Io che sono stato profugo

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di Emanuele Fant

Mi invitano a parlare dei profughi ai ragazzi dell’oratorio (facendo teatro con i poveri, ne ho incrociato qualcuno). Vedo al telegiornale i barconi, le coperte scintillanti su chi stava per congelare, le impronte incerte dei bambini sulla sabbia. Gente che di speranza ci muore davvero. Ho un groppo in gola. A che titolo mi improvviserò conferenziere? Chiudo il portatile e rimando la stesura del discorso.

Mi sveglio di notte per il lampo di una illuminazione: esiste un richiedente asilo che io ho conosciuto bene, si chiama Emanuele. Ecco di chi devo parlare.

Quando ero profugo, avevo una famiglia e una abitazione, possibilità di andare a scuola. Ero stato educato col catechismo e l’oratorio estivo. Eppure non trovavo una terra dove non mi scottassero le suole. Avevo diciassette anni, più o meno.

Se mi chiedevano, in un tema, di elencare miei valori, io rimanevo a fissare il foglio a righe, nonostante nello scritto andassi bene.

Alla visita in caserma, facevano domande come: “Credi nella patria?” “Nell’esercito?” “Nella bandiera?”. Io barravo la risposta che mi corrispondeva: nemmeno una.

Quale tessuto termico mi ha impedito di assiderare? Credo abbia a che fare con quella sera in cui fratel Ruggero non ha avuto paura dei miei capelli in piedi e delle ferite sui miei pantaloni. Mi ha invitato a presentare le mie canzoni di protesta addirittura nel salone del convento: “Sono contento che sei arrabbiato. Perchè chi alla tua età non è un ribelle, a quaranta è un ruminante. Ti vedo bene”.

Ecco il primo pugno di terra della mia patria futura. Con quelle parole lui mi accettava. E mentre mi assicurava che non gli sembravo poi tanto peggiore degli altri esseri umani, mi faceva sospettare che quella che stavo sfoggiando non era nemmeno la mia forma definitiva. Benediceva la mancanza che mi buttava tra le onde (e mi mostrava il salvagente con l’altra mano).

“Quando ho accolto uno straniero?”, dirò a Gesù sui titoli di coda della storia universale. “Quando ti sei preso sul serio”.

fonte: Credere

9 pensieri su “Io che sono stato profugo

  1. Luigi igiul

    Interessante, davvero interessante questa testimonianza che mi vede in linea con essa: a volte, anzi, troppo spesso, il primo straniero con cui non vogliamo avere a che fare é quello riflesso nello specchio. Può essere talmente forte questa paura che non gli si dedica neppure uno sguardo, o al più, si tratta di uno sguardo fuggevole, distratto. Un po’ come la moneta data al mendicante per tacitare il subbuglio interiore che provoca il vederlo entrare nel proprio campo visivo…
    Eppure, senza l’accoglienza di quello “straniero” che ci fissa dallo specchio, non possiamo andare da nessuna parte. Nemmeno, anzi, soprattutto nelle vie dello Spirito…

  2. …eppure, come anche lo fanno gli animali non appena possono camminare sulle loro zampe, tutti andiamo avanti, in ogni caso, specchio o non specchio.

    1. Luigi igiul

      @filosofiazzero
      Indubbiamente tutti andiamo avanti. Il punto che però ci differenzia dagli animali è che noi abbiamo la capacità di capirne il senso e quindi di dare “qualità” al nostro procedere.

  3. ola

    “Sono contento che sei arrabbiato. Perchè chi alla tua età non è un ribelle, a quaranta è un ruminante. Ti vedo bene”.
    Con il passare degli anni mi sto rendendo conto che in questa massima c’e’ molta più saggezza di quanto possa sembrare. Grazie per l’articolo!

  4. Si presentano, il piu’ delle volte, casi personali verso il quale tutti si commuovono e chiedono giustizia. Anche se si trova una soluzione isolata al caso non si resolve la situazione profughi, migranti o chi in una forma o l’altra cerca un rifugio di pace. Certo, e come sempre accade, magnifichiamo il caso a dimensioni telecomunicative per un periodo di tempo di pubblicita’ emotiva e poi lasciamo che il triste caso cada nel dimenticatoio per lasciar posto ad una nuova emotivita’ di compassione di un altro caso di toccante soffernza morale e fisica. Su questo modello il processo si ripete ciclicamente da 10 anni. Corollario: chiacchiere, emozioni, comizi, manifestazioni ma di concreto molto poco e lo vediamo per mari, e monti e confini di Stato/i. Gli Stati, l’Europa, sanno molto bene il caso, i casi, le situazioni profughi, migranti ma piu’ ritardano l’aiuto reale e concreto e’ meglio e’: si risparmia denaro e magari la soluzione la fanno altre Nazioni del gruppo EEC. Questa e’ la presente realta’ e verita’ indipendente da come chiunque la voglia vestire. Sembra che vi sia, per forzata realta’, che non cambia e problemi sempre maggiori di logistica ed economici da essere costretti ad aprire porte e finestre e la borsa o il peggio politico e socioeconomico mostrera’ che qualsiasi manipolazione politica, per mancato asilo a profughi/migranti, non funziona e la catastrofe necessita soluzione.. Dopo tutto la nostra cosi’ chiamata civilizzazione occidentale= europea riconosce la 3000naria dottrina di diritto all’ospitalita’ del nostro fratello: che belle parole Poche parole, articoli di pubblicita’, o altro di commovente o pietoso ma sempre e solo applicare la stessa parola di sempre: FATTI. Ho aggiunto altre chiacchiere, scusate. I miei cordiali saluti sono sinceri e non richiedono finanze, Paul

  5. Paul Candiago

    Si presentano, il piu’ delle volte, casi personali verso il quale tutti si commuovono e chiedono giustizia. Anche se si trova una soluzione isolata al caso non si resolve la situazione profughi, migranti o chi in una forma o l’altra cerca un rifugio di pace. Certo, e come sempre accade, magnifichiamo il caso a dimensioni telecomunicative per un periodo di tempo di pubblicita’ emotiva e poi lasciamo che il triste caso cada nel dimenticatoio per lasciar posto ad una nuova emotivita’ di compassione di un altro caso di toccante soffernza morale e fisica. Su questo modello il processo si ripete ciclicamente da 10 anni. Corollario: chiacchiere, emozioni, comizi, manifestazioni ma di concreto molto poco e lo vediamo per mari, e monti e confini di Stato/i. Gli Stati, l’Europa, sanno molto bene il caso, i casi, le situazioni profughi, migranti ma piu’ ritardano l’aiuto reale e concreto e’ meglio e’: si risparmia denaro e magari la soluzione la fanno altre Nazioni del gruppo EEC. Questa e’ la presente realta’ e verita’ indipendente da come chiunque la voglia vestire. Sembra che vi sia, per forzata realta’, che non cambia e problemi sempre maggiori di logistica ed economici, di essere costretti ad aprire porte e finestre e la borsa o il peggio politico e socioeconomico mostrera’ che qualsiasi manipolazione politica, per mancato asilo a profughi/migranti, non funziona e la catastrofe necessita soluzione. Dopo tutto la nostra cosi’ chiamata civilizzazione occidentale= europea riconosce la 3000naria dottrina di diritto all’ospitalita’ del nostro fratello: che belle parole! Poche parole, articoli di pubblicita’, o altro di commovente o pietoso ma sempre e solo applicare la stessa parola di sempre: FATTI. Ho aggiunto altre chiacchiere, scusate. I miei cordiali saluti sono sinceri e non richiedono finanze, Paul

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