come dicono gli anglosassoni).
Quanto al resto, penso sia del tutto superfluo parlare a costoro di Dante o Manzoni, o anche solo di Foscolo; che pure non era certo cattolico ma che scrisse
Dal dì che nozze e tribunali ed are
Dier alle umane belve esser pietose
Di sè stesse e d’altrui, toglieano i vivi
All’etere maligno ed alle fere
I miserandi avanzi che Natura
Con veci eterne a’ sensi altri destina
(Come ha ben scritto Costanza, assumono invece un’altra luce le maniere a volte apparentemente semplicistiche, perfino rozze, del Santo Padre. Forse non si può parlare a masse di analfabeti spirituali come parlavano, a vaste masse cattoliche, un san Pio X o un Pio XII)
Per inquadrare l’abisso scellerato e disperante, in cui la consapevolezza di non poter vincere la morte getta l’occidentale medio ogni volta che questa realtà gli viene ricordata, basti citare, da un lato, il pensiero del santo Curato di Ars: lasciateli vent’anni senza parroco e adoreranno le bestie (evidentemente chi non si sente creato a Sua immagine e somiglianza, si deve costruire idoli a propria immagine…).
Dall’altro lato, sta la lapidaria verità pronunciata da santa Teresa di Calcutta: quando si permette a una madre di uccidere il figlio, si permette tutto.
Perché a molti sarà sfuggito, ma ogni giorno in Italia – ogni santo giorno che il buon Dio ancora ci concede, domeniche e feste comprese – c’è un terremoto che provoca 300 morti (basta prendere le statistiche del Ministero della Sanità e dividere il totale annuo delle “interruzioni volontarie di gravidanza”, come da vocabolario neolinguistico, per 365).
Trecento morti ieri, trecento oggi, trecento domani.
“L’aborto è il più grande distruttore della pace perché, se una madre può uccidere il suo stesso figlio, cosa impedisce che io uccida te e tu uccida me? Non c’è più nessun ostacolo.”
Ciao.
Luigi
P.S.: una nota a margine, per chi fosse interessato.
Quando le giornaliste non saranno più sul posto a mostrare il loro “coraggio”, quando i Venerati Maestri non pronunceranno più omelie per informarci di cosa stavano leggendo al momento del terremoto, quando non saranno più lì i volontari bramosi di un’inquadratura (o almeno di un trafiletto sul giornale locale – la tuta immacolata e le mani in tasca) rimarrà la realtà del quotidiano, delle tendopoli da gestire, dei pasti da preparare, dell’immondizia da raccogliere, delle mille piccole esigenze di ogni giorno.
Allora ci sarà bisogno di tante persone senza particolari abilità, ma disposte all’umiltà dell’operare silenzioso.
@Luigi,
“…quando non saranno più lì i volontari bramosi di un’inquadratura (o almeno di un trafiletto sul giornale locale – la tuta immacolata e le mani in tasca”
per carità ci saranno pure questi, come possiamo trovare gli “sciacalli” di ogni genere, ma grazie a Dio sono veramente una esigua minoranza. Eviterei di montarci una polemica.
Poi certo, quando si saranno “spenti i riflettori” come usa dire, bisognerà vedere cosa e chi rimarrà …più ancora degli “uomini di buona volontà”, delle promesse dei nostri politici…
“Trecento morti ieri, trecento oggi, trecento domani.”
Impressionante a tal proposito la prima parte della prima lettura dell’Ufficio di oggi:
“Così disse il Signore a Geremia: «Va’ a comprarti una brocca di terracotta; prendi alcuni anziani del popolo e alcuni sacerdoti con te ed esci nella valle di Ben-Innom, che è all’ingresso della Porta dei cocci. Là proclamerai le parole che io ti dirò. Riferirai: Ascoltate la parola del Signore, o re di Giuda e abitanti di Gerusalemme. Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Ecco, io manderò su questo luogo una sventura tale che risuonerà negli orecchi di chiunque la udrà, poiché mi hanno abbandonato e hanno destinato ad altro questo luogo per sacrificarvi ad altri dèi, che né essi né i loro padri né i re di Giuda conoscevano. Essi hanno riempito questo luogo di sangue innocente; hanno edificato alture a Baal per bruciare nel fuoco i loro figli come olocausti a Baal. Questo io non ho comandato, non ne ho mai parlato, non mi è mai venuto in mente.
Tu, poi, spezzerai la brocca sotto gli occhi degli uomini che saranno venuti con te e riferirai loro: Così dice il Signore degli eserciti: Spezzerò questo popolo e questa città, così come si spezza un vaso di terracotta, che non si può più accomodare.”
A me non interessa essere creduto, Bariom, come non mi interessa convincere alcuno. Tanto la realtà rimane tale, quale sia il pensiero di ognuno.
Se pensi che in una società, in cui l’apparenza domina incontrasta in ogni ambito, tutto ciò sia di un’esigua minoranza, dico “pazienza”.
Solo come spunto di riflessione, però, osservo che forse – forse – il tuo accenno al “montare polemiche” ha una punta di scarsa generosità.
Ciao.
Luigi
Boh… e allora anch’io dico “pazienza”…
Se non fosse documentato, non ci si crederebbe!
Anche il pompiere che ha scritto questa lettera a Giulia (e lui si ha scavato!), povero illuso, vero?
L’ha ribloggato su Il sito di Alberto.
L’ha ribloggato su maurostabile.
Carissima Costanza non é da molto tempo che seguo con interesse il tuo messaggio di mamma cristiana.Anche io sono madre(di sei figli e nonna di una splendida nipotina) .Grazie veramente per la tua testimonianza.vorrei unirmi anche io alle preghiere per le vittime del tragico evento del terremoto .
Carissima Costanza, di cosa meravigliarsi?
Nostro Signore non è forse finito in croce tra l’indifferenza di uomini come quelli di oggi , pieni si sè e di non senso? E se noi siamo cristiani, cioè come dice la parola di Cristo, sappiamo che la croce esiste, che esiste la morte , la sofferenza, ma sappiamo anche che Cristo ha sconfitto tutto questo salendo sulla croce e risorgendo!
Per questo hanno paura di noi e ci perseguitano: perché amiamo la vita e la vita eterna! Come dici tu stessa, queste persone che ti hanno perseguitato attraverso le parole scritte ,hanno nostalgia di eternità e ti invidiano, anzi ci invidiano tutti!
Si dovrà pregare anche per loro, non credi?
“Amate i vostri nemici” dice Gesù.
Il tuo pensiero di pregare per chi è stato improvvisamente chiamato nel sonno mi ha colpito tanto, è un pensiero delicato e amorevole che mostra a tutti fino a che punto un cristiano possa amare la vita: cioè per sempre!
Non so se riuscirò a pregare per una persona in particolare cara Costanza! Sono tante le persone per cui mi rivolgo al Signore, e a volte dopo che ho finito di pregare mi accorgo di averne dimenticata qualcuna. ..non sono tanto brava, ma ti ringrazio però della tua sensibilità, che mi ha permesso ancora una volta di alzare gli occhi al cielo e non perdere il contatto con mio Padre!
Ti abbraccio con affetto! Valeria Frezzotti
@Valeria Frezzotti
Anni fa un frate mi espresse questa convinzione . ” la bestemmia è la preghiera dei poveri “.
Al momento restai perplesso perchè pensavo che chi bestemmia ha il demonio dentro e come può il demonio pregare Dio? In seguito però ricordai che Gesù in croce grida (non da disperato, ma da uomo fino in fondo ” Dio mio, Dio mio perchè mi hai abbandonato ” , forse per incoraggiare il più accanito bestemmiatore in croce a rivolgersi al Padre con quel poco che gli resta da dire, e cioè una quasi bestemmia) .A tal punto arriva la Misericordia di Dio.!
Quell’interpretazione delle bestemmie, piuttosto diffusa tra certi preti, è molto pericolosa. In certi casi può essere vera, ma non sempre: spesso le bestemmie non sono altro che bestemmie. Come al solito le ambiguità sono dannose.
Il grido di Cristo in Croce non era neanche lontanamente una bestemmia. Era l’incipit del Salmo 22 (21) e per gli ebrei recitare l’inizio di una preghiera equivaleva a recitarla tutta. Il Salmo in questione inizia con la descrizione della desolazione di chi si sente abbandonato per i rovesci della vita, ma si conclude con la fiducia nel soccorso divino.
C’è questa breve e concreta catechesi di BXVI che lo spiega chiaramente:
https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/audiences/2011/documents/hf_ben-xvi_aud_20110914.html
@Pierangelo,
senza entrare nel discorso della bestemmia e di come la si possa interpretare, volevo condividere ciò che ho appreso qualche tempo fa in merito alla frase di Gesù sulla Croce, giusto per riportare sempre tutto alla più corretta interpretazione senza forzature.
La frase «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?…»
è la prima parte del 2° versetto del Salmi 21 («Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Tu sei lontano dalla mia salvezza») e Cristo da buon Ebreo rivolge il suo grido a Dio (e al Padre) come preghiera.
Era poi prassi che l’Ebreo che recitasse l’inizio di un Salmo nel momento di grave pericolo, era come lo avesse recitato per intero sino in fondo. E’ quindi molto interessante andare a leggere tutto il Salmo 21, che è un Salmo si della prova, ma che esprime tutta la fiducia in Dio Salvatore e che si conclude con i versetti che recitano:
“…lo servirà la mia discendenza.
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
annunzieranno la sua giustizia;
al popolo che nascerà diranno:
«Ecco l’opera del Signore!».”
😉
Oppsss… scusate la replica.
@Fabrizio aveva già detto tutto…. e meglio di me ha messo anche la catechesi del Papa Emerito.
Repetita iuvant, Bariom. Meglio una volta in più che una in meno…
Buon ultimo, e dopo precisazioni già chiarificatrici… ma perdonate se sottolineo anch’io che “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” pronuciato da Gesù in croce non è e non può essere il grido del Figlio che si sente abbandonato dal Padre o teme che il Padre l’abbia abbandonato.
Pensare che Gesù Cristo, che è vero Dio in quanto seconda Persona della Santissima Trinità, possa dubitare che il Padre sia con Lui, ossia possa ignorare alcunché di Suo Padre, è convinzione gravemente incompatibile con l’ortodossia cattolica:
– il Figlio di Dio fatto uomo ha del Padre suo “conoscenza intima e immediata” (Catechismo, n. 473)
– “La conoscenza umana di Cristo, per la sua unione alla Sapienza divina nella Persona del Verbo incarnato, fruiva IN PIENEZZA della scienza dei disegni eterni che egli era venuto a rivelare” (Catechismo, n. 474)
Mario, Fabrizio, Alessandro: grazie!
Figurati, grazie a te!
Invece prendere sul serio il “mi hai abbandonato” è precisamente quanto espresso dalla teologia della notte oscura, esposta (spesso nella loro carne) da tanti santi e molti teologi, tra cui von Balthasar a sua volta ripreso da Giovanni Paolo II e da Ratzinger stesso. Non ho tempo di dilungarmi ma il senso è il seguente: Gesù Cristo prende su di sè il nostro peccato, fino in fondo, e parte essenziale di questo “prendere il nostro posto” è fare l’esperienza radicale della lontananza da Dio; dalla sua obbedienza d’amore in questo cammino estremo ma necessario, dove non si vede più niente, sgorga il miracolo della Resurrezione, da cui nessuno è escluso – se vuole – perchè Cristo ha raggiunto e redento anche il male più estremo.
Dire il contrario sembra pio, ma non lo è. Per fare un’analogia, sarebbe come dire che un grande santo come padre Pio non ha sofferto veramente nelle persecuzioni perchè in lui c’era sempre viva la fede e quindi “sapeva” che Dio l’avrebbe tirato fuori dai guai. Invece non è così: Dio ci lascia a volte nell’oscurità, e questo non (sempre) per nostra colpa ma come partecipazione all’oscurità salvifica vissuta da Nostro Signore. Si rilegga l’enciclica “Dives in Misericordia” di Giovanni Paolo II (almeno il punto 8), visto anche che siamo nell’anno della Misericordia.
@Paolo Pagliaro
Ti sbagli di grosso, ma proprio di grosso
Ripeto: pensare che Gesù Cristo, che è vero Dio in quanto seconda Persona della Santissima Trinità, possa dubitare che il Padre sia con Lui, ossia possa ignorare alcunché di Suo Padre, è convinzione gravemente INCOMPATIBILE con l’ortodossia cattolica:
– il Figlio di Dio fatto uomo ha del Padre suo “conoscenza intima e immediata” (Catechismo, n. 473)
– “La conoscenza umana di Cristo, per la sua unione alla Sapienza divina nella Persona del Verbo incarnato, fruiva IN PIENEZZA della scienza dei disegni eterni che egli era venuto a rivelare” (Catechismo, n. 474)
Scrivi:
“Gesù Cristo prende su di sè il nostro peccato, fino in fondo, e parte essenziale di questo “prendere il nostro posto” è fare l’esperienza radicale della lontananza da Dio”
Gesù Cristo è vero Dio è quindi è impossibile che faccia esperienza della lontananza da Dio, giacché altrimenti farebbe esperienza della lontananza da sé stesso: evidente assurdità. Se intendi dire che fa esperienza della lontananza da Dio Padre, vale quello che ho appena detto.
“Per fare un’analogia, sarebbe come dire che un grande santo come padre Pio non ha sofferto veramente nelle persecuzioni perchè in lui c’era sempre viva la fede e quindi “sapeva” che Dio l’avrebbe tirato fuori dai guai”
Analogia inaccettabile, almeno per il motivo che padre Pio non è il Verbo incarnato, cioè non è Dio, e invece Gesù Cristo è Dio.
“Si rilegga l’enciclica “Dives in Misericordia” di Giovanni Paolo II (almeno il punto 8), visto anche che siamo nell’anno della Misericordia”
Nell’enciclica Dives in Misericordia non si trova mai affermato (né potrebbe essere altrimenti) che Gesù Cristo abbia sperimentato la lontananza del Padre, abbia vissuto anche solo per breve tratto nell’oscurità quanto alla prossimità (che è nietemeno che intima e immutabile consustanzialità, in quanto Verbo) rispetto al Padre Suo.
Quanto a Benedetto XVI, le sue affermazioni sul grido di Gesù in croce sono chiare e non possono essere in alcun modo lette come l’affermazione che Egli abbia fatto esperienza della lontananza da Dio, dal Padre.
Riporto le parole precise (il link è già stato peraltro indicato in un commento precedente), così il lettore può comodamente verificare quello che ho detto:
“Come è noto, il grido iniziale del Salmo, «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», è riportato dai Vangeli di Matteo e di Marco come il grido lanciato da Gesù morente sulla croce (cfr Mt 27,46; Mc 15,34). Esso esprime tutta la desolazione del Messia, Figlio di Dio, che sta affrontando il dramma della morte, una realtà totalmente contrapposta al Signore della vita. Abbandonato da quasi tutti i suoi, tradito e rinnegato da discepoli, attorniato da chi lo insulta, Gesù è sotto il peso schiacciante di una missione che deve passare per l’umiliazione e l’annichilimento. Perciò grida al Padre, e la sua sofferenza assume le parole dolenti del Salmo.
Ma il suo NON è un grido disperato, come non lo era quello del Salmista, che nella sua supplica percorre un cammino tormentato sfociando però infine in una prospettiva di lode, nella fiducia della vittoria divina.
E poiché nell’uso ebraico citare l’inizio di un Salmo implicava un riferimento all’intero poema, la preghiera straziante di Gesù, pur mantenendo la sua carica di indicibile sofferenza, si apre alla certezza della gloria. «Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?», dirà il Risorto ai discepoli di Emmaus (Lc 24,26).
Nella sua passione, in obbedienza al Padre, il Signore Gesù attraversa l’abbandono [nota bene: l’abbandono non da paerte del Padre, ma l’abbandono da parte di chi “lo insulta” e da parte “di quasi tutti i suoi”] e la morte per giungere alla vita e donarla a tutti i credenti.”
https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/audiences/2011/documents/hf_ben-xvi_aud_20110914.html
“Tornando alla narrazione di san Marco, davanti agli insulti delle diverse categorie di persone, davanti al buio che cala su tutto, nel momento in cui è di fronte alla morte, Gesù con il grido della sua preghiera mostra che, assieme al peso della sofferenza e della morte in cui SEMBRA [non a Cristo, ndr] ci sia abbandono, l’assenza di Dio, Egli ha la PIENA CERTEZZA della vicinanza del Padre [e quindi, appunto, è impossibile che a Gesù sembri che per Lui ci sia “l’abbandono, l’assenza di Dio” Padre, ndr], che approva questo atto supremo di amore, di dono totale di Sé, nonostante non si oda, come in altri momenti, la voce dall’alto…
“E’ importante comprendere che la preghiera di Gesù NON è il grido di chi va incontro con disperazione alla morte, e NEPPURE è il grido di chi sa di essere abbandonato.
Gesù in quel momento fa suo l’intero Salmo 22, il Salmo del popolo di Israele che soffre, e in questo modo prende su di Sé non solo la pena del suo popolo, ma anche quella di tutti gli uomini che soffrono per l’oppressione del male e, allo stesso tempo, porta tutto questo al cuore di Dio stesso nella CERTEZZA che il suo grido sarà esaudito nella Risurrezione: «il grido nell’estremo tormento è al contempo certezza della risposta divina, certezza della salvezza – non soltanto per Gesù stesso, ma per “molti” » (Gesù di Nazaret II, 239-240).
In questa preghiera di Gesù sono racchiusi l’estrema fiducia e l’abbandono nelle mani di Dio, anche quando sembra assente [sembra non a Cristo, ma a noi, ndr], anche quando sembra rimanere in silenzio, seguendo un disegno a NOI [non a Gesù Cristo! ndr] incomprensibile.
Nel Catechismo della Chiesa Cattolica leggiamo così: «Nell’amore redentore che SEMPRE lo univa al Padre, Gesù ci ha assunto nella nostra separazione da Dio a causa del peccato al punto da poter dire a nome nostro sulla croce: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?”» (n. 603).
Il suo è un soffrire in comunione con noi e per noi, che deriva dall’amore e già porta in sé la redenzione, la vittoria dell’amore.”
https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/audiences/2012/documents/hf_ben-xvi_aud_20120208.html
@Alessandro, mi hai preceduto nel riprendere proprio la catechesi di Benedetto XVI che è certamente di grande aiuto nella comprensione della questione.
Credo però ci possa essere un punto d’incontro con l’idea espressa da Paolo Pagliaro forse travisabile per l’espressione usata “fare l’esperienza radicale della lontananza da Dio”.
Cristo NON fa mai questa esperienza e lo stesso si potrebbe dire di chi fa esperienza nella Fede della cosiddetta “Notte Oscura”.
NON è esperienza della “radicale lontananza da Dio”, ma piuttosto l’anelito dell’animo, la sua ardente necessità di una presenza in qualche modo più “tangibile”, più “concreta” seppur squisitamente spirituale… ancor più cocente richiesta perché si sta vivendo sotto il peso della Croce, dove la prova appare certamente superiore alle nostre forze e si sente l’esigenza di una aiuto potente e diciamo “immediato” nel suo accadere temporale.
E’ quanto afferma il Papa Emerito quando dice: ” Esso esprime tutta la desolazione del Messia, Figlio di Dio, che sta affrontando il dramma della morte, una realtà totalmente contrapposta al Signore della vita. Abbandonato da quasi tutti i suoi, tradito e rinnegato da discepoli, attorniato da chi lo insulta, Gesù è sotto il peso schiacciante di una missione che deve passare per l’umiliazione e l’annichilimento.”
E ancora:
“Dio tace, e questo silenzio lacera l’animo dell’orante, che incessantemente chiama, ma senza trovare risposta. I giorni e le notti si succedono, in una ricerca instancabile di una parola, di un aiuto che non viene; Dio sembra così distante, così dimentico, così assente. La preghiera chiede ascolto e risposta, sollecita un contatto, cerca una relazione che possa donare conforto e salvezza. Ma se Dio non risponde, il grido di aiuto si perde nel vuoto e la solitudine diventa insostenibile. Eppure, l’orante del nostro Salmo per ben tre volte, nel suo grido, chiama il Signore “mio” Dio, in un estremo atto di fiducia e di fede. Nonostante ogni apparenza, il Salmista non può credere che il legame con il Signore si sia interrotto totalmente; e mentre chiede il perché di un presunto abbandono incomprensibile, afferma che il “suo” Dio non lo può abbandonare.”
Questo gridare a Dio, pur nella esperienza del “Dio che tace…” NON è GRIDO DISPERATO. Non lo è certamente quello di Cristo, come non lo è quello del credente che come Cristo, SA che il SUO DIO verrà in suo aiuto, ma il tempo dell’attesa (lungo o meno che sia) diviene quella “Notte Oscura” (per l’Uomo debole anche momento di tentazioni e atroci dubbi).
E di questa esperienza neppure Cristo nella Sua natura di Vero dio e Vero Uomo credo sia stato risparmiato (si potrebbe riandare anche all’Orto degli Ulivi seppure sono lì coinvolti anche altri aspetti).
In fondo Dio in Cristo si è fatto in tutto simile all’Uomo, fuorché nel peccato …e fare esperienza della Notte Oscura, del velarsi del Volto di Dio, del Suo Silenzio, non è essere nel peccato, è confermare a noi che in Cristo possiamo trovare il com-patire e il senso profondo di ogni nostra dolorosa esperienza.
Il motivo per cui ci siamo così precipitati tutti e tre (credo di interpretare correttamente il pensiero di Alessandro e Bariom, se mi sbaglio smentiranno) a scrivere queste precisazioni è che da un’errata lettura di questo episodio nascono praticamente in modo inevitabile grossi guai. Se Cristo avesse realmente dubitato in quel frangente, applicando semplicemente la logica ne dedurremmo che non era sempre unito al Padre (questa infatti è la conseguenza della negazione dei passi del Catechismo citati da Alessandro). Se Cristo non era unito al Padre non era una Persona della Trinità, dunque non era Dio. Infatti, per esperienza personale, alcune persone che in passato vidi interpretare erroneamente questo episodio poco tempo dopo non credevano più nella Presenza Reale. Ora, il centro di tutti gli inganni di questo tempo è quello dell’anti-cristo: Satana, fallito il tentativo di far dilagare l’ateismo, sta puntando tutto su un gioco di prestigio, sostituire il vero Cristo, Figlio di Dio, veramente Dio e veramente uomo, con un surrogato di sua invenzione. Notate infatti come quasi più nessuno venga a negare esplicitamente l’esistenza storica di un uomo chiamato Gesù, cosa che qualche decennio fa andava di moda. Questo assalto può essere più insidioso, perché non ci fa alzare subito gli schermi di protezione.
È stato segnalato un altro interessante passo di Ratizinger, ancora semplice professore, che ci illustra il senso di quel “perché mi hai abbandonato”, insieme ad un interpretazione della “discesa agli inferi”:
http://ilblogdiraffaella.blogspot.it/2016/08/prof-joseph-ratzinger-non-fa-parte.html
Ratzinger dà una possibile qualifica dell’Inferno come il luogo in cui l’uomo sperimenta una totale, definitiva ed irrimediabile solitudine; e la indica come la più grande paura dell’uomo, una paura non legata ad una causa specifica (che si può affrontare e togliere di mezzo), ma uno stato dell’esistenza definitivo. Il grido di Cristo in Croce, lungi dall’essere un momento di disperazione, è invece un affermare “urlando” l’esistenza di Dio, un “ergersi del Primo Comandamento” nella _apparente_ assenza di Dio:
Per lo meno nel grido di Gesù al momento della sua morte: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mc 15,34), percepiamo il mistero della discesa di Gesù agli inferi come un lampo nell’oscurità della notte. Non dimentichiamo che questa invocazione del Crocifisso è la frase iniziale di una preghiera di Israele (Sal 22(21),2), nella quale si riassumono in maniera toccante l’afflizione e la speranza di questo popolo scelto da Dio e ora da lui abbandonato nel modo apparentemente più desolante. Tale preghiera, che sgorga dalla più profonda afflizione per la tenebra in cui Dio si è avvolto, termina con un inno alla grandezza di Dio . Anche questo è presente nel grido di morte emesso da Gesù, grido che Ernst Kasermann ha concisamente connotato come una preghiera dall’inferno, come l’ergersi del primo Comandamento nel deserto dell’apparente assenza di Dio: “Il Figlio mantiene ancora salda la fede, anche adesso che la fede sembra divenuta un non -senso e la realtà terrena proclama che Dio è assente, il Dio di cui non per nulla parlano il primo ladrone e la folla schernitrice. Il suo grido non è rivolto alla vita e alla sopravvivenza, non a se stesso, bensì al Padre. Il suo grido si contrappone alla realtà del mondo intero”.
