Il senso religioso è filo lanciato nel vento

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«Quando miro in cielo arder le stelle; / Dico fra me pensando: / A che tante facelle? / Che fa l’aria infinita, e quel profondo / Infinito seren? che vuol dir questa / Solitudine immensa? ed io che sono?»

(G. Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, vv. 84-89).

di Claudia Mancini      LaPorzione.it

Qualche anno fa, durante una lectio magistralis, il poeta Davide Rondoni ricordava come don Giussani dicesse di ripetere a memoria la poesia di Leopardi quando tornava dall’aver fatto la comunione in seminario: «toccando la cosa più certa, più cara che aveva, l’Eucarestia, la sottoponeva alla verifica del dramma di Leopardi». La certezza non cresce perché la confermi in modo meccanico e distratto, ma la ripetizione della certezza è nella sua costante verifica. Se l’esperienza religiosa è un fenomeno umano, Giussani insegnava che solo la vita può verificare la certezza che è Cristo la Salvezza. Che Gesù Cristo sia il senso del mondo, per cui il partecipare a Lui mi salva, deve poter reggere di fronte a questa poesia di Leopardi perché essa esprime perfettamente l’esperienza universale del senso religioso e il modo in cui si svela nella vita di qualsiasi uomo. Proviamo  a svolgere il ragionamento suggerito dalle parole di Rondoni.

Ai tempi di Leopardi, il “pastore errante” era considerato una figura mitica. Era il pastore afgano, probabilmente di quelle nuove regioni che si andavano scoprendo; insomma, era il canto dell’ultimo uomo scoperto, dell’uomo naturale. Per De Sanctis era come Abramo, oppure il protagonista di un salmo della Bibbia (Cfr. Salmo 8). Infatti, con l’inquieto domandare di fronte ad un cielo apparentemente muto, il pastore conferma che – nella misura in cui vive, nessun uomo può evitare certe domande, a prescindere dalla propria appartenenza etnica, culturale, religiosa e storica: «“Qual è il significato ultimo dell’esistenza?”, “Perché c’è il dolore, la morte, perché in fondo vale la pena vivere?”. O, da un altro punto di vista: “Di che cosa e per che cosa è fatta la realtà?”». Il senso religioso – scriveva don Giussani – si identifica con la natura del nostro io in quanto si esprime in queste domande, «coincide con quel radicale impegno del nostro io con la vita, che si documenta in queste domande» (L. Giussani, Il senso religioso, Rizzoli, Milano 2010, p. 59).

Come detto nel precedente articolo, al pari di Montini che parla di «essenziale struttura», anche per Giussani il senso religioso «nasce con noi, come una parte della nostra struttura originale». Vi è in noi una struttura nativa che, nell’impatto con la realtà, si mette in moto, per esplicitarsi in quelle domande fondamentali che nessun uomo può evitare, e che esprimono un imprescindibile «bisogno di verità, anche se non sono ancora un criterio di verità». L’unica condizione per essere uomini veramente religiosi è mantenere il senso religioso sempre in attività, sempre “confermato”; bisogna avere un «cuore inquieto» e vivere intensamente la realtà come «segno», perché le domande ultime si destano solo nel rapporto con la realtà. Per fare un uomo veramente religioso ci vuole un uomo che sia sempre desto come un “pastore errante”, e poi quella “luna” da saper guardare e quelle“domande” da saper ben formulare. È inutile proporre la religione vera come la risposta, se un uomo non sa più fare domande ultime. Come ci ricorda sempre don Giussani, citando Niebuhr: «Niente è tanto incredibile quanto la risposta a una domanda che non si pone» (R. Niebuhr, Il destino e la storia. Antologia degli scritti, BUR, Milano 1999, p. 66). Anche Montini, nella Lettera Pastorale per la Quaresima del 1957, scriveva: «La vita contemplativa è quasi deserta; la nostra società manca di silenziosi, di solitari, di ricchi d’interiorità, come manca di cenobi spirituali e di cori oranti, che guidino e accompagnino l’incerto pellegrinare umano verso il suo supremo destino». Montini, con Giussani, sentiva come il senso religioso non trovasse nell’atmosfera culturale, morale e sociale moderna le condizioni migliori per la sua difesa e per la sua educazione. Molte le ragioni che concorrevano alla decadenza della vita religiosa indicate da Montini, così sintetizzate: «l’umanesimo profano; la manomissione dell’ordine morale; la conquista del mondo naturale fine a se stessa; lo zelo antireligioso e anticonfessionale del laicismo politico e dell’ateismo». A presidiare sapientemente e coraggiosamente, in difesa del senso religioso, restava solo la «nostalgia degli spiriti veglianti e sofferenti nel mondo letterario e filosofico e nella vita vissuta». È un’immagine della vita dell’uomo moderno che è anche la nostra vita; per le stesse ragioni di ieri, anche oggi, vediamo estinguersi “pastori erranti”, con il cuore inquieto rivolto alla “luna”, mentre si moltiplicano persone affaccendate nelle proprie attività, sempre più distratte e meno disposte all’atto religioso. Se è chiaro che ogni qual volta il senso religioso sia pigro e spento la venuta di Dio trova la porta chiusa, vale ancora il monito di Montini a tutti i cristiani: «La nostra missione deve essere la restaurazione del senso religioso»; «poniamo la nostra attenzione pastorale su questo punto: come conservare, come tener desto, come indirizzare il nostro senso religioso?».

