Cosa chiediamo ai bambini

 

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di Emanuele Fant

Con molle sufficienti sotto ai piedi, avrei fatto un salto in Cielo per chiedere consiglio alla venerabile Nennolina, che a sei anni ha offerto la sua gambina col tumore a nostro Signore, e a sette la vita tutta intera. Già che c’ero, mi sarei fatto indicare pure la scranna di Lucia, già pastorella di Fatima, che prima delle medie aveva visitato l’inferno dal vero, indossava il cilicio, e faceva digiuno con la sicurezza che il pranzo che non prendeva si poteva scambiare con un bel colpo da dietro a una qualche stortura.

I tempi sono cambiati, e con loro i bambini, e io ho scarpe normali: tremavo all’idea di spiegare a mio figlio che cosa vuol dire rinunciare, provare in Quaresima a darsi un limite in un ambito a scelta, con lo scopo non solo di tonificare gli addominali interiori (gli unici che ormai tengo in considerazione), ma pure di rendere più sano l’universo intero. Si rischia la galera ad accostare “sacrificio” e “bambini”. È un falso pudore che serve solo a rimanere senza fiato nei reparti pediatrici degli ospedali.

Pensiamo i bambini come dei contenitori che, a causa di un metro in meno di statura, non hanno la capienza per sopportare certe grandi questioni. Eppure è permesso, è richiesto, anche a loro di soffrire. E se provo a pensare allo volte che ho pianto sul serio, alle elementari, non ricordo certo lacrime su misura, o un dolore più carino, con gli angoli rotondi e incollati sopra gli adesivi. Ammettiamolo: i figli sono strutturati per accedere a misteri tali e quali a quelli che competono ai loro genitori. Dio li prende sul serio, i bambini.

“Insomma, tu puoi decidere di non mangiare il quinto Tic Tac e di offrirlo per una cosa che ti sta a cuore, intendo, non il Tic Tac, l’intenzione”. Mi guarda come quando ha capito. “Sul serio? Hai capito?” Forse qualcuno, in un posto lontano, ha sacrificato il suo Tic Tac perché una risibile spiegazione risultasse sufficiente al mio Michelino. Ma io continuo a sospettare che li sottovalutiamo.

fonte: Credere

6 pensieri su “Cosa chiediamo ai bambini

  1. Bellissimi pensieri che provano la confusione in cui vivono le societa’ e come e’ difficile sviluppare corettamente la mentalita’/ formazione dei fanciulli. Prima sporchiamo tutta la faccia della Terra con deformazioni spirituali, religiose, etiche,civili aggiungendo leggi false ed inique e in questa melma sociale ci chiediamo come educare i bambini che ci vivono dentro. Risaniamo prima l’Ambiente sociale e poi si potra’ contribuire alla propria e vera formazione dei piccoli anche se per il momento dobbiamo accontentarci di molto ipocrisia fra cio che diciamo loro e cosa facciamo noi adulti. Cordiali saluti, Paul

  2. saras

    Grazie. Sì, li sottovalutiamo. Quest’anno per la quaresima abbiamo proposto ai nostri figli una rinuncia di caramelle/cioccolatini il mercoledì e il venerdì. Il corrispettivo risparmiato lo mettiamo in un sacchettino che sta attaccato ad una calamita sul frigo e la calamita è attaccata alla mano di papa Francesco benedicente. Quei soldini andranno a lui che li darà ai suoi poveri. Gli scriveremo un biglietto allegando disegni e soldini. Beh, loro che hanno 7, 5 e 4 anni hanno accettato ben volentieri e aderiscono con entusiasmo e col broncio quando realizzano che quel giorno è venerdì mannaggia e allora la caramella dell’amico la tieni incartata. Bello quel broncio! E’ la cifra del loro sacrificio, e non è da poco (se penso quanto costi a me, grandona, rinunciare a un cioccolatino!!!) . Poi la nostra rimane sempre una proposta libera, se uno proprio non vuole e non ce la fa, che si mangi pure la sua caramella. E devo dire che sono io che li stimo e me li rimiro nella loro piccola fedeltà che è grandissima, prendo nota e cerco di replicare…

  3. Mi fa imbestialire quello che accade nelle nostre parrocchie. Ogni “maledetta” quaresima si presenta l’immondo collage della scatolina per le elemosine da “riportare a Gesù” per Pasqua. Sembra che siamo capaci di far passare solo il messaggio che sacrificio sia risparmiare sulle boiate, Io evito di fare dieci partite al flipper (scusate l’esempio atavico, oggi magari si monetizza con gli sms, anzi, non più, oggi i figli chiedono soldi per scaricare le app fighe) e allora riempio di “100 lire” la scatolina.
    E comunque deve essere soft. Non deve turbare, non possono digiunare, non deve creare disagio … e allora dove è il sacrificio? Dove è la crescita spirituale? Perché si devono credere capaci di fare peccato, confessione e comunione prima dei dieci anni, ma non si credono in grado di capire che i sacrifici sono provare davvero del dolore da donare a Gesù per la salvezza di tutti?
    Non c’è vero sacrificio nel donare il superfluo. Ma soprattutto non c’è solo il denaro da raccogliere. Donare qualche ora la settimana ad aiutare i genitori nei lavori domestici che di solito non vengono lasciati ai bambini, o fare delle preghiere più lunghe ricordando chi soffre in ospedale, insomma dire anche cose dolorose. I bambini sono capaci di capire le cose senza che noi capiamo che le hanno capite.

  4. Io invece sono sicuro che li sottovalutiamo… 😉
    Come quando pensiamo che la Santità e tutte le strade che possono aiutare a raggiungerla, é “roba da grandi…”.
    Sottovalutiamo anche la loro intelligenza e la capacità di porsi domande (e comprendere risposte) di un discreto spessore teologico.
    Come il
    figlio (7anni) di un mio caro amico, che al padre ha domandato: “Papà, ma se Gesù era Dio, com’è che un altro Dio lo ha resuscitato?” 😇

    Bella domanda… 😉

  5. maria elena

    Si sono sicura li sottovalutiamo. Mio figlio, che mangia a mensa a scuola, mi ha detto, con un fare per niente triste né disperato o angosciato e nemmeno come se fosse sotto un peso insopportabile: mamma oggi c’è pollo non posso mangiare a scuola!
    Bariom , bellissisma!

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