Difesa della giusta differenza

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di Vittorio Possenti*

Nel movimento verso la globalizzazione svolge un ruolo primario il progetto dei diritti umani, uscito dalla Dichiarazione universale del 1948 e ormai diffuso a livello mondiale. Si tratta di rendere universalmente effettivi i diritti (e i doveri) a partire da quelli più fondamentali, garantendo il rispetto dell’essere umano in ogni momento della sua esistenza. Da almeno trent’anni il progetto dei diritti umani risulta sottoposto a tensioni crescenti e a notevoli rischi per una divaricazione – all’inizio rimasta sottotraccia – tra interpretazione radical-libertaria e interpretazione dignitaria: la prima fa perno sui diritti di libertà del singolo, l’altra sulla dignità della persona. Il modo libertario di pensare i diritti, mentre nutre diffidenza verso tutto ciò che allude alla comunità, assegna una forte priorità a quelli individuali di libertà mentre sottostima gli altri diritti fondamentali. La visione dignitaria concede invece attenzione non solo alla libertà ma anche alla solidarietà e al fatto che le persone sono esseri relazionali. La Corte costituzionale tedesca in una decisione del 1954 sostenne: «L’immagine dell’uomo nella Legge fondamentale non è quella di un individuo isolato e sovrano. La tensione tra individuo e società [è risolta] a favore del coordinamento e dell’interdipendenza con la comunità senza alterare il valore intrinseco della persona». Nella tradizione libertaria dell’individuo autonomo spiccano non solo il primato dei diritti di libertà su ogni altro tipo di diritti, ma pure il ruolo sempre più forte giocato dalle nozioni di eguaglianza e di non-discriminazione, cui si ricorre per introdurre i cosiddetti «nuovi diritti».

Sotto il primo aspetto si deve rilevare che fondamentali diritti umani, quali il diritto alla vita e il diritto al lavoro, non sono in alcun caso titolabili come diritti di libertà, sicché il progetto e l’integrità dei diritti sono colpiti quando se ne proponga la riduzione suddetta. In secondo luogo assistiamo – in specie in Occidente ma poi anche con una diffusione planetaria ad opera di numerose agenzie internazionali – ad un ricorso sempre più indifferenziato ai criteri di uguaglianza e non­discriminazione, S come ha segnalato il cardinal Angelo Bagnasco al recente Forum del Progetto culturale. Essi vengono fatti valere non per paragonare quanto è simile, ma per introdurre un principio di indifferenza là dove invece la realtà stessa dice che differenze fondamentali ci sono. Valga l’esempio dell’unione omosessuale, che non ha titoli per essere considerata famiglia nonostante il tentativo diffuso di mescolare le carte sostenendo che l’eguaglianza sarebbe violata ed una discriminazione compiuta vietando all’unione omosessuale lo statuto di matrimonio e di famiglia. Si rimane interdetti quando gli stessi fautori dell’uguaglianza e della non­discriminazione in certi campi adottano i criteri opposti in altri campi. Si pensi alla diagnosi preimpianto effettuata sugli embrioni, in base alla quale alcuni sono assunti ed altri rifiutati: non siamo qui dinanzi a una flagrante violazione tanto dell’eguaglianza quanto della non­discriminazione? Il che induce a pensare che questi criteri siano adottati secondo le convenienze polemiche del momento e non come principi. Spesso si obietta che l’embrione scartato potrebbe essere portatore di difetti genetici: tuttavia il diritto alla vita non conosce gradi, e sta sopra il diritto alla salute. Veniamo al punto: l’impiego geometrico dei due suddetti criteri dimentica che la differenza non è sinonimo di diseguaglianza e di discriminazione, e che quest’ultima non ha solo un significato negativo.images_(1)

Discriminare non è sempre qualcosa di cattivo, poiché è semplice atto di giustizia trattare in modo diverso cose diverse. Riconoscere le differenze non significa discriminare, mentre ricorrere ai criteri di eguaglianza e non­discriminazione D in maniera assoluta può giustificare qualsiasi esito, come quelli di cancellare le diversità di genere o di inventare «nuovi diritti» quali il diritto al figlio, o a disconoscerlo dopo averlo voluto con la fecondazione in vitro (parto anonimo). Definire discriminazione una qualsiasi differenza è dunque un falso egualitarismo in cui non esistono più volti, ma tutto è indistinto, amorfo, intercambiabile e funzionale. Cancellare le differenze reali non è inclusione ma confusione. Su questi processi influisce la globalizzazione che spesso significa omogeneizzare o negare differenze nel nome di nuovi universali quali mercato, tecnica, scienza, Stato. Questi omologano nel preciso senso di nutrire avversione verso differenze reali, che invece vanno salvaguardate perché ci sono e constano. Se non vogliamo compromettere con l’ermeneutica libertaria il progetto dei diritti umani, bisogna mantenere il punto sui due aspetti richiamati: non cedere ai falsi universali omogeneizzanti; operare per una comprensione post-liberale e post-libertaria dei diritti umani, fondata sul «principio persona». Il termine post-liberale, che non significa naturalmente ostilità verso la libertà, è sostanziato da tre nuclei: i diritti di libertà non devono avere sempre e dovunque il predominio; il bilanciamento tra diritti e doveri deve essere più rigoroso che nell’individualismo liberale; la libertà del singolo non può riplasmare le differenze fino a farle scomparire.

fonte: Avvenire

(*) Vittorio Possenti,  filosofo e docente universitario, docente presso l’Università Cà Foscari di Venezia

85 pensieri su “Difesa della giusta differenza

  1. Silvio Lamberti

    Mi sembra che si faccia una certa confusione tra il riconoscere l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge ed il riconoscere come uguali, soggetti diversi.
    Uomini e donne sono diversi, ma godono degli stessi diritti. Un uomo svedese ed una donna italiana sono (per cultura e genetica) diversi, ma uguali davanti alla legge. Eterosessuali ed omosessuali sono diversi…ma una società giusta (ed egalitaria) tratta con uguale rispetto le loro unioni.

    >> i diritti di libertà non devono avere sempre e dovunque il predominio

    Un metro molto semplice per misurare i confini della libertà di un individuo è rilevare quando questa limita la libertà di altri. Nonostante fiumi di inchiostro spesi sul tema continua a non essermi chiaro quale libertà leda il riconoscimento delle unioni omosessuali.

    1. Alessandro

      Il riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali farebbe sì, ad esempio, che nella graduatoria per l’assegnazione degli alloggi una coppia di sposi si veda trattata alla stregua di una coppia omo. Bella libertà sarebbe quella di non trovare alloggio perché scavalcati in graduatoria da una coppia gay.
      Gli esempi si potrebbero moltiplicare, ma sono immaginabili.