Per prima cosa – scriveva Montini nella Lettera Pastorale per la Quaresima del 1957–, bisogna che «gli spiriti veglianti e sofferenti nel mondo letterario e filosofico e nella vita vissuta» sappiano sempre meglio «suscitare voci nuove, squillanti, originali, convincenti, di professionisti della verità». Occorre una «riabilitazione razionale del senso religioso, perché è stato troppo confuso con forme inferiori dello spirito, imperfette, infantili, sentimentali, ingenue, superstiziose»: «Bisogna rieducare la mentalità contemporanea a “pensare Dio”». Come nel Canto notturno del pastore errante dell’Asia le domande ultime scaturiscono dall’incontro con la realtà, così, oggi, il passaggio speculativo che innalza l’uomo a Dio potrebbe avvenire naturalmente dall’osservazione delle cose stesse create dall’uomo. Bisogna ridare spiritualità al lavoro, e «far sgorgare un umanesimo spiritualista dalla nostra età materialista». Un meccanico davanti alla sua macchina dovrà dire contento: «“È nuova, è mia; ma dovrà aggiungere ancora più contento e pensoso: “Io ho più scoperto, che inventato; ho scoperto proprietà e leggi anteriori al mio pensiero; io non ho fatto che applicarle; io sono arrivato più vicino alla manifestazione naturale di una sapienza che non conoscevo, a cui prima non pensavo; sono arrivato ad un incontro insospettato con Dio”». Bisogna allargare nel lavoratore gli orizzonti della ragione, «bisogna restituirgli la curiosità metafisica, e l’ambizione di risalire alla ragion d’essere di ciò che gli sta davanti»: «Vorremmo che le scuole del lavoro facessero loro [i lavoratori] intravedere questa vocazione, questa redenzione, questa nobiltà religiosa dell’opera umana. Vorremmo che la preghiera si associasse al lavoro; lo consolasse, lo nobilitasse, lo santificasse». Come il mondo del lavoro per gli adulti, così tutte le agenzie educative dovrebbero prodigarsi per conservare e formare il senso religioso dei fanciulli: «Il nostro mondo, su questo, è contraddittorio perché mentre non cessa di circondare il fanciullo dell’arte pedagogica e sanitaria più progredita, consente poi che letture, spettacoli, e sport profanatori siano facilmente accessibili e determinino nel suo spirito perturbazioni nocive e forse fatali al suo equilibrio psichico e morale. Si coltivano e si pestano fiori; con gelosa cura si coltivano, e con colpevole indifferenza si calpestano». L’attenzione per i fanciulli, scrive Montini, deve proseguire verso i giovani. Età così delicata, che va assistita e curata come nessun altro periodo della vita: «la direzione spirituale è, in questo periodo, pedagogia provvidenziale, delicatissima e di alto interesse».

Per conservare, tener desto e indirizzare il senso religioso bisogna innanzitutto formare «silenziosi, solitari, ricchi di interiorità», capaci di vivere intensamente la realtà come «segno», perché le domande ultime si destano solo nel rapporto con la realtà. Ma coltivare un «bisogno di verità» è sufficiente per arrivare a Dio come «criterio di verità»? Verificando nel cuore questa domanda, immaginiamo, Don Giussani trovava nella poesia di Leopardi la conferma che il senso religioso, lasciato a se stesso, non sia sufficiente per trovare la verità – la risposta al desiderio infinito di senso dell’uomo. Il solo bisogno di verità, e il pellegrinare solitario, infatti, conducono il pastore a niente altro che a questa amara conclusione: «Forse in qual forma, in quale / 
Stato che sia, dentro covile o cuna, /
È funesto a chi nasce il dì natale». (G. Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, vv. 141-143).