Cristo – seguendo d’altronde il senso del Salmo citato – ci sta dicendo: io, che sono anche uomo come voi, vi sto insegnando con l’esempio che ci saranno momenti in cui voi dubiterete, perché tutto sembrerà “dimostrare” che il Padre non c’è. Quindi sarete presi da quella grande paura di essere soli e rimanere soli per sempre. Cercherete di ottundervi l’animo con varie droghe – le tentazioni di ricchezza, lussuria, potere, tutto ciò che apparentemente è in grado di riempire un vuoto, ma serve solo a distrarre per poco tempo l’attenzione dalla disperazione. Potrà capitarvi qualche grande tragedia, come rimanere sotto le macerie di un terremoto e vedere la vostra famiglia e la vostra comunità sparire nel nulla. Potreste essere cacciati da una banda di barbari sanguinari dalla terra in cui siete nati.
Cristo, con l’esordio del Salmo “Perché mi hai abbandonato?” non sta dubitando, ma sta attirando la nostra attenzione sulla suprema tragicità di quel momento, il più tragico della storia umana. Il Salmo già faceva qualcosa di simile evocando sensazioni di abbandono e tragedia, ma non poteva che evocare tragedie umane. Cristo invece alza l’asticella al massimo: cosa può esserci di peggio del “fallimento” di Dio, che abbandona non un uomo qualunque, non un grande condottiero, non un Re santo, ma addirittura il proprio Figlio? Cosa potrebbe farci più paura? Cosa potrebbe indurre un maggiore pessimismo?
Ma se la cosa peggiore che possiamo immaginare, la sconfitta di Dio con suo Figlio in croce, è solo una sconfitta apparente, allora ogni nostra possibile “notte oscura”, che non potrà mai eguagliare quell’episodio, sarà anch’essa una sconfitta apparente, se manteniamo la fede in Cristo.
“…è la frase iniziale di una preghiera di Israele (Sal 22(21),2), nella quale si riassumono in maniera toccante l’afflizione e la speranza di questo popolo scelto da Dio e ora da lui abbandonato nel modo apparentemente più desolante. Tale preghiera, che sgorga dalla più profonda afflizione per la tenebra in cui Dio si è avvolto, termina con un inno alla grandezza di Dio.”
Questo passaggio mi fa pensare di nuovo a come “la più profonda afflizione per la tenebra in cui Dio si è avvolto” non è stata risparmiata al Cristo-Uomo.
Come anche mi fa pensare alla Shoah…
Resta poi anche il “rovescio della medaglia”… quello che partendo dalla intima, profonda e costante comunione di Cristo Figlio con Dio Padre e dalla Sapienza che in Cristo era Divina, porta a credere che ciò che Cristo ha sofferto sia stato completamente mitigato da ciò che Cristo sapeva della Volontà del Padre e diciamo in parole povere, del “futuro”, quasi a trasformare tutta la Passione di Nostro Signore in una semplice “messa in scena di un dramma”…
Credo sia sempre complesso affrontare e cercare di dipanare il tema del “Uomo Dio”, di come potessero interagire le due realtà di Cristo, quella pienamente umana e quell pienamente divina… (e certo non mi ci lancio io!)
@Fabrizio
“da un’errata lettura di questo episodio nascono praticamente in modo inevitabile grossi guai. Se Cristo avesse realmente dubitato in quel frangente, applicando semplicemente la logica ne dedurremmo che non era sempre unito al Padre (questa infatti è la conseguenza della negazione dei passi del Catechismo citati da Alessandro). Se Cristo non era unito al Padre non era una Persona della Trinità, dunque non era Dio. Infatti, per esperienza personale, alcune persone che in passato vidi interpretare erroneamente questo episodio poco tempo dopo non credevano più nella Presenza Reale. Ora, il centro di tutti gli inganni di questo tempo è quello dell’anti-cristo: Satana, fallito il tentativo di far dilagare l’ateismo, sta puntando tutto su un gioco di prestigio, sostituire il vero Cristo, Figlio di Dio, veramente Dio e veramente uomo, con un surrogato di sua invenzione.”
Esatto, è proprio questo il punto che mi rende particolarmente reattivo quando si tratta di questa delicata questione.
Lo sforzo lodevole di non perdere mai di vista la natura autenticamente umana assunta dal Verbo in Cristo Gesù, quando non è condotto con equilibrio, sconfina quasi inavvertitamente ma sventuratamente nel perdere di vista la natura autenticamente divina del Cristo, sospingendo appunto alla fabbricazione, con conseguenza rovinose per la propria Fede, dell’immagine fasulla di un Cristo scoronato delle Sue prerogative divine.
Ci si illude così di avere accanto un Cristo più umano, più simile a me in tutto, e quindi più capace di comprendere e soccorrere la mia umana sofferenza: ma purtroppo ci si ritrova soltanto tra le mani un Gesù uomo e nient’altro, il quale, proprio in quanto è solo uomo, non può essere il mio plenario, totalitario Salvatore! Quale iattura calamitosa! Che me ne faccio di un Gesù che non possa radicalmente salvarmi? A che mi giova?
@Bariom
Stimolanti le tue riflessioni. E certamente è “sempre complesso affrontare e cercare di dipanare il tema del “Uomo Dio”, di come potessero interagire le due realtà di Cristo, quella pienamente umana e quell pienamente divina”.
I teologi mai cesseranno, fino alla consunzione dei tempi, di indagare questo mistero rivelato che anch’essi, al pari di ogni fedele sprovvisto di qualsivoglia titolo accademico che gli valga l’appellativo di “teologo”, non possono dimostrare con la sola ragione ma possono solo professare per Fede.
E i teologi, in questa incessante indagine, debbono fare il loro mestiere, che è quello di indagare razionalmente il contenuto delle dottrine proclamate dalla Chiesa, senza negarle o adulterarle in alcun modo.
Molte e differenti tra di loro possono essere le ipotesi teologiche compatibili con l’ortodossia cattolica riguardanti i molti ambiti di indagine coinvolti nell’arduo ma salutare mistero rivelato dell’unione ipostatica: ma qualsiasi fedele – non rileva se analfabeta o munito di sessanta dottorati in teologia – deve sempre tener presente senza fallo che un’ipotesi teologica la quale esplicitamente affermasse o logicamente implicasse l’affermazione che Gesù Cristo avrebbe ritenuto che il Padre lo abbandonasse o avrebbe dubitato al riguardo sarebbe un’ipotesi teologica falsa, e quindi da riprovarsi senza indugio, in quanto appunto incompatibile con l’ortodossia cattolica.
Il teologo rimane infatti sempre un umile servitore del Magistero della Chiesa (e in questo modo un servitore della verità di Cristo): qualora, col contestarne dei contenuti, egli cessasse di servirlo con intelligenza ardimentosa ma umile, il semplice fedele non si faccia assalire da complessi di inferiorità, sia sollecito ad accorgersi della infausta prevaricazione e non esiti a richiamare il teologo all’ortodossia. Altrimenti il fedele rischia di farsi trascinare dal teologo (che in questo caso cesserebbe di meritare la qualifica) a credere in un Cristo fasullo… con le rovinose conseguenze immaginabili.
@Alessandro concordo senz’altro…
Soprattutto riguardo la figura del Teologo 😉
Eppure sono vere entrambe le cose. (A Messori piace dire l’ Et-Et)
Ufficialmente l’interpretazione è quella da voi riportata (riferimento al salmo 22/21). D’accordissimo.
Tuttavia è vero anche quanto dice Pagliaro (e Von Balthasar); Gesù è stato fatto peccato, e in quanto tale, separato dal Padre!
Gesù sperimenta anche l’abbandono dal Padre, perchè il peccato separa da Dio.
Gesù fa morire l’ “uomo vecchio” e così fa morire il peccato dell’ Adamo.
Ne sono sicuro, perchè lo dice S. Paolo, in particolare:
2Cor 5,21:
Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio.
PAX
Credo sia nuovamente un interpretazione ardita (nonché errata).
La versione della C.E.I. riporta:
«Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio.»
Dove il “lo trattò da peccato” meglio rende il senso ultimo.
Interessante anche questo commentario:
“Cristo non ha conosciuto il peccato, in quanto non ne fece alcuna personale esperienza; il peccato non penetrò in lui. Egli potè dire ai suoi nemici: «Chi di voi mi convincerà di peccato?… Il principe di questo mondo viene, ma non ha nulla in me». Egli fu «santo», innocente, senza macchia» Ebrei 7:26; cfr. Ebrei 4:15; 9:14; 1Pietro 2:22; 1Giovanni 3:5. In virtù di questa perfetta giustizia e santità egli potè prendere su di sè, qual sostituto, il peccato degli uomini per portarne la pena. Le parole di Paolo ricordano quelle di Isaia 53: «Egli ha fatto venir su di lui l’iniquità di tutti noi». Lo fece peccato non significa propriamente che ne fece un «sacrificio per lo peccato» e neppure si potrebbe sostituire colle parole: «lo fece peccatore». È una espressione energica per indicar che al sostituto dei peccatori Dio ha imputato il peccato del mondo, talchè nell’ora dell’espiazione egli fu agli occhi di Dio come carico dei peccati di tutti e su lui scese la maledizione dovuta ai trasgressori. «Cristo ci ha redenti dalla maledizione della legge, essendo per noi stato fatto maledizione» Galati 3:13; Ebrei 9:28; 1Pietro 2:24. Il divenir giustizia di Dio in lui, non s’intende dell’esser fatti moralmente giusti, ma dell’esser ricoperti, per via d’imputazione, della giustizia procurata da Dio e valevole appo lui. L’espressione contiene lo stesso concetto dell’esser giustificati per fede, nel senso che risulta dalle Epistole ai Galati ed ai Romani. «Giustificati per fede, abbiamo pace con Dio per G. C…» Romani 5:1, e la nostra riconciliazione con Dio è compiuta.”
Dove comunque è assolutamente esclusa l’idea che “Gesù è stato fatto peccato, e in quanto tale, separato dal Padre!
Gesù sperimenta anche l’abbandono dal Padre, perchè il peccato separa da Dio.”
Il versetto citato da Iabemolle non può essere citato in aperta contraddizione ai versetti citati dal commentario che ho qui riportato (Ebrei 7:26; cfr. Ebrei 4:15; 9:14; 1Pietro 2:22; 1Giovanni 3:5.) perché la Scrittura non può contraddire se stessa.
Prendi la traduzione Cei 2008, (quella copiata da me) e nota.
Nessuna contraddizione infatti.
Vedi anche Ebrei 9,22.
Poi ci sarebbero i rimandi del magistero sulla morte vicaria di Cristo,
http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_cti_1979_cristologia_it.html
“Poi ci sarebbero i rimandi del magistero sulla morte vicaria di Cristo”
Ma la “morte vicaria” (diciamo così…) di Cristo non implica affatto che Gesù sperimenti l’abbandono dal Padre.
Gesù morì nel corpo umano, ma la sua anima umana è immortale e quindi non morì. Realmente perciò la morte di Cristo portò alla separazione della Sua anima dal Suo corpo, ma “la sua Persona divina ha continuato ad assumere sia la sua anima che il suo corpo” (Catechismo n. 630), e ad essere consustanziale alla Persona del Padre.
Stante dunque che in Gesù Cristo, Verbo incarnato, 1) il Verbo non smise con la morte di essere consustanziale (cioè, intimo che più intimo non si può) al Padre 2) Il Verbo consustanziale al Padre seguitò dopo la morte ad assumere sia la sua anima sia il suo corpo, ossia non si separò né dall’anima sua né dal corpo suo (malgrado, in ragione della morte, “lo stato di separazione tra la sua anima e il suo corpo [durò] per il tempo compreso tra il momento in cui egli è spirato sulla croce e il momento in cui è risuscitato”: (Catechismo n. 624), come è possibile che Gesù Cristo morendo abbia sperimentato l’abbandono del Padre, la separazione dal Padre? E’ evidentemente impossibile.
Comunque eventualmente esperienza di abbandono come “notte oscura” di cui abbiamo già parlato, certo NON come una qualsivoglia conseguenza di peccato anche fosse in forma “vicaria”….
Solo per chiarire (la povera Costanza non mi sopporta più 😉 )
Gesù non ha sperimentato l’abbandono del Padre, morendo. Certo che no.
L’esegesi corretta del “eloì eloì…” è quella di riportarla al salmo 22(21).
MA
è plausibile pensare, anche che:
Poichè Gesù sulla croce distrugge il peccato,
ha preso su di Sè TUTTO il peccato del mondo (Gv 1,29).
Questo gli procura, oltre alla sofferenza atroce, fisica e psicologica, anche il senso di abbandono dal Padre.
Questo per una parte del tempo in cui è stato appeso alla croce, perchè è chiaro che c’è perfetta unità,
confermata da
“E’ compiuto” (Gv 19,30) (cioè il piano di salvezza per l’uomo, che tu o Padre mi hai affidato)
e ovviamente da
“Padre nelle tue mani consegno il mio Spirito”.
Gesù ci capisce in tutte le situazioni di male, perchè lo ha sperimentato sulla sua pelle.
Ci capisce anche quando ci sentiamo abbandonati da Dio.
Il Suo amore per me e per te arriva, che lo porta alla croce, va fino in fondo, e anche a sentirsi separato dal Padre, nonostante Lui e il Padre siano Una Cosa Sola.
Invito a riflettere anche su questa lettura. E io accolgo i freni che mi mettete.
Così cresciamo insieme nel conoscere meglio il nostro Amato.
PAX
@labemolle
No, non “è plausibile pensare” che “poichè Gesù sulla croce distrugge il peccato… Questo gli procura, oltre alla sofferenza atroce, fisica e psicologica, anche il senso di abbandono dal Padre.”
E non è plausibile pensarlo perché, come il sottoscritto (e non solo) ha mostrato nei commenti precendenti, è INCOMPATIBILE con l’ortodossia cattolica stimare che in QUALSIVOGLIA momento della sua vita Gesù abbia sperimentato l’abbandono da parte del Padre.
Ripeto:
Pensare che Gesù Cristo, che è vero Dio in quanto seconda Persona della Santissima Trinità, possa dubitare che il Padre sia con Lui, ossia possa ignorare alcunché di Suo Padre, è convinzione gravemente incompatibile con l’ortodossia cattolica giacché
– il Figlio di Dio fatto uomo ha del Padre suo “conoscenza intima e immediata” (Catechismo, n. 473)
– “La conoscenza umana di Cristo, per la sua unione alla Sapienza divina nella Persona del Verbo incarnato, fruiva IN PIENEZZA della scienza dei disegni eterni che egli era venuto a rivelare” (Catechismo, n. 474)
“Gesù ci capisce in tutte le situazioni di male, perchè lo ha sperimentato sulla sua pelle.
Ci capisce anche quando ci sentiamo abbandonati da Dio.
Il Suo amore per me e per te arriva, che lo porta alla croce, va fino in fondo, e anche a sentirsi separato dal Padre, nonostante Lui e il Padre siano Una Cosa Sola.”
Il presupposto sbagliato del ragionamento tuo è questo: pensi che Dio non possa capire sino in fondo l’uomo se non sperimenta esattamente ciò che l’uomo sperimenta. Quindi Gesù non potrebbe capire sino in fondo che cosa significa per l’uomo sentirsi abbandonato da Dio se non sperimentando Egli stesso il sentirsi abbandonato da Dio.
Ma, se valesse al tuo ragionamento, allora sarebbe vero che Dio non potrebbe capire alcunché del peccato dell’uomo se non sperimentando il peccato stesso in prima persona, cioè se non peccando, se non facendosi peccatore egli stesso! E ancora si può obiettare: ammesso che Dio-Gesù Cristo non possa capire sino in fondo l’uomo se non sperimenta esattamente ciò che l’uomo sperimenta, come può Dio-Gesù Cristo capire sino in fondo la sofferenza di Luigi, sperimentando esattamente ciò che Luigi sperimenta, visto che Dio-Gesù Cristo non è Luigi e quindi è impossibile che Egli sperimenti ESATTAMENTE quello che Luigi sperimenta?
Per rimanere nell’ortodossia, cioè nella verità, e seguitare a pensare che “Gesù ci capisce in tutte le situazioni di male” ti inviterei in prima battuta a considerare che non consta impossibile che l’Onnisciente sappia che cosa significa per una creatura umana sentirsi abbandonata da Dio senza alcuna necessità di essersi Egli stesso sentito alcuna volta abbandonato da Dio, così come Dio sa perfettamente che cos’è il peccato e conosce in profondità Luigi peccatore proprio nel suo essere peccatore senza avere alcuna necessità di peccare e di essere Egli stesso proprio quel Luigi peccatore di cui si va discorrendo.
Alessandro, la fondatrice dei focolarini, Chiara Lubich ( io appartengo ad un altro movimento quindi non è campanilismo) ha messo al centro delle meditazioni proprio “Gesù abbandonato”. Chiara spiegava che il culmine della sofferenza di Gesù non è stato nell’orto degli ulivi ma sulla croce (stava portando il peso di tutti i peccati degli uomini, le loro conseguenze e tutti i nostri dolori) perché ha sperimentato il massimo della sofferenza: la percezione dell’abbandono del Padre. Sì, ha vissuto per noi anche la lontananza di Dio: Chiara si sofferma molto su questo. Gesù di fatto non era abbandonato dal Padre, ma non puoi fare l’obiezione che Egli era Dio, ecc.ecc. in quanto anche nell’orto degli ulivi parla al Padre come se fosse un’altra persona ( e lo è anche: Dio è Uno in Trino), lo supplica di allontanare quel calice. Gesù davvero sulla croce fa l’esperienza della più grande solitudine che è il sentirsi abbandonato da Dio. Ciò è confermato dalle parole stesse che pronuncia ( nel Vangelo non c’è una sola parola che non abbia un suo significato ): non grida “Padre perché mi hai abbandonato” ma “Dio perché mi hai abbandonato”. Da questo grido si capisce proprio quanto senta ( lo sente, non è reale, ma condivide in tutto l’umanità fuorché nel peccato: è davvero Dio incarnato, come non puoi capirlo e commuoverti per questo? ) l’abbandono totale dell’uomo senza Dio. Anche molti Santi, non certamente con l’ intensità di Cristo ( Egli portava il peso di tutti i peccati passati e futuri dell’uomo, le conseguenze di essi; ogni sofferenza! Dei bambini abortiti, dei moribondi soli e disperati, del male dei più grandi peccatori…) hanno provato “la notte della Fede”( un abbandono di Dio non reale). Ma il fatto che i Santi fossero uomini e basta, quindi peccatori, non è un’obiezione al fatto che Gesù abbia sperimentato la “notte” più buia, in assoluto la più buia, perché ha provato in sé tutta la sofferenza umana, del fisico e dello spirito.
Dovrebbe essere per te allora obiezione anche il fatto che Satana possa averlo tentato nel deserto: Gesù non ha commesso peccato ma la Teologia parla di tentazioni vere da parte del Demonio. Secondo le tue logiche il Diavolo non avrebbe nemmeno potuto avvicinarsi a Cristo, avrebbe dovuto averne paura e stargli lontano: gli indemoniati, o meglio, i demoni dentro le persone possedute, chiedevano infatti a Gesù di allontanarsi!
Leggi i libri di Chiara Lubich su “Gesù abbandonato”: si comprende ancor più come Cristo ci abbia amato, quanto abbia condiviso i nostri dolori e tormenti, le nostre solitudini. Ha condiviso “in tutto” la nostra condizione umana fuorché nel peccato, pur essendo sempre uno con il Padre e lo Spirito Santo. Quale amore più grande di un Dio per l’uomo?
“Credo sia nuovamente un interpretazione ardita (nonché errata).”
Certo, errata erratissima, come bene spieghi
Aggiungo nota a margine. L’ “et-et” di Messori si contrappone all’ “aut-aut” tipico delle sette, ovvero l’affermazione che per essere correttamente cristiani c’è un’unica possibile strada (tipicamente quella indicata dal santone di turno), oppure che solo la fede va bene e va rigettata la ragione, eccetera… Questo però non vuol dire che si tengono insieme anche magisteri alternativi: non si può violare il principio di non contraddizione. Come ha scritto recentemente Valli, quell’ et-et non può essere interpretato come un “sed etiam”, ovvero qualsiasi cosa e il suo contrario.
Intervengo tardi nella disputa, ma mi interessava capire bene la questione del “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, perché il tema della sofferenza e di come il cristiano debba porsi di fronte ad essa è uno di quelli che mi appassionano di più.
Leggendo in giro ho trovato questo passo interessante della Lettera Apostolica “Salvifici Doloris” di Giovanni Paolo II, che al n° 18 scrive: “Quando Cristo dice: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», le sue parole non sono solo espressione di quell’abbandono che più volte si faceva sentire nell’Antico Testamento, specialmente nei Salmi e, in particolare, in quel Salmo 22 [21], dal quale provengono le parole citate (47). Si può dire che queste parole sull’abbandono nascono sul piano dell’inseparabile unione del Figlio col Padre, e nascono perché il Padre «fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti» (48) è sulla traccia di ciò che dirà San Paolo: «Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore» (49). Insieme con questo orribile peso, misurando «l’intero» male di voltare le spalle a Dio, contenuto nel peccato, Cristo, mediante la divina profondità dell’unione filiale col Padre, percepisce in modo umanamente inesprimibile questa sofferenza che è il distacco, la ripulsa del Padre, la rottura con Dio. Ma proprio mediante tale sofferenza egli compie la Redenzione, e può dire spirando: «Tutto è compiuto» (50).”
Ora, non sono una teologa, ma io trovo che quanto detto qui da Giovanni Paolo II non si discosti molto da ciò che sostengono Paolo Pagliaro e labemolle: Gesù non ha mai conosciuto il peccato e non è mai stato abbandonato dal Padre, ma allo stesso tempo, facendosi carico dei peccati dell’umanità intera, ha sperimentato su di sé tutte le conseguenze dolorose del peccato e quindi anche la sensazione di essere stati abbandonati da Dio, ripeto la sensazione e non l’effettivo abbandono da parte di Dio. Giovanni Paolo II usa parole molto forti come “distacco”, “ripulsa del Padre” e “rottura con Dio” per esprimere ciò che Cristo arriva a percepire sulla croce come sofferenza espiatrice dei peccati di noi tutti. Poi resta vero tutto il resto, cioè che nel recitare il salmo Gesù vuole ribadire la fiducia nei piani di Dio anche nel momento di massima afflizione fisica e morale e quindi anche nel vivere le conseguenze dolorose del peccato Cristo non arriva mai a dubitare della necessità di quella morte terribile, consapevolezza resa esplicita dalle parole “tutto è compiuto”. Poi se avete altre interpretazioni del brano che ho riportato sono bene accette.
@Beatrice
No, ribadisco che è INCOMPATIBILE con l’ortodossia cattolica, e quindi è falso (come ho già spiegato, vedi i commenti precedenti) che Gesù abbia avuto “la sensazione” di essere abbandonato dal Padre.