      Inoltre, la libertà va sempre considerata nelle sua concreta situazione di esercizio. Riconoscere giuridicamente le coppie omosessuali significa promuovere in modo pubblico e permanente questo messaggio: “Le unioni omosessuali hanno lo stesso pregio intrinseco di quelle eterosessuali, e segnatamente del matrimonio”. Il riconoscimento in parola diffonderebbe pertanto nella società non solo percezione fortemente positiva e attraente della convivenza non coniugale tra eterosessuali, ma anche dell’unione tra omosessuali. E’ noto che una condotta che gode complessivamente di una buona reputazione sociale tende a essere imitata. Quindi il riconoscimento delle unioni omosessuali e di quelle eterosessuali, nonché la loro sostanziale equiparazione al matrimonio, condurrebbe a una diminuzione di apprezzamento del matrimonio, e a una riduzione del tasso di matrimoni stessi, insieme a una aumento di convivenze “similmatrimoniali”.
      Si obietta sempre a questo punto: ma se due vogliono sposarsi, non è certo il suddetto riconoscimento di altre unioni a impedirglielo, sono liberi di farlo, la loro libertà è intatta, non subisce alcuna menomazione da detto riconoscimento.
      Ma questo ragionamento non tiene conto della realtà. Come dicevo: la libertà non opera nel vuoto, ma in una concreta situazione di esercizio. Se Tizio vive in un ambiente in cui, per i motivi prospettati, le unioni omosessuali ed eterosessuali non matrimoniali sono giunte a godere di una nomea sociale positiva, di una reputazione pari se non migliore a quella del matrimonio (oltre che, è bene aggiungere, di un analogo se non più allettante trattamento economico), ovviamente la libertà di Tizio non sarà necessitata a rinunciare al matrimonio a favore della convivenza, ma sarà più difficile per Tizio opporsi alle attrattive – che cimentano la sua libertà – della convivenza rispetto all’evenienza in cui, al contrario, il matrimonio godesse di reputazione e apprezzamento altissimi e la convivenza fosse socialmente mal tollerata. Come è possibile non accorgersi, dunque, degli effetti concretissimi sull’esercizio della libertà di ciascuno che scaturirebbero da forme di riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali?

      Al riguardo – e con particolare riferimento al “bene comune”- annota la Congregazione per la dottrina della fede (2003, n. 6):

      “Ci si può chiedere come può essere contraria al bene comune una legge che non impone alcun comportamento particolare, ma si limita a rendere legale una realtà di fatto che apparentemente non sembra comportare ingiustizia verso nessuno. A questo proposito occorre riflettere innanzitutto sulla differenza esistente tra il comportamento omosessuale come fenomeno privato, e lo stesso comportamento quale relazione sociale legalmente prevista e approvata, fino a diventare una delle istituzioni dell’ordinamento giuridico. Il secondo fenomeno non solo è più grave, ma acquista una portata assai più vasta e profonda, e finirebbe per comportare modificazioni dell’intera organizzazione sociale che risulterebbero contrarie al bene comune. Le leggi civili sono principi strutturanti della vita dell’uomo in seno alla società, per il bene o per il male. Esse « svolgono un ruolo molto importante e talvolta determinante nel promuovere una mentalità e un costume ». Le forme di vita e i modelli in esse espresse non solo configurano esternamente la vita sociale, bensì tendono a modificare nelle nuove generazioni la comprensione e la valutazione dei comportamenti. La legalizzazione delle unioni omosessuali sarebbe destinata perciò a causare l’oscuramento della percezione di alcuni valori morali fondamentali e la svalutazione dell’istituzione matrimoniale.”

      1. “Bella libertà sarebbe quella di non trovare alloggio perché scavalcati in graduatoria da una coppia gay.
        “Bella libertà sarebbe quella di non trovare alloggio perché scavalcati in graduatoria da una coppia gay.”(sic!!!

        “Basti evidenziare quanto segue: se il fatto che l’amore corrente tra i componenti di una coppia omo è, in quanto amore, sufficiente a conferire a questa coppia il diritto a sposarsi (giacché – si argomenta – l’uguaglianza va assicurata e l’amore degli sposi omo sarebbe uguale – pur sempre di amore si tratterebbe – a quello tra sposi etero), allora, coerentemente, occorrerebbe per gli stessi motivi concedere che l’amore tra fratello e sorella (o fratello e sorella, o padre e figlia/o, o madre e figlia/o…) è uguale – pur sempre di amore si tratta (“love is love”) – a quello tra sposi etero, cavandone l’inevitabile (sic!!!)conclusione che l’istituto matrimoniale vada esteso anche a fratello e fratello, padre e figlia/o, madre e figlia/o ecc.”

        (oltre che, è bene aggiungere, di un analogo se non più allettante trattamento economico) (sic!!!)ovviamente la libertà di Tizio non sarà necessitata a rinunciare al matrimonio a favore della convivenza, ma sarà più difficile per Tizio opporsi alle
        attrattive – che cimentano (sic!!!)la sua libertà – della convivenza rispetto all’evenienza in cui, al contrario, il matrimonio godesse di reputazione e apprezzamento altissimi e la convivenza fosse socialmente mal tollerata.

        1. …e questi sarebbero i tuoi argomenti inoppugnabili? Ma inoppugnabili da che punto di vista?
          Guarda, ti fo un esempio di logica formale: A uguale A (incontrovertibile)
          Ora ti fo un esempio di logica sociale: A nero uguale A bianco (universalmente, oggi, riconosciuto incontrovertibile)

        2. admin

          E questo sarebbe il tuo modo di dissentire? fare copia/incolla di frasi e aggiungere “sic!!!” alla fine?

        3. Alessandro

          @filosofiazzero

          Admin ha già evidenziato che il tuo modo di dissentire è davvero penoso:

          “E questo sarebbe il tuo modo di dissentire? fare copia/incolla di frasi e aggiungere “sic!!!” alla fine?”

          Se sei inetto ad argomentare, ti consiglierei di dedicarti ad attività che sono alla tua portata. Non sprecherò più un solo commento e un solo minuto per occuparmi dei tuoi sic!!! e di considerazioni demenziali di questo tenore:

          “…e questi sarebbero i tuoi argomenti inoppugnabili? Ma inoppugnabili da che punto di vista?
          Guarda, ti fo un esempio di logica formale: A uguale A (incontrovertibile)
          Ora ti fo un esempio di logica sociale: A nero uguale A bianco (universalmente, oggi, riconosciuto incontrovertibile)”.