Il senso religioso è necessario ma non sufficiente per effettuare il passaggio speculativo che innalza l’uomo a Dio; talvolta, addirittura, la domanda di infinito dell’uomo – lasciata a lungo senza risposta –  può farlo piombare nel leopardiano «tedio», allorquando la vita comincia  a venirti a noia e tutto precipita nel nulla: «Abisso orrido, immenso, / Ov’ei precipitando, il tutto obblia». (Ivi, vv. 35-36).

Scriveva Montini, nella Lettera Pastorale per la Quaresima del 1957, con mirabile sensibilità poetica: «Il senso religioso è filo lanciato nel vento, e se non incontra una mano celeste, che di là lo attiri e lo congiunga con la realtà del mistero divino, quali nostri messaggi recherà veramente al regno divino, quali nostri messaggi recherà veramente al regno dei cieli; quali a noi, non dubbi, non fallaci, potrà esso recare?». La letteratura, la filosofia, la storia delle religioni e la vita vissuta ci documentano l’instancabile desiderio, tante volte umile e sublime, tante altre volte fantastico e ignobile dell’anima umana verso il divino; ma sempre infruttuoso e destinato a non avere risposta o la risposta sbagliata «se Dio non  avesse, nella su infinita saggezza, nella sua immensa bontà, preso l’iniziativa della rivelazione, della instaurazione della vera religione. Sì occorre una religione vera per difendere il senso religioso dal troppo facile pericolo di sbandamento».

Tutte le religioni, e i cammini ispirati dal senso religioso, sono giusti in quanto ricerca dell’uomo verso dio. Tuttavia, è solo nella Rivelazione che Dio stesso entro nella storia, per essere ascoltato e creduto, e Cristo rappresenta il culmine dell’attuazione del senso religioso perché con Lui abbiamo la comunicazione personale nell’amore. Scrive Giussani, nel Senso Religioso: «Cristo è come il pilastro fondamentale della vita del senso religioso. Egli è la “pietra d’angolo”»; «non più l’incerta ed errante ricerca, non più il rapporto del servitore e del padrone, ma l’adesione intima e totale nell’amore». La continuità di Cristo nel tempo e nello spazio è la Chiesa, per volontà stessa di Cristo: «Siano perfetti nell’unità e il mondo riconosca che tu mi hai mandato e che li hai amati, come hai amato me». L’autorità della Chiesa – Papa e Vescovi – sono il pilastro di sostegno del senso religioso di ogni età, sono la Roccia su cui lo Spirito umano può costruire il suo rapporto con Dio. Si può dire – scrive Giussani, – «che il senso religioso, lontano da questa “Pietra” – che prolunga nei secoli l’unico fondamento, Cristo – costruisce invano – costruisce sulla sabbia». Infatti, questa comunicazione personale di Dio all’uomo, si realizza attraverso i libri sacri, affidati all’interpretazione autentica della Chiesa; i sacramenti, come gesti della Chiesa, e quindi di Cristo continuato nei secoli; le preghiere quotidiane, proiezione del senso religioso stesso sulla vita. Tuttavia, scrive Giussani, la comunicazione personale di Dio trova compiutezza e completezza solo nella santa Messa, fulcro della vita del senso religioso, luogo concreto dove l’uomo può raggiungere il suo oggetto divino. Più la verità di Cristo si comunica all’uomo, più questa penetra il suo modo di concepire tutte le cose e di impostare tutta l’esistenza. «Si realizza così la cultura cristiana: a livello personale, rendendo cristiana tutta la mentalità dell’io; a livello collettivo, rendendo cristiano l’ambiente e la storia – rendendo cristiana la civiltà». Tutti coloro che hanno creduto in Cristo hanno il compito di recare a ogni tempo, luogo, cultura, la Sua comunicazione: tutti sono profeti, tutti sono testimoni. La Chiesa ha bisogno di testimoni laici. Il testimone è un mandato, un apostolo, Cristo ha mandato gli apostoli capeggiati da Pietro; questi hanno trasmesso la loro missione ai vescovi, guidati dal sommo Pontefice. Ogni cristiano se vuole essere veramente inviato, deve dipendere dalla Gerarchia ecclesiastica, dall’Autorità della Chiesa. Conclude, Giussani: «Come Cristo è entrato dentro l’umanità, ma in questa umanità ha portato uno spirito nuovo; così, i cristiani devono essere testimoni nel mondo senza essere del mondo».

