Vegliare per la ragione

sentinelleverona13042014

di Andreas Hofer

Il pericolo consiste in questo: che l’intelletto umano è libero di distruggersi.
(G.K. Chesterton)

Esistono strategie precise per avvelenare il confronto di idee. Ha imparato a conoscerle bene chi, prendendo parte alla più recente veglia veronese delle Sentinelle in piedi, si è trovato a fronteggiare la marea montante di insulti, urla, frizzi e lazzi d’ogni genere elargiti con prodigalità da uno sparuto ma chiassoso drappello di militanti LGBT.

Dopo averli visti all’opera, viene quasi naturale pensare ai falsi ragionamenti che Aristotele vedeva legati all’uso delle parole. Sono le cosiddette «fallacie semantiche»: pseudo argomenti modulati sull’ambiguità e sull’equivoco, la materia prima dei sofisti d’ogni tempo.

La fallacia semantica mette in circolazione una falsa moneta simbolica: consiste nel celare una non-verità facendosi scudo dei differenti significati di una stessa parola. Gli esempi potrebbero essere innumerevoli: una sola parola, “calcio” ad esempio, può significare tanto l’elemento chimico quanto il gioco; “capo” può indicare sia la testa che il datore di lavoro.

«Zeitalter der Sophisten – unsre Zeit» («L’età dei sofisti: il nostro tempo»). La nostra è l’epoca della sofistica trionfante, scriveva nella primavera del 1870 l’insospettabile Friedrich Nietzsche. [1] E infatti è saturo, il nostro dibattito pubblico, di argomenti fondati sul sistematico avvelenamento della verità. [2] Non si sottraggono certo al campionario delle verità avvelenate anche le principali parole-talismano («riconoscimento», «diritto di cittadinanza») utilizzate dai partigiani del matrimonio omosessuale per sostanziare le proprie rivendicazioni.

Nel suo saggio Le mariage gay Thibaud Collin ha evidenziato l’abilità dialettica con cui il movimento gay ha saputo guadagnarsi il consenso dell’opinione pubblica volgendo a proprio favore l’ambivalenza semantica della moderna «politica del riconoscimento».

Charles Taylor, acuto indagatore del multiculturalismo, distingue infatti due accezioni contrastanti del termine «riconoscimento». Alla medesima espressione (recognition, nell’originale inglese) fanno riferimento tanto una accezione di stampo universalistico, che relega nella sfera privata le identità particolari a profitto dell’uguaglianza di diritti e doveri del cittadino, quanto una seconda accezione di matrice identitaria che, in contrasto con la prima, riflette la sollecitudine moderna per l’«autenticità» mettendo in rilievo le unicità delle singole identità. [3]

L’uso pubblico della fallacia dell’equivocazione propizia così surrettiziamente lo slittamento semantico – che al tempo stesso è un trasbordo ideologico – da «cittadino» a «gay», identificando formalmente queste due realtà. «È certamente lo stesso individuo che può essere gay e cittadino francese – osserva Collin –, ma volersi appoggiare sul fatto di essere cittadino (che in quanto tale ha diritti uguali a quelli di tutti gli altri cittadini) per reclamare dei diritti in quanto gay significa passare al secondo senso della parola riconoscimento, centrato su una identità (particolare e minoritaria) che si cerca di far accettare all’insieme del corpo sociale». [4]

Ma esistono anche altre tattiche per infestare il campo argomentativo.

1. Attivazione di «frames». Vi sono espressioni che evocano concetti, predispongono orientamenti politico-ideologici. Alcune espressioni sono tipicamente “progressiste”, altre sono tipicamente “conservatrici”, e via dicendo. Nell’atto di usare una espressione come «non siamo nel medioevo!» si attiva un quadro ideologico tipicamente progressista in cui ogni difesa dei valori tradizionali risulta debole, impacciata, già perdente in linea di principio perché rinserrata nel recinto semantico dell’oscurantismo (che, si sa, per definizione è cattolico).

I frames sono, pertanto, i quadri ideologici che plasmano un linguaggio politico. Sono strutture (frame, in inglese) di concetti legati tra loro da significati ben precisi. Danno luogo, scrive D’Agostini, a una sorta di «preorientamento del giudizio» in senso positivo o negativo.

Un modo tipico di attivare un frame negativo è l’uso di formule definitorie ad alto contenuto evocativo. Di eccezionale violenza – e pericolosità – è il ricorso a termini come «fascista», «nazista», «omofobo». L’uso di espressioni che evocano di per sé implicazioni negative (reductio ad Hitlerum) è pratica corrente in ogni forma di terrorismo intellettuale.