          1. Alessandro:
            “allora, coerentemente, occorrerebbe per gli stessi motivi concedere che l’amore tra fratello e sorella (o fratello e sorella, o padre e figlia/o, o madre e figlia/o…) è uguale – pur sempre di amore si tratta (“love is love”) – a quello tra sposi etero, cavandone l’inevitabile (sic!!!)conclusione che l’istituto matrimoniale vada esteso anche a fratello e fratello, padre e figlia/o, madre e figlia/o ecc.”

            E questa, secondo te, sarebbe un’argomentazione valida?
            Altri colleghi di blog hanno ipotizzato anche imminente la unione matrimoniali con altri animali
            e a loro è toccato, ovviamente , lo “smack”.

            1. Alessandro

              1) “E questa, secondo te, sarebbe un’argomentazione valida?”

              Non per farmi gli affari tuoi, per carità, ma quando Tizio propone un argomento che ritiene valido e Caio dissente, Caio dovrebbe giustificare un minimo il proprio dissenso (per rispetto delle elementari regole delle discussione, che prevedono, perché la discussione non muoia all’istante per mancanza di alimento, che il dissenziente si sforzi di rendere sufficientemente intelligibili all’interlocutore il senso e il motivo del proprio dissenso); in altri termini, non ci si dovrebbe limitare a dire: “E questa, secondo te, sarebbe un’argomentazione valida?”, ma si dovrebbe dire “la tua argomentazione non è valida, e non è valida perché ecc.”, argomentando in maniera sufficientemente estesa e chiara le ragioni per le quali, ad avviso di Caio, l’argomento di Tizio non è valido.

              2) Sì, per me è un’argomentazione valida. Il perché ritenevo di averlo spiegato. Ci torno su.
              Tolti gli orpelli retorici, l’unico argomento insistentemente addotto per giustificare le nozze gay è questo: perché due etero che si amano possono sposarsi, e due omo che si amano no? Il loro amore non vale quanto quello della coppia etero? Non siamo dunque di fronte a una riprovevole disuguaglianza?
              Al cospetto di questo argomento, ho fatto notare che, se si ritiene che l’amore corrente tra due persone sia condizione sufficiente a conferire loro il diritto a sposarsi, “giacché – si argomenta – l’uguaglianza va assicurata e l’amore degli sposi omo sarebbe uguale – pur sempre di amore si tratterebbe – a quello tra sposi etero), allora, coerentemente, occorrerebbe per gli stessi motivi concedere che l’amore tra fratello e sorella (o fratello e sorella, o padre e figlia/o, o madre e figlia/o…) è uguale – pur sempre di amore si tratta (“love is love”) – a quello tra sposi etero, cavandone l’inevitabile conclusione che l’istituto matrimoniale vada esteso anche a fratello e fratello, padre e figlia/o, madre e figlia/o ecc.”

              Va aggiunto che l’istituto matrimoniale, e le tutele giuridiche che gli sono connesse, non è mai stato un riconoscimento pubblico dei legami affettivi-amorosi tra due persone (se questo fosse, l’istituto matrimoniale sarebbe ovviamente estensibile anche a una coppia omo… ma anche a due fratelli, ripeto), bensì è il riconoscimento del ruolo insostituibile e imprescindibile che la coppia eterosessuale stabile svolge nella perpetuazione di una società, garantendo i coniugi aperti alla genitorialità che sorgano nuove generazione e che i nuovi componenti della società siano educati a integrarsi ordinatamente nella società stessa. La coppia omosessuale non può garantire tutto ciò per evidenti ragioni, e quindi non è giusto che possa accedere a un istituto la cui basilare ragion d’essere è la tutela di un bene che la coppia eterosessuale può provvedere, quella omo no.

  2. Russia, leggi “omofobe”?

    “Non è una legge contro gli omosessuali, sostengono le autorità, quanto una via per proteggere la nostra gioventù i cui valori sono minacciati da certi discorsi, certe immagini scandalose”

  3. Possenti:

    Un discorso di scimmiottato giornalismo di parte (come scimmiottati giornalismi di parte sono quelli di parte contraria) da parte di un docente (cosiddetto) di filosofia (cosiddetta).

  4. Alessandro

    Notevole intervento di Possenti.
    Al fondo delle richieste di legalizzazione del “matrimonio gay” sta infatti la rivendicazione dell’osservanza del principio di uguaglianza: love is love, l’amore tra omosessuali e quello tra eterosessuali è pur sempre amore, l’amore tra omosessuali e quello tra eterosessuali è uguale, e quindi se i secondi possono sposarsi, perché i primi no? Perché questa dis-uguaglianza a fronte dell’uguaglianza nell’amore? “Il matrimonio è per tutti”, perché non è forse vero che siamo tutti uguali? Se lo si nega, si perpetra una dis-uguaglianza, che (nella bolsa retorica corrente) è sempre sinonimo di in-iquità, cioè di sopruso (se si abbandonassero le brume della retorica bolsa, ci si accorgerebbe che è un sopruso infliggere una disuguaglianza iniqua, non una disuguaglianza equa; ingiustizia è operare una discriminazione iniqua, non una discriminazione equa).

    La recriminazione egualitaristica in questione è fallace perché rimarca l’uguaglianza ma occulta la differenza: è patente che una coppia di persone delle stesso sesso è differente da una coppia di persone di sesso diverso.
    La domanda da farsi è allora questa: come la differenza tra coppia etero e coppia omo influisce sul diritto a sposarsi? Anzitutto, bisognerà chiedersi che è il matrimonio. Risposta: in tutte le culture, l’istituto matrimoniale è tale – cioè gode di riconoscimento giuridico – perché è indispensabile alla sopravvivenza ordinata della società, garantendo esso sia la procreazione sia l’accudimento della prole (condizioni necessarie al perpetuarsi di una società decentemente regolata). Stante che la coppia omo è strutturalmente sterile, è dunque evidente che una coppia omo non può sposarsi, in quanto non detiene gli indicati requisiti indispensabili ad accedere a tale istituto giuridico (in riferimento all’eventuale sterilità di una coppia etero, va segnalato che essa è accidentale, e non strutturale/sostanziale come quella della coppia omo in quanto tale: ecco perché l’eventuale sterilità di una coppia omo non costituisce impedimento insuperabilmente ostativo al matrimonio). La pretesa di sposarsi da parte di omosessuali deriva dunque da una negazione di un incoercibile dato di fatto (la differenza tra omosessuali ed eterosessuali) e dalla infondata presunzione che la differenza in parola non rilevi in ordine al diritto alle nozze. La legalizzazione del matrimonio gay è dunque conseguenza di una mancata discriminazione equa (ossia, di un mancato riconoscimento delle differenze esistenti): in quanto fondata su una omessa discriminazione equa, la legalizzazione del matrimonio gay è pertanto un atto non equo, ossia iniquo.