In particolare, ti inviterei a riflettere su quanto segue: se (come tu sostieni) Gesù avesse avuto la sensazione (illusoria, ingannevole, giacché il Padre mai lo abbandona) di essere abbandonato dal Padre, allora sarebbe necessario concludere che Gesù Cristo NON avesse una conoscenza intima, immediata e piena del Padre. Ma il Catechismo dice esattamente l’opposto:
– “il Figlio di Dio fatto uomo ha del Padre suo “conoscenza intima e immediata” (Catechismo, n. 473)
– “La conoscenza umana di Cristo, per la sua unione alla Sapienza divina nella Persona del Verbo incarnato, fruiva IN PIENEZZA della scienza dei disegni eterni che egli era venuto a rivelare. Ciò che in questo campo dice di ignorare, dichiara altrove di non avere la missione di rivelarlo” (Catechismo, n. 474)
Inoltre: come potrebbe Gesù Cristo, che è vero Dio, avere una conoscenza ingannevole di alcunché? Disdice a Dio avere una conoscenza carente, sviata o illusoria di alcunché, e quindi Gesù Cristo, proprio in quanto vero Dio, non può in alcun modo avere una conoscenza carente, sviata o illusoria di alcunché.
Affermi inoltre che, anche quando si sente (sensazione ingannevole) abbandonato dal Padre, Cristo “ribadisce la fiducia nei piani di Dio”: ma è contrario all’ortodossia cattolica, come ho detto, pensare che Cristo possa in alcun momento non conoscere in modo intimo, immediato e plenario i “piani di Dio”, tanto da potervi riporre solo “fiducia”. Riporre fiducia in alcunché poiché non lo si conosce in pienezza comporta necessariamente un manco di conoscenza che – ripeto – disdice a Dio (e Gesù Cristo è Dio e non può in alcun modo dimettere di esserLo).
Ti inviterei inoltre a rileggere con attenzione le citazioni che fai della “Salvifici doloris”, perché le fraintendi. Giovanni Paolo II non vi dice che Gesù Cristo abbia avuto la sensazione di essere stato abbandonato da Dio, anzi dice proprio l’opposto.
Evidenzio questo passaggio, che va letto con acribia per non essere equivocato (come è possibile che accada, poiché il Papa non si sta esprimendo qui con un rigoroso linguaggio cristologico attinto al dogma):
“Insieme con questo orribile peso, misurando «l’intero» male di voltare le spalle a Dio, contenuto nel peccato, Cristo, mediante la divina profondità dell’unione filiale col Padre, percepisce in modo umanamente inesprimibile questa sofferenza che è il distacco, la ripulsa del Padre, la rottura con Dio.”
Giovanni Paolo II non sta dicendo che Gesù Cristo si è sentito separato, abbandonato dal Padre, ma – all’opposto – afferma che, proprio in virtù della “divina profondità dell’unione filiale col Padre”, Egli, malgrado sia assolutamente innocente e senza peccato, conosce in modo superiore alle sole umane possibilità che cosa significhi profondamente peccare, cioè “voltare le spalle a Dio”, cioè lo strazio della “rottura con Dio” (del “distacco da Dio”, della “ripulsa del Padre”, ossia del rifiuto nei confronti del Padre operato dal peccatore, NON del rifiuto operato dal Padre) in cui consiste il peccare.
In estrema sintesi, laddove Giovanni Paolo II parla di “distacco da Dio”, di “ripulsa del Padre” e di “rottura con Dio” non sta sostenendo che in croce Gesù sperimentò o avvertì (anche solo per un momento, sebbene ingannevolmente) il rifiuto (o distacco o abbandono) da parte del Padre (il che – ribadisco – sarebbe incompatibile con l’ortodossia cattolica), ma sta asserendo che, proprio in virtù della imparagonabile conoscenza che Gli viene dall’essere consustanziale a Dio Padre di cui è l’Unigenito, conosce in modo sovrumano e umanamente ineffabile (“mediante la divina profondità dell’unione filiale col Padre, percepisce in modo umanamente inesprimibile”) l’intima realtà del peccato, malgrado Egli sia assolutamente scevro da qualsivoglia peccato. Più precisamente, Giovanni Paolo II sta dicendo che, proprio in quanto vero Dio che è anche vero uomo, Gesù Cristo, ancorché impeccabile, soffre le conseguenze del peccato come nessun uomo può soffrirle (giacché del peccato conosce l’origine e le devastanti conseguenze con una profondità con cui solo Dio può conoscerle: il che accresce e intensifica penosamente le sofferenze dell’uomo-Cristo) e le conosce appunto con una radicalità con cui nessun uomo può conoscerle.
Pertanto, questo passaggio
“Cristo percepisce in modo umanamente inesprimibile questa sofferenza che è il distacco, la ripulsa del Padre, la rottura con Dio. Ma proprio mediante tale sofferenza egli compie la Redenzione, e può dire spirando: « Tutto è compiuto »”
per non essere frainteso, va interpretato più o meno così: “Cristo soffre in quanto vero uomo, e la sua sofferenza deriva dalla sofferenza del peccato degli uomini (peccato di cui Egli è completamente immacolato), cioè dalla sofferenza del “distacco da Dio”, della “ripulsa del Padre” (ossia: del rifiuto operato nei confronti del Padre) e della “rottura con Dio”.
Questa sofferenza di Cristo innocentissimo ha effetti su tale atroce massa di peccato, non la lascia inalterata: proprio soffrendo in conseguenza dell’immane vastità e grevità del peccato commesso dagli uomini, Cristo opera la Redenzione che vince questa inenarrabile vastità e grevità del male”.
A mio giudizio perfetta analisi Alessandro 😉
Se riesco in estrema sintesi, Cristo nel suo essere divino, percepisce tutta la gravità, il peso, le conseguenze del peccato dell’Uomo nel modo in cui nessun uomo potrebbe mai percepire.
E già questa esperienza, che credo si possa dire lo accompagna per tutta la Sua Passione, nel Getsemani lo porta a sudare sangue (e secondo alcune ipotesi e ricerche a subire un vero e proprio infarto).
Senza dimenticare che è del peso del peccato dell’umanità di tutti i tempi che stiamo parlando…
Riguardo la pochezza nostra umana nel “percepire” il peccato, mi viene in mente l’episodio in cui il Curato D’Ars ebbe la sventurata idea di chiedere al Signore di mostrargli la “profondità” de suo peccato e il Signore glielo concesse.
Il Santo Curato intravide un abisso che lo gettò in un umana prostrazione che durò per lungo tempo (ed era il Curato D’Ars…). Agli amici più intimi raccomandava in seguito di non fare mai una simile richiesta al Signore…
Bariom
“A mio giudizio perfetta analisi Alessandro 😉 ”
Troppo buono, ci provo, faccio quel che posso 😉
“Senza dimenticare che è del peso del peccato dell’umanità di tutti i tempi che stiamo parlando…”
Già, proprio così. E se si pensa a ciò che racconti del santo curato d’Ars, si può incominciare a farsi una qualche idea della spaventosa entità di questo peso…
Ce ne sarebbe abbastanza per disperarsi, se Dio nella sua impareggiabile misericordia non avesse accordato a tutti la concretissima, realissima possibilità di sgravarsi da quel peso atroce, di liberarsene per l’eternità!
Io vorrei però tornare per un momento (anch’io con tutti i miei limiti) a cercare di capire se c’è un punto di intesa sulle due tesi qui esposte, fermo confermando che sono in pieno accordo con quanto esprime Alessandro e che trovo errata e fuorviante quella che sostiene che Cristo avrebbe sperimentato “l’abbandono del Padre” come conseguenza del suo “essersi fatto peccato”, cioè, che in qualche modo questo Suo divenire “vittima sacrificale” lo accomuni alla lontananza da Dio che il peccato genera.
Perché c’è una abissale differenza tra la “notte oscura” della fede, che è già stata nominata, o momenti di “aridità”, di “silenzio” di Dio da Lui decisi nella Sua talvolta imperscrutabile Volontà e che hanno come fine ultimo sempre il nostro bene e simili situazioni (“notte oscura” esclusa che è altro) provocate dalla nostra aridità spirituale o peccato.
Nella catechesi di Benedetto XVI che Fabrizio Giudici ci aveva proposto leggiamo (ripropongo la citazione già fatta):
“Dio tace, e questo silenzio lacera l’animo dell’orante, che incessantemente chiama, ma senza trovare risposta. I giorni e le notti si succedono, in una ricerca instancabile di una parola, di un aiuto che non viene; Dio sembra così distante, così dimentico, così assente. La preghiera chiede ascolto e risposta, sollecita un contatto, cerca una relazione che possa donare conforto e salvezza. Ma se Dio non risponde, il grido di aiuto si perde nel vuoto e la solitudine diventa insostenibile.”
Qui il Papa Emerito ha appena dato una spiegazione del grido di Gesù sulla Croce e passa a descrivere un esperienza del tutto umana e si potrebbe dire non stia più parlando specificatamente di Cristo sulla Croce, ma è esattamente così?
In altre parole da questo “silenzio di Dio”, Cristo è stato risparmiato in virtù dell’affermazione del CCC, più volte riportata da Alessandro la dove dice:
– “il Figlio di Dio fatto uomo ha del Padre suo “conoscenza intima e immediata” (Catechismo, n. 473)
o
– “La conoscenza umana di Cristo, per la sua unione alla Sapienza divina nella Persona del Verbo incarnato, fruiva IN PIENEZZA della scienza dei disegni eterni che egli era venuto a rivelare. Ciò che in questo campo dice di ignorare, dichiara altrove di non avere la missione di rivelarlo” (Catechismo, n. 474)
La piena Umanità di Cristo e la sua piena Divinità riaffermate da questi passaggi sarebbero in conflitto con l’idea che Gesù Uomo ha provato su di sé la “lontananza” da Dio Padre?
Io sarei portato a credere di no… e a non trovare conflitto in questa idea, per un semplice motivo: “Ma Gesù si ritirava in luoghi solitari a pregare.” Luca 5,16
Quale l’esigenza di Cristo che vivrebbe – del Padre suo “conoscenza intima e immediata” – di ritirarsi in luoghi appartati a pregare? Certo non possiamo credere che fosse solo un atteggiamento esteriore di insegnamento per i Discepoli prima e per tutti noi dopo.
Al monte degli ulivi chiede addirittura ai Discepoli di vegliare con Lui e sostenerlo nella Sua intensa preghiera…
Ciò mi fa pensare che senza che ciò contraddica la Sua “conoscenza intima e immediata” del Padre, la Sua piena Umanità necessitava di “ritrovare” o ricercare un più intenso e particolare contatto con il Padre nei momenti necessari o comunque desiderati.
Se tali momenti di preghiera dimostrano che era anche a Gesù necessario trovare momenti di “più intima unione”, per logica possiamo dire che esistevano anche per Lui momenti in cui questa intima unione “soffriva” di quella che potremmo definire una “lontananza”.
Facendo un paragone umano, ma che si basa su un Dono Divino come quello dell’Amore, chi ama ed è riamato, ha sempre presente nel cuore e nella mente il soggetto del suo amore. Si può anche dire che mantiene con Esso una “conoscenza intima e immediata”, tanto che anche nella lontananza fisica, potremmo (quasi) dire cosa l’Altro stia pensando o cosa farebbe o direbbe se fosse a noi fisicamente vicino nella tal situazione.
Allo stesso momento soffriamo della sua lontananza fisica, ricerchiamo la sua voce se non il suo volto e aneliamo di ritrovarli in pienezza.
Sappiamo bene che in Cristo, Dio sperimenta una kenosis e che Cristo accetta di vivere in sé tutti i limiti dell’Uomo (tranne il peccato) e tra questi possiamo credo a ragione inserire ciò che descrive Paolo dell’esperienza umana:
“In realtà quanti siamo in questo corpo, sospiriamo come sotto un peso, non volendo venire spogliati ma sopravvestiti, perché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. È Dio che ci ha fatti per questo e ci ha dato la caparra dello Spirito.
Così, dunque, siamo sempre pieni di fiducia e sapendo che finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore, camminiamo nella fede e non ancora in visione.
2Corinzi 5
Si può dunque affermare senza entrare in contraddizioni erronee, che anche Cristo ha fatto suo questo “esilio” con tutto ciò che ne consegue. (?) (Una affermazione la mia, che può anche essere letta come domanda…)
@Bariom
Cerco di riassumere.
1) Punti fermi:
“il Figlio di Dio fatto uomo ha del Padre suo “conoscenza intima e immediata” (Catechismo, n. 473)
– “La conoscenza umana di Cristo, per la sua unione alla Sapienza divina nella Persona del Verbo incarnato, fruiva IN PIENEZZA della scienza dei disegni eterni che egli era venuto a rivelare. Ciò che in questo campo dice di ignorare, dichiara altrove di non avere la missione di rivelarlo” (Catechismo, n. 474)
2) Conseguenze di 1: è impossibile che Cristo si sia sentito IN ALCUN MODO e in ALCUN TEMPO abbandonato dal Padre Suo (poiché è impossibile che il Padre abbandoni il Figlio e poiché alla conoscenza “intima e immediata” che Gesù, vero Dio, ha del Padre disdice di ignorare alcunché del Padre).
Pertanto, non è compatibile con la divinità di Cristo che Egli avverta/percepisca/sperimenti una qualche “lontananza” del Padre, nemmeno se – per ipotesi – l’esperienza di questa lontananza NON derivasse da quella lontananza da Dio Padre che è causata dal peccato.
– A questo punto interviene la tua considerazione: sovente Gesù si ritirava a pregare il Padre Suo. Potremmo chiederci: se Cristo sa tutto del Padre suo, è intimo che più intimo non si può con Lui, che bisogno ha di cercare momenti di particolare intimità con Lui? Risposta tua (detta con parole mie): evidentemente in quel ritirarsi orante cerca di “sanare” una qualche lontananza dal Padre (ossia: di rimediare a un qualche difetto di intimità con il Padre) sperimentata in precedenza. Ma la tua risposta non mi sembra “azzeccata”, non la sottoscriverei.
Mi pare che la soluzione corretta vada cercata “quodammodo” introducendo la distinzione tra conoscenza abituale e conoscenza attuale che Cristo ha del Padre.
Gesù Cristo, anche quando è impegnato alacremente a predicare tra gli uomini, cioè quando la sua attività umana non attende DIRETTAMENTE a intrattenere un rapporto di perfetta intimità con il Padre (rapporto implicante una conoscenza perfetta, senza oscurità alcuna, del Padre Suo), non dismette di intrattenere un rapporto di perfetta intimità con il Padre Suo, rapporto implicante necessariamente una indefettibile (cioè: che non viene mai meno né mai si illanguidisce) conoscenza perfetta, ossia immediata e intima, del Padre Suo. Una conoscenza tale che è incompatibile con qualsivoglia percezione di lontananza del Padre.
Solo che, quando ad esempio Gesù è assorto in predicazione, questa conoscenza del Padre è “abituale”, ossia c’è (e – ribadisco – è tale da far sì che in qualsivoglia momento sia impossibile che Gesù Cristo abbia sperimentato una qualsivoglia sorta di lontananza del Padre) ma non è l’attività a cui Gesù Cristo sta attendendo “direttamente”, per così dire. Ossia: non è conoscenza “attuale” in senso stretto. Il che non significa che sia una conoscenza che non esiste, giacché “conoscenza abituale” NON è sinonimo di “mancanza o assenza di conoscenza”: se io conosco il teorema di Pitagora, lo conosco – non ne sono all’oscuro, non m’inganno su di esso – anche quando non penso “in atto” al teorema.
Non c’è da meravigliarsi che Gesù, dopo le (soavi) ambasce della predicazione, durante le quali la sua conoscenza del Padre è “abituale”, desideri ristorarsi nel modo che è proprio all’uomo-Dio, cioè attendendo direttamente alla contemplazione del Padre Suo amatissimo, col ritirarsi in solitudine per “stare tutto con Lui”. In questi momenti la conoscenza “abituale” che egli ha del Padre trapassa in conoscenza “attuale”.
Ma resta fermo quanto ho detto: poiché, anche quando non si dedica direttamente alla intima contemplazione del Padre Suo (cioè, quando non si ritira in solitudine a pregare), Egli ha conoscenza abituale del Padre Suo, e poiché tale conoscenza abituale che ha del Padre è perfetta, ossia è tale da essere incompatibile con qualsivoglia difetto o carenza, bisogna concludere che è impossibile che Gesù Cristo abbia vissuto momenti in cui la conoscenza che aveva del Padre Suo patisse qualche mancanza (qualificabile come una sorta di “lontananza” dal Padre Suo), tanto da abbisognare di essere perfezionata successivamente per sanare questo difetto.
Ritengo di aver mostrato, per quanto mi riesce, perché non mi pare proprio ammissibile che Gesù, ritirandosi in preghiera col Padre, cercasse questa intimità per “sanare” una qualche lontananza dal Padre (ossia: per rimediare a un qualche difetto di intimità) sperimentata in precedenza.
Né ad avvalorare l’ipotesi riesce la peraltro suggestiva analogia con l’amore umano (per quanto divinamente soccorso), giacché la conoscenza che l’uomo-che-non-è-Dio ha dell’amato non è equiparabile alla perfetta conoscenza che l’uomo-Dio Gesù Cristo ha del Padre Suo: conoscenza – ribadisco – che è perfetta anche quando è “solo” abituale, mentre quella umana (per quanto divinamente soccorsa) non è perfetta né quando è abituale né quando è attuale.
Spero di non aver detto… eresie 😉 , e sono consapevole che il tema è quanto mai arduo.
Ti ringrazio perché la tua considerazione sulla diuturna consuetudine di Cristo di ritirarsi in preghiera col Padre Suo giova a indagare meglio che significhi e che comporti concretamente, nella vicenda terrena di Gesù Cristo, il fatto incontrovertibile che Egli durante questa vicenda non abbia mai sperimentato (né avrebbe potuto) alcuna lontananza, distanza, o manchevole intimità che dir si voglia rispetto al Padre Suo.
Ciò non toglie, ovviamente, che la terribile sofferenza patita da Cristo sia vera sofferenza e sia veramente terribile, ma esclude che Egli abbia potuto (sulla croce, al Getsemani o in altro frangente) soffrire per la percezione di una qualche guisa di lontananza dal Padre Suo.
Caro Alessandro,
“A questo punto interviene la tua considerazione: sovente Gesù si ritirava a pregare il Padre Suo. Potremmo chiederci: se Cristo sa tutto del Padre suo, è intimo che più intimo non si può con Lui, che bisogno ha di cercare momenti di particolare intimità con Lui? Risposta tua (detta con parole mie): evidentemente in quel ritirarsi orante cerca di “sanare” una qualche lontananza dal Padre (ossia: di rimediare a un qualche difetto di intimità con il Padre) sperimentata in precedenza.”
Non mi pare sia quello che ho sostenuto… o forse mi sono espresso in modo tale da creare questo fraintendimento.
Anche nella nostra esperienza di orazione non sempre ci addentriamo per “sanare” qualcosa (certo molto più facile per noi – escluso per Cristo).
“Sanare” è termine che rimanda ad una situazione non-del-tutto-sana o non-perfetta.
Io ho fatto l’esempio dell’Amore umano senza mai accennare ad un amore in qualche modo “deficitario” o da sanare…
Mi riferivo più propriamente a ciò che tu stesso esprimi dicendo:
“Gesù Cristo, anche quando è impegnato alacremente a predicare tra gli uomini, cioè quando la sua attività umana non attende DIRETTAMENTE a intrattenere un rapporto di perfetta intimità con il Padre…”
Forse il problema sta nel significato che diamo al termine “lontananza” (o al fatto che forse qui ogni termine rischia di divenire impreciso e fuorviante) quasi che questa sia azione “attiva” delle parti in causa, cioè una scelta, mentre può essere situazione oggettiva.
Cosa che mi pare possa essere confermata da ciò che tu stesso dici:
“Solo che, quando ad esempio Gesù è assorto in predicazione, questa conoscenza del Padre è “abituale”, ossia c’è ma non è l’attività a cui Gesù Cristo sta attendendo “direttamente”, per così dire.
Lasciamo da parte per un attimo il termine “conoscenza”, che non v’è ragione per pensare che in Cristo rispetto il Padre sia mai venuta meno, ma parliamo della “intimità del rapporto” o della “vicinanza” in contrapposizione alla “lontananza” nel senso già espresso.
Cristo assorto nella Sua predicazione essendo Uomo e dovendo rispondere a leggi di tempo e di luogo a cui si era sottomesso (e che certo avrebbe potuto travalicare), come ogni altro Uomo, deve poi cercare altro tempo e luogo per ritrovare intima relazione con il Padre. Relazione intima mai venuta meno ma che si esplicita in tempi e modi diversi, ma anche relazione intima “specifica” (nell’orazione) di cui Cristo sente il bisogno e la necessità (diversamente come già detto perché ricorrervi), dove per necessità non dobbiamo intendere l’esigenza di “sanare” uno stato “deficitario”, ma quello dell’anelito ad una più intima comunione – ma di nuovo le parole sono troppo limitate – diciamo “da solo a solo” (?) che proprio la corporeità temporale obbliga a scandire in tempi diversi.
Nello svolgersi del Tempo della Sua Passione, nel precipitare degli eventi, nel acuirsi delle Sua sofferenze e dei Suoi dolori, si può con certezza escludere che l’esigenza profondamente interiore di Cristo di ritrovare e sperimentare la relazione intima con il Padre, mai venuta meno, ma che non poteva essere quella “dell’intimità orante” come sopra descritta, abbia poi finalmente trovato voce e grido nella preghiera di quel Salmo?
Perché pur inchinandomi e aderendo a ciò che è stato qui riportato come pensiero della Chiesa, resta la domanda… perché proprio QUEL SALMO, che certo Cristo non ha “scelto a caso”…
caro Bariom
“Non mi pare sia quello che ho sostenuto… o forse mi sono espresso in modo tale da creare questo fraintendimento.”
Non so, se ho frainteso scusami… penso che ci stiamo muovendo su un territorio quanto mai impervio, in cui le parole faticano a fare presa sulla realtà e sono usate in accezioni diverse da quelle in cui sono comunemente impiegate… per tutti questi motivi è molto facile fraintendersi.
“Nello svolgersi del Tempo della Sua Passione, nel precipitare degli eventi, nel acuirsi delle Sua sofferenze e dei Suoi dolori, si può con certezza escludere che l’esigenza profondamente interiore di Cristo di ritrovare e sperimentare la relazione intima con il Padre, mai venuta meno, ma che non poteva essere quella “dell’intimità orante” come sopra descritta, abbia poi finalmente trovato voce e grido nella preghiera di quel Salmo?”
Obietterei che sì, si può, anzi si deve con certezza escludere che abbia poi finalmente trovato voce e grido nella preghiera di quel Salmo l’esigenza profondamente interiore di Cristo di ritrovare e sperimentare la relazione intima con il Padre, mai venuta meno; e lo si deve escludere per il fatto, del tutto incontrovertibile e ineludibile, che la relazione intima con il Padre non solo, appunto, non era mai venuta meno, ma addirittura non si era nemmeno in minima parte affievolita, sicché è impossibile che dovesse essere ri-trovata o nuovamente sperimentata.
Forse, se non equivoco, ti pare che se le cose stessero così perderebbe il suo senso quel grido:
“Perché pur inchinandomi e aderendo a ciò che è stato qui riportato come pensiero della Chiesa, resta la domanda… perché proprio QUEL SALMO, che certo Cristo non ha “scelto a caso”…”
Provo allora ad ascoltare quel grido (“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”) alla luce dei punti fermi che richiamavo prima:
– il Figlio di Dio fatto uomo ha del Padre suo “conoscenza intima e immediata” (Catechismo, n. 473)
– “La conoscenza umana di Cristo, per la sua unione alla Sapienza divina nella Persona del Verbo incarnato, fruiva IN PIENEZZA della scienza dei disegni eterni che egli era venuto a rivelare” (Catechismo, n. 474)
Ebbene, contrariamente alle apparenze (che indubbiamente si contrappongono platealmente a quello che sto per dire), quel grido, in bocca a Gesù, non è (e non può essere) in alcun modo il grido di uno che si sente neppure minimamente abbandonato da Dio o che, con quel grido, invochi dal Padre di ristabilire l’esperienza (purtroppo illanguidita o addirittura estinta) della vicinanza confortante del Padre medesimo.