Il procedimento è sempre il medesimo. Occorre innanzitutto imprimere nell’immaginario collettivo un archetipo del male, suscitare una “figura funesta” dal senso indefinito, dai contorni alquanto vaghi, elastici. A questo punto è sufficiente assimilare il proprio avversario a questo archetipo maligno. [5]

Spogliare il nemico della sua umanità per farne un simbolo astratto del male. Non sfuggirà la violenza immanente all’uso di certi frames negativi. Sempre l’annientamento simbolico dell’umanità del “nemico ideologico” ha preceduto il suo annientamento fisico. È grondato di sangue, questo habitus mentale capace di trasformare gli uomini in fiere. [6] Ciò basta a capire perché dietro ogni violenza verbale si stagli, in agguato, il profilo della “parola che uccide”.

2. Provocazione. Fa parte della famiglia delle fallacie «esecutive». Qui parliamo della violazione più o meno palese delle norme di comportamento che regolano ogni dibattito. Si tratta di un’azione di disturbo che riguarda, più che i contenuti o i significati delle parole, il contegno di chi le usa e partecipa al confronto dialettico.

Con la provocazione si vuol far degenerare la controversia spingendo l’avversario a perdere le staffe. Suscitarne la reazione violenta in maniera tale da minarne la credibilità. I modi per produrre questo effetto sono potenzialmente infiniti. A questo scopo certo sono di particolare efficacia le continue interruzioni, l’insolenza diretta o indiretta (verso cose, persone, storie, tradizioni, idee e teorie stimate dall’avversario).

Il provocatore che si serve della parola occisiva è mosso dalla volontà maligna di procurare una scissione interiore. Vuole aprire una piaga nell’intimo di quell’organo del senso morale che è la coscienza. È fondamentale sapere, tuttavia, che la provocazione è l’arma della disperazione, l’espediente ultimo, estremo, di chi sente vacillare le proprie convinzioni.

Occorre, pertanto, vegliare fino a quando la ragione non si desterà dal sonno, finché non desisterà dai propri sogni di distruzione. Le Sentinelle vegliano non per distruggere il presente o per restaurare il passato, ma per riconciliare in forme nuove l’ordine della madre e quello del padre. Vegliano silenziosamente, perché il silenzio è la matrice dell’individuazione, ciò che rende compatta la persona, esatta antitesi dell’umanità indifferenziata promossa dalla società dei consumi. Saper reggere lo sguardo ostile e la violenza verbale senza cadere nel tranello della provocazione è incarnare la tranquillitatis ordinis, sintesi di pace e verità. Equivale a una dimostrazione di forza e maturità. È questa la terra sana, solida, su cui edificare un futuro migliore per tutti.

——————————————-

[1] http://gutenberg.spiegel.de/buch/3258/4

[2] È utile qui la rassegna di Franca D’Agostini, Verità avvelenata. Buoni e cattivi argomenti nel dibattito pubblico, Bollati Boringhieri, Torino 2010.

[3] Cfr. Charles Taylor, Multiculturalismo. La politica del riconoscimento, tr. it. Anabasi, Milano 1993.

[4] Thibaud Collin, Le mariage gay. Les enjeux d’une revendication, Eyrolles, Paris 2005, p. 35.

[5] «L’accusa – scrive Jean Sévillia – può essere esplicita o essere mossa con insinuazioni, spalancando la porta a un processo alle intenzioni: ogni oppositore può essere attaccato non sulla base di quel che pensa, ma sui pensieri che gli si attribuiscono. Il manicheismo ha delle conseguenze vincolanti, si fonda in ultima istanza su un’altra logica: la demonizzazione. Non è questione di discutere per convincere: si tratta di intimidire, di colpevolizzare, di squalificare». (Jean Sévillia, Le terrorisme intellectuel de 1945 à nos jours, Perrin, Paris 2000, p. 10)

[6] La connessione tra parola omicida e disumanizzazione è lumeggiata con particolare chiarezza nell’intervista rilasciata da Silveria Russo, ex militante di Prima Linea, a Sergio Zavoli. «Allora tutto era mediato dall’ideologia e quindi dal vedere le persone come simboli. Per me quel magistrato o un’altra persone che si decideva di sopprimere era un simbolo, non era una persona». (Sergio Zavoli, La notte della Repubblica, Mondadori, Milano 1995, p. 385)

21 pensieri su “Vegliare per la ragione

  1. L’ha ribloggato su Luca Zacchi, energie rinnovate e rinnovabilie ha commentato:
    La fallacia semantica… Dai tempi del terrorismo… La connessione tra parola omicida e disumanizzazione è lumeggiata con particolare chiarezza nell’intervista rilasciata da Silveria Russo, ex militante di Prima Linea, a Sergio Zavoli. «Allora tutto era mediato dall’ideologia e quindi dal vedere le persone come simboli. Per me quel magistrato o un’altra persone che si decideva di sopprimere era un simbolo, non era una persona». (Sergio Zavoli, La notte della Repubblica, Mondadori, Milano 1995, p. 385).