    Occorre, in altri termini, avvedersi almeno che, quando ci s’imbatte in una compresenza di uguaglianza (l’amore tra omo è uguale a quello tra etero) e una differenza (il dato di fatto dell’innegabile e incoercibile differenza tra omo ed etero), uguaglianza e differenza vanno esplorate nelle loro interazioni. Come mostrato, nel caso in esame l’interazione esclude l’accesso della coppia omo dall’istituto giuridico del matrimonio.

    Il discorso che ho fatto andrebbe ulteriormente affinato, perché concede che l’amore tra coppie etero sia uguale all’amore tra coppie omo, per il semplice fatto che di amore sempre si tratta (“love is love”). Ma è evidente che così non è, come una elementare fenomenologia del vissuto affettivo tra coppie etero e coppie omo non faticherebbe a mettere in luce. Basti evidenziare quanto segue: se il fatto che l’amore corrente tra i componenti di una coppia omo è, in quanto amore, sufficiente a conferire a questa coppia il diritto a sposarsi (giacché – si argomenta – l’uguaglianza va assicurata e l’amore degli sposi omo sarebbe uguale – pur sempre di amore si tratterebbe – a quello tra sposi etero), allora, coerentemente, occorrerebbe per gli stessi motivi concedere che l’amore tra fratello e sorella (o fratello e sorella, o padre e figlia/o, o madre e figlia/o…) è uguale – pur sempre di amore si tratta (“love is love”) – a quello tra sposi etero, cavandone l’inevitabile conclusione che l’istituto matrimoniale vada esteso anche a fratello e fratello, padre e figlia/o, madre e figlia/o ecc.

  5. fortebraccio

    <>
    Se dico che tutti gli uomini sono uguali senza distinzione di razza, sesso ecc, intendo dire che:
    – esistono differenze (ad esempio morfologiche: razza, sesso, età) tra i vari individui, e queste differenze, in alcuni casi, posso prevedere discrimini (ovverosia riconoscimenti particolari)
    – esistono dei diritti che prevalgono sugli aspetti morfologici che non hanno alcuna influenza su suddetti diritti (diciamo che il diritto ad un giusto processo non è influenzato da questi diritti)
    Il “giusto processo” è un principio superiore, intangibile dalla discussione legittima ma riservata a valori di un livello più basso: è indifferente alle beghe della razza, sesso, età eccetera. E’ giustamente indifferente (altrimenti non sarebbe “superiore”).
    Il punto di vista è quello del valore “superiore”. In generale, direi che più ci si alza più si tende verso l’astratto, verso i “principi”; più ci si abbassa, più ci si inoltra nella “realtà”.
    Quindi mi sembra corretto dire che le preferenze sessuali siano indifferenti dal punto di vista dei diritti delle persone. Altrimenti eleveremmo le “preferenze sessuali” allo stesso livello delle “persone” e sopra a “razza”, “sesso” eccetera.
    Mischiare diritti diversi (mettendoli sullo stesso piano), dichiararne l’incompatibilità come pretesto per cancellare l’ultimo arrivato (o da introdurre), è un esercizio essenzialmente scorretto, perché svia l’attenzione dalla metodologia più consona: stabilire una scala di valori condivisa.
    Il vero problema è quì
    le preferenze sessuali sono inferiori o equiparabili alla differenza di sesso (nella definizione di un individuo)?

    Famiglia/adozioni
    Nella legislazione italiana (e francamente mi interessa solo questa, al momento) il diritto di un minore ad avere una famiglia è un diritto superiore a quello di due individui di formare una famiglia.
    Modificare la definizione di “matrimonio” e successivamente “famiglia”, non implica automaticamente la ridefinizione dei diritti delle famiglie ad adottare – a prescindere dai prerequisiti già oggi necessari ma non sufficienti.
    E già questo, francamente, mi fa dormire sonni tranquilli.

  6. “Così scrive un “intellettuale” cattolico, Camillo Langone:

    ” I francesi, tutti i francesi, dovrebbero baciare dove passa Alain Delon. Idem gli altri europei, italiani compresi. Alain Delon a Dien Bien Phu aveva diciotto anni ed era paracadutista volontario. Laggiù nella giungla vietnamita fu estremo difensore della Francia e quindi dell’Europa: venne sconfitto, insieme alla Francia e all’Europa, ma non si suicidò come il colonnello Piroth e tornato in patria si diede al cinema accumulando altri meriti, stavolta artistici. Ora che il vecchio attore ha ribadito alla televisione una verità lapalissiana, l’omosessualità come pratica contro natura, si è scatenato il vile scherno di chi scrive su internet e su una carta stampata che a rimorchio di internet vive e pertanto, giustamente, agonizza. Molluschi che non hanno conosciuto il fuoco dei vietcong né i baci di Romy Schneider, Mireille Darc, Nathalie e Rosalie Van Breemen, si permettono di ridacchiare e rievocare l’amicizia di Delon col regista sodomita Luchino Visconti, confondendo manicheisticamente la bisessualità con l’omosessualità e moralisticamente i vizi privati con i modelli pubblici di comportamento. Se la meritano, Alba Rohrwacher.”

    Chi è questa Alba Rohrwacher?

    1. E’ quel che passa per attrice oggi nello Stivale. Ai tempi di Visconti forse sarebbe riuscita a farsi assumere come assistente aggiunta dell’aiuto-guardarobiera.

  7. Voi ve lo ricordate cos’è la seconda immagine che illustra questo post? Io sì. E se penso a quanto poco tempo, in termini storici, è passato da quando è partita da qui, davvero mi viene da pensare…

  8. Franca 35

    Mi permetto una piccola correzione al messaggio di Alessandro delle ore 10:22 – “ecco perché l’eventuale sterilità di una coppia omo non costituisce ecc.” leggere “ecco perchè l’eventuale sterilità di una coppia etero non costituisce ecc.” Lo so che si capisce lo stesso, ma è bene sia chiaro… Cmq molte grazie ad Alessandro e a Possenti, chiarissimi entrambi.

  9. fortebraccio

    Alessandro, chiedo scusa, ho letto il tuo intervento solo dopo aver fatto il refresh della pagina (che avevo aperta da ben prima che avessi postato).

