Inseguito dalla luce

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di Paolo Pugni

Non se ne va, ritorna con deliberata crudeltà. E tormenta. La viola d’inverno. Che ormai m’accompagna la sera e non si schioda dai miei pensieri.

Anche oggi, m’attraversa l’orizzonte la notizia che è morto quel bimbo per cui si pregò molto qui su queste pagine.

Si rincorrono i dolori.

Ottobre aveva i colori di novembre: scopro con brutale durezza di un amico morto nel 1999, quando le notizie giravano ancora solo per telefono, ed è come se m’avessero colpito oggi. Poi come una esplosione arriva un sabato un grido: il figlio venticinquenne di comparrocchiani, ben noti e apprezzati, è volato su da un dirupo del Resegone direttamente in cielo. E il quartiere è stato scosso, segnato, come tagliato a pezzi.
Perché la roccia gli s’è fatta sabbia nelle mani e la ghiaia assassina ha negato la presa. Venticinque anni.

E di nuovo tutto si scuote dentro, non sai più dive guardare. GiustificaTi! Mi devi una ragione. Ti devi giustificare! Fallo! Adesso! Perché questi dolori, secchi, senza ragione. Dov’è la ragione? Dov’è il bandolo? Dove la lezione? E perché così cruda.

La sera del rosario c’era in Chiesa più gente che la notte di Natale e al funerale una folla che neanche a san Siro nel derby. E non una parola. Un silenzio incredulo e urlato. Squillante. Ce l’ho stampata qui quella domenica sera di avemarie e silenzi. E canti.

Su ali d’aquila. Il Cristo delle vette.

Che piangi e ti pensi lì, non al suo posto, ma ognuno al posto di chi gli sta intorno. E sei contento, bastardo che sei, sei contento di non essere in prima fila, ma dietro, a piangere sì, ma di sbieco, di rimbalzo. Non a petto nudo. M’ha fatto riflettere come tutti in casa ci siamo calati dentro il dolore senza avere la pretesa di com-prenderlo, solo guardarlo più da vicino, ma senza toccarlo.

Mia figlia Letizia continuava a pensare alla fidanzata, a quella a cui lui aveva promesso “saremo insieme per la vita”. Che a lei gliel’han dovuto dire via skype mentre entra all’Erasmus. E come fai a capire quando il futuro ti viene strappato via così, d’un soffio, come fai a sperare? Come fai a credere ancora? Come fai a pensare che ci sia un cielo sopra questo piombo che ti spegne la voglia di vivere?

Mia moglie Franca pensa alla madre, che è quella che tiene in piedi la famiglia, serena, silenziosa, compita. Come fai a pensare ad una madre che ogni sera vede la porta della stanza aperta. Vuota. E un campanello che non suonerà più. Come fai?

Io vedo il papà che piange in chiesa e abbraccia tutti e non li molla. Non so che cosa farei, quanto urlerei, quanto maledirei. Non so se ce la farei. Temo di no.

Li ho visti tutti quella sera. I genitori con lo sguardo impaurito e colpevole, di non essere loro lì, al loro posto, a piangere un figlio. E come fai a piangerlo un figlio? Come fai? Perché tutti l’abbiamo pensato, ai nostri figli abbiamo pensato, e siamo andati a toccarli, ad abbracciarli, a sentirli vivi.

Poi li ho visti, eccome se li ho visti: i due fratelli che son cresciuto nello stesso gruppo dell’oratorio di lui, che stavano in fondo alla chiesa e non parlavano, ma lei se lo stringeva il fratello e lo accarezzava, in silenzio, lo accarezzava mentre lui guardava fisso, come drogato, come impossibilitato a respirare.

Che cosa guardavate fisso avanti a voi? Che cosa vedevate? Che cosa vi dava significato?-

E siamo rimasti tutti in chiesa dopo il rosario, per oltre un’ora, in silenzio, paura a guardarci in faccia, a buttarci alla cieca nelle braccia gli uni degli altri, come se in quegli abbracci fosse possibile strappare via la paura, il dolore, la morte, la storia. Come se si potesse ridare la vita a Davide abbracciandosi forte.

Quanto dolore. Troppo dolore. Lo stesso dolore che oggi ho letto nei commenti in rete a quest’altra morte. Come fai: Come fai ancora a credere?

Come fai ancora a vivere? A dire: ho una giornata pesante oggi. Pesante? Tu che li hai ancora tutti vivi? Pesante? A pregare per il lavoro. Il lavoro?

Poi lento, con quella paziente pacatezza ch’è tipica di Dio, ti prende un pensiero, un tozzo di idea, un lampo, una brezza. Striscia fuori, piano, per non strappare la tela, non far rumore: che se non credi nulla ha più senso.

E tu un senso lo vuoi. Non vuoi restare nel buio, nel fragore della morte, in quel assordante turbine della morte. Vuoi che quel dolore finisca dentro un amore così grande che lo sappia sciogliere, disperdere, annullare.