  2. …un’altra forma, se non di terrorismo, ma di schema argomentativo se non terroristico, almeno intransigentistico:
    “ma come puoi non riconoscere che le cose stanno così, maschio e femmina lo creò”?Quando invece non si tratta di dover riconoscere o meno questo, ma di riconoscere ANCHE che esistono altre “identità (particolari e minoritarie che si cerca (e questo è il punto) di far accettare dall’insieme del corpo sociale.”

    p.s. per Alessandro: evidentemente anche fare finta di non capire fa parte delle tattiche argomentative ostruzionistiche.
    Quando parlavo di numero degli adottabili mi riferivo, ovviamente, a tutti gli adottabili di tutto il mondo.

    1. Tattiche argomentative ostruzionistiche?

      «[…] il movimento delle Sentinelle in Piedi [è] molto intollerante ed aggressivo, anche se vogliono passare per pacifisti, dicendo che stanno lì in silenzio a leggere un libro per la libertà» (Maria Silvia Fiengo, cofondatrice delle famiglie Arcobaleno e della casa editrice per bambini Stampatello, detta a Milano il 9 aprile 2014)

      1. Asscpita…! Un “movimento (intollerante e) aggressivo”!!
        Ari-asscpita!!!

        Chi vi sia avvicina è avvistato: portare elemetti e giubbetti anti-pallottole, garze e cerotti…. 😐

    2. Alessandro

      per Alvise

      Cortesia nei confronti del lettore del blog esigerebbe che, se vuoi continuare a discutere del tuo prediletto “argomento orfanotrofio”, lo facessi nei commenti al post giusto, in modo da consentire al lettore interessato di seguire ordinatamente lo svolgimento della controversia:

      http://costanzamiriano.com/2014/04/13/giu-le-mani-da-tutti-i-bambini/#comment-77637

      Ti informo inoltre che in genere non faccio finta di non capire, ma talora non capisco proprio, avendo comprendonio limitato (non so tu).
      Quanto al fatto che, riferendoti al numero di adottabili, ti riferissi “al numero di adottabili di tutto il mondo”, ti rassicuro: l’avevo capito, visto che mi è noto che l’ “argomento orfanotrofio” si riferisce a tutti gli adottabili del mondo e a tutte le coppie etero e omo al mondo che potrebbero ipoteticamente candidarsi ad adottare.

  3. Claudio

    Quello che dice Luca è esattissimo. Non so quanti anni abbia l’autore del post, ma leggendolo mi sembrava di rivivere le tremende assemblee scolastiche degli anni settanta. Certo, con oggetti diversi, con “omofobo” al posto di “fascista”, ma siamo lì.

  4. nadia

    io c’ero! che situazione e che inadeguati i militanti LGBT. offese gratuite immotivate contro persone tranquille e silenziose. la mia sensazione è che non hanno capito proprio niente!!!!

  5. Angelo

    con altre motivazioni è un passato che ritorna…
    basta comportarsi silenziosamente da cristiani…
    offese percosse ingiurie… niente di nuovo
    coraggio!

    dal salmo 23
    …ecco la generazione che lo cerca
    che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe…

  6. L’ha ribloggato su Il blog di Laura Corsaroe ha commentato:
    Nel suo saggio “Le mariage gay” Thibaud Collin ha evidenziato l’abilità dialettica con cui il movimento gay ha saputo guadagnarsi il consenso dell’opinione pubblica volgendo a proprio favore l’ambivalenza semantica della moderna «politica del riconoscimento».

  7. Maria

    Però, basta questa ossessione per i matrimoni omosessuali. Dovremmo essere più accoglienti nei confronti dei cattolici omosessuali e occuparci di altre cose. A me sembra che troppi cattolici siano veramente eccessivamente duri nei confronti dell’estensione del matrimonio civile, dimenticando altre questioni, come la carità, che sono più importanti.