    Parto dal fondo del tuo post.
    Come dicevo, mischiare cose diverse per dimostrare la fallacia di una di queste non è corretto: mettere sullo stesso piano, relazioni morbose (incesto, pedofilia) ad altre forme affettive, per dimostrare l’inferiorità dell’omosessualità – credo sia scorretto.
    Il campo di discussione qui è l’ambito riferito alle “relazioni tra adulti consenzienti e non consanguinei”. Visto che l’istituto del matrimonio si applica a questo ambito, solo a questo dobbiamo riferirci. Poi esprimeremo dei giudizi di merito, ma senza esondare (o includere con malafede elementi che nulla centrano).

    E chiediamocelo cos’è questo matrimonio per lo Stato. Procreazione ed accudimento, rispondi.
    Partiamo dal secondo: mi pare che l’accudimento sia una propensione personale, non determinabile a priori – e quindi indifferente alle preferenze sessuali (punto opinabile se non in pre-giudizio, ma sempre opinabile per definizione).
    Procreazione:non confondiamo il Catechismo con la Costituzione – ciascuno sovrano nel suo ambito. Le capacità riproduttive non sono mai state prerequisito per il matrimonio (e questo lo riconosci anche tu, o è un refuso quello che leggo?).
    Tant’è che nella celebre sentenza della Corte Costituzionale (138/2010) si sostiene che per estendere il riconoscimento giuridico alle coppie omo, sarà sufficiente una legge ordinaria.
    Il concetto di matrimonio così come presentato oggi nell’ordinamento, risale al 1942 (grossomodo; in riferito alla differenza di sesso dei nubendi); questo non vuol dire che non possa essere cambiato, anzi. Per prassi, non v’è niente di più mutevole del concetto di famiglia: esso cambia in sintonia con l’evoluzione della società e dei costumi – e di conseguenza può cambiare il concetto di matrimonio. Basti pensare a cosa è successo con divorzio, aborto, riconoscimento e tutela dei figli naturali.
    Attenzione: “può” cambiare, non “deve”.
    Insomma, è una cosa in mano alla Politica.

    Però credo che faremmo bene a chiederci se certe posizioni non siano pericolose a prescindere. A scanso d’equivoci, temo che il momento propizio per fermare certe successive pretese sia stato quello dei PACS/DICO. Fossero stati fatti, ora potremmo fare spallucce e derubricare ogni ulteriore richiesta a capriccio. Ora siamo sottoposti ad una gara al rialzo, e sarà difficile trovare un compromesso (resti a futura memoria e formazione delle nuove leve politiche. Insomma, fu vittoria di Pirro? Speriamo di no, ma vedremo).

    1. Giancarlo

      Fortebraccio (ma Deboleragionamento) dice:
      Il campo di discussione qui è l’ambito riferito alle “relazioni tra adulti consenzienti e non consanguinei”. Visto che l’istituto del matrimonio si applica a questo ambito, solo a questo dobbiamo riferirci.
      E’ falso che il matrimonio si applichi alle “relazioni tra adulti consenzienti e non consanguinei”; il matrimonio si applica, da sempre, alla RELAZIONE ETEROSESSUALE, la quale, è vero, è anche una relazione tra adulti consenzienti e non consanguinei, ma si distingue da tutte la altre relazioni per una sua specifica, unica ed assolutamente insostituibile capacità: la procreazione. Proprio la capacità di procreare, non altro, interessa, ovviamente, lo stato; cosa gli dovrebbe fregare allo stato se due persone si amano oppure no? Fatti loro. La procreazione, invece, interessa eccome allo stato; tanto che, da tempo immemore, esiste il matrimonio, cioè il riconoscimento, da parte dello stato, di una famiglia; riconoscimento volto a tutelare soprattutto il frutto, cioè i figli, della RELAZIONE ETEROSESSUALE; la quale costituisce una famiglia proprio perché capace di procreare. Quale elemento, infatti, se si escludono i figli, sarebbe in grado di qualificare con certezza una famiglia? L’amore? A parte il fatto che, prima, dovremmo metterci d’accordo su cosa sia l’amore, e già su questo punto si arenerebbe la discussione. Ma anche posto che si riuscisse ad arrivare ad una definizione condivisa del concetto di amore e si stabilisse quindi che c’è famiglia dove c’è amore, resta il fatto, incontrovertibile, che, in tutti i casi, la relazione omosessuale continua a non avere niente a che fare con i figli. Infatti, delle due l’una: o la famiglia è quella qualificata ed individuata dalla capacità di procreare, ma , in questo caso, le coppie omo sono automaticamente escluse; oppure la famiglia è quella qualificata ed individuata dall’amore… in questo secondo caso però si deve ammettere che i figli non hanno niente a che vedere con la famiglia (che è qualificata solo dall’amore) e, di conseguenza, le coppie omosessuali, pur sposate, pur costituenti famiglia, continuano a non avere nessuna relazione, nessuna vicinanza, nessuna attinenza con i figli che restano il frutto meraviglioso ed esclusivo della RELAZIONE ETEROSESSUALE.
      Insomma, il ragionamento mi sembra abbastanza semplice: tra tutte le numerosissime, possibili e differenti relazioni che possono sorgere tra esseri umani, ve n’è una che si distingue e si qualifica, rispetto a tutte la altre, per la capacità di procreare. Non vogliamo riconoscere, incoraggiare, difendere, sostenere e premiare questa relazione? Vogliamo gridare, alto e forte, che la RELAZIONE ETEROSESSUALE merita di essere distinta da tutte le altre perché la natura umana, non la chiesa, l’ha resa feconda? Da sempre il modo di distinguere e proteggere l’unica, tra le tante possibili, relazione feconda è quello di darle pubblico riconoscimento e tutela tramite l’istituto giuridico del matrimonio.

      1. “Vogliamo gridare, alto e forte, che la RELAZIONE ETEROSESSUALE merita di essere – promossa, difesa e (aggiungerei io) – distinta da tutte le altre perché la natura umana, non la chiesa, l’ha resa feconda?”