Per fare un uomo veramente religioso ci vuole un uomo che sia sempre desto come un “pastore errante”, e poiquella “luna” da saper guardare e quelle “domande” da saper ben formulare. Ma le domande sono vere domande quando sono rivolte ad un Tu che è Altro da noi, e che, proprio in quanto tale, può rispondere a quella domanda di senso Infinito che ognuno porta con sé. Senza risposta la vita scivola nel “tedio”, e le domande metafisiche stesse ci vengono a noia. Della domanda non resta che l’oblio, l’assenza della riposta. Solo un Tu ci salva, un Tu capace di rispondere a tutte le domande: «Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore / Rida la primavera, / A chi giovi l’ardore, e che procacci / Il verno co’ suoi ghiacci./ Mille cose sai tu, mille discopri, Che son celate al semplice pastore». (Ivi, vv. 73-78). Ma la “luna”, seppure conoscesse le risposte, non saprebbecomunicare con l’uomo.

“Tu sai, Tu certoSignore”, si diceva don Giussani tornando dall’aver fatto la comunione.

fonte: LaPorzione.it

34 pensieri su “Il senso religioso è filo lanciato nel vento

  1. “Dimmi, o luna: a che vale
    Al pastor la sua vita,
    La vostra vita a voi? dimmi: ove tende
    Questo vagar mio breve,
    Il tuo corso immortale?
    Vecchierel bianco, infermo,
    Mezzo vestito e scalzo,
    Con gravissimo fascio in su le spalle,
    Per montagna e per valle,
    Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
    Al vento, alla tempesta, e quando avvampa
    L’ora, e quando poi gela,
    Corre via, corre, anela,
    Varca torrenti e stagni,
    Cade, risorge, e più e più s’affretta,
    Senza posa o ristoro,
    Lacero, sanguinoso; infin ch’arriva
    Colà dove la via
    E dove il tanto affaticar fu volto:
    Abisso orrido, immenso,
    Ov’ei precipitando, il tutto obblia.
    Vergine luna, tale
    E’ la vita mortale.”

  2. Giusi

    La poesia è bellissima, l’ho imparata a memoria da adolescente per quante volte l’ho riletta. Fu infelicissimo Giacomo Leopardi, forse non trovò Dio. Io l’ho sempre amato perchè oltre ad essere un grande poeta (e su questo non ci piove) ha sempre fatto sentire che il bisogno di trascendenza è univerale, che le cose di questo mondo non bastano alla nostra sete di senso.

  3. lidiaB

    Questa poesia mi ha fatto venire in mente “L’uomo eterno” di Chesterton e quel che narra a proposito della mitologia e della filosofia come due espressioni dell’anelito insoddisfatto di trascendenza dell’uomo e come si incontrano e sono rappresentate nella natività rispettivamente dai pastori e dai magi adoranti il mito fatto carne.

  4. OT:

    “La cosiddetta modernizzazione è tutta «fuori di misura», dismisura: è, come dicevano i greci, Hubrys. La Terra è un piccolo pianeta la cui circonferenza è di appena 40.000 km. Ma noi predichiamo un progresso senza limiti, una crescita senza limiti, uno sviluppo senza limiti e, ancor peggio, una popolazione senza limiti. È demenza? Sì. Perché è demenza ipotizzare una crescita infinita in un pianeta che ha dimensioni finite e per ciò stesso anche risorse finite.

    So bene che noi siamo attualmente assillati dalla disoccupazione e dal peso di colossali debiti dello Stato. Il che ci fa dimenticare, purtroppo, che anche il pianeta Terra è in crisi: stiamo inquinando l’atmosfera, stiamo avvelenando l’aria che respiriamo e, al contempo, stiamo destabilizzando il clima. Sono notizie di questi giorni il ciclone senza precedenti che ha colpito le Filippine, e ora il diluvio, la bomba d’acqua anch’essa senza precedenti che si è abbattuta sulla Sardegna e che ancora la minaccia. Forse troveremo il modo di uscire dalla crisi economica (della quale portano la massima colpa gli economisti), ma come fermare l’impazzimento del clima, il progressivo riscaldamento, la crescita dei livelli del mare, l’erosione dei ghiacciai (che alimentano i fiumi) e, infine, la nuova probabile dislocazione delle piogge con la conseguente dislocazione delle zone aride?