    1. Alessandro

      Il “matrimonio” omosessuale è irriducibilmente contrario al disegno di Dio, e quindi alla Carità di Dio (Dio non è diviso in sé stesso, i disegni di Dio non possono minimamente contrastare con la Carità di Dio).

      Se si incomincia a ignorare o sottovalutare quale sia il disegno di Dio sul matrimonio, allora non si vede come non si proseguirà a ignorare o sottovalutare qualche altro aspetto del disegno di Dio, fino ad avere dell’intero disegno di Dio (della divina “economia”) una visione completamente annebbiata.

      Tieni presente inoltre che il disegno di Dio sul matrimonio non occupa certo una posizione infima nella “gerarchia (od ordine) delle verità cattoliche” (talvolta evocata e sproposito e di fatto negletta o fraintesa nell’atto stesso di evocarla), giacché per comprendere il senso del matrimonio è necessario nientemeno che penetrare il senso della differenza sessuale nella quale il Creatore ci ha ideati, vagheggiati e creati.

    2. Alessandro

      Maria, il tuo commento mi fa venire in mente quanto disse – a braccio – ai vescovi svizzeri Benedetto XVI nel 2006:

      “La società moderna non è semplicemente senza morale, ma ha, per così dire, „scoperto“ e rivendica un’altra parte della morale che, nell’annuncio della Chiesa negli ultimi decenni e anche di più, forse non è stata abbastanza proposta. Sono i grandi temi della pace, della non violenza, della giustizia per tutti, della sollecitudine per i poveri e del rispetto della creazione.

      Questo è diventato un insieme etico che, proprio come forza politica, ha un grande potere e costituisce per molti la sostituzione o la successione della religione. In luogo della religione, che è vista come metafisica e cosa dell’al di là – forse anche come cosa individualistica – entrano i grandi temi morali come l’essenziale che poi conferisce all’uomo dignità e lo impegna. Questo è un aspetto, che cioè questa moralità esiste ed affascina anche i giovani, che si impegnano per la pace, per la non violenza, per la giustizia, per i poveri, per la creazione. E sono davvero grandi temi morali, che appartengono del resto anche alla tradizione della Chiesa. I mezzi che si offrono per la loro soluzione sono poi spesso molto unilaterali e non sempre credibili, ma su questo non dobbiamo soffermarci ora. I grandi temi sono presenti.

      L’altra parte della morale, che non di rado viene colta in modo assai controverso dalla politica, riguarda la vita.

      Fa parte di essa l’impegno per la vita, dalla concezione fino alla morte, cioè la sua difesa contro l’aborto, contro l’eutanasia, contro la manipolazione e contro l’auto-legittimazione dell’uomo a disporre della vita. Spesso si cerca di giustificare questi interventi con gli scopi apparentemente grandi di poter con ciò essere utili alle generazioni future e così appare addirittura come cosa morale anche il prendere nelle proprie mani la vita stessa dell’uomo e manipolarla.
      Ma, dall’altra parte, esiste anche la consapevolezza che la vita umana è un dono che richiede il nostro rispetto e il nostro amore dal primo fino all’ultimo momento, anche per i sofferenti, gli handicappati e i deboli. In questo contesto si pone poi anche la morale del matrimonio e della famiglia. Il matrimonio viene, per così dire, sempre di più emarginato.
      Conosciamo l’esempio di alcuni Paesi, dove è stata fatta una modifica legislativa, secondo la quale il matrimonio adesso non è più definito come legame tra uomo e donna, ma come un legame tra persone; con ciò ovviamente è distrutta l’idea di fondo e la società, a partire dalle sue radici, diventa una cosa totalmente diversa. La consapevolezza che sessualità, eros e matrimonio come unione tra uomo e donna vanno insieme – “I due saranno una sola carne”, dice la Genesi – questa consapevolezza s’attenua sempre di più; ogni genere di legame sembra assolutamente normale – il tutto presentato come una specie di moralità della non-discriminazione e un modo di libertà dovuta all’uomo. Con ciò, naturalmente, l’indissolubilità del matrimonio è diventata un’idea quasi utopica che, proprio anche in molte persone della vita pubblica, appare smentita. Cosi anche la famiglia si disfa progressivamente. Certo, per il problema della diminuzione impressionante del tasso di natalità esistono molteplici spiegazioni, ma sicuramente ha in ciò un ruolo decisivo anche il fatto che si vuole avere la vita per se stessi, che ci si fida poco del futuro e che, appunto, si ritiene quasi non più realizzabile la famiglia come comunità durevole, nella quale può poi crescere la generazione futura.