        …e senza la quale non saremo neppure qui a disquisire, giacché ci saremo da un pezzo estinti 😉

            1. «Quando il tuo interlocutore ti spiazza e non sai più che pesci pigliare, dagli del fascista, sovrano espediente per riprendere in mano la situazione…» (dal Catechismo della Pia Scuola delle Frattocchie)

          1. Alessandro

            oggi invece chi mette su famiglia e osa procreare è “punito” dalla lungimirante politica nostrana:

            “Le famiglie, in Italia, sono 24 milioni. Nel totale abbandono delle istituzioni e nel silenzio della politica costruiscono il Paese, curano i figli, li preparano ad essere cittadini, assistono anziani e disabili, garantiscono la coesione sociale, gestiscono risparmi a beneficio di figli e nipoti, dedicano il poco tempo disponibile ad aiutare altri membri della famiglia, resistono alla crisi economico/sociale subendo per converso un fisco che penalizza i carichi familiari e una costante diffamazione che dipinge la famiglia solo come luogo di violenze.

            Ai paladini dei «diritti civili», sempre silenziosi di fronte all’improcrastinabile urgenza di dare una mano alle famiglie, rispondiamo che quanto a diritti è ancora inattuato l’articolo 31 della Costituzione che obbliga la Repubblica ad agevolare le famiglie con misure economiche e altre provvidenze, come anche l’articolo 53 che impone di concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva; ma questo non vale per la famiglia che ai fini fiscali non è considerata soggetto sociale.”

            http://www.corriere.it/opinioni/13_giugno_21/belletti-colpevole-silenzio-sulle-famiglie_d7668770-da47-11e2-9d67-b685cbe4cbd5.shtml

            1. E tristemente così Alessandro…

              Siamo in periodo di riapertura scuole, che salasso ad esempio i libri di testo… 3 figli, 5? (già cinque sei da psicanalisi coatta! ;-))
              Dai 600 agli 800 euro come ridere… e non sono neppure detraibili 😉

              Se poi in due voolessero andare all’università…

    2. “non v’è niente di più mutevole del concetto di famiglia…” 😐

      Per la verità da migliaia di anni di storia dell’Umanità, mi pare che solo negli ultimi decenni lo si voglia a tutti i costi, rendere… “mutevole” 🙁

      1. fortebraccio

        Ciao Bariom,
        ma forse non tutti sono stati cambiamenti negativi (almeno formalmente). Ad esempio, l’evoluzione della società ha permesso di rimuovere all’interno della tradizione familiare (nel 1975) un ormai anacronistica struttura gerarchica patriarcale e subordinazione femminile che all’epoca si traduceva con: delitto d’onore; estinzione del reato di violenza carnale per mezzo del matrimonio riparatore; punizione penale del solo adulterio femminile. E taciamo del vincolo di indissolubilità che diventava un’ulteriore clava in mano a coniugi maneschi o alcolizzati o morbosi (chi oggi si sentirebbe di biasimare una moglie in fuga da un siffatto marito?)

        forse non tutto il male viene per nuocere
        non tutta le tradizioni sono venerabili a priori
        🙂

        1. @Fortebraccio, quelli che indichi sono mutamenti che (senza entrare nel merito di alcuni specificatamente su cui varrebbe la pena di riflettere) sono l’evoluzione delle dinamiche che potevamo trovare all’interno delle famiglie e che riflettevano poi quelle della società attorno, con particolare riferimento ai diritti delle donne non ancora riconosciuti.
          Infatti scrivi: “Ad esempio, l’evoluzione della società… ecc, ecc.”

          L’evoluzione (??) del concetto di famiglia in quanto tale e di cui tu parlavi e ben altra cosa e, per me, resta valido quanto ho obbiettato.

  10. Andrea Piccolo

    Stiamo parlando di principi o di norme?
    Se è questione di legittimità allora le sentenze della Corte Costituzionale, e più ancora tutto ciò che consente il legislatore, sono percorsi praticabili e possibili.
    Se invece stiamo argomentando di principi, quelli cui le norme dovrebbero ispirarsi, la giurisprudenza è effetto non causa, per cui non può giustificare alcunché, a meno di accettare enunciati autoreferenziali (spesso chiamati ideologia in ambito sociopolitico)

  11. In buona fede:

    “Si ringrazi Slow Wine, la guida del vino rispettoso dell’ambiente, che ha ufficialmente bandito i vini di Fulvio Bressan, il Céline del vino italiano, dalla guida 2014. Il vignaiolo goriziano pare abbia insultato la ministra Kyenge e questo è risultato intollerabile ai maestrini del giro Petrini Farinetti. Si ringrazi Slow Wine per aver fatto finalmente chiarezza: una volta le guide enoiche si vantavano di un’imparzialità a base di assaggi ciechi (beato chi ci credeva), oggi esplicitano che il vino è buono solo se il vignaiolo gli sta simpatico. Perché la biodiversità va sostenuta ma la diversità culturale va censurata e strozzata. Si ringrazi Slow Wine per avere trasformato l’enologia in ideologia: sarà la volta che smettiamo di bere.”

    [Camillo Langone]

  12. fortebraccio

    Spero che admin mi perdoni se scrivo un unico post accomunando le risposte dovute a tutti (invece di spezzettarle in altrettanti interventi)

    Ciao Alessandro
    Secondo te il riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali allenterebbe la (già lasca) reputazione del matrimonio a scapito di forme di convivenza non strutturate (dal punto di vista giuridico) nonostante, aggiungi, le coppie omo potrebbero addirittura godere di agevolazioni economiche superiori (in base a che, non è dato saperlo).
    Si, è una possibilità. Una possibilità, però. Non vedo perché non dovrebbe prevalere il comportamento virtuoso di chi vede molta (?) gente attorno a sé impegnarsi in vincoli matrimoniali (ok, vien un po’ da ridere anche a me, ma hai visto mai?).
    In sostanza si paventa lo spettro dello scioglimento della riprovazione sociale, del relativismo matrimoniale.
    Possibile. Ma credo sia più responsabilità di una classe di educatori (non solo genitori, adulti in genere) incapaci di trasmettere il senso della responsabilità (prima che della misura e del buongusto), che dei costumi sessuali della generazione successiva. Francamente, gli unici freni che contano veramente sono quelli interiori(zzati), non quelli sociali (o per lo meno, questi ultimi sono meno forti in una società ad alta mobilità, dai).
    Insomma direi che vale molto di più il tangibile esempio quotidiano, che altro. Cmq mi sembra più l’atteggiamento di chi voglia negare una realtà chiudendo gli occhi: più la posizione di un moralista che di un uomo morale. Va bene quando tratti con persone incapaci di leggere la realtà, piuttosto che degli adulti (una società matura).