In bocca a Gesù quello è il grido di un uomo terribilmente sofferente per il dolore fisico atroce e per il dolore morale non meno dilaniante (originato, in estrema sintesi, dalla consapevolezza piena di quanto sia grande l’Amore che così drammaticamente e con tanta iniquità e ingratitudine viene oltraggiato, e di quanto funeste siano le conseguenze del peccato sui peccatori, che Cristo non cessa di amare oltre ogni misura uno per uno).
Sofferente, dunque, ma che nulla ha perso dell’intimità col Padre e, proprio per questo, declama un salmo il quale – lo ricordavi proprio tu, rinviando a una catechesi di Benedetto XVI – dice la certezza del giusto che Dio non lo abbandona mai e gli dà la vittoria contro i nemici malgrado questi sembrino prevalere inesorabilmente.
Gridando questo salmo dalla Croce, Gesù Cristo dice a tutti i presenti ma – ardisco pensare – in ispecie a tutti coloro che nei secoli intenderanno risuonare dalla Sua bocca quelle parole che Egli è Colui che, con la Sua passione, morte e resurrezione, è il Salvatore universale in virtù del quale la palpitante fiducia che animava il salmista diviene certezza incrollabile: il giusto, indipendentemente dal numero e dalla virulenza dei suoi nemici, avrà giustizia e vivrà con Dio.
Gridando quel salmo Gesù notifica che egli lì, su quella croce, è il Giusto, l’Innocentissimo provato in modo abnorme e inenarrabile ma che SA (non “opina”, non “spera”, non “confida”, ma SA senza alcuna possibilità di sbagliarsi e senza il minimo dubbio), in quanto nulla ha perso della intimità col Padre Suo, che il Padre suo è con Lui e che in intima unione con il Padre suo il Figlio avrà la meglio, debellerà la morte e il peccato.
Mi pare inoltre evidente e coerente con quanto ho detto finora che, facendo proprio quel salmo, Gesù dica a tutti i giusti che saranno nella prova: non temete, anch’io sono stato provato e provato molto più di voi, so cos’è la prova, non mi siete estranei e indifferenti quando siete provati, nella prova potete e dovete sentirmi compagno e amico, e soprattutto Garante che, se rimarrete uniti a me come io lo sono al Padre mio, la prova, per quanto acre e prolungata, non vi perderà ma sfocerà nell’eterna beatitudine. Non bestemmiante la vostra croce, ma lodatela: fidatevi, ve lo dice chi dalla croce ha vinto la morte e il peccato, ha sconfitto i nemici più implacabili.
Ecco, in sintesi estrema (non ho la minima pretesa di avere restituito esaurientemente il senso e i moventi di quel grido in bocca a Gesù…), perché mi pare che, in consonanza con il Magistero della Chiesa, quel grido, a dispetto – non lo nego – delle apparenze contrarie, sia tutto tranne che lanciato da chi stava sperimentando una diminuzione o addirittura il dileguamento della perfetta intimità col Padre Suo.
Grazie per avermi aiutato a meditare ancora su questo mistero così arduo ma così salutare!
Caro Alessandro,
mi è molto piaciuta l’ “interpretazione” che dai di quel Salmo sulla bocca di Gesù.
Certo ci può essere tanto e tanto altro ancora che i nostri limitati cuori faticano a comprendere e non potrebbe essere che così, ma mi piace farla mia. 😉
caro Bariom,
e a me fa molto piacere che ti piaccia farla tua 😉
“ci può essere tanto e tanto altro ancora che i nostri limitati cuori faticano a comprendere e non potrebbe essere che così”.
Certamente
Beh. Come sempre, riflessione bellissima. Come ho già scritto su fb, ammiro molto l’arma del silenzio che davanti ai soffi del male che si scatena (come dice Bariom) è forse l’unico mezzo utile, insieme alla preghiera. Perdonami se ti dico che più ancora di te ammiro lo Spirito Santo che ha parlato attraverso te e la tua amica avvocatessa (solo le parole di Gesù, i crocifissi e le statue di Maria si beccano storicamente e puntualmente una rivolta di rabbia e grida e insulti e bastonate -verbali e non- di tale portata). Eh già. Troppo bello. Troppo coerente questa chiesa fatta di cristiani che non solo dicono di pregare, ma pregano sul serio. Le forze del male si scatenano di fronte a tanta grazia. Comunque, ti sei davvero cacciata in un bellissimo guaio. Preghiamo anche per te, che tu abbia la forza ora e sempre di non mollare, di non travisarti, di essere coerente fin nel midollo. Davvero un bellissimo guaio. (p.s. Vangelo di ieri profetico, anche l’umiltà è una grazia dello Spirito…Forza&Coraggio!)
Padre, perdona loro, perchè non sanno quello che dicono!
Ciao Costanza, scusami, controlla come è scritta la tua mail su questo articolo. Ciao
Ho corretto, grazie della segnalazione.
Cara Costanza,
Ho seguito il tuo geniale suggerimento (e l’ho diffuso) prima di sapere i nomi, affidando una persona per cui magari non pregava nessuno. Ti ringrazio dal profondo del cuore per ciò che fai e scrivi, e per il tono.
Buon lavoro.
Paola
Costanza, io invece scelgo di pregare per te: che tu possa mantenere sempre la forza di perseverare nelle cose in cui credi tanto saldamente e continui a non avere vergogna e timore di condividerle con noi. Se smettessi, tornerei a sentirmi un’aliena in questo mondo spesso incomprensibile. Grazie per il tuo coraggio!
Giusto Monica, preghiamo anche per noi, l’un l’altro, per perseverare insieme e mantenerci saldi nella fede
Cara Costanza ti posso solo consolare dicendo che con le nostre preghiere e richieste di indulgenza abbiamo fatto imbestialire la bestia, ciò può voler dire solo una cosa ….aver fatto la Volontà del Padre
Condivido in pieno! A me capita spesso, piena di difetti e facente errori, come sono ma grata al Signore e molto speranzosa nel suo amore, anche perché, se mi tolgo dagli occhi certe nebbie che a volte mi compaiono, so bene tutto ciò che Lui ha compiuto nella mia vita… Basta parlare di ciò per ritrovarsi intorno tanti che ascoltano e che, è subito chiaro, rivedono i fatti della loro vita con nuovi occhi e cominciano a sperare… Siamo sinceri e condividiamo!
Vorrei anche ricordare una rete di preghiere molto “gettonata” fra noi dell’Associazione Famiglie Numerose: ormai sperimentiamo tutti i giorni la forza e l’efficacia della nostra preghiera. Bellissima condivisione!!!
L’ha ribloggato su l'ovvio e l'evidente.
Cara Costanza ho letto con attenzione……quando ho saputo del terremoto il mio primo pensiero era..!!! cosa posso fare per loro ??. ho avuto una risposto dentro di me ….PREGARE……avrei voluto anche andare a dare una mano fisicamente, ,,,,ma le mie forze non sono più come a 20 anni…..allora una cosa posso fare….PREGARE….Grazie Costanza per la tua testimonianza di fede, molto gradito……ciao e buona continuazione con i tuoi cari, che Dio ti Ben. insieme alla tua famiglia….
Io vorrei proporre la testimonanzia di Gloria Polo, che si può trovare nel suo sito http://italian.gloriapolo.net/ o ad es qui: http://medjugorje.altervista.org/doc/testimonianze/gloriapolo.html
In particolare:
“Stai per ritornare sulla terra, ti do una seconda possibilità”.
Ma precisò che non era a causa delle preghiere della mia famiglia. “E’ giusto da loro parte implorare per te.
Questo è grazie all’intercessione di tutti quelli che ti sono estranei e che hanno pianto, pregato e hanno alzato il loro cuore con un profondo amore per te”.
Vidi molte luci accendersi, come delle piccole fiamme d’amore. Io vidi delle persone che pregavano per me. Ma c’era una fiamma molto più grande, era quella che mi dava molta più luce e che brillava più d’amore.
Tentai di conoscere chi fosse questa persona. Il Signore mi disse. 2 Colui che ti ama tanto, neanche ti conosce”. Mi spiegò che quest’uomo aveva letto un ritaglio di giornale del mattino.
Era un povero paesano che abitava ai piedi della Sierra Nevada di Santa Marta ( a nord-est della Colombia). Questo pover’uomo si era recato in città per acquistare dello zucchero di canna. Lo zucchero era stato avvolto nella carta da giornale e c’era una mia foto, tutta bruciata come ero.
Come l’uomo mi vide così, senza neanche aver letto l’articolo interamente, cadde inginocchio e cominciò a singhiozzare con profondo amore. Disse: “Signore, abbiate pietà della mia piccola sorella. Signore salvatela. Se voi la salvate vi prometto che andrò in pellegrinaggio al Santuario di Buga ( che si trova nel sud-ovest della Colombia). Ma Vi prego, salvatela”.
Immaginate questo pover’uomo, non si lamentava di aver fame, e aveva una grande capacità d’amore perché si offriva di attraversare tutta una regione per qualcuno che neanche conosceva!
E il signore mi disse: “Questo è amare il suo prossimo”. E aggiunse: “ Tu sta per tornare (sulla terra) e darai la tua testimonianza non mille volte, ma mille volte mille volte.
Ecco a cosa servono le preghiere..
Non scrivo quasi mai perchè preferisco leggere ma questo commento te lo devo: ringrazio Dio perchè esistono persone come te ed il tuo consorte! Che Dio vi benedica. Continua imperterrita nella tua strada verso la santità.
Cara Costanza, non ho Facebook né Twitter e quindi di tutto lo sporco che ti è arrivato non ne sapevo nulla. Se ti può essere di conforto, quando ho letto il tuo articolo ho provato una gioia grande perché assieme al gruppo di preghiera che frequento ed al gruppo dell’adorazione il nostro grido elevato a Dio (fatto di suppliche ed intercessioni per i feriti ed i soccorritori ) comprendeva anche un ricordo per i morti.
So che questo mia testimonianza è poca cosa, per questo ti chiedo di non pubblicarla, ma spero che ti arrivi come carezza in questo momento di tristezza. Un caro abbraccio Sonia
Cara Costanza, bellissima questa intuizione e l’averla messa subito in atto: pregare nominalmente per i morti del terremoto. Grazie.
Mi colpisce la tua sorpresa per le reazioni sdegnate e volgari di troppi alla tua iniziativa (fa sempre male comunque). Devo premettere che stimo te e quello che scrivi sul tuo ambiente. Ma da certe riflessioni tue in particolare sul magistero di papa Francesco e la dottrina della Chiesa mi son chiesto: “Ma dove vive questa gente?”. Cara Costanza, benvenuta in Italia, quella reale di oggi, quella spirituale e non quella acculturata.
Penso che le reazioni che si sono manifestate sulla tua pagina di Facebook dicono anche quanto è importante questa preghiera pienamente volontaria per i defunti nella lotta contro il nostro Nemico. Infatti anche in una Messa di suffragio c’è sempre il rischio che sia una preghiera di circostanza inserita in un rito.
Riguardo al voler dare una mano a papa Francesco, che bel pensiero! Ma sbaglio, oppure pensi ancora che tu non hai bisogno che papa Francesco ti dia una mano a te? Io credo fortemente che papa Francesco debba darti una mano anche a te per farti uscire dalla tua bolla e metterti in contatto con la carne del suo popolo e la Parola di Dio viva, in contatto con il kerygma.
Riguardo al kerygma mi permetto di rimandarti al blog che ho aperto a luglio per la Gioia di condividere il Vangelo (quello precedente della vecchia parrocchia è bloccato e non ne ha voluto sapere di ripartire). Il nuovo blog si trova digitando ilblogdifrasereno.blogspot.it . Vedi l’ultimo post : “sabato XXI settimana: UNA PARABOLA SCRITTA UN PO’ MALE.”
Riguardo al modo troppo semplice di papa Francesco un altro post: “AMORIS LAETITIA, ARIDITA’ E AMORE”.
Una buonissima giornata.
L’ha ribloggato su paolabellettie ha commentato:
LA nostra cara amica che là davanti si prende in faccia insulti e ingiurie.
CARA COSTANZA, IO SONO UNA VOCE FUORI DAL CORO, MA TI RINGRAZIO PER QUELLO CHE HAI DETTO:
IERI DAVANTI CASA MIA UN SIGNORE DI 64 ANNI E’ MORTO DOPO UN GIRO IN BICI SENZA AVERE IL TEMPO NEMMENO DI DIRE “MI SENTO MALE”, IL SUO COMPAGNO DEL GIRO, DICEVA: MA STAVA BENISSIMO, MI HA DOPPIATO DUE VOLTE, ERA ALLEGRO” IL MEDICO ARRIVATO IMMEDIATAMENTE HA DETTO CHE ERA MORTO PRIMA DI CADERE PER TERRA. PER “PURA COINCIDENZA” PROPRIO IN QUEL MOMENTO E’ ARRIVATO UN SACERDOTE, AMICO MIO, PER PRENDERE UN CAFFE’ DI RITORNO DALLA MESSA AL CARCERE,HA DETTO HO DATO L’ASSOLUZIONE E LA BENEDIZIONE, ECCO IL MOTIVO DELLA MIA PRESENZA.
IO HO PENSATO A QUELLO CHE AVEVI SCRITTO E HO DEDICATO LA MIA PORTA SANTA A QUESTO
SCONOSCIUTO, CHE POI HO SCOPERTO ESSERE PADRE DI UNA COMPAGNA DI SCUOLA DI MIA FIGLIA…..
CORAGGIO, TU CONTINUA A PARLARE, ANZI A SCRIVERE…
HANNO PERSEGUITATO ME……..
CIAO GIUSEPPINA
Quando vedo amici, ma anche sconosciuti che stanno passando momenti di angoscia, il mio consiglio è uno solo: «Andate venti minuti in un cimitero, e vedrete che le vostre pene certo non svaniranno del tutto, ma in larga parte sì». […] È molto meglio che andare dal medico; non ci sono medici per questo tipo di dolori, ma una passaggiata al cimitero è una lezione di saggezza, quasi automatica. […] Che cosa vuol dire a uno che è in preda alla disperazione profonda? Niente o quasi niente. In cimitero, invece, si capiscono le cose. […] Il solo modo di sopportare davvero questo genere di vuoto è avere coscienza del nulla, altrimenti la vita non è tollerabile. Ma se hai la coscienza del nulla, tutto quello che ti capita conserva le sue proporzioni normali e non assume le proporzioni folli che caratterizzano l’esagerazione del dolore.
@Alvise,
è cosa buona che tu senta una sorta di compassione per il dolore altrui e cerchi di trovare una strada per il loro (seppur minimo) conforto, ma vedi, ammesso che vi sia un conforto per chi crede “nel nulla” dopo, la visita al Cimitero e davvero un controsenso…
Qualunque Cimitero è nato per l’atavico desiderio di non abbandonare e dimenticare i propri cari… è alla base del “Culto dei Morti”.
I “nostri Cimiteri”, i cimiteri cristiani, non sono affatto segno del “nulla”, anzi sono proprio l’opposto, la parola “cimitero” significa infatti “dormitorio”. Là riposano coloro che si sono “addormentati” (nella Grazia del Signore o meno) in attesa della resurrezione della carne, in attesa dell’Ultimo Giorno che sarà anche il Primo, il Giorno Nuovo del ritorno del Signore che renderà a ciascuno, nella sua Misericordia e Giustizia, secondo le proprie opere.
Poi, per carità, puoi credere che siano “luogo del nulla”, del solo ritorno alla terra senza alcun domani, ma staresti proprio nel posto sbagliato, come tu andassi alla stazione e pretendessi di affermare che lì possiamo osservare …l’immobilismo dei vagoni!
Ciao.
“pensa il magistrato che riceve un esposto; il capo d’imputazione: richiesta di preghiere”
Non scherziamoci troppo… Oggi pare assurdo, ma se il trend continuasse per qualche anno…
La stessa cosa che è venuta in mente a me. Non l’avevo scritta, ma visto che siamo in due mi aggiungo.
Forza Costanza, quando si aprono le porte dell’inferno significa che siamo sulla strada giusta! Sei la mia voce anzi …meglio!
Carissima Costanza, i monasteri che hanno aderito a questa iniziativa sono più di uno (quattro ne conosco personalmente). Per obbedienza non li nomino (la clausura e il nascondimento sono doni preziosi da conservare con cura). Tanti fedeli “normali” hanno aderito e hanno divulgato il post incriminato. Questo è il frutto positivo che porta altro frutto nella salvezza delle anime.
Poi c’è il frutto negativo: come la zizzania nel campo di grano. Penso che non sia l’iniziativa in sè a scatenare il putiferio, anche se concordo che il puzzone si dev’essere arrabbiato tantissimo. Vuoi mettere? Gli si stanno strappando anime che considerava già sue. Non sto giudicando le vittime del terremoto: chi sono per farlo? Ho da pensare a pulire me stessa per non finirci io di sotto! Giudico solo il pensiero del puzzone che le studia tutte per riempire la sua infame casa.
Credo che tutto quello che porta il tuo nome diventi motivo di putiferio: oltre al puzzone, si scatena l’imbecillità e l’ignoranza umana (non sto giudicando le persone ma le cose…). Molta invidia e gelosia anche all’interno della Chiesa (Santa e peccatrice? Certamente! Ma piena di Dio…), molta superficialità, molte altre cose e soprattutto molta voglia di apparire. Che soddisfazione cercare di tappare la bocca alla Miriano! A una che fino ad oggi non si è lasciata corrompere dalla notorietà e dall’interesse economico. A una che nella società di oggi è una specie di marziana e a quanto pare fa di tutto per continuare ad esserlo… preghiere garantite per questo!
E, tornando al puzzone, è lui che usa l’imbecillità e l’ignoranza, la gelosia e l’invidia. Ci trasforma in suoi strumenti e nemmeno ce ne accorgiamo. Siamo molto furbi, eh?
Ti abbraccio! Abbraccio tutta la famiglia! Coraggio, non siete soli. Vi voglio bene.
Bravissima Costanza, come sempre del resto! Quelli che hanno fatto opera di sciacallaggio sulla tua iniziativa cuociano nel loro poco saporito brodo.
Gentile Signora Miriana, dopo una vita trascorsa lontano dal Signore, mi sono convertita alcuni anni fa a Medjugorje. Ho dovuto ” ristudiare” tutto di nuovo, perché oltre trenta anni di vuoto sono tanti…Ma come tutti i convertiti mi sono gettata anima e corpo nella preghiera, nella lettura e soprattutto nella ricerca di una perfezione impossibile… Ora io ho saputo di questa sua lodevole iniziativa della preghiera per i singoli morti del terremoto e avrei volentieri partecipato se non fosse che ho un periodo piuttosto delicato in famiglia con problemi vari che mi distraggono. Mi dispiace molto che la abbiano aggredita su fb per questa iniziativa. Ma c’ è un “però” di cui devo parlarle… Quante volte Papa Francesco proprio durante un Giubileo della Misericordia ha parlato di indulgenze per i defunti o per i vivi? Quante volte lo hanno fatto i Vescovi o i Sacerdoti? Io frequento un Santuario Mariano e di queste cose non si parla per niente, come in tutte le Chiese dominate dal modernismo tanto di moda oggi… La maggior parte della gente non sa neanche di che cosa si tratta, perché la Nuova Chiesa non ne parla, come d’ altronde non parla di Purgatorio e di Inferno che addirittura per qualche pastore non esistono più…La Nuova Misericordia ha cancellato tutti i peccati e le indulgenze non servono più… Le posso assicurare che Papa Francesco ha dato un bel contributo a tutto questo e mi dispiace che una persona come lei non se ne renda conto…Comunque grazie per la sua iniziativa a favore di quella povera gente!
Gentile singora Sonia,
volevo esprimere concordanza con il suo intervento: sembra che la “nuova chiesa” come scrive lei (già il termine mi fa tremare) non parli più dei “novissimi”. Benedetto lo faceva.
Così si sminuisce il sacrificio salvifico a nostro favore del Nostro Signore Gesù Cristo.
Oggi la messa è solo cena e assemblea, invece è anche Sacrificio (per favore leggetevi la Ecclesia de Eucharistia punti 11 e 12). ecc…ecc… non ho volgia di elencare, le sappiamo ‘ste cose (molti di qui ci si incontrava dal Mastino, con stessi discorsi)
Forse una raddrizata sarebbe opportuna, ma non possiamo chiederla al rahneriano Bergoglio (fra Sereno si arrabbierà con me).
…Eh!
Bellissimo articolo, anche se non riesco a condividere l’ultimo riferimento a Papa Francesco, perché se egli “sbriciola” la Fede cattolica, purtroppo troppo spesso sembra proprio farlo nel letterale senso del termine, ossia la fa a pezzi. Tu Costanza parli di ignoranza dei fondamenti della nostra fede: ecco, per essere franco, spesso Papa Francesco ha dimostrato tale ignoranza. E questo è e rimane un fatto gravissimo e sconcertante, perché lui sarebbe colui che ha il compito di “confermare i fratelli nella fede”. Può essere consolatorio, ma per me rimane assai difficile, a tutt’oggi, “rivalutare” chi (per dirne una tra le mille) ha definito Lutero “una medicina per la Chiesa” e la Bonino e Napolitano dei “grandi italiani” da cui prendere esempio, è davvero difficile. Credi davvero in coscienza che papa Bergoglio sia cattolico, cioè aderisca, creda e professi IN TOTO la Dottrina della Chiesa cattolica? Io non sento di poterlo credere, chiedo scusa.
Grazie Costanza per la precisazione, che ha fatto bene a dare. Anche se quando si fanno cose buone e si trova una inspiegabile opposizione è bene ” non ti curar di lore ma guarda e passa”. Credo che in moltissime famiglie si sia levato un requiem per le vittime. Io le ricordo nel rosario quotidiano e raccomando al Signore, che li ama a prescindere al di là dalla mia preghiera, anche di aiutare chi resta nella prova illuminandoli con la forza della fede. In certi momenti di dolore si comprende la nostra connaturale fragilità così come quella del creato, ci si sente piccoli , non più “onnipotenti” e quindi affidarci a quel Padre che tanto ci ama e sempre aiuta i figli CHE LO CHIEDONO è una cosa che dà una pace ed una grande forza. Con lui tutto è possibile. Con la preghiera noi chiediamo con loro e/o per loro. Se vuoi segnalarmi un nome ne sarò onorata.
Grazie. Donatella G
Costanza carissima, grazie di cuore, sono pienamente d’accordo ma ti prego non farci caso, è la normalità, se pensi che Gesù ci ha detto che i primi nemici saranno quelli di casa tua, figurati gli altri! Ho sempre pregato per le anime dei morti e continuerò a farlo, e spero che qualcuno lo faccia per me quando, ormai fra poco, verrà il mio tempo. La gente ignorante (nel senso che ignora ciò di cui parla) c’è sempre stata ed ha sempre fatto danno. Il puzzone, come lo definisce la nostra Angela, le studia proprio tutte, ma non prevarrà perchè Gesù non lo permetterà mai. Noi facciamo sempre gli interessi di Dio (come diceva San Giuseppe Marello), il resto non ci riguarda. Ti abbraccio e prego per te e la tua Famiglia, con affetto – Franca
Costanza, capisco la tua amarezza, ma sai bene che tutto questo ha un senso agli occhi di Dio e che ne è valsa la pena anche se solo un’anima fosse stata salvata dalle tue e dalle vostre preghiere.
Ciao costanza provo a scriverti qua perché ho bisogno di aiuto io ho aderito subito alla tua proposta perché tutto quello che tu hai detto corrisponde al desiderio del mio cuore, vorrei anch’io questo per me. Il mio unico problema è che siccome sono un po’ tarda non capisco come fare per scegliere la persona per la quale pregare. Ti avevo chiesto che nell’eventualità la persona da me scelta avesse già qualcuno che ha pregato per lei virgola il buon Dio ci pensava lui a dirottare su chi ne avesse bisogno. Insomma come faccio?
Carissima Sabina, quando chiediamo l’indulgenza plenaria per una certa anima, se quell’anima non ne ha bisogno perchè totalmente purificata, nostro Signore assegna l’indulgenza che tu hai applicato, per altri bisogni di altre anime.Nulla va sprecato….