      In questi ambiti, dunque, il nostro annuncio si scontra con una consapevolezza contraria della società, per cosi dire, con una specie di antimoralità che si appoggia su di una concezione della libertà vista come facoltà di scegliere autonomamente senza orientamenti predefiniti, come non-discriminazione, quindi come approvazione di ogni tipo di possibilità, ponendosi così in modo autonomo come eticamente corretto.

      Ma l’altra consapevolezza non è scomparsa. Essa esiste, e io penso che noi dobbiamo impegnarci per RICOLLEGARE queste due parti della moralità e rendere evidente che esse vanno INSEPARABILMENTE unite tra loro.
      Solo se si rispetta la vita umana dalla concezione fino alla morte, è possibile e credibile anche l’etica della pace; solo allora la non violenza può esprimersi in ogni direzione, solo allora accogliamo veramente la creazione e solo allora si può giungere alla vera giustizia. Penso che in ciò abbiamo davanti un grande compito: da una parte, non far apparire il cristianesimo come semplice moralismo, ma come dono nel quale ci è dato l’amore che ci sostiene e ci fornisce poi la forza necessaria per saper “perdere la propria vita”; dall’altra, in questo contesto di amore donato, progredire anche verso le concretizzazioni, per le quali il fondamento ci è sempre offerto dal Decalogo che, con Cristo e con la Chiesa, dobbiamo leggere in questo tempo in modo progressivo e nuovo.”

      http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2006/november/documents/hf_ben-xvi_spe_20061109_concl-swiss-bishops_it.html

    3. Cara Maria, a quanto hanno detto Alessandro e Maccabeo aggiungo questo: non bisogna confondere cose assai diverse. Il cosiddetto “matrimonio omosessuale” è una tappa di un disegno di più ampio respiro che mira a separare nettamente parentela, filiazione e ordine biologico. È per questo che sia tra le Sentinelle, nella loro versione francese o italiana, tanto nelle file della Manif pour tous ci sono state adesione da parte di persone con orientamento omosessuale.
      Occorre anche precisare che “gay” e “omosessuale” non sono sinonimi. Omosessuale è semplicemente l’individuo con orientamento omosessuale. Il vocabolo “gay” evoca invece l’omosessualità-ideologia. Con “gay” si fa riferimento a una varietà “militante” dell’omosessualità ego-sintonica, una identità socio-politica assunta da chi si prefigge la normalizzazione in seno alla società dell’omosessualità e la sua accettazione come variante naturale dell’orientamento sessuale. Non tutte le persone con tendenze omosessuali si identificano nell’agenda politica e con l’approccio militante del movimento gay, né qualificano se stesse come tali.
      Che le veglie delle Sentinelle siano espressione di un odio contro gli omosessuali è invece la “verità di carta” della propaganda.
      Certamente occorre vigliare continuamente per non perdere la carità, col rischio di trasformarsi in una milizia di “puristi”. Su questo sono assolutamente concorde e in un prossimo futuro tornerò su questo tema, a Dio piacendo. Non bisogna però cadere nel tranello di chi vuole deformare le intenzioni altrui. A questo mirano tutte le strategie dialettiche che ho elencato nel post (che certo non è esaustivo dell”intero campionario della disinformazione).

  8. Maccabeo

    Ma è proprio la carità il punto. L’omosessualità e’ una passione. Fin qui sembra nulla di male. Ma e’ una passione illecita, che fa male al soggetto e alla comunità. Perché crea un disordine, un vortice nell’anima di chi la vive, che lo risucchia. E a dire il vero quasi sempre si riduce a depravazione. E che sono anime inquiete e’ manifesto dai comportamenti che assumono difronte a chiunque la pensi diversamente da loro.
    E alla comunità fa male, perché non si può far passare l’idea che il male sia bene.

    E’ il termine di un processo che sta distruggendo la società : distruggere ogni fondamento morale, per creare un uomo nuovo fatto di vizi: frutto di una società suicida che da una parte abortisce, e dall’altra favorisce le coppie sterili. L’uomo non deve costruire, non deve procreare, non deve completare l’opera di Dio, in cui consiste la sua vocazione: deve soltanto consumare, spendere.

  9. Maccabeo

    Prima i preservativi, gli anticoncezionali, poi la fecondazione in vitro, per tutti, perché anche gli eterosessuali arrivano al matrimonio quasi sterili, per via dell’abuso che hanno fatto del sesso prima del matrimonio. La natura e’ impoverita e si riempiono le tasche delle case farmaceutiche

I commenti sono chiusi.