    Il rimedio vero sarebbe una drastica riduzione delle nascite (specialmente in Africa) che ci restituirebbe un pianeta vivibile. A questo effetto le maggiori responsabilità sono della Chiesa cattolica (per l’Africa e anche parte dell’America Latina). Per ora papa Francesco si è limitato a carezzare molti bambini, stringere molte mani e a distribuire in piazza San Pietro la «Misericordina» che poi, aperta la scatolina, è un rosario. E la nostra televisione è inondata da appelli di soldi per salvare i bambini africani. A che pro? Le prospettive, restando le cose come sono, sono cicloni in autunno, piogge torrenziali in inverno, afa insopportabile d’estate. E d’estate non nevicherà più sui ghiacciai, il che implica che andranno a sparire. Di conseguenza i fiumi si prosciugheranno.

    Come dicevo di tutto questo non ci diamo pensiero perché prima di tutto bisogna mangiare. Vero. Ma è anche vero che ci sarà sempre meno da mangiare. Ripeto, l’unica cura ancora a nostra disposizione è di ridurre la popolazione e con essa ridurre l’emissione di gas serra e la conseguente concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera. I combustibili fossili(a cominciare dal carbone) vanno messi al bando, mentre noi continuiamo allegramente a incendiare i nostri boschi senza che mai un incendiario sia preso e condannato.

    Si può essere più incoscienti di così? Quasi dappertutto si continua e riprende la cementificazione, la speculazione edilizia che consente di costruire fabbricati in zone pericolose, a rischio di essere spazzati via da frane e piene subitanee. Le nostre amministrazioni locali hanno fame di soldi, ma sono soldi che vanno alla criminalità organizzata, alle mafie che signoreggiano oramai un po’ dappertutto.
    Come scriveva qualche giorno fa su queste colonne Gian Antonio Stella, i nostri governi «non hanno fatto che accumulare imposte ecologiche raccogliendo dal 1990 in qua 801 miliardi di euro. Sapete quanti siano stati spesi davvero in interventi di risanamento dell’ambiente? Meno di 7, lo 0,9%». Che vergogna. E anche che incoscienza”

    Gianni Sartori.

    1. Giusi

      Oh che novità! Mai sentite!

      L’aborto e la menzogna della bomba demografica

      Uno dei principali argomenti dell’ideologia radicale è il catastrofismo: sterilizzazione, contraccezione e aborto sarebbero indispensabili per controllare l’aumento demografico. Gli abortisti hanno così cominciato a parlare lo stesso linguaggio degli ecologisti e degli animalisti radicali, che vedono l’uomo come un cancro terribile, un microrganismo, un parassita nocivo che minaccia il pianeta. Stabilito comunque, scientificamente e filosoficamente, che l’embrione è una persona umana[1], questi argomenti risultano molto pericolosi perché ammettono la liceità dell’uccisione di una persona per fini demografici.

      Non vi è alcuna prova del fatto che l’alta densità di popolazione inibisca la prosperità umana, anzi è dimostrato che il danno sociale deriva dalla mancanza di forza-lavoro. La popolazione mondiale è triplicata tra il 1900 ed il 2000, ma il boom demografico (dovuto al crollo del tasso di mortalità, tra l’altro) è coinciso con una crescita della produttività, della ricchezza, della sanità come mai nella storia dell’uomo. Oggi l’uomo vive più a lungo, mangia meglio, produce e consuma di più. La disparità economica è dovuta a politiche sbagliate, non alla crescita della popolazione.

      ELENCO DI STUDI E PARERI SCIENTIFICI

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      Giusi ho inserito il tuo chilometrico commento in un pdf con link sulla scritta ELENCO DI STUDI E PARERI SCIENTICI

      ADMIN

    2. Angelina

      Quindi: per prevenire i cicloni in Asia e le alluvioni in Sardegna e lo scioglimento dei ghiacci polari, occorre sterilizzare le popolazioni in Africa. Ma soprattutto occorre che il Papa la finisca di regalare inutili rosari. Non fa una piega.
      Hai messo questo OT per il tuo solito gusto di buttarla in caciara, come sempre. Ti fa proprio difficoltà esprimere un commento autentico, onesto, di fronte ad un argomento sul quale avresti da dire la tua, al pari di qualunque altro essere umano.