Con molta serenità e pacatezza, ma davvero non è chiaro a tutti voi il concetto di privacy e rispetto? Il problema non è la preghiera, chi crede è libero di farlo, ci mancherebbe, ma il pubblicare elenchi con dati sensibili come nome e data di nascita. Siete proprio sicuri che tutte le vittime e i loro familiari ne sarebbero state felici? Sieti proprio sicuri che fossero tutti credenti? Ecco, è su questo che dovreste interrogarvi prima di sostituirvi alla volontà di chi nemmeno ha più occhi per leggere e bocca per parlare. Solo su questo. Altrimenti diventa un vostro bisogno e non di chi non c’è più.
Noi abbiamo semplicemente linkato degli elenchi pubblicati dai giornali e dalla prefettura. Forse dovrebbe lamentarsi con loro.
Anche il Papa ha celebrato una messa per i defunti del terremoto, nessuno ha avuto da ridire, anzi.
E cosa cambierebbe di grazia Eleluc se tra i morti vi fossero dei “non credenti” (e ve ne saranno certamente…)?
Ancora una volta torna a galla l’ignoranza (nel senso etimologico)… Non sa lei, che ogni Battezzato è anche “sacerdote” (oltre che re e profeta)? E che non prega per gli altri – credenti e non credenti – non per “suo bisogno”, ma per preciso “mandato”, impegno, vocazione, arriverei a dire obbligo…
Non sa che oltre alle opere di Carità Corporali – verso chiunque e chiunque che si dica Uomo se le assume – vi sono quelle di “Carità Spirituale” a cui siamo tenuti e direi anche di cui ci verrà chiesto conto?
Le seconde poi son talvolta più importanti delle prime, perché se per chi è morto poco possiamo fare se non rendergli omaggio e dare dignitosa sepoltura, per l’Anima che è Eterna e attende di ricongiungersi col proprio corpo, si può (e si deve) fare ancora moltissimo!
Poi lei è libero di non crederlo, ma ancora non capisco (domanda che già mi ponevo nel mio primo commento), anche se tutto ciò che la Fede ci propone a credere e sperare non fosse vero…. quale il “danno” ai “morti non credenti”???
E concludo, lei da vivo, nella sue pervicace fierezza, potrebbe anche scegliere di non volere esequie religiose o nessuna preghiera (che non impedirà ai suoi cari-credenti di farle per lei che a lei piaccia o no), ma sinceramente, se lei avesse una figlio o una figlia, morti sotto quelle macerie, si sentirebbe di vietare qualunque opera di Misericordia Spirituale, solo per “mantenere il punto”?
Mah… forse perché non ci si è mai trovato (e non le auguro di trovarcisi mai).
La saluto.
Ma tutto ciò ha un preciso nome… una trappola in cui cadono anche tanti credenti, quando in tali casi non nominano nemmeno il Nome di Dio…
O quando non chiamano le cose per nome, o ad esempio, sapendo dell’approssimarsi probabile della morte per un congiunto (non credente ovviamente), si guardano bene dal metterlo nella realtà e proporgli i passi che ancora può compiere per riconciliarsi con Dio…
E’ il MALEDETTO, “RISPETTO UMANO”! 😦
Nome e data di nascita sono dati personali. Sono dati sensibili ad esempio la religione, le opinioni politiche e lo stato di salute.
Se Costanza avesse pubblicato solo i nomi dei cattolici (ammesso che li avesse potuti conoscere) per non violare i presunti diritti di chi non lo è, avrebbe commesso un reato.
Poi Bariom spiega bene che i cattolici pregano per tutti.
Conclusione a parte, perché dal Papa almeno, ci si aspetta un parlare chiaro e non ambiguo, una presa di posizione netta riguardo al cattolicesimo, unica vera fede rivelata, carissima Costanza, il problema che solleva è serio e di non facile soluzione.
“La bellezza salverà il mondo” ma, come Lei ben ha detto, il nostro è “uno sguardo ferito” e noi non sappiamo più apprezzare la bellezza che quasi tutte le pietre della nostra Italia sprigionano o che sta nel pregare per l’anima di chi non abbiamo mai conosciuto di persona.
Questo è periodo di persecuzione e gli amici del Capo si riconoscono dalla persecuzione che subiscono.
Che dire?
Anche nella buona battaglia c’è il bello.
aM!
Io credo che questa rabbia che si è scatenata contro di lei, signora Miriano, sia davvero diabolica: mi sa che davvero, tra quelle quasi 300 anime, qualcuna, grazie a queste preghiere, sia stata strappata al demonio! Mi sa che qualcuno davvero non fosse pronto, non fosse in Grazia di Dio, ma sia stato strappato al diavolo all’ultimo momento. E lui, il diavolo, deve essere così arrabbiato per questo da aver scatenato la rabbia del web contro di lei.
Certi commenti (“e se non erano credenti?”) mi ricorda il vivace film della coppia De Sica-Zavattini, intitolato “il giudizio universale”, quello con la voce fuori campo (era di Nicola Rossi-Lemeni) che annunciava sempre più insistentemente “alle 18 comincia il giudizio universale”. Arrivato da un beduino del deserto, questi reagisce stizzito “io non c’entro, io sono musulmano”). Ecco, sembra quasi che il giudizio finale (particolare e universale con quel che ne consegue) riguardi solo i cattolici praticanti. No, riguarda tutti.
Carissima Costanza , il fatto che la tua iniziativa abbia prodotto tutta questa agitazione è un ottimo segnale, .
Essa è giusta e benedetta da Dio , al contrario il nemico si scatena per metterti paura
Non dargli retta.
Un forte abbraccio
Pierangelo
“E’ il MALEDETTO, “RISPETTO UMANO”! :-(”
Anche qualcosa in più: è il contorcimento del rispetto umano che già si è spinto fino al punto di contraddirsi. Siccome qui si invocano cose legali, come la “privacy” (peraltro fuoriluogo, come ha scritto admin), io faccio presente che quando uno muore il suo legittimo rappresentante, dal punto di vista legale, che può avere una qualche autorità nel chiedere il rispetto delle volontà del morto (perlomeno quelle registrate fino ad un certo momento), è un esecutore testamentario: ad esempio un parente, un notaio, eccetera. Certo non “Dick from the internet”; il quale, invece, si sta arrogando un ruolo che non è suo.
Un po’ quello che stavo pensando anch’io: più che rispetto umano, è mancanza di rispetto per la più elementare logica e buon senso. Con quale autorità ci si arroga il diritto di volerci vietare di pregare e di chiedere di pregare in suffragio per altri? Chi vaneggia in tal senso, con quale autorità si permette di esigere che ci pieghiamo ai suoi capricci e alla sua prepotenza?
Ne consegue inevitabilmete e a maggior ragione: la più nobile tra le preghiere per gli altri, cioè la preghiera che chiede la conversione altrui, diventa in questa ottica una mancanza di rispetto e una violenza a danno di una volontà terza. Il buffo, ovviamente, è che per considerarla tale si dovrebbe credere alla sua efficacia.
[mi è cambiata la forma dell’icona, che strano]
[mi è cambiata la forma dell’icona, che strano]
Quindi sei sempre il “solito” Roberto 😉
Bellissimo,concordo continuare a pregare .Quando si prega ,preghiamo x tutti.
Cara Costanza, ringrazio il Signore di avermi fatto incontrare il tuo blog.prego anch’io per voi, noi,e tutti i bisognosi.ogni giorno.restiamo uniti con la preghiera.mina
Gentile dottoressa, ho appena letto il suo bellissimo articolo. Splendido. Intriso di amara dolcezza. Condivido in toto e le esprimo piena solidarietà di fronte all’incivile attacco che ha subito.
Giorgio
Cara Costanza, molti sono indemoniati senza averne cognizione, loro non credono alle verità e alle opere di fede ma i loro demoni ci credono eccome perché le vedono, come quei due che gridarono a Cristo: “Che cosa vuoi da noi, Figlio di Dio? Sei venuto qui a tormentarci prima del tempo?”. Il fobos della fede o è frutto di un’educazione religiosa traumatica, come vale purtroppo per molti che divenuti adulti rigettano la fede dei padri o dei maestri, oppure di una sensibilità preternaturale del posseduto alla Verità, che è per lui insopportabile come per noi guardare il Sole. Temono le preghiere per i morti perché loro per primi sono morti, se fossero davvero illuministi ne riderebbero, invece i loro denti stridono e bestemmiano come ogni dannato soggetto alla sua pena. Preghiamo davvero per loro, che ne necessitano persino più dei morti di Amatricia.
Grazie Costanza, la tua è stata un’idea meravigliosa e, come al solito, ti sei dimostrata coraggiosa.
Grazie Costanza. Che Dio ti benedica.
Vai avanti così cara Costanza. Grazie che ci metti la faccia. Siamo in tanti con te non dimenticarlo mai😉
mi fa pensare la paura delle preghiere….. ho amiche in caritas che considerano la preghiera una perdita di tempo…e sono cristiane…. buone a modo loro…. mi chiedo : chi sono stati i catechisti o catechiste che hanno insegnato l’essere cristiano a questa gente …. vorrei capire…
Chi ha paura della preghiera?
Mi permetto entrare amichevolmente in “polemica” con Costanza: le persone senza Dio, ovvero coloro che non credono in un Padre buono che ha vinto la morte, coloro che ritengono conclusa con la tomba l’avventura di ciascuno di noi, NON hanno paura della preghiera per i morti: chi è così sciocco da avere paura di qualcosa che non esiste? Abbiamo forse noi paura della formula “bidibibula magicabula”? No, perchè sappiamo che è priva di senso, che non fa parte della realtà e non ha nessun impatto sulla nostra vita; allo stesso modo, coloro che non credono al trascendente non possono aver paura della preghiera, che dovrebbe essere considerata come un’innocua formuletta magica ad uso e consumo di poveri sciocchi sottomessi ad una sciocca menzogna. Ma allora: chi ha paura della preghiera per i defunti? Credo che la paura nasca nelle persone che nella preghiera a Dio ci credono anzi! Nelle persone che conoscono l’efficacia della preghiera! Ma allora chi puà aver paura di un’azione che avvicina i defunti (e soprattutto anche i viventi) al paradiso? Se siete arrivati sin qui, dovreste già aver intuito le mie conclusioni…
Mi permetto ancora: forse sarebbe stato più corretto e “delicato” invitare alla preghiera per TUTTI i defunti del terremoto, senza suggerirne la scelta di uno in particolare indicandone nomi e cognomi.
Ma, se si fosse agito in tal senso, nessuno si sarebbe potuto indignare di fronte ad una richiesta di preghiera e tanti sarebbero rimasti nell’ombra! Adesso invece sappiamo dare un nome ed un cognome a chi è rimasto infastidito dalla preghiera per i defunti…
Ma chi è che lo sa??
E’ stato pubblicato un prospetto con nomi e il corrispondente “il parente tale si è indignato”?
Magari non c’è neppure un parente tra gli “indignati (che hanno altro a cui pensare…) o magari si – suo diritto esternare disappunto se crede.
Io di certo non vado a controllare chi si e chi no….
Cmq ormai che ci sono, non ho ben compreso il senso del tuo primo intervento anche se si concludeva con una apertura di fiducia: “Se siete arrivati sin qui, dovreste già aver intuito le mie conclusioni…”
Sarò tardo io certamente…
Bariom chiedo scusa e sarò più esplicito: mi viene in mente una sola categoria di persone che crede nella preghiera, crede nel paradiso ma lo avversa: i seguaci dell’Avversario.
Ah, bon…
Però giacché si parlava di tante persone che hanno reagito tanto male, tanti presumibilmente non-credenti, mi pare difficile asserire che siano tutti “seguaci dell’Avversario”, quando non piuttosto tutti (spero) rientranti nelle casistiche che qui si sono un po’ descritte.
Voglio dire, io stesso ho detto che dentro di noi si agita talvolta “uno spirito luciferino, uno dei tanti demoni piccoli o grandi che albergano nel cuore inquieto dell’Uomo”, ma un conto è esserne inconsapevolmente succubi, un altro è essere “seguaci”.
Bariom,
il rischio è che proprio l’inconsapevolezza di essere succubi porti le persone ad essere seguaci. Se sai di sbagliare chiedi perdono a Dio è sei protetto, se non lo sai rischi che il male pian piano prenda il sopravvento in te.
@Enrico siamo d’accordo, ma no esageriamo…
Non é che perché uno é “non credente” Dio non se ne occupa e lo lascia il pasto alla Belva!
Poi per me essere un seguace vuol dire scegliere, e scegliere il Demonio come signore.
Sì, sul ‘seguace’ sono d’accordo, ci deve essere la scelta.
Dio si occupa di tutti, ma se io, credente o meno, lascio entrare anche solo un po’ di male in me e invece di combatterlo mi ci trastullo e ignoro i segnali che Dio mi manda, mi metto su una gran brutta strada (larga magari, ma brutta) e non si sa dove vado a finire.
Comunque penso che grosso modo siamo d’accordo.
Nasce l’uomo a fatica,
Ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
Per prima cosa; e in sul principio stesso
La madre e il genitore
Il prende a consolar dell’esser nato.
Poi che crescendo viene,
L’uno e l’altro il sostiene, e via pur sempre
Con atti e con parole
Studiasi fargli core,
E consolarlo dell’umano stato:
Altro ufficio più grato
Non si fa da parenti alla lor prole.
Ma perchè dare al sole,
Perchè reggere in vita
Chi poi di quella consolar convenga?
Se la vita è sventura,
Perchè da noi si dura?
Intatta luna, tale
E’ lo stato mortale.
Ma tu mortal non sei,
E forse del mio dir poco ti cale.
Articolo stupendo, confido che quando ho appreso del terremoto anch’io ho subito pensato alle anime dei defunti e ho cominciato a pregare per loro, ma non sono meravigliata per ciò che hanno detto contro l’articolo; ormai essere credenti è fuori moda e pregare andare a Messa e dire il Rosario anche peggio ma io ho fede nel Signore e so che pregare aiuterà sicuramente tutte quelle anime ma anche i loro parenti rimasti.
“Pregare Dio per i vivi e per i morti” è una delle sette opere di misericordia spirituali… Io ci sono in questa opera di preghiera ricolma di misericordia. Lo sguardo è ora più che mai verso il cielo… e probabilmente è lo stesso sguardo che tante persone sotto le macerie, credenti e non, hanno avuto prima di morire.
Spesso si reagisce in modo “forte” quando qualcosa turba nel profondo, tocca qualche corda particolare… e si fa fatica a riconoscere fragilità…e dolore…e si fa muro contro chi questo muro ha voglia di abbatterlo! Ma il Signore sa come sciogliere i nodi del cuore.
Il Signore consoli, si prenda cura e fortifichi cuore e anima! …di tutti!
Un grazie infinito a te, Costanza, e a tutti coloro che si stanno mettendo in gioco con serietà e responsabilità di fronte a questo dolore.
Cara Costanza, a me la tua idea è piaciuta e ho preso un nome a caso. Ci pregherò. Ti volevo ringraziare sia per l’idea che per il tuo operare. Anche se non ti conosco, sento di volerti bene! Francesca, Una mamma-moglie innamorata di Dio!
Ciao carissima , ho scelto Fabio nato al cielo quasi nel giorno del suo compleanno .
Pregherò per lui , si chiama come mio figlio ed era mio coetaneo .
Ti sono immensamente grata per quando fai attraverso il blog e per la tua vita che spendi per diffondere il regno di Dio . Un abbraccio in amicizia Cristi .
Luisella di Cassano Magnago (Va )
Bariom grazie per l’aiuto fornitomi nell’esplicitare il pensiero:
Temo che pochi “seguaci” nei posti giusti possano influenzare il pensiero di molti… A me è capitato di ritenere corretta un’opinione od un moto di sdegno di chi è esposto mediaticamente, invece poi, riflettendoci sopra, mi sono reso conto che quell’opinione era un frutto avvelenato (le poche volte che ci ho riflettuto)
La moglie del commissario Calabresi ha raccontato una cosa grandiosa che mi ha aiutata molto a capire il valore della preghiera X i morti: quando hanno ammazzato suo marito lei non ha sentito il botto perché il suo appartamento dava sul retro del condominio. Due donne , madre e figlia , l’ hanno sentito, si sono affacciate, l’ hanno visto e subito la madre ha detto” inginocchiamoci e preghiamo per lui”. A distanza di anni la figlia l’ ha raccontato alla vedova. Ecco , la signora era felice di qs perché ,diceva” pensate io ancora non sapevo che mi avevano ammazzato il marito ma già qualcuno lo stava accompagnando in cielo” Questa è la comunione dei Santi
Pregare per i defunti fa parte di una delle 7 opere della Misericordia Spirituale e si è sempre fatto nella storia della Chiesa.Per altro le preghiere per le anime del Purgatorio sono state sollecitate anche da Maria a Fatima come pure le preghiere per i peccatori.Con buona pace degli atei e dei modernisti il Cielo vuole così ed è non solo corretto ma doveroso pregare per le anime.Anche Gesù lo ha detto a Santa Faustina Kowalska.
L’ha ribloggato su Betania's Bar.
Giusto per ricordare che Papa Francesco parla di indulgenze
Poi se di queste cose altri non parlano non so se la colpa possa essere addossata ad un Papa che è stato eletto 3 anni fa e non ha potuto influenzare la formazione di costoro. Se colpa di un Papa ci fosse, sarebbe come minimo di GPII, ma no, piove e la colpa non è più del governo ladro ma è di Francesco.
‘LETTERA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
CON LA QUALE SI CONCEDE L’INDULGENZA
IN OCCASIONE DEL GIUBILEO STRAORDINARIO DELLA MISERICORDIA
…..
L’indulgenza giubilare, infine, può essere ottenuta anche per quanti sono defunti. A loro siamo legati per la testimonianza di fede e carità che ci hanno lasciato. Come li ricordiamo nella celebrazione eucaristica, così possiamo, nel grande mistero della comunione dei Santi, pregare per loro, perché il volto misericordioso del Padre li liberi da ogni residuo di colpa e possa stringerli a sé nella beatitudine che non ha fine.’
Qualcuno mi potrebbe ricordare come si ottiene l’indulgenza per i defunti?
La Penitenziera Apostolica, il 29 giugno 1968, ha emanato l’”Enchiridium Indulgentiarum”, tuttora valido. Da questo “Documento” riportiamo quanto crediamo utile per i fedeli circa le Indulgenze applicabili per i nostri defunti.
I. Norme generali.
a) L’indulgenza è parziale o plenaria secondo che libera in parte od in tutto dalla pena temporale dovuta per i peccati.
b) Le indulgenze, sia parziali che plenarie, possono sempre essere applicate ai defunti a modo di suffragio.
c) L’indulgenza plenaria può essere acquisita una sola volta al giorno.
II. Indulgenze plenarie giornaliere:
a) L’adorazione del SS.mo Sacramento per almeno mezz’ora.
b) La pia lettura della Sacra Scrittura per almeno mezz’ora.
c) Il pio esercizio della Via Crucis.
d) La recita del Santo Rosario in chiesa od in famiglia (anche in quarta parte).
e) Al fedele che devotamente visita il cimitero e prega, anche soltanto mentalmente per i defunti, si concede l’indulgenza, applicabile solo ai defunti … dal primo giorno di novembre fino al giorno ottavo dello stesso mese.
III. Indulgenze plenarie annuali od occasionali:
a) Si concede l’indulgenza plenaria al fedele che piamente e devotamente riceve, sia pur soltanto per mezzo della radio, la benedizione impartita dal Sommo Pontefice al Mondo.
b) Si concede l’indulgenza plenaria a chi partecipa agli Esercizi spirituali almeno per tre giorni.
c) Si concede l’indulgenza plenaria al fedele che piamente visita la chiesa parrocchiale nella festa del titolare od il giorno 2 agosto, in cui ricorre l’Indulgenza della “Porziuncola” (Il Perdono di Assisi).
d) Si concede l’indulgenza plenaria al fedele che rinnova le promesse battesimali la Vigilia di Pasqua e nell’Anniversario del proprio Battesimo.
e) Vi sono anche altre indulgenze plenarie per circostanze particolari.
IV: Condizioni per l’acquisto dell’Indulgenza plenaria.
a) Confessione sacramentale (che si può fare anche nei giorni precedenti o seguenti).
b) Comunione eucaristica (che si può fare anche nei giorni precedenti o seguenti).
c) Con una confessione sacramentale si possono acquistare più indulgenze plenarie.
d) Quando l’indulgenza plenaria richiede la visita ad una chiesa si deve recitare in essa un “Padre nostro” e il “Credo” e pregare per il Papa.
V. Le Indulgenze “parziali”.
Le Indulgenze “parziali” sono molte ed ordinariamente unite alla recita di una determinata preghiera o giaculatoria.
……………………………………………..
In occasione dell’Anno Santo in corso
Secondo la costituzione apostolica Indulgentiarum doctrina, per ottenere l’indulgenza plenaria è necessario eseguire l’opera indulgenziata (pellegrinaggio-passaggio della Porta Santa) e adempiere tre condizioni:
-il sacramento della Riconciliazione,
-la partecipazione all’Eucaristia
-la preghiera secondo le intenzioni del Papa.
Le tre condizioni, si precisa, “possono essere adempiute parecchi giorni prima o dopo di aver compiuto l’opera prescritta; tuttavia conviene che la comunione e la preghiera secondo le intenzioni del sommo pontefice siano fatte nello stesso giorno, in cui si compie l’opera”.
Nella lettera del 1 settembre 2015, Papa Francesco chiarisce che “per vivere e ottenere l’indulgenza i fedeli sono chiamati a compiere un breve pellegrinaggio verso la Porta Santa, aperta in ogni Cattedrale o nelle chiese stabilite dal Vescovo diocesano, e nelle quattro Basiliche Papali a Roma, come segno del desiderio profondo di vera conversione”.
Barion- Condizioni per l’indulgenza, da aggiungere:
Condizione (molto difficile) necessaria per ottenere qualsiasi indulgenza plenaria (altrimenti rimane parziale): il completo distacco da ogni peccato anche veniale ( piccole bugie, scatti d’ira, negligenze rispetto al dovere del proprio stato, accidia, mancanza della volontà di perdonare a chi ci ha fatto del male, ecc.).
Grazie!
Anche noi abbiamo pregato con il rosario eadorazione
grazie x l idea
Cara Costanza, mi trovo profondamente solidale e concorde con te e ritengo tu abbia avuto 1 pensiero lodevole ed in effetti con mio marito avevo pensato di offrire il varco delle prossime porte sante ai terremotati, perché almeno sarà stato 1 contributo per aiutare queste anime che hanno perso la loro cosa più preziosa: la vita e mi ritengo fortunata che al posto loro non ci siano i miei cari, perché solo per 1 casuale circostanza che il terremoto non abbia colpito il mio paese, separato semplicemente da 1 montagna dai luoghi della catastrofe e quando penso che i miei familiari sono fuggiti il giorno dopo dal paese per paura che accadesse anche l’irresistibile e tanti villeggianti con loro hanno dormito per varie notti fuori di casa. Veramente io avevo suggerito scrivendo al Papa che indisse 1 giubileo dei terremotati, prima che finisse l’anno ed essendo intenzionato ad incontrarli, così come è stato fatto per tante altre categorie della vita quotidiana, proprio per dare loro segno di amore e di speranza, ma non so se avrà letto la mia email di richiesta alla Santa Sede e se ci avrà riflettuto. In quanto agli insulti che hai ricevuto ignora e perdona, perché purtroppo mi sembra che viviamo ormai in un’epoca di valori squallidi e di poca coscienza, dove ci sono tante troppe persone che vivono nel buio più assoluto dove la perfidia la fa da padrona e che li rendono molto attaccati alle cose materiali : sono anime senza Dio e che si reputano pure cattolici e credenti tanti di loro pur senza frequentare e che sbandierano i loro ideali di libertà e di purezza, rendendosi promotori di iniziative controcorrente e che denota solo tanto degrado e cupidigia, come se temessero di perdere la loro vita venale e terrena, ma non si preoccupano di salvare la loro anima e la loro dimensione spirituale, perché ormai hanno relegato Dio nel profondo delle loro miserie e pensano di mettergli le parole in bocca e di manipolarlo secondo la loro volontà e a mio parere non hanno bene percepito che queste scosse sono 1 monito paterno per richiamarli alla conversione, perché si sta andando fuori binario, solo che purtroppo chi ne fa le spese è sempre e solo la povera gente ed i bambini innocenti, anche per l’incuria e la negligenza di signori potenti, che invece di tutelare e salvaguardare la vita di tante persone, si arricchiscono e rubano quanto avrebbe dovuto servire alla prevenzione di rischi e pericoli a cui poi si giunge inevitabilmente al disastro. Brava Costanza mi complimento con te anche per la difesa del matrimonio a cui oggi non crede più nessuno e si preferisce distruggerlo. Ho letto 1 dei tuoi libri e mi è molto piaciuto.