    Ciao Giancarlo,
    Per me il tuo discorso non fa una piega, ovverosia: mi sembra che l’andazzo sia proprio quello di far scivolare il valore “famiglia” da “società qualificata dalla progenie” a “società qualificata dall’amore” (e credo che “love is love” condensi ulteriormente quanto da te detto). Questo slittamento di valori è il punto.
    In effetti esisterebbe (o è esistita) una terza posizione: quella ipotizzata a suo tempo dai PACS/DICO/DiDoRe, ovvero una sorta di contrattualistica tra privati riservata ad adulti (rigorosamente senza figli!) che avrebbe avuto riverberi simili a quelli familiari classici (mutua assistenza, successione, reversibilità). A mio modesto modo di vedere, sarebbe stata la soluzione migliore – ma vabbè.

    Ciao Andrea,
    si, si tratta di un tentativo di modifica dei principi, esattamente come è avvenuto negli anni settanta (divorzio, aborto). Le mutazioni già evidenti nella società cercano un riconoscimento nelle norme. In primo tentativo, cercando un’interpretazione estensiva ai (presunti) nuovi principi; in seconda battuta per via legislativa.

    Un un’ultima annotazione: stimolato dalla puntualità di Alessandro, ho in questi due giorni devoluto il mio tempo libero per cercare di approfondire le questioni di cui sopra dal punto di vista del diritto. Condivido con voi il link più interessante (al momento) che ho trovato:
    http://www.forumcostituzionale.it/site/content/view/3/3/#p
    in particolare ho letto di Andrea Pugliotto:
    – “Alla radice costituzionale dei “casi”: la famiglia come «società naturale fondata sul matrimonio” – in alcuni punti superato (è del 2008), interessanti i primi capitoli, soprattutto la ricostruzione della formulazione dell’art 29 Costituzione: non avrei mai indovinato l’autore della formula ”società naturale fondata sul matrimonio” (tot 22 pagine, per la metà note).
    – “Una lettura non reticente della sent. n. 138/2010: il monopolio eterosessuale del matrimoni”: – e sono sicuro che lo troverete MOLTO confortante!

    Continuo l’approfondimento (anche cambiando autore)… vi farò sapere

    1. Alessandro

      Fortebraccio,
      c’è poco da girarci intorno, più una condotta è percepita come largamente apprezzata dall’ambiente in cui si vive, più è difficile astenersi da quella condotta. E non c’è dubbio che un riconoscimento giuridico delle convivenze contribuirebbe vigorosamente a rassodare la già invalsa approvazione sociale della convivenza, e perciò (stante la premessa) a diffonderne la pratica. Tu stesso sei poco convinto della tua obiezione:

      “Si, è una possibilità. Una possibilità, però. Non vedo perché non dovrebbe prevalere il comportamento virtuoso di chi vede molta (?) gente attorno a sé impegnarsi in vincoli matrimoniali (ok, vien un po’ da ridere anche a me, ma hai visto mai?).”

      1. fortebraccio

        Si certo, la mia in finale, era una frase per sdrammatizzare.
        Riporto per un attimo la discussione al di qua delle preferenze sessuali.
        Ho sempre trovato irritanti e falsi coloro che dicono, dopo lunga convivenza (oltre i 6/12 mesi, son più che suff. imho, obbligatoriamente senza pc né televisione), di non sposarsi per via dei costi: non son persone serie ed è giusto che lo stato non gli conceda alcun riconoscimento, alcuna tutela.
        Se quello che fonda la convivenza è amore (si, quello della buona e della cattiva sorte!), passate le paure (che a 20 anni ci possono anche stare), ed abbandonato il nido materno, beh, volare!
        Altrimenti fatevi un favore, siate onesti con voi stessi e con chi ha riposto fiducia in voi…

        Dai Alessandro, l’omosessualità non è paragonabile alla depenalizzazione delle droghe leggere!
        Posso capire che un ragazzino possa voler provare a farsi una canna, ma certe pratiche… mah.
        La convivenza tra omo c’è già. E non solo più nelle grandi città.
        E non aspettano certo il mio consenso.
        Perché si dovrebbero astenere? Sia loro (omo) che altri (etero).
        Che escano di casa, ‘sti ragazzi, che si facciano le ossa sbattendo la faccia nella realtà!
        Che diventino adulti, prima per se stessi, poi con chi gli sta accanto.
        In termini cinematografici direi: Piero Mansani (Ovosodo, Virzì) vs. Carlo&Giulia (L’ultimo bacio, Muccino)

        Non so quanta gente conosci con un matrimonio finito male.
        A me pare che alla base di (quasi) tutti questi tragici epiloghi ci sia un disarmante dato di fatto: l’immaturità sentimentale di almeno uno dei due. L’incapacità di introspezione, di gestione delle più piccole avversità.
        Ma queste son cose preesistenti all’uscita di casa – anzi, magari avessero vissuto lontano dai genitori per un po’, magari si sarebbero evitati certi scempi!
        Ma sono opinioni, si fa per dire.

    2. Andrea Piccolo

      Allora, Fortebraccio, se è questione di principi ti invito a ordinare un po’ le idee, dato che continui a inserire nel discorso anche riflessioni di giurisprudenza e interpretazione delle leggi. Quando interpreti la legge i principi sono già dati e non in discussione, altrimenti, come facevo notare, fai ideologia (secondo l’accezione marxiana).

    3. Lalla

      Fortebraccio, riguardo alla tua risposta a Giancarlo: la società ha risorse limitate e sarebbe doveroso che le dedicasse in primo luogo a quel l’istituto che alla comunità stessa dà vita e ricchezza (in senso lato) e che le permette di perpetuarsi e crescere. Indiscutibilmente questo istituto è la famiglia che procrea ed educa i figli. Tutte la altre infinite forme, no, non lo sono. Che le risorse vadano alle famiglie tradizionali in primis. La società dovrebbe investire nel proprio futuro e per propria esistenza, non favorire la propria stessa disgregazione.

      1. fortebraccio

        Ciao Lalla,

        son d’accordo! Anche perché i veri destinatari di quelle risorse sono i bambini – i genitori li ricevono per loro.

        Acclarato questo, mi chiedo: ma se due persone si scambiano una promessa di mutuo sostegno, contribuendo così (almeno in teoria) a rafforzare la coesione tra loro e, spero, con le generazioni che li precedono, perché non andrebbero riconosciuti?
        Una famiglia con figli attingerebbe a due fonti diverse, una senza figli ad una sola.
        Poi come ripartire le risorse è un altro paio di maniche, qui è il principio che stiamo discutendo, no?

      2. Silvio Lamberti

        Ciao Lalla…..ma allora è solo una questione di risorse ? Ma quale sarebbe la differenza se le coppie omo venissero trattate (dal punto di vista delle risorse della società) come le coppie etero senza figli ?