      ‘Senza risposta la vita scivola nel “tedio”, e le domande metafisiche stesse ci vengono a noia. Della domanda non resta che l’oblio, l’assenza della riposta.’ Sei senza domanda, il perché lo sai solo tu.

      Voglio invece dire grazie ed esprimere tutto il mio apprezzamento per Claudia, lucidissima narratrice della ragionevolezza della fede.

      1. Angelina:

        …tornando a Leopardi, credo che la sua poesia consista proprio nel senso della mancanza di senso, non nella ricerca di un senso. Sennò verrebbe completamente travisato il pensiero leopardiano, e non mi meraviglierei che un qualche Messori di turno, un bel giorno ci venisse a dire che, da accurate ricerche e riscontri storici, è venuto fuori che anche il poeta recanatese era un cattolico fervente. Per quanto riguarda la crescita demografica è vero tutto quello che dice Giusy, e cioè che le condizioni igieniche, produttive, economiche eccetra, a partire dai primi dell’800,
        hanno fatto la differenza. Quello di cui Messori parlava (che non è Vangelo) era che (secondo lui) occorrerebbe una politica che prevedese anche il controllo delle nascite. Non la butto per niente in caciara. Dove sto io non esiste nemmeno la parola “caciara”.Per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico “tot capita tot sententia”.
        Per quanto riguarda la fede nella nostra vita di uomini di tutti i giorni, io credo che ognuno si trovi comunque sempre solo, o fede o non fede, e bisogna che trovi da sé la forza per andare avanti quando ce n’è bisogno, sposato, sottomesso, o meno.

        1. angelina

          Ognuno si trovi sempre solo…ed è subito sera. Ho capito, Alvise. Ok, va bene. D’altronde, inutile ragionare di possibili risposte con chi non si fa le domande. Il pastore interrogava la luna, almeno, mentre errava per l’Asia. Un desiderio (ricordi l’etimo, vero?) sarebbe già un inizio di domanda.

  5. Angela

    Bellissimo articolo, però don Giussani ci ha sempre raccontato che come ringraziamento dopo la comunione recitava “alla sua donna” di leopardi pensando a Gesù = la Bellezza.

  6. giuseppe

    “In ogni modo, nelle coppie che funzionano uno dei due ha ceduto e si è messo al servizio dell’amore e dell’altro. C’è qualcuno che ha deciso di far marciare la macchina. Se entrambi si dedicano all’espansione personale al di fuori della coppia, è la catastrofe” Un’altra che incita alla violenza sulle donne: non fatelo sapere in Spagna se no sai che disastro! o probabilmente non: è laica (di origine ebraica) quindi non essendoci di mezzo la Chiesa forse passa tutto sotto silenzio.
    http://superdupont.corriere.it/2013/11/17/yasmina-reza-nuove-scene-da-un-matrimonio/

  7. …sarebbe interessante mettere a confronto le due opere letterarie, anche dal punto di vista della presenza o meno della fede, ma prima bisogna che mi legga yasmina reza! Ci proverò…

  8. ma, cercando per una volta di essere serii, voi credete che non sia possibile stupirsi e meravigliarsi e commuoversi, guardando il cielo stellato, senza credere e senza pensare a dio?

    1. Alessandro

      A parte che la premessa fa venir voglia di non risponderti nemmeno (sempre quello stucchevole “voi”, e poi quell’invito a “essere seri”, come se qui si scrivessero abitualmente bubbole), non vedo chi pensi che sia impossibile stupirsi e meravigliarsi e commuoversi guardando il cielo stellato senza credere in Dio.
      Mi riesce tuttavia difficile che tutto ciò accada senza rivolgere un qualche pensiero a Dio, cioè mi riesce difficile immaginare che un italiano, per quanto non credente, tuttavia segnato dall’influenza nella sua vita di una multisecolare tradizione cattolica, quando arriva a commuoversi davanti al cielo stellato non volga un qualche pensiero al Dio del “Credo”.
      Poi magari s’indispettisce con se stesso e cerca di scacciare come intruso quel pensiero avventizio, ma che quel pensiero non lo visiti mi pare arduo immaginarlo.

      1. …”mi pare arduo immaginarlo” dici, come se tutte le volte che uno si trovasse di fronte all’incanto della natura un italiano, ma non solo, dovesse pensare necessariamente a dio, e quindi a automunirsi, in pratica, subito, di una della prove dell’esistenza di dio in quanto subito (necessariamente) chiedendosi; ma chi avrà fatto tutto questo?!’

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