Cara Costanza,felice e orgoglioso di appartenere al piccolo gregge, aggiungo a quella degli altri la mia solidarietà e l’adesione all’iniziativa, non senza voler condividere con tutti il mio escatologico pensiero che al punto in cui siamo arrivati non possiamo che pregare ripetendo le parole dell’Apostolo alla fine dell’Apocalisse: “Vieni, Signore Gesù”. Che altro dobbiamo ancora vedere? Adesso ci voglio impedire pure di pregare? Coraggio, “non praevalebunt”!
Più rifletto su questa vicenda più mi amareggio per la perfidia e la malevolenza di certe persone. Lei, signora Costanza, non ha fatto nulla di male, ha fatto una cosa buona e gente guasta l’ha interpretata male. Coraggio, sia contenta di ciò che ha fatto.
Ti stimiamo! Preghiamo per te…..continua a muso duro (volto indurito)!
Un abbraccione,
Manrico e Chiara
Certo, ognuno può impiegare il suo tempo come vuole. Alcune reazioni alle preghiere di altri sono illogiche, a meno che non nascano da un retroterra di ferite e problemi irrisolti con la fede e la morale. Aggiungo che in circostanze come quella del terremoto, occorre essere delicati nel proporre una fede che, ad alcuni, sembra una scappatoia dalla realtà. Non possiamo dare le cose sante (di Dio) a chi non le comprende e le distorce. Prima che le capiscano… meglio stare e pregare in silenzio senza parlare della propria fede a chi non si trova nel momento giusto per capirla. Poiché non siamo Dio che chiama chi e quando vuole, occorre riflettere con umiltà se quella parola serva allo scopo e non solamente alla nostra buona coscienza che ci fa dormire tranquilli anche se gli altri muoiono sotto le macerie (di vario tipo).
Buona notte +
Cara Costanza, hai fatto e suggerito la scelta migliore. Anche noi ci siamo uniti a questa iniziativa. Ieri eravamo a Roma in pellegrinaggio alla Porta Santa della Basilica di San Pietro. A Castel Sant’Angelo il raccoglimento iniziale con queste parole: Stai per attraversare una breve distanza che ti separa ormai dalla Porta Santa. Raccogli i tuoi pensieri e le intenzioni per le quali ti vuoi avviare verso la meta del pellegrinaggio. Guarda le persone con le quali procedi verso la Basilica, pensa a tutti coloro che vorresti avere accanto a te in questo momento, ma che per diversi motivi non ci sono, forse perché ammalati o troppo anziani, oppure non partecipano perché hanno perso la fede. Ricorda i tuoi cari defunti. Raccogli tutte queste persone e situazioni nel tuo cuore, e portali con te alla Porta della Misericordia.
Nel regno del politicamente corretto, dove ogni espressione deve passare per il depuratore, l’insulto gratuito ti permette di emergere. Un’ex-comico c’ha persino costruito un partitone…
Insomma, alla faccia del progresso e delle conquiste di civiltà, pare che, se lanciato sul giusto bersaglio, l’insulto faccia guadagnare consenso.
E chi meglio di un cattolico che combatte aborto, matrimonio omosessuale, ideologia gender, utero in affitto… può rappresentare il bersaglio perfetto? E quale occasione più propizia di questa?
Non cerchiamo facili scuse: l’ignoranza centra poco.
Semmai sarebbe da chiedersi:
– perché non crediamo più? perché abbiamo rinunciato al soprannaturale, accontentandoci nel migliore dei casi di trastullarci con l’elevazione spiritual-sentimentale? perché crediamo che l’inferno non esista? Non è che, esegesi dopo esegesi, tutto questo sono riusciti a ficcarcelo nel cervello un po’ per volta?
– e perché Papa Francesco fa dire a Eugenio Scalfari (che non è certo ignorante) senza correggerlo: “Il Papa ritiene che, se l’anima d’una persona si chiude in se stessa e cessa d’interessarsi agli altri, …come anima cessa di esistere. La dottrina tradizionale insegnava che l’anima è immortale. Se muore nel peccato lo sconterà dopo la morte del corpo. Ma per Francesco evidentemente non è così. Non c’è un inferno e neppure un purgatorio…”?
Capisco male o, mal che vada, si finisce nel nulla?
Grazie Costanza per aver ideato e condiviso la bellissima proposta e grazie che con tutta te stessa (donna, moglie, mamma, cristiana, giornalista, colta e coraggiosa…) ti occupi di questo piccolo meraviglioso gregge. Forza eh?!?
Io una cosa ancora non ho capito : se non occorre comunicare per chi si prega come si fa a sapere se ogni vittima avrà una preghiera?
cara Chiara
il nostro è un invito alla preghiera, comunicarci il nome per il quale si intende pregare è utile ma non indispensabile, le preghiere non sono mai troppe, e sono certo che in questa occasione non saranno poche.
Chiara: anche se sono in più le indulgenze acquistate male non fanno. Con la pratica si chiede a Dio di liberare l’anima dal Purgatorio, sì, ma dipende anche da noi, cioè dalla fondamentalità della nostra decisione di allontanarci dal peccato. Se prendiamo l’indulgenza tanto per… indulgenza è ma non plenaria.
Anche se poi l’anima fosse già in Paradiso, come hanno già scritto altri, il Signore l’userà per altri. Tenedno conto che anche se già in Paradiso l’anima può ancora salire sempre più vicina al Settimo Cielo.
Ottima idea! Pregherò per una mia omonima, del mio vero cognome, una coroncina della misericordia!
Chi ha paura della preghiera per i morti?
Non è difficile rispondere alla domanda, possono essere solo due categorie di persone :
e cioè tutti coloro che in modo consapevole o inconsapevole sono in compagnia del demonio invece che di Cristo, combattendo la Chiesa e le religione in senso più ampio perché così è il mondo oggi e loro vogliono stare ed essere accettati dal mondo.
Grazie Costanza sei veramente speciale.
Cara Costanza,
grazie per il tuo coraggio apostolico e per i tuoi libri che ho divorato con molto interesse.
Complimenti per il tuo blog e a proposito di questo vorrei condividere la tua iniziativa per le vittime del terremoto. Siamo una famiglia del cammino neocatecumenale e insieme a mio marito e i figli ci uniremo questo finesettimana al tuo saggio consiglio!
Ti continuerò a seguire e a pregare per te e per la tua missione.
Spero un giorno di conoscerti, grazie!
Claudia
Gentile Eleluc, nel mio cuore sento di dover pregare per lei. Spero non le dispiaccia. moira
Senza mettere in discussione né il valore della preghiera né l’intenzione, ciò che forse ha lasciato perplesso alcuni, sicuramente me, sono le modalità dell’iniziativa: veicolare qualcosa di così sacro attraverso i social network, quasi come si trattasse di una banale sottoscrizione, l’idea di una specie di check list, lo spazio pubblico per commenti con motivazioni qualche volta infantili, associati a nomi e cognomi di persone decedute, ha un retrogusto che non può non apparire, per certi versi, quantomeno inopportuno. Ma ripeto, non metto in discussione la buona fede di coloro che hanno sostenuto l’iniziativa.
I semplici compiono azioni semplici.
Semplici sono le loro preghiere, semplici i loro mezzi, semplici le loro parole.
Perfino infantili, a volte e grazie al Cielo.
La salvezza delle anime è la legge suprema del cattolico.
Tutto il resto passa in secondo piano, tutto può servire a tale scopo.
Se qualcuno trova che i social networks siano poco adatti, non rimane che ricordare il vecchio “omnia munda mundis”.
Ciao.
Luigi
Matteo: le iniziative di preghiera attraverso il web sono tante e di tante forme. Quello che conta non è che si preghi? La preghiera è qualcosa di sacro, sì, ma anche molto personale, intimo. Non è delegata solo a qualcuno che possa onorarla ed elevarla solennemente.
E’ vero che si può banalizzare e tutto può diventare simile a una sottoscrizione… ma è anche vero che è l’espressione di cuori che si “occupano” dei fratelli intercedendo per loro. La Chiesa senza la preghiera d’intercessione non morirebbe di certo perché non morirà mai, ma di certo ne soffrirebbe. E non poco.
La forma passi pure in secondo piano alla sostanza.
Buongiorno, mi manderebbe un nome per cui pregare?
Le ho mandato una mail.
Grazie
Tra due giorni celebreremo l’11ª Giornata per la Custodia del Creato voluta dalla Cei, insieme alla 2ª Giornata mondiale di preghiera per la Cura del Creato voluta dal Papa che ci dice:“Usiamo misericordia verso la nostra casa comune”.
Condivido, ovviamente.
Cosa c’entra con la preghiera per le vittime del terremoto?
C’entra eccome.
Perché i terremoti fanno parte delle tante catastrofi naturali che sconvolgono il “creato” e dalle quali, fin dall’inizio della sua presenza sulla Terra, l’uomo cerca di difendersi.
C’entra perché quel grido di dolore davanti alle bare “Guardate, è una cosa disumana. E’ contro natura”, ci rivela tutta la distanza che separa il pensiero del Creatore da quello della creatura che ha voluto così simile a Se stesso. Nell’era della scienza e della tecnica, non riusciamo più ad accettare una “natura” imperfetta, spesso insidiosa, non riusciamo più a metterci nelle mani di Dio, e non sappiamo più nemmeno a immaginare che il destino dell’uomo è altrove.
Cara Costanza,
forse non ricordi tutti gli insulti violenti e pesanti, anche assai volgari, rivolti a noi credenti in occasione dell’attentato a Parigi alla sede di Charlie Hebdo quando si era formata la catena di preghiera “Je suis Charlie”. I francesi, che hanno brindato a champagne, ci hanno chiesto più che contrariati ( evito il termine più “colorito” anche se renderebbe di più) di smettere, di non intrometterci, perché non hanno bisogno delle nostre preghiere anzi non le vogliono per nulla: sono un insulto alla laicità in cui credono e di cui sono orgogliosi, la quale basta per non arrendersi alla minaccia del terrorismo e sì, ribattere anzi allegramente, che sono come Gomorra e vogliono continuare ad esserlo, dopo essersi affrancati dalle religioni nella Rivoluzione Francese. E siamo stati insultati nei commenti su facebook anche da molti italiani, che avevano messo come immagine del profilo la bandiera francese, i quali ci hanno sprezzantemente invitato a tornare dentro le sacrestie e non prenderci uno spazio non nostro ed offensivo per chi vuole rispetto per, ripeto, la laicità. Quindi non te la prendere: il mondo ora gira così. E noi, orgogliosi invece solo di Gesù Cristo, affermiamo il nostro diritto a pregare, sottolineando quanto hai scritto: chi vuole andare all’Inferno non viene con forza spedito in Paradiso per le nostre preghiere, in quanto nemmeno Dio può intervenire contro la libertà dell’uomo, del singolo uomo o di un’intera nazione o anche del mondo intero, se tutti gli uomini lo rifiutassero ed uno solo con la sua famiglia rimanesse con Lui, come insegna il Diluvio Universale nella Bibbia. “Je suis Amacete” e tutte le vittime del terremoto: lanciamo l’hashtag?
Un abbraccio, Antonella
Mi è piaciuta tanto la proposta di pregare e chiedere l’indulgenza per le vittime del terremoto ed ho voluto fare la mia parte. Ho scelto la signora Wilma dall’elenco perchè aveva la mia età. Io non la conosco e non so che tipo di persona fosse, che tipo di vita facesse, non so se fosse una credente, una cristiana praticante o un anima perduta ma ho chiesto misericordia per lei, che i suoi peccati, piccoli o grandi siano perdonati e che riposi in pace tra le braccia amorevoli del padre. Grazie per la bella proposta!
Forse i social networks non sono per discutere o approfondire, ma soltanto per diffondere. Non mi piace discutere (o rispondere) su commenti nella rete perché di solito non rappresentano idee… forse sentimenti, espressioni. Mi sembra difficile fare un dialogo vero, tra persone.
Lavorando come operatore nella radio, mi trovava spesso gente che chiamava soltanto per parlare con qualcuno. Mi facevano domande estranee (sa cosa significa el protocolo di kyto? ma che domanda a fare a un operatore di radio?) ma alla fine capi che soltanto volevano parlare con qualcuno.
Non so se nella rete i commenti (come questo!) di solito sono irriflessivi, spontanee… piuttosto sentimenti pulsanti che posizione vere e da difendere. O solo voglia di dire qualcosa… come non posso essere pubblicato, al meno su facebook lascio qualche impronta. Peccato che non si faccia con carità.
Non è una difesa per quelli commentari. Sono convinto che l’educazione comporta pure il comportamento “virtuale”.
Complimenti per l’iniziativa, il coraggio, la limpidezza, e naturalmente preghiere per te, cara Costanza. Scriverò in privato per pregare anche io per un’anima in particolare quando potrò recarmi ad una porta santa.
Vorrei segnalarti l’articolo di ieri di Blondet su
http://www.maurizioblondet.it/quella-sinistra-rabbia-si-sente-ad-amatrice/
: lucido come al solito.
L’articolo non mi è piaciuto per niente.
Da sempre la gente (o almeno una parte, Giobbe ad esempio non l’ha fatto) si ‘ribella’ alle disgrazie che le piovono addosso e se la prende con Dio. Da sempre sul momento non tutti riescono ad abbandonarsi alla fede e ad accettare quello che è successo. Chi conosce quella gente, i sacerdoti che sono lì, sanno meglio di chi è a casa davanti ad una tastiera quando sarà il momento di affrontare il problema di dov’è Dio quando succedono disgrazie e di aiutare a risollevarsi con la fede queste persone così provate.
A Blondet il CVII non piace, affari suoi, ma usare un terremoto per l’ennesima critica non è bello.
In effetti nessuno ha avuto da ridire sul biglietto del vigile del fuoco, l’ha letto in diretta un giornalista tv perché la sua collega non ce la faceva dalla commozione e alla fine anche lui aveva la voce rotta….finché si dice “mi guarderai dall’alto”, “diventerai una stella”, o anche “angelo” (tanto quelli sono sdoganati fin dalla new age) va bene. Si ammette che deve esistere qualcosa dopo la morte (se non altro per autoconsolarsi) ma va bene finché non si parla di Cristo. Finché non si tirano in ballo i novissimi, nemmeno semplicemente con un accenno.
Va beh… facciano pure, io prego lo stesso.
Cara Costanza non la pensiamo uguale sulla figura di papa Francesco, tu percepisci le sue belle parole, io di più le sue azioni catastrofiche per la Fede, ma apprezzo sempre le tue opere di bene e mi aggrego a questa tua bellissima iniziativa, anch’io ho preso in affido spirituale due anime. Leggendo le ingiurie che hai ricevuto, le bestemmie e leggendo l’articolo di Blondet sulla rabbia che esce da Amatrice, rivolta a Dio e ai suoi ministri, mi viene un pensiero: si fa presto ad accusare Dio, quel Dio messo da parte, offeso quotidianamente anche dai suoi stessi ministri, quel Dio dimenticato, poco ringraziato, men che mai pianto nel vederlo sulla croce per noi, quel Dio scomodo perchè non solo misericordioso, ma anche giusto; ecco mi vien da dire: c’è qualche autorità difronte a questo disastro che si domandi:” noi cosa abbiamo fatto perchè queste anime, che hanno perso la vita, raggiungessero il Paradiso? Si, perchè Costanza, il vero problema non è la morte, tutti moriremo, chi di malattia, chi di incidente, chi di vecchiaia, chi di guerra, chi giovane, chi vecchio, , la morte è cosa per tutti, non ci si salva, ma uno Stato, gli uomini di Chiesa cosa potevano fare perchè queste anime morissero in grazia di Dio? Lo hanno fatto, quello che dovevano fare? Questa è una grande responsabilità a cui nessuno pensa più. Nessuno con l’autorità, pensa a quale enorme responsabilità è chiamato, per questo, nascono leggi inique, per questo si uccide in nome della laicità, per questo si rovinano i giovani nelle scuole, per questo non si fa più catechismo, ma ricreazione perenne, per questo si tace la Verità e si smercia ipocrisia e falsa misericordia. Ecco Costanza, prima di bestemmiare, prima di arrabbiarsi con Dio, prima di scandalizzarsi davanti un Dio, che non è quel Babbo Natale che ci spacciano da 50 anni, bisognerebbe pensare a cosa si poteva fare, a quale era il dovere di ognuno di noi dinnanzi a Dio e alle anime e bisognerebbe a questo punto ammettere che il liberalismo religioso e politico, hanno fallito, perchè non hanno creato un Paradiso in terra e nemmeno favorito il Paradiso nell’eternità.
Presumo che ogni credente (vero) abbia pensato spontaneamete a pregare per queste anime colte da morte improvvisa e per i sopravvissuti che hanno perso tutto, in particolare se è figlio di Maria. Maria cosa avrebbe fatto? Avrebbe certamente pregato il suo amato Figlio. Mi sovviene un’altra riflessione sull’accaduto: tutto quello che è successo mette in luce che il web non è un posto neutrale ma è terreno sulfureo e con il tuo appello hai praticamente lanciato un sasso in casa del nemico. Vedo nelle risposte che hai ricevuto una conferma di quanto vado maturando da un pò di tempo a questa parte e cioè che tutta questa realtà virtuale è diabolica. Se noi cattolici dovessimo decidere in massa di abbandonare il web vedremmo in poco tempo che quest’arma diabolica si autodistruggerebbe. Ritorniamo a fare catena umana utilizzando solo le facoltà che il buon Dio ci ha donato e non le diavolerie autoprodotte, in questo modo tireremo fuori da questa rete quelli che cercano la Realtà. Lo so sembra fantascienza ma senza gesta eroiche (decidere di non usare più internet a questi tempi è un eroismo tanto ci è stato inculcato) supportate e pagate di persona ed offerte a Maria non cambieremo niente.
Romina,
il male non è nelle cose ma nel cuore dell’uomo. E’ l’uomo che ad esempio scrive bestemmie su Facebook ed è sempre l’uomo che non le cancella. Il Papa lancia i suoi messaggi su Twitter, ma su Twitter si trovano anche tante sciocchezze, sta a noi scegliere.
Su internet ci sono tanti blog, dobbiamo rinunciare a tutti, o scegliamo e questo lo ‘salviamo’?
Cavolo … non ho tempo per seguire tutte queste cose, non ho FB nè Twitter ne tutte le altre cavolate da social … ma Grazie Costanza per quello che hai fatto. Non lasciarti scoraggiare da tante “meschinerie” … lo sai (come hai detto) che bisognerebbe pregare anche per quei poveretti (sarò anch’io denunciato?) che ti hanno insultato.
Grazie per la tua iniziativa e non farti intimidire … prometto che se capitasse, verrò a portarti le arance in carcere :-))
E prego per te!
Ma a Amatrice la Chiesa prega o fa retorica?
Che dire infatti della “scossa” del vescovo Sua Eccellenza Monsignor Pompili sulla perfidia umana? “Il terremoto non uccide. Uccidono le opere dell’uomo!”. Applausi.
I fenomeni naturali non possono uccidere?
A titolo di approfondimento, invito il Monsignore a leggere quel che nel 2000 M.R. Rampino e S.H. Ambrose riportano in “Volcanic winter in the Garden of Eden: The Toba supereruption and the latePleistocene human population crash”.
Vi si afferma che, circa 50.000 anni fa, avvenne “un forte abbattimento della popolazione umana” come conseguenza dell’eruzione del Toba (Sumatra 66.000-76.000 anni fa), dei terremoti e dei cambiamenti climatici che ne seguirono.
La frase presa in senso generale è sbagliata, riferita a questo caso potrebbe non esserlo del tutto perché se non sbaglio le morti sono dovute tutte al crollo delle case (costruite dall’uomo), ma non mi pare che l’abbia usata pensando solo al terremoto.
Comunque della predica a me è piaciuto il seguito, purtroppo non usato per i titoloni dei giornali, quando dice che ora è il tempo della mitezza.
‘Sopra a tutto è richiesta una qualità di cui Gesù si fa interprete: la mitezza. Che è una ‘forza’ distante sia dalla muscolare ingenuità di chi promette tutto all’istante, sia dall’inerzia rassegnata di chi già si volge altrove. La mitezza dice, invece, di un coinvolgimento tenero e tenace, di un abbraccio forte e discreto, di un impegno a breve, medio e lungo periodo.’
@Antonio Spinola. Se il terremoto di cui si parla fosse avvenuto (invece che tra i Monti Sibillini e i Monti della Laga) nel deserto di Gobi, non avrebbe ucciso nessuno. Quanto a Rampino e Ambrose, mi chiedo dove abbiano trovato i dati anagrafici del tardo Pleistocene sulla base dei quali hanno stimato il forte abbattimento della popolazione a seguito di un evento di 66.000-76.000 anni fa).
Le evidenze geologiche paleontologiche e archeogenetiche di quanto affermato ritengo siano fuori discussione. qui
Per il resto, la natura uccide in modo diretto e immediato (basta mangiare un frutto velenoso), e indiretto (cambiamenti climatici causati da grandi eventi sismici e vulcanici). Poi è evidente che le tecniche costruttive hanno il loro peso.
Ovvio anche che in un deserto, ovvero dove non c’è vita, non c’è neanche morte!
@ Antonio Spinola, facciamo a capirci. Se un terremoto uccide solo dove ci sono delle case che crollano, vuol dire che non è il terremoto a uccidere ma le case che crollano. Dio non fa il muratore né l’ingegnere, siamo d’accordo su questo? Se non è d’accordo con me non mi resta che rimandarla a padre Cassian Folsom che ci ricorda “Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi “ (Sap 1,13).
http://www.tempi.it/unico-modo-di-ricostruire-dopo-il-terremoto
@ senm
Il 26 dicembre 2004 il mio caro amico scout Matteo Pavan, a Phi Phi Island, veniva ucciso dall’acqua spinta dal terzo più potente terremoto mai registrato (9,1 gradi Richter). Nello stesso modo persero la vita altre 250000 persone, tra i quali 80000 bambini.
La frase pronunciata dal Vescovo non è solo falsa, è peggio perché banalizza a abbassa a livello di gergo mondano il mistero del rapporto tra uomo e creato. Di questa misera banalizzazione fa parte una certa svolta “ecologista” (lo dico da ecologo) della Chiesa, che vede l’uomo e le sue “opere” la causa dei mali più improbabili, compreso l’attuale fase di modificazioni climatiche.
Per il resto sono d’accordo: che centra Dio con la morte? La morte può venire solo dal rifiuto di seguire e farsi salvare da Cristo.
La nostra (corporale) morte giunge quando giunge la nostra “ora”… quando il nostro tempo è compiuto o se vogliamo “terminato”.
Come questo avvenga ha ben poca importanza… è il tempo che ci è stato concesso.
In questo Dio non c’entra?
O ci riesce difficile dire e credere che per più di 200 persone (giovani vecchi bambini) il Tempo in quel giorno era compiuto?
Dio conosce il Tempo, l’uomo no. Diversamente non sarebbe “libero”.