La vuoi la quiete, un porto dove piangere, sì perché fa bene piangere. La vuoi. E allora adesso te la devi guadagnare questa vita. Fare sì che questo dolore, a cui non sai pensare una fine, non sia venuto invano. Nemmeno un goccia invano. Nemmeno un soffio di fiato, un attimo ancora, invano.

Te la devi guadagnare, centimetro dopo centimetro. Per rispetto, per onore, per dovere. Perché le luci di san Siro le accenderanno ancora. Per sfavillare nei cieli. Ma se ci stringiamo. E se voi mi dite come fate a sopravvivere al dolore.

Che io non lo so più cantare.

 

 

22 pensieri su “Inseguito dalla luce

  1. Come fare a sopravvivere? Masticando lacrime giorno e notte… come fan tutti.
    E’ il tornare a vivere che è diverso… e anche tu Paolo sai bene come fare.

    Buonanotte… bellissimo testo.

  2. Elena Maffei

    Grazie a Dio, io insegno. Ho imparato nelle aule a “essere guardata, ascoltata e interrogata” per ore. E allora: sicurezza e serenità sempre, risposte pronte anche a domande e situazioni imprevedibili, un’ora vissuta come se li’ si concentrasse tutta la mia vita.. La mia Fede è così: un po’ di preparazione e tanta improvvisazione. A scuola non sai mai veramente cosa accadrà in quella relazione che si chiama “educazione” ma sai che devi venirne fuori nel migliore dei modi, per i tuoi studenti e per te. Ecco, io immagino Dio come il “prof dei prof”: quando sara’ il momento, saprà spiegarmi tutto. E ai compagni in difficoltà, suggerisco sempre quello che ho imparato… buona scuola a tutti.

    1. Cara Elena, tu mi insegni che la parola “educare” viene dal latino “educere” – “condurre fuori”; “trarre fuori”.

      Non è quello che fai (sono certo) e cerchi di fare tutti i giorni con i tuoi alunni?
      Condurre fuori il meglio di loro…

      Portare alla Luce.

      Non è quello che Dio fa con tutti noi?

      E non è questo “portare alla luce” molto simile al parto? Alla nascita di una nuova creatura?
      E il parto, voi Donne ben lo sapete, non è esente dalle doglie… le doglie del parto.
      Non ce ne parla anche la Scrittura.

      Ecco. in ciò che magnificamente descrive qui Paolo, vedo quelle doglie, quelle doglie per cui a volte sembra di morire (lo so, fisicamente non le ho mai provate, ma spiritualmente si…). Che ti fanno urlare di dolere, che preghi solo che finiscano ..e in fretta!

      Ma sono il preludio, il “passaggio” obbligato (come per arrivare alla Resurrezione dalla morte si passa, non v’è altra strada), per una nuova vita …per divenire Nuove Creature.

      E per quanto le doglie del parto si possano temere e secondo logica, ogni Donna (Uomo), dopo averle provate dovrebbe evitarle, quando è il momento, non ci si sottrae, né si smette (generalmente) di partorire, tanta è la gioia di attendere e ricevere un Dono … una nuova Vita.

      1. Mari

        Grazie a Paolo e a Bariom per quanto scritto e commentato.
        Nelle loro parole c’è la Luce della fede, c’è la profonda conoscenza delle scritture e le domande che alcune volte ci facciamo tutti certi ,come dice Elena, che Dio ci darà una risposta e ci aiuterà nel nostro vivere quotidiano a essere come lui ci vuole.
        Questo mi richiama alla mente la lettura del vangelo di Domenica : quando mai ti abbiamo visto affamato ,quando sofferente …..e Gesù risponde quando avete fatto queste cose per i vostri fratelli
        Essere “umani ” significa ,diceva il parroco ,fare il bene sempre xché per questo Dio ci ha creati .
        Buona giornata a tutti

    2. Sara

      Elena, è proprio così! Sottoscrivo il tuo intervento (soprattutto le parole iniziali! E anche “il prof dei prof” che mi pare faccia bene il paio con il Re dei re!).