La fisica e la biologia obbediscono alle leggi per volontà del Creatore. In queste leggi c’è la lotta per la sopravvivenza, la malattia e la morte biologica come forme di difesa degli equilibri della biosfera. Poi Dio ha creato l’uomo, a Sua Immagine, non per farne uno schiavo ma perché viva in eterno.
Liberi da Dio ma schiavi del peccato: questo siamo, e per questo abbiamo bisogno del Redentore (che ci viene incontro sempre, se Lo accogliamo, anche solo nell’ultimo respiro).
“La fisica e la biologia obbediscono alle leggi per volontà del Creatore. In queste leggi c’è la lotta per la sopravvivenza, la malattia e la morte biologica come forme di difesa degli equilibri della biosfera.”
Vero ma parziale e non spiega la malattia e la morte che “è entrata nel mondo per invidia del diavolo”.
La Creazione poi non è esente dalle conseguenze del Peccato dell’Uomo, sappiamo infatti che:
“La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità – non per suo volere, ma per volere di colui che l’ha sottomessa – e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto” (Rom 8, 19-22)
Questa è la risposta!
Esatto.
Sarebbe opportuno sentirla spesso, e anche dai pastori, che invece scelgono spiegazioni umane, tralasciando la richezza della Parola di Dio,
@ Antonio Spinola, assicurandola di tutto il mio profondo rispetto per il suo amico scomparso, non vedo come questo doloroso episodio cambi la sostanza del mio discorso. Le liste di istruzioni su cosa fare in caso di terremoto comprendono l’esortazione a «stare lontano dalle spiagge». Pare che la Phi Phi Island abbia un’altezza massima di 168 metri (http://www.thailandguide24.com/phiphi/phi-phi-information.aspx), e che le onde di tsunami del 2004 siano state stimate di altezza massima 5 o 6 metri. Mi scusi se insisto ma il fatalismo non dovrebbe essere roba da cristiani.
Vede caro senm, mi pare che stiamo dicendo la stessa cosa, e cioè che dai terremoti occorre difendersi, proprio perché uccidono.
Quanto al fato, se il mio amico non avesse vinto una vacanza premio in quel posto lì, e proprio in quei giorni…
Ciò non toglie che occorre fidarsi di Dio e del mistero di misericordia che si cela dietro queste catastrofi, dietro il male innocente e dietro milioni di quotidiane morti improvvise. Dio sa trarre da ogni male un bene più grande.
Caro Antonio , al di là dell’espressione iperbolica e tranchante usata dal Vescovo, è chiaro che Egli si riferiva al fatto che ad Amatrice l’uomo ci ha messo del suo in termini di egoismo e di sospetta corruzione , come va emergendo dalle indagini in corso. Purtroppo temo che c’entri ancora una volta la mafia con la sua assoluta indifferenza per gli esseri umani quando c’e di mezzo il “business”.
@ Pierangelo, non c’è bisogno di arrivare all’egoismo, alla sospetta corruzione e alla mafia. Basta conoscere la realtà delle cose. Da quelle parti, montagna un tempo molto povera (ha mai visto “Serafino” di Pietro Germi? girato in Comune di Arquata), una si costruiva con quello che si trovava a portata di mano. Le ristrutturazioni della casa dei bisnonni, fatte forzatamente in economia non aiutano, certo. E pare proprio che la legge che regola le ristrutturazioni antisismiche non preveda agevolazioni per le seconde case. Quella terremotata è zona di enorme emigrazione interna (lo era già nel Sette-Ottocento) le seconde case abbondano e i proprietari non sono speculatori mafiosi ma gente che ci tornava d’estate e ci mandava i bimbi a prendere il fresco.
Se proprio vuole un colpevole, io me la prenderei con chi pensa che chi ha una seconda casa sia uno sporco capitalista da mettere al muro. Idee veterocomuniste che, dopo aver distrutto il mercato immobiliare e quelli che ne campavano onestamente, ora hanno anche contribuito ad ammazzare un bel po’ di innocenti.
Le aperture di indagine poi sono fatto quasi dovuto, talvolta però quasi obbligato dalla pressione dell’opinione pubblica e dall’esigenza dei media di trovare del torbido sempre qualcosa di cui parlare e straparlare (e magari ti scrivono “le pareti erano piene di polistirolo”, come fosse il polistirolo che le teneva su e non un semplice coibentante).
Tutti sono sempre alla ricerca di un capro espiatorio, di una ragione, della spiegazione ad un perché che talvolta è ben difficile umanamente da trovare…
Insomma, un colpevole anche per una scuola venuta giù senza grazie a Dio uccidere nessuno… un malvagio, in assenza del quale ed eliminato il quale, “certe cose” possano non ripetersi.
Poi magari non c’era alcun dolo né alcuna negligenza, ma ormai chi ci crede… e la reputazione di un uomo o di una azienda è quella si, distrutta per sempre!
Comunque anche eliminando tutti gli interessi “mafiosi” o simil mafiosi, la troppa sabbia dal calcestruzzo o quel che si vuole, è da stolti pensare che non ci sia mai un “torre di Siloe” che venga giù.
Ho letto l’articolo segnalato di Blondet (che non conoscevo), il quale dice la verità. E’ sempre l’eterno problema del dolore degli innocenti. Non è troppo difficile da spiegare, è difficile da accettare (è una grazia di Dio!) nel senso di aderire a una realtà che cozza troppo con la nostra superbia scientista di persone del XXI secolo. Ma penso che la Chiesa – tutta – dovrebbe proclamare senza nessuna paura del politicamente corretto quanto nella Parola è detto senza ombra di equivoco, a pena di un grave peccato di omissione nella predicazione della nostra fede. Senza questo, lo stesso significato del sacrificio di Gesù (più innocente di Lui!) diventa incomprensibile, ammesso che la società in cui viviamo provi un minimo sentimento di interesse per la morte del Cristo diverso da fastidio, intolleranza, o pretesto per insulti e persecuzioni.
Brava ,sei un tesoro di inestimabile valore. Pregare non fa che bene a tutti. Specialmente per le anime dei defunti.Fai bene a stare dalla parte giusta 🙂
e magari ti scrivono “le pareti erano piene di polistirolo”,
Ah, l’hai letta anche tu questa cosa? Io l’ho letta una sera in un sottotitolo di un TG mi pare e subito ho commentato con mia moglie: ‘Questi (i giornalisti) sono scemi’. Infatti non se n’è più parlato. Il polistirolo si usa come ‘cappotto’ o per isolare il tetto (in lavori un po’ al risparmio, ci sono materiali migliori in quanto il polistirolo è poco traspirante), non certo per fare i muri veri e propri.
E’ giusto cercare di capire cosa è successo, ma integralmente. La scuola non doveva venire giù, ok, ci sta l’attenzione a questa cosa perché a scuola ci vanno i bambini e già un altro terremoto provocò tanti morti in una scuola. Però fermarsi alla scuola e ignorare il resto significa non aver capito (o non voler capire) niente. O si fa un piano e si fanno investimenti per costruire il nuovo come si deve e mettere in sicurezza il vecchio (anche se sono seconde case), o al prossimo terremoto saremo di nuovo a cercare il capro espiatorio.
@Enrico, attenzione poi “la scuola non doveva venire giù…”
Stando alle dichiarazioni del costruttore: “Per il miglioramento antisismico sono stati spesi circa 160 mila euro “.
“Gli appalti erano divisi. Uno riguardava la riqualificazione della struttura: riscaldamento, impianto antincendio, pavimentazione, servizi. L’altro il miglioramento antisismico Attenzione: miglioramento, non adeguamento”.
C’è differenza?
“Sì, abissale. Sono opere completamente diverse. E comunque, quei soldi sono stati spesi bene. Basta guardare le foto: le due ali dell’edificio interessate dai lavori di miglioramento sono le uniche ad essere rimaste in piedi”.
http://www.repubblica.it/cronaca/2016/08/29/news/titolo_non_esportato_da_hermes_-_id_articolo_4388618-146799369/
Poi vero, non vero è giusto accertare, ma il (pre)linciaggio mediatico è già in corso!
Bariom,
la scuola non doveva venire giù, continuo a sostenerlo, ma non so di chi sia la colpa. Magari la ditta ha lavorato più che bene, per i soldi che le hanno dato. In quel caso la colpa è di chi non ci ha messo soldi a sufficienza ad adeguarla. Lo Stato? La Regione? Il Comune? Non lo so, dico solo che le scuole devono essere fatte bene, perché dentro i bambini ci passano tante ore e i terremoti possono esserci anche in inverno di giorno.
La questione delle parole del vescovo “Il terremoto non uccide…” è interessante perché richiede una comprensione del contesto. Il contesto, in sintesi, è quello che i preti devono fare i preti, occupandosi delle cose del cielo e della terra, e i laici devono fare i laici (in questa circostanza diciamo che sono “laici tecnici”), occupandosi delle cose della terra. Invece c’è una grande confusione (nota: commento solo la frase in oggetto, non ho letto tutta l’omelia).
La frase è uno slogan di geologi, ingegneri e responsabili della protezione civile, da anni. Con tutte le limitazioni intrinseche di uno slogan, è corretta, perché stiamo piangendo morti che, almeno in parte, non dovrebbero esserci. E non ne stiamo piangendo molti di più solo grazie alla Provvidenza, perché se quella scuola fosse stata piena di bambini…
I politici a capo degli enti locali (comuni, regioni e province che fino a pochi mesi fa esistevano) sono tutti, ripeto tutti, responsabili politicamente della morte e dei disagi di quelle persone. Il rischio sismico di certe aree del nostro paese è noto da sempre e ormai da parecchi anni (grossomodo dal 2000 in poi, mi sembra) ci sono strumenti tecnici, come le mappe sismiche, che lo certificano formalmente. Da quando esistono le mappe di rischio, la prima responsabilità di un politico locale dovrebbe essere assicurarsi che la gente non muoia ed è chiaro che non la rispetta; perché nonostante i terremoti capitino a cadenza regolare, fortunatamente coinvolgono aree piuttosto limitate e ognuno pensa che le possibilità che tocchi al suo comune sono comunque basse.
Al di là delle ignoranze giornalistiche e delle ricostruzioni improvvisate, tralasciando per un attimo la questione delle case antiche private – che è complessa – i fatto che vengano giù edifici pubblici come scuole o caserme, nuovi o ristrutturati da poco, dimostra con certezza che siamo in presenza di dolo o incompetenza grave. Sulle responsabilità penali non dico niente, ci vogliono le indagini: ma quelle politiche sono evidenti: i sindaci non possono nascondersi dietro un dito. Purtroppo, la storia recente insegna che molti amministratori locali, la cui carriera avrebbe dovuto essere seppellita sotto un macigno dopo un disastro, sono riusciti a cavalcare l’onda tanto bene e farci addirittura fortuna. La responsabilità ricade in parte anche sul popolo, perché siamo in democrazia e quelli sono eletti dal popolo. La mia città non ha problemi ricorrenti di natura sismica, ma idrogeologica. Non ho mai sentito una campagna elettorale impostata sulla sicurezza idrogeologica, che è menzionata da qualche anno sotto elezioni, ma in modo del tutto superficiale. Forse solo le ultime regionali sono state impattate dal disastro più recente. Ma in generale i miei concittadini continuano a votare per tifo, qualsiasi sia il candidato (avesse votato solo Genova per le regionali, non sarebbe cambiato niente). Quindi, da un certo punto di vista, la responsabilità del disastro, quando accade, è anche della gente. In un paese la responsabilità della gente è anche maggiore di quella in una grande città, perché le “distanze” sono più piccole.
Però ha ragione Antonio quando critica quella stessa frase in bocca ad un vescovo. Mentre un geologo o un ingegnere espone una visione parziale sulla realtà, che è quella che attiene alla sua professione, un vescovo dovrebbe parlare della vita a tutto tondo, della fisica e della metafisica. Lasciamo pure perdere il Pleistocene… In Giappone, paese virtuoso per eccellenza in questo tema, il sisma del 2011 ha fatto quasi 16.000 morti. Che sia stato il maremoto più del terremoto poco conta, perché qui parliamo di forze della natura. È giusto criticare quello slogan come legato ad una visione distorta tra i rapporti tra uomo e natura: assistiamo al ritorno di Gaia, la natura divinizzata ha preso il posto di Dio Padre e si è arrogata gli attributi di bontà e giustizia (tutto il dibattito sul Riscaldamento Globale, d’altronde, è la punta di diamante di questa nuova retorica).
D’altro canto passa il messaggio che se solo fossimo più diligenti, bravi a scuola, onesti (e certamente basterebbe scrivere le leggi giuste, eleggere le persone giuste…), allora grazie alla scienza e alla tecnologia saremmo in grado di tenere tutto sotto controllo; moriremmo tutti serenamente di vecchiaia. Anzi, a sentire certi, basterebbe mettere ancora un po’ più di scienza e tecnologia e diverremmo immortali. Sono questi i temi da omelia che dovremmo sentire dai chierici.
@ chi fosse interessato a una breve storia della normativa sismica in Italia
http://www.ingegneriasismicaitaliana.com/it/24/normative/
Sullo stesso tema ma con abbondanti illustrazioni
Fai clic per accedere a made-expo-2012-petrini.pdf
P.S. a chi pensa che cristiano vuol dire cretino suggerisco (al primo link) paragrafo sul regolamento edilizio varato da Pio IX dopo il terremoto di Norcia del 1859 (e mai applicato per ovvie ragioni storiche…)
So che è un particolare di ben rara modestia… ma penso che a qualcuno sia giunta voce della vignetta del sempre infame “Charlie Hebdo” sulle vittime del terremoto (per la serie “tutto il mondo è paese”).
Ecco, c’è stato anche un altro contributo da parte di un autore della “letteratura disegnata”:
http://www.barbadillo.it/58966-il-caso-capitan-harlock-solidarizza-con-i-terremotati-la-vignetta-del-maestro-matsumoto
(anche se, personalmente, avrei preferito vedere in uno dei disegni l’ufficiale alle armi Kodai Susumu…)
Ciao.
Luigi
Apprezzo!
Su Gesù che pregava: tra altre considerazioni – che non faccio, perché se è “arduo” per Alessandro, figuriamoci per me – non vale comunque il fatto che pregando ci dava l’esempio? Tra altre cose, Gesù ci ammaestra, oltre che con la predicazione, anche con l’esempio di perfezione a cui tendere.
PS Vabbè, una cosa la provo. Che Gesù conosca una cosa non vuol dire che la sperimenti. Voglio dire: sa benissimo cos’è il peccato e sa benissimo cos’è la tentazione (cfr. le tentazioni di Satana durante i quaranta giorni). Questo non vuol dire che pecchi e che cada in tentazione. Dal che si può dedurre che ci è vicino, in quanto è in grado di comprendere il nostro stato, senza però avere nessuna imperfezione umana.
PPS Dal Catechismo:
2088 Il primo comandamento ci richiede di nutrire e custodire la nostra fede con prudenza e vigilanza e di respingere tutto ciò che le è contrario. Ci sono diversi modi di peccare contro la fede:
Il dubbio volontario circa la fede trascura o rifiuta di ritenere per vero ciò che Dio ha rivelato e che la Chiesa ci propone a credere. Il dubbio involontario indica l’esitazione a credere, la difficoltà nel superare le obiezioni legate alla fede, oppure anche l’ansia causata dalla sua oscurità. Se viene deliberatamente coltivato, il dubbio può condurre all’accecamento dello spirito.
Io l’ho sempre inteso così: che anche il dubbio involontario, pur meno grave, è comunque peccato contro la fede. Pietro che affonda mentre Cristo cammina sulle acque è un esempio di dubbio involontario e Gesù lo rimprovera: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Per carità: in certi momenti ci cadiamo tutti, la “notte oscura” dei grandi santi dice che ci cadono pure loro. Quindi non c’è da farne un dramma. Però è peccato. Per cui, se Cristo avesse nutrito qualche dubbio, avrebbe peccato, cosa impossibile: altro modo di arrivare all’impossibilità della premessa.
Traparentesi, già che ci siamo parliamo di Maria. A differenza di Cristo, che ha sempre la conoscenza esatta della volontà e dei disegni del padre, la Madonna non comprendeva subito tutto: “serbava queste cose meditandole nel suo cuore”, dice il Vangelo. Pur senza comprendere, accoglieva sempre e comunque la parola di Dio interamente, fidandosi totalmente delle Sue promesse; anche nel momento tragico del Golgota. Se avesse dubitato, avrebbe peccato, cosa che è impossibile con la sua Immacolata Concezione. Ancora BXVI (dall’omelia per la messa nella solennità di Maria SS.ma Madre di Dio e nella 41a giornata mondiale della pace, 01.01.2008):
L’evangelista Luca ripete più volte che la Madonna meditava silenziosa su questi eventi straordinari nei quali Iddio l’aveva coinvolta. Lo abbiamo ascoltato anche nel breve brano evangelico che quest’oggi la liturgia ci ripropone. “Maria serbava queste cose meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19). Il verbo greco usato “sumbállousa” letteralmente significa “mettere insieme” e fa pensare a un mistero grande da scoprire poco a poco. Il Bambino che vagisce nella mangiatoia, pur apparentemente simile a tutti i bimbi del mondo, è al tempo stesso del tutto differente: è il Figlio di Dio, è Dio, vero Dio e vero uomo. Questo mistero – l’incarnazione del Verbo e la divina maternità di Maria – è grande e certamente non facile da comprendere con la sola umana intelligenza.
Alla scuola di Maria però possiamo cogliere con il cuore quello che gli occhi e la mente non riescono da soli a percepire, né possono contenere. Si tratta, infatti, di un dono così grande che solo nella fede ci è dato accogliere pur senza tutto comprendere. Ed è proprio in questo cammino di fede che Maria ci viene incontro, ci è sostegno e guida. Lei è madre perché ha generato nella carne Gesù; lo è perché ha aderito totalmente alla volontà del Padre. Scrive sant’Agostino: “Di nessun valore sarebbe stata per lei la stessa divina maternità, se lei il Cristo non l’avesse portato nel cuore, con una sorte più fortunata di quando lo concepì nella carne” (De sancta Virginitate, 3,3). E nel suo cuore Maria continuò a conservare, a “mettere insieme” gli eventi successivi di cui sarà testimone e protagonista, sino alla morte in croce e alla risurrezione del suo Figlio Gesù.
“Padre” maiuscolo, s’intende…
@Fabrizio, certo che Gesù ci ammaestra con l’esempio, ma con l’esempio di ciò che concretamente faceva…
Cioè – concretamente pregava – non lo faceva come pura forma per dire ai Discepoli “fate così anche voi…”.
Tutto qui.
@Fabrizio
“Che Gesù conosca una cosa non vuol dire che la sperimenti ecc.”
Esatto: Gesù è l’assolutamente senza peccato, cioè colui che non ha mai compiuto peccato, e che nondimeno conosce perfettamente che cosa sia il peccato.
“Per cui, se Cristo avesse nutrito qualche dubbio, avrebbe peccato, cosa impossibile: altro modo di arrivare all’impossibilità della premessa”.
Esatto
“la Madonna non comprendeva subito tutto: “serbava queste cose meditandole nel suo cuore”, dice il Vangelo. Pur senza comprendere, accoglieva sempre e comunque la parola di Dio interamente, fidandosi totalmente delle Sue promesse; anche nel momento tragico del Golgota. Se avesse dubitato, avrebbe peccato, cosa che è impossibile con la sua Immacolata Concezione.”
Proprio così: Maria, a differenza del Figlio suo, non ha una conoscenza intima e immediata del Padre e dei suoi disegni, ma esercita una fede che non cede mai al dubbio e quindi non si macchia mai di peccato (e pertanto ci è maestra di fede).
PS: quanto alla preghiera DI Gesù, sarebbe interessante approfondire il tema: “come possa Gesù pregare veramente rivolgendosi al Padre Suo pur avendo conoscenza perfetta ed esaustiva dei decreti del Padre Suo”.
Ma di questo altra volta, magari…
Non c’è dubbio, non faceva le cose “a vuoto”. Pregava realmente.
È un problema che va di pari passo con quello dell’onniscenza e ignoranza di Gesù. C’è una riflessione interessante di C. S. Lewis sull’argomento. Forse i concetti che sviluppa sono applicabili anche alla questione della preghiera.
«Dite quello che volete», ci diranno, «le fedi apocalittiche dei primi cristiani si sono dimostrate decisamente false. È chiaro fin dal Nuovo Testamento che tutti attendevano un imminente nuovo avvento, negli stessi anni della loro vita. E, peggio ancora, ne avevano motivo, un motivo che troveranno poi decisamente imbarazzante. Il loro Maestro glielo aveva comunicato chiaramente. Egli condivise, e di fatto creò, la loro illusione. Lo disse in tante maniere: “Questa generazione non passerà prima che queste cose siano compiute”. E si sbagliava. Sulla fine del mondo, non ne sapeva più di una qualsiasi altra persona». È certamente il passo più imbarazzante della Bibbia. Ma come è stimolante anche il fatto che dopo solo poche battute affermerà: «Quanto poi a quel giorno o quell’ora nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre». L’unica esternazione erronea e l’unica confessione di ignoranza procedono a braccetto.
Questo passo (Marco 13,30-32) e il grido: «Perché mi hai abbandonato?» (Marco 15,34) insieme formano la prova più solida che il Nuovo Testamento è storicamente affidabile. Gli evangelisti hanno la prima grande caratteristica di onesta testimonianza: fanno menzione di fatti che tendono, a prima vista, a favorire il principale argomento dei loro oppositori. I fatti, quindi, sono i seguenti: lo stesso Gesù si professò (per certi versi) ignorante e un attimo prima aveva mostrato di esserlo davvero. Credere all’Incarnazione, credere che lui sia Dio, rende difficile capire come possa essere ignorante; ma ci offre anche la certezza che se disse di poter essere ignorante, di fatto poteva essere davvero ignorante. Infatti, un Dio che può essere ignorante è meno sconcertante di un Dio che falsamente professa ignoranza. Una risposta dei teologi è che l’Uomo Dio era onnisciente come Dio e ignorante come Uomo. Senza dubbio, questo è vero, sebbene non sia facile immaginarlo. Né di fatto può essere immaginata l’inconsapevolezza di Cristo nel sonno, né l’alba della ragione nella sua infanzia; ancor meno la vita meramente organica nel grembo di sua madre […]
Stiamo prendendo un abbaglio se ci chiediamo come potesse fare Cristo ad essere allo stesso tempo ignorante e onnisciente, o come potesse essere mentre dormiva, quel Dio che «mai si concede al sonno». […] L’incarnazione non è un episodio della vita di Dio: l’agnello viene ucciso –quindi, presumibilmente, nasce, cresce e risorge –per tutta l’eternità. Accogliere la natura dell’umanità di Dio, con tutta la sua ignoranza e i suoi limiti, non è di per sé un evento temporale, sebbene l’umanità che viene così impiegata sia, come la nostra, una cosa che vive e che muore nel tempo […]
estremamente ripugnante, supporre che Gesù non facesse mai una domanda sincera, cioè una domanda di cui non conosceva risposta. Ciò renderebbe la sua umanità un qualcosa di così distante dalla nostra da meritarne appena il nome. Trovo più semplice credere che quando disse: «Chi mi ha toccato?» (Luca 8,45) volesse davvero sapere chi fosse stato a farlo.
Trovo molto pericoloso questo passo di Lewis; direi manifestamente eretico. La frase:
«Quanto poi a quel giorno o quell’ora nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre»
come tutti i passaggi delle Scritture, va compresa nel contesto e messa insieme ad altri passaggi sullo stesso argomento. Per esempio:
http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=2036
Caro Michele,
ti riporto alcune interpretazioni dei santi Padri.
1. San Girolamo dice che in questo versetto “godono Ario ed Eunomio (i quali negavano la divinità di Cristo); dicono infatti: non possono essere uguali colui che sa e colui che ignora.
Contro costoro brevemente occorre dire queste cose. Poiché Gesù ha fatto tutti i tempi, lui che è il Verbo di Dio (infatti «ogni cosa fu fatta per mezzo di lui, e senza di lui nulla fu fatto», Gv 1,3), ed essendo d’altra parte il giorno del giudizio compreso in tutti i tempi, con quale conseguenza chi conosce il tutto può ignorare una sua parte?