  3. Mita

    Ogni mattina apro la posta elettronica e subito una cascata di mail si riversa davanti ai miei occhi.
    Le scorro in velocità. Ho poco tempo . Leggendo solo l’oggetto cerco di fare una rapida selezione.
    Oggi una mail di notifica dal blog di Costanza Miriano porta il titolo “Inseguito dalla luce”, la settimana scorsa ho fatto una catechesi sul tema “Voi siete la luce del mondo” e per associazione di idee non posso fare a meno di aprire la mail. L’ha selezionata il mio cuore.
    Leggo e mi commuovo. Riconosco lo stile narrativo, questo è lo stesso tizio che scrisse di Margherita…..
    Ma chi è questo Paolo Pugni che ogni volta che scrive mi fa piangere?
    Continuo a leggere, il mio pensiero va a Riccardo….. Riky un’amicizia di una vita. Riky, 33 anni, una moglie e una bimba di 9 mesi, tutto bellissimo, tutto pefertto… poi un attimo di black out e il 12 settembre alle 21,30 Riky vola in cielo. E noi qui ancora attoniti.
    Bella mille l’espressione che hai usato: “… è volato su da un dirupo del Resegone direttamente in cielo”.
    E nel leggerla un’altra frase riaffiora dai miei ricordi: «Il sol ridea calando dietro il Resegone» a Carducci possiamo concedere la licenza poetica di far calare il sole dietro il Resegone anziché dietro il Monte Rosa ma quando si spezza una giovane vita di poetico non c’è nulla e neanche il sole riderebbe.
    Devo smettere di leggere quello che scrive questo Paolo Pugni. Mira diretto al cuore e fa sempre centro.
    E io mica mi posso mettere a piangere in ufficio. Mi cola il mascara e faccio brutta figura con i miei colleghi.
    Grazie Paolo, buona giornata.
    Mita
    (Perugia)

    1. Elena Maffei

      Cara Mita, chi ha detto che negli uffici non si può piangere? Mi dicono che si fanno cose ben più umane (o disumane) in mezzo alle scrivanie. Riportiamo l’umanità del dolore nei luoghi del lavoro
      Lì ci raggiungerà Dio.
      Caro Bariom, educare ma anche lasciarsi educare… credo sia uno spunto di riflessione per gli insegnanti. Ma siamo off topic. Grazie a tutti voi, parrocchia telematica che pongo sempre più spesso in relazione con la mia parrocchia di carne. Forse è questo essere Chiesa?

  4. Le parole di Paolo mi colpiscono molto ma….sopravvivo al dolore pensando che il tempo che vivo è un passaggio verso la vera casa, la vera vita, quella eterna.

  5. shoesen

    ‘Non se ne va, ritorna con deliberata crudeltà. E tormenta. La viola d’inverno. Che ormai m’accompagna la sera e non si schioda dai miei pensieri.’

    Ogni notte torna e mi assale la paura per me e per mio marito (Dio non voglia che ci succeda il peggio mentre sono i nostri figli sono ancora piccoli) e per i miei bambini (Dio non voglia che succeda a loro il peggio mentre sono ancora piccoli)…. ma quanto sono misera e lontana da certe dinamiche VERE di fede in Cristo Gesù!!!!

    1. Elena Maffei

      Cara shoesen, la paura ci rende umani, come è stato umano Gesù. Molti meglio di me sapranno dare sostanza teologica al legame fra sentimento e Fede. Secondo me, non esiste la Fede vera ma l’affidarsi, quasi passivo, al Padre. E io vado nel panico se i miei figli ritardano di cinque minuti. ..provo a esercitarmi nelle piccole cose, la preghiera di affidamento è la più difficile ma mi applico molto. La uso anche prima di spiegare la terza declinazione:)!

  6. paolopugni

    Grazie a tutti, oggi ero in Fiera e quindi con difficoltà ad intervenire, siete molto gentili e affettuosi.

    1. Daniela

      …a volte ci porta nel deserto per parlare al nostro cuore!…Non so perché, ma mentre ancora mastichi lacrime e sabbia puoi solo elemosinare ogni Sua iniziativa nascosta nelle circostanze più banali, chiedere allo Spirito che te la faccia riconoscere e ricominciare ogni volta passo passo come avessi appena imparato a camminare.
      E nel buio dire con Madre Teresa: ” Sorridero’ al Tuo volto nascosto sempre”.
      Ed anche il dubbio, la rabbia ed ogni sentimento che ci scandalizza può essere preghiera…

  7. Maria

    Paolo, bello intervento!

    In un momento della mia vita di grande dolore, un carissimo amico sacerdote mi dissi:
    Imagini un cuscino di piuma.
    Oggi la tua vita e’ come se fosse un cuscino di piuma strappato, e tutte le piume sono volate via…
    E tu stai provando a mettere assieme tutte le piume, non riuscirai.
    Ma stai tranquilla, la buona notizia e’ che il signore farà per te!

    Non cerchiamo di mettere le piume assieme, non riusciremo. Lasciamo che il signore si occupi delle cose impossibili.

    Varie volte vorrei intervenire qui, ma mi vergogno del mio italiano, oggi il mio cuore ha parlato più forte.

    Auguro a tutti una bella giornata.

    1. Elena Maffei

      Cara Maria, scusa se mi permetto di chiederti un favore: scrivici in qualsiasi modo tu riesca. Personalmente vi leggo perché cerco la Fede, non le parole. Userò quello che hai scritto per un dolore che viviamo in parrocchia. Mai lasciare che la vergogna ti renda muta: togli un’ooccasione di Fede a noi tutti.
      P.s. inoltre, hai scritto bene, succede quando il cuore parla forte!

  8. Grazie per i vostri spunti. Grazie per essere una prova che vi è un senso ancora, che ogni significante ha un suo significato, anche se il mondo l’ha spesso smarrita, questa relazione.

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