Bisogna poi dire anche questo: che cosa è più grande: la conoscenza del Padre o la conoscenza del giudizio? Se conosce ciò che è più grande, in che modo ignora ciò che è minore?”
2. Continua San Girolamo: “Quindi, poiché abbiamo provato che il Figlio di Dio non ignora il giorno della fine, bisogna mostrare perché dice di ignorarlo. Ora, dopo la risurrezione, interrogato dagli Apostoli su tale giorno, risponde in modo più manifesto (At 1,7): «Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato in suo potere». Con ciò mostra che egli lo sa, ma non conviene che lo sappiamo gli Apostoli, così che, sempre incerti sulla venuta del giudice, vivano ogni giorno come se in quel giorno dovessero essere giudicati”.
3. Sant’Agostino: “Ciò che dunque dice: non sa, va inteso nel senso che non lo fa sapere; cioè che non lo sapeva così da indicarlo in quel momento ai discepoli”.
4. San Giovanni Crisostomo: “Affinché poi tu apprenda che se tace sul giorno e sull’ora del giudizio non é per sua ignoranza, adduce un altro segno, quando aggiunge: Come poi avvenne nei giorni di Noè…, così avverrà alla venuta del Figlio dell’uomo; ora, dice ciò mostrando che verrà repentinamente e inopinatamente, e quando molti si daranno a cose lascive; infatti questo lo dice anche Paolo (1 Ts 5, 3): Quando diranno pace e sicurezza, allora improvvisamente verrà su di loro la fine.
Dissipato ogni dubbio, ti saluto, ti ricordo come sempre al Signore e ti benedico.
Catechismo n. 474:
“La conoscenza umana di Cristo, per la sua unione alla Sapienza divina nella Persona del Verbo incarnato, fruiva in pienezza della scienza dei disegni eterni che egli era venuto a rivelare. Ciò che in questo campo DICE DI IGNORARE (Cf Mc 13,32: “Quanto poi a quel giorno o a quell’ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre”) dichiara altrove di non avere la missione di rivelarlo (Cf At 1,7: “Così venutisi a trovare insieme gli domandarono: “Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?” Ma egli rispose: “Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta”).”
Non so può darsi che sia teologicamente necessario interpretare quella singola affermazione di Gesù sul giorno del Giudizio (ma interpretarla fino a farle dire l’opposto del suo significato logico?)
Ma sulla questione dell’onniscenza in generale mi sento spallegiato anche da questo passo di padre Andrea Lonardo, le cui riflessioni sono assolutamente fondate sulla tradizione cattolica:
(http://www.gliscritti.it/blog/entry/322)
“Ha sempre stupito la sobrietà dei dati evangelici relativi alla fanciullezza ed all’adolescenza di Gesù. Solo l’evangelista Luca fornisce due brevissimi sommari della sua crescita e vi pone al centro il famoso episodio di Gesù dodicenne al Tempio. In tutti gli altri scrittori neotestamentari il silenzio è assoluto.
Eppure proprio questa asciuttezza custodisce la verità dell’incarnazione del Figlio di Dio. Il confronto con i vangeli apocrifi è impressionante. Essi sentono il bisogno, per difendere la divinità di Gesù, di creare una serie di episodi tesi ad evidenziare presunte capacità straordinarie del piccolo Gesù fin nei primissimi anni di vita. […]
Questi testi apocrifi, volendo esaltare la divinità di Gesù e la sua potenza invincibile, in realtà svilivano il Cristo, cancellando la sua natura umana che, invece, è sobriamente custodita dal vangelo di Luca.
Nei due sommari che precedono e seguono il viaggio della Santa Famiglia a Gerusalemme, Luca scrive che «il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui» (Lc 2,40) ed ancora che «stava loro [ai suoi genitori] sottomesso… e cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,51-52).
L’evangelista, nel rendere la sua testimonianza su Gesù fanciullo ed adolescente, utilizza gli stessi verbi con i quali aveva descritto la maturazione del Battista: «Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito» (Lc 1,80). L’umanità di Gesù, nella visione che la Scrittura ci consegna come canonica e, quindi, come aderente al reale, *cresce così esattamente come in ogni altro bambino, maturando passo dopo passo tutte le proprie conoscenze sperimentali*.
Proprio per questo la chiesa non accoglierà nel Canone i vangeli apocrifi che, invece, sfiguravano l’umanità del Cristo”
Innanzitutto comprendo benissimo l’ansia di voler far rientrare certe idee nell’ortodossia, qualità che di questi tempi apprezzo molto sia nei laici che nei religiosi, però mi interessa andare a fondo nella questione qui dibattuta per capire quale sia la verità sul grido di Gesù in croce.
Sia il Getsemani che il grido dell’abbandono io personalmente non li ho intesi come momenti in cui Gesù dubita della sua missione, ma momenti in cui sente in modo schiacciante il peso di quanto è chiamato a fare per volontà del Padre, a dimostrazione del fatto che non è perché era Dio, e in quanto tale onnisciente, allora tutta la vicenda della Passione è stata una passeggiata. Faccio un esempio profano: io posso sapere con certezza che, se mi consegno ai rapitori di mia figlia, loro la rilasceranno perché è me che vogliono, è la mia morte che desiderano, e ovviamente per salvare mia figlia non ho il minimo dubbio sul fatto che mi sacrificherò, tuttavia questa consapevolezza non diminuisce l’angoscia che provo nel sapere verso quale morte orribile mi dirigo.
Tornando alla questione del grido “Dio mio, Dio mio…”, io sentendolo dire a Gesù nelle letture della Via Crucis, ma anche nelle rappresentazioni teatrali o cinematografiche della Passione, ho sempre pensato che quel grido esprimesse davvero ciò che Cristo stava provando in quel momento preciso sulla croce, un grido che è familiare a tutti coloro che ripongono la loro fiducia in Dio e vedono questa fiducia disattesa dagli eventi avversi della vita. Il fatto che Gesù nel dire quella frase reciti un salmo che si conclude con un inno alla grandezza di Dio serve per dimostrare che anche nel momento di massima sofferenza, dovuta all’essersi fatto carico dei peccati di tutti, non viene mai meno la fiducia del Figlio nei confronti di quello che è il piano di salvezza dell’umanità ideato per Lui dal Padre, che vuole dire non che non conosce tale piano ma ha comunque fede in Dio, quanto piuttosto che proprio perché conosce tale piano si affida al Padre, ripone la sua fiducia nella Prima Persona della Trinità. Il grido lanciato da Gesù si spiegherebbe col fatto che nel vivere tutte le conseguenze tragiche del peccato (di cui Lui non si è mai macchiato in alcun istante della sua esistenza terrena) sperimenta anche la sensazione della desolazione totale dovuta alla apparente lontananza da Dio.
Ho trovato un altro testo di San Giovanni Paolo II in cui parla in modo ancora più chiaro ed esplicito della questione che stiamo qui dibattendo: si tratta del discorso tenuto in occasione dell’udienza generale del 30 novembre 1988. Scusate se alcune frasi sono in maiuscolo (che sul web equivale a gridare qualcosa), ma purtroppo sono un po’ impedita e non ho idea di come si faccia a usare il grassetto per evidenziare qualcosa.
“1. Stando ai sinottici, Gesù sulla croce gridò due volte (cf. Mt 27, 46-50; Mc 15, 34-37); del secondo grido solo Luca (Lc 23, 46) esplicita il contenuto. Nel primo grido si esprimono la profondità e l’intensità della sofferenza di Gesù, la sua partecipazione interiore, il suo spirito di oblazione, e forse anche la lettura profetico-messianica che egli fa del suo dramma sulla traccia di un salmo biblico. Certo il primo grido manifesta I SENTIMENTI DI DESOLAZIONE E DI ABBANDONO PROVATI DA GESÙ con le prime parole del salmo 22 [21]: “Alle tre Gesù gridò con voce forte: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»” (Mc 15, 34; cf. Mt 27, 46).
Marco riporta le parole in aramaico. Si può supporre che quel grido sia parso talmente caratteristico che i testimoni auricolari del fatto, quando narrarono il dramma del Calvario, abbiano trovato opportuno ripetere le parole stesse di Gesù in aramaico, la lingua parlata da lui e dalla maggior parte degli israeliti suoi contemporanei. A Marco, esse potrebbero essere state riferite da Pietro, come avvenne per la parola “Abbà” = Padre (cf. Mc 14, 36) nella preghiera del Getsemani.
2. Che in quel suo primo grido Gesù usi le parole iniziali del salmo 22[21] è significativo per varie ragioni. Nello spirito di Gesù, che era solito pregare seguendo i testi sacri del suo popolo, dovevano essersi depositate molte di quelle parole e frasi che particolarmente lo impressionavano, perché meglio esprimevano il bisogno e l’angoscia dell’uomo dinanzi a Dio e in qualche modo alludevano alla condizione di colui che avrebbe preso su di sé tutta la nostra iniquità (cf. Is 53, 11).
Perciò nell’ora del calvario fu spontaneo per Gesù appropriarsi di quella domanda che il salmista fa a Dio sentendosi spossato dalla sofferenza. Ma sulla sua bocca il “perché” rivolto a Dio era anche più efficace nell’esprimere un dolente stupore per quella sofferenza che non aveva una spiegazione semplicemente umana, ma costituiva un mistero di cui solo il Padre possedeva la chiave. Per questo, pur nascendo dalla memoria del salmo letto o recitato nella sinagoga, la domanda racchiudeva un significato teologico in relazione al sacrificio, mediante il quale CRISTO DOVEVA, in piena solidarietà con l’uomo peccatore, SPERIMENTARE IN SÉ L’ABBANDONO DI DIO. Sotto l’influsso di questa tremenda esperienza interiore, Gesù morente trova la forza per esplodere in quel grido!
E in quella esperienza, in quel grido, in quel “perché” rivolto al cielo, Gesù stabilisce anche un modo nuovo di solidarietà con noi, che siamo portati così spesso a levare occhi e bocca al cielo, per esprimere il nostro lamento e qualcuno persino la sua disperazione.
3. Ma sentendo Gesù pronunciare il suo “perché”, impariamo che, sì, anche gli uomini che soffrono possono pronunciarlo, ma in quelle stesse DISPOSIZIONI DI FIDUCIA E DI ABBANDONO FILIALE, di cui Gesù ci è maestro e modello. Nel “perché” di Gesù, non c’è alcun sentimento o risentimento che porti alla rivolta, o che indulga alla disperazione; non c’è l’ombra di un rimprovero rivolto al Padre, ma L’ESPRESSIONE DELL’ESPERIENZA DI FRAGILITÀ, DI SOLITUDINE, DI ABBANDONO A SE STESSO, FATTA DA GESÙ al posto nostro; da lui che diventa così il primo degli “umiliati ed offesi”, IL PRIMO DEGLI ABBANDONATI, il primo dei “desamparados” (come li chiamano gli spagnoli), ma che nello stesso tempo ci dice che su tutti questi poveri figli d’Eva veglia l’occhio benigno della Provvidenza soccorritrice.
4. In realtà, SE GESÙ PROVA IL SENTIMENTO DI ESSERE ABBANDONATO DAL PADRE, EGLI PERÒ SA DI NON ESSERLO AFFATTO. Egli stesso ha detto: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10, 30), e parlando della passione futura: “Io non sono solo perché il Padre è con me” (Gv 16, 32). Sulla cima del suo spirito Gesù ha netta la visione di Dio e la certezza della unione col Padre. Ma nelle zone a confine con la sensibilità e quindi più soggette alle impressioni, emozioni e ripercussioni delle esperienze dolorose interne ed esterne, L’ANIMA UMANA DI GESÙ È RIDOTTA AD UN DESERTO, ED EGLI NON SENTE PIÙ LA “PRESENZA” DEL PADRE, MA FA LA TRAGICA ESPERIENZA DELLA PIÙ COMPLETA DESOLAZIONE.
5. Qui si può tracciare un quadro sommario di quella situazione psicologica di Gesù per rapporto a Dio.
Gli avvenimenti esterni sembrano manifestare l’assenza del Padre, che lascia crocifiggere suo Figlio, pur disponendo di “legioni d’angeli” (cf. Mt 26, 53), senza intervenire per impedire la sua condanna a morte e il suo supplizio. Nell’Orto degli Ulivi Simon Pietro aveva sfoderato a sua difesa una spada, bloccato subito da Gesù stesso (cf. Gv 18, 10 s); nel pretorio, Pilato aveva ripetutamente tentato manovre diversive per salvarlo (cf. Gv 18, 31-38 s;19, 4-6, 12-15); ma il Padre, ora, tace. Quel silenzio di Dio grava sul morente come la pena più pesante, tanto più che gli avversari di Gesù considerano quel silenzio come una sua riprovazione: “Ha confidato in Dio; lo liberi lui ora, se gli vuol bene, giacché ha detto: sono Figlio di Dio!” (Mt 27, 43).
Nella sfera dei sentimenti e degli affetti, QUESTO SENSO DELL’ASSENZA E DELL’ABBANDONO DI DIO È STATA LA PENA PIÙ PESANTE PER L’ANIMA DI GESÙ, che attingeva la sua forza e la sua gioia dall’unione con il Padre. Questa pena rese più dure tutte le altre sofferenze. Quella mancanza di conforto interiore è stata il suo maggiore supplizio.
6. Ma Gesù sapeva che con questa fase estrema della sua immolazione, giunta alle più intime fibre del cuore, egli completava l’opera di riparazione che era lo scopo del suo sacrificio per la riparazione dei peccati. Se il peccato è separazione da Dio, Gesù doveva provare nella crisi della sua unione con il Padre, una sofferenza proporzionata a quella separazione.
D’altra parte citando l’inizio del salmo 22 (21), che forse continuò a dire mentalmente durante la passione, Gesù non ne ignorava la conclusione, che si trasforma in un inno di liberazione e in un annuncio di salvezza dato a tutti da Dio. L’esperienza dell’abbandono è dunque una pena passeggera, che cede il posto alla liberazione personale e alla salvezza universale. Nell’anima afflitta di Gesù tale prospettiva ha certo alimentato la speranza, tanto più che egli ha sempre presentato la sua morte come un passaggio alla risurrezione, come la sua vera glorificazione. E a questo pensiero la sua anima riprende vigore e gioia sentendo che è vicina, proprio al culmine del dramma della croce, l’ora della vittoria.”
Molto interessante… da:
https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/audiences/1988/documents/hf_jp-ii_aud_19881130.html
“tuttavia questa consapevolezza non diminuisce l’angoscia che provo nel sapere verso quale morte orribile mi dirigo.”
“sperimenta anche la sensazione della desolazione totale dovuta alla apparente lontananza da Dio.”
” SE GESÙ PROVA IL SENTIMENTO DI ESSERE ABBANDONATO DAL PADRE, EGLI PERÒ SA DI NON ESSERLO AFFATTO.”
Come si è detto prima: Gesù sperimenta su di sé le conseguenze del peccato, le conseguenze di tutti i peccati umani di tutta la storia, inclusa la sfiducia in Dio e il senso di abbandono che è la conseguenza dei peccati più gravi, senza però compiere nessuno di quei peccati e quindi senza mancare di fiducia in Dio. Il punto chiave di tutto il discorso è distinguere le conseguenze del peccato (la pena e quindi l’espiazione) dal peccato in sé. Come scrive Pietro:
[…] Cristo patì per voi, […] egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca […] Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce […]
Mi pare che il pensiero di GPII riepiloghi bene il concetto e conferma che Gesù non ha mai dubitato, pur patendo la pena collegata al dubbio e all’abbandono. D’altronde nessuno ha mai detto che in virtù della sua perfetta conoscenza del disegno del Padre non abbia sofferto: ha sofferto eccome, se non ci fosse stata sofferenza e quindi espiazione, il suo Sacrificio non sarebbe stato salvifico per noi.
Aggiungo un’altra considerazione: nel Getsemani sudò sangue, che è segno di massima paura. Gesù ha condiviso con noi la paura della sofferenza. Che non però è la paura di essere abbandonati, di rimanere soli, che è quella di cui parlava Ratzinger in una citazione che ho postato qualche giorno fa.
Non so può darsi che sia teologicamente necessario interpretare quella singola affermazione di Gesù sul giorno del Giudizio (ma interpretarla fino a farle dire l’opposto del suo significato logico?)
Ma sulla questione dell’onniscenza in generale mi sento spallegiato anche da questo passo di padre Andrea Lonardo, le cui riflessioni sono assolutamente fondate sulla tradizione cattolica:
(http://www.gliscritti.it/blog/entry/322)
“Ha sempre stupito la sobrietà dei dati evangelici relativi alla fanciullezza ed all’adolescenza di Gesù. Solo l’evangelista Luca fornisce due brevissimi sommari della sua crescita e vi pone al centro il famoso episodio di Gesù dodicenne al Tempio. In tutti gli altri scrittori neotestamentari il silenzio è assoluto.
Eppure proprio questa asciuttezza custodisce la verità dell’incarnazione del Figlio di Dio. Il confronto con i vangeli apocrifi è impressionante. Essi sentono il bisogno, per difendere la divinità di Gesù, di creare una serie di episodi tesi ad evidenziare presunte capacità straordinarie del piccolo Gesù fin nei primissimi anni di vita. […]
Questi testi apocrifi, volendo esaltare la divinità di Gesù e la sua potenza invincibile, in realtà svilivano il Cristo, cancellando la sua natura umana che, invece, è sobriamente custodita dal vangelo di Luca.
Nei due sommari che precedono e seguono il viaggio della Santa Famiglia a Gerusalemme, Luca scrive che «il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui» (Lc 2,40) ed ancora che «stava loro [ai suoi genitori] sottomesso… e cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,51-52).
L’evangelista, nel rendere la sua testimonianza su Gesù fanciullo ed adolescente, utilizza gli stessi verbi con i quali aveva descritto la maturazione del Battista: «Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito» (Lc 1,80). L’umanità di Gesù, nella visione che la Scrittura ci consegna come canonica e, quindi, come aderente al reale, *cresce così esattamente come in ogni altro bambino, maturando passo dopo passo tutte le proprie conoscenze sperimentali*.
Proprio per questo la chiesa non accoglierà nel Canone i vangeli apocrifi che, invece, sfiguravano l’umanità del Cristo”
@Beatrice
A caldo (è tardi, magari ci torno domani)
“Innanzitutto comprendo benissimo l’ansia di voler far rientrare certe idee nell’ortodossia, qualità che di questi tempi apprezzo molto sia nei laici che nei religiosi, però mi interessa andare a fondo nella questione qui dibattuta per capire quale sia la verità sul grido di Gesù in croce.”
Ma se vuoi andare a fondo della questione e capire quale sia la verità sul grido di Gesù in croce, devi startene salda all’ortodossia, perché fuori dall’ortodossia non c’è verità. Non è questione di essere ansiosi di far tornare a tutti i costi i conti con l’ortodossia; la verità è che fuori dall’ortodossia, malgrado le apparenze, i conti non tornano mai.
“a dimostrazione del fatto che non è perché era Dio, e in quanto tale onnisciente, allora tutta la vicenda della Passione è stata una passeggiata”.
Non ho mai sotenuto questo: perché mai l’onniscienza di Gesù Cristo vero Dio renderebbe una passeggiata la Passione?
Quanto alla catechesi di Giovanni Paolo II, ti faccio notare che NON si tratta di un atto magisteriale con cui il Papa definisce, vincolando i credenti all’assenso, ciò che significa il grido di Gesù sulla croce.
Commento il punto 4
“In realtà, se Gesù prova il sentimento di essere abbandonato dal Padre, egli però sa di non esserlo affatto. Egli stesso ha detto: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10, 30), e parlando della passione futura: “Io non sono solo perché il Padre è con me” (Gv 16, 32).
Sulla cima del suo spirito Gesù ha netta la visione di Dio e la certezza della unione col Padre. Ma nelle zone a confine con la sensibilità e quindi più soggette alle impressioni, emozioni e ripercussioni delle esperienze dolorose interne ed esterne, l’anima umana di Gesù è ridotta ad un deserto, ed egli non sente più la “presenza” del Padre, ma fa la tragica esperienza della più completa desolazione.”
Davvero avventurosa questa distinzione tra “la cima dello spirito di Gesù”, la quale ha “netta la visione di Dio e la certezza dell’unione con il Padre”, e le “zone a confine con la sensibilità e quindi più soggette alle impressioni, emozioni e ripercussioni delle esperienze dolorose interne ed esterne… [zone nelle quali] egli “non sente più la presenza del Padre”, “fa la tragica esperienza della più completa desolazione”.
Chi, come Gesù, ha una conoscenza immediata, intima e piena del Padre non può non sentirNe più la presenza. Oltretutto, è impossibile che Gesù abbia “netta la VISIONE di Dio e la CERTEZZA dell’unione col Padre” e a un tempo “non senta più la presenza del Padre”, faccia “la tragica esperienza della più completa desolazione”: è una evidente contraddizione. Se Gesù ha nientemeno che la netta VISIONE di Dio non può nel contempo non sentirne più la presenza
E’ un testo davvero poco convincente, che mi pare indulgere a un certo dualismo che non rende giustiziadella profonda unità delle ipostasi in CRisto Gesù.
Ma d’altronde – ripeto – non si tratta di un atto magisteriale in cui il Papa impegna la propria infallibilità, quindi può essere discusso (e mi pare proprio che sia necessario metterlo in discussione, lamentarne le aporie, che ho indicato per cenni)
Per quella che ritengo una lettura più aderente al Magistero della Chiesa e, quindi, all’autenticità del dato rivelato rinvio a quanto ho scritto in precedenza:
https://costanzamiriano.com/2016/08/29/chi-ha-paura-delle-preghiere-per-i-morti/#comment-116795
@zimisce
È necessario mantenere il delicato equilibrio sulla doppia natura di Cristo. Si sbaglia se si eccede sul versante umano, si sbaglia certamente anche se si eccede sul versante divino. Nel primo caso, se Cristo non fosse Dio, non potrebbe salvarci perché la salvezza non è di competenza umana. Nel secondo caso, invece, Cristo diventerebbe una specie di avatar, ovvero un fantoccio umano guidato da Dio, non avrebbe sofferto in croce, e non potrebbe salvarci perché la sua natura umana non avrebbe espiato per noi. E non potrebbe convincerci della sua vicinanza, del suo esserci sempre vicino in tutte le difficoltà della nostra vita. Il testo da te citato fa presente che storicamente ci sono state molte idee sballate anche sul versante “troppo poco umano” e sono state condannate come eretiche.
Quindi giusta la critica agli apocrifi che dipingevano Cristo come una specie di avatar.
Quanto alla questione del suo sviluppo umano, è un punto certamente delicato. Sappiamo che un neonato non è un uomo, non ha le sue facoltà intellettive e affettive, eccetera; sappiamo che non c’è un giorno in cui tutto cambia di botto, ma lo sviluppo è graduale. Quindi certamente qualcosa del genere deve essersi verificato anche in Cristo. All’epoca dei ritrovamento nel tempio non sappiamo quanto mancasse alla sua maturazione (personalmente ho qualche dubbio su questo passaggio: “non vuole assolutamente presentare un Gesù che abbia una conoscenza sperimentale superiore a quella dei suoi coetanei”, in realtà sappiamo che i maestri del tempio erano stupefatti dalla sua saggezza per quanto riguarda le cose divine, e essendo queste superiori a quelle terresti, mi stupirei se fosse stato ignorante di queste ultime; probabilmente i Vangeli non dicono niente a riguardo perché è del tutto superfluo). Tuttavia, questo c’entra poco con Cristo in croce, che era uomo maturo e pienamente consapevole. Se tutta la vita pubblica di Cristo è avvenuta dai trenta ai trentatré anni, questo vuol dire che si era compiuto il tempo della sua maturità. Se prima di quell’epoca sappiamo poco o niente, è perché probabilmente non ci serve saperlo.
“un neonato non è un uomo ADULTO”, ovviamente.