        1. Giancarlo

          La questione, ovviamente, non è solo una questione di risorse. Anzi, direi che l’spetto economico è, tutto sommato, marginale. La questione è antropologica. Maschio e femmina li creò. Tertium non datur. L’ideologia gender vuole adulterare la natura umana, ribaltare ciò che sta alla base dell’esistenza dell’umanità. Sta scritto: NON PREVALEBUNT!

        2. Lalla

          Non è solo questione di risorse. Mi sono limitata a parlare di questo aspetto in risposta ad una frase precisa, ma ci sono molte altre considerazioni da fare, che hanno un enorme peso anch’esse. Su questo blog vengono trattati i vari aspetti dalla questione con molta profondità e completezza, sia nei post che nei commenti.

  13. Alessandro:

    …storicismo-relativismo, il mio, potrebbe essere: un esempio già fatto da tutti: il divorzio.
    Prima non era consentito, ora è consentito, Da una parte quelli che dicono che il fatto che sia consentito è la pietra dello scandalo che incoraggia le coppie a separarsi e finisce per colpire (a morte?) la trascendente istituzione del matrimonio che così è da secoli e secoli.
    Dall’altra quelli che pensano che comunque se qualcuno credesse per davvero nel vincolo matrimoniale non divorzierebbe e in ogni caso non sarebbe obbligato a farlo.
    E così il matrimonio tra stessi sessi, prima non c’era, ora c’è, che sia giusto, non sia giusto, più favorevole (te dici)per le coppie omosessuali, conviventi o che altro rispetto a quelle normali maschio femmina eccetra.
    Poi, a proposito del mio non-metodo critico provo a rimettere una tua frase di sopra.
    “allora, coerentemente, occorrerebbe per gli stessi motivi concedere che l’amore tra fratello e sorella (o fratello e sorella, o padre e figlia/o, o madre e figlia/o…) è uguale – pur sempre di amore si tratta (“love is love”) – a quello tra sposi etero, cavandone l’inevitabile conclusione che l’istituto matrimoniale vada esteso anche a fratello e fratello, padre e figlia/o, madre e figlia/o ecc.”

    Perché inevitabile conclusione?

    1. Alessandro

      Il ragionamento è il seguente:

      1) la sussistenza di un rapporto affettivo-amoroso tra due persone è condizione sufficiente perché queste due persone abbiano il diritto di sposarsi: quindi, stante che tra i componenti di una coppia di omosessuali sussiste un rapporto affettivo-amoroso, la coppia di omosessuali ha in quanto tale il diritto di sposarsi

      2) ma se, come da 1, la sussistenza di un rapporto affettivo-amoroso tra due persone è condizione sufficiente perché queste due persone abbiano il diritto di sposarsi, allora anche due fratelli (o fratello e sorella, o padre e figlio/a ecc.) hanno il diritto di sposarsi. Forse che non esista infatti (almeno in certi casi) un intenso rapporto affettivo-amoroso tra due fratelli (o tra fratello e sorella ecc.)?

      Mi autoobietto: non è vero che la sussistenza di un rapporto affettivo-amoroso tra due persone è condizione sufficiente perché queste due persone abbiano il diritto di sposarsi. E’ vero che la sussistenza di un rapporto affettivo-amoroso caratterizzato da attrazione sessuale è condizione sufficiente perché queste due persone abbiano il diritto di sposarsi. Quindi hanno il diritto di sposarsi le coppie omo, ma non i fratelli (legati da un vincolo affettivo solido ma che non presentano reciproca attrazione sessuale).

      Risponderei riproponendo quanto scritto prima: l’istituto matrimoniale, con le tutele giuridiche che gli sono connesse, non è mai stato un riconoscimento pubblico dei legami affettivi-amorosi (e quindi, nemmeno dei legami-affettivi amorosi connotati da attrazione sessuale) tra due persone (se questo fosse, l’istituto matrimoniale sarebbe ovviamente estensibile anche a una coppia omo… ma anche a due fratelli, ripeto), bensì è il riconoscimento del ruolo insostituibile e imprescindibile che la coppia eterosessuale stabile svolge nella perpetuazione di una società, garantendo i coniugi aperti alla genitorialità che sorgano nuove generazione e che i nuovi componenti della società siano educati a integrarsi ordinatamente nella società stessa. La coppia omosessuale non può garantire tutto ciò per evidenti ragioni, e quindi non è giusto che possa accedere a un istituto la cui basilare ragion d’essere è la tutela di un bene che la coppia eterosessuale può provvedere, quella omo no.

      1. fortebraccio

        Alessandro,

        tra le cause che danno luogo a nullità:
        – Esistenza di un precedente (ed ancora sussistente) vincolo matrimoniale (bigamia);
        – Incapacità di intendere e di volere di uno dei nubendi.
        – Minore età di uno dei nubendi (salvo che per lo stesso non sia intervenuta l’emancipazione)
        – Rapporto di parentela, affinità, adozione e affiliazione tra i nubendi.
        – Il cosiddetto impedimentum criminis, ossia il matrimonio tra chi è stato condannato per Omicidio consumato o tentato ed il coniuge della persona offesa.

        la sussistenza di un rapporto affettivo-amoroso tra due persone omosessuali non implica, in principio, l’ammissibilità di uno dei rapporti sopra elencati. Torniamo nell’ambito delle persone adulte, consenzienti e senza rapporti di parentela – sospendiamo solo la differenza di sesso.

        Le ragioni per cui non si fanno i matrimoni omo sono altre e (forse) illustrate nel secondo articolo che ho ho linkato prima (genitorialità: ed allora mi chiedo se il limite sia da intendere solo per gli omosessuali maschi).

        1. Alessandro

          La “causa” per cui in Italia non si fanno matrimoni omosessuali è molto semplice: come recita la sentenza 138/2010 della Corte Costituzionale, l’art. 29 della Carta “pone il matrimonio a fondamento della famiglia legittima, definita “società naturale” […] Come risulta dai citati lavori preparatori, la questione delle unioni omosessuali rimase del tutto estranea al dibattito svoltosi in sede di Assemblea, benché la condizione omosessuale non fosse certo sconosciuta. I costituenti, elaborando l’art. 29 Cost., discussero di un istituto che aveva una precisa conformazione ed un’articolata disciplina nell’ordinamento civile. Pertanto, in assenza di diversi riferimenti, è inevitabile concludere che essi tennero presente la nozione di matrimonio definita dal codice civile entrato in vigore nel 1942, che, come sopra si è visto, stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso […]
          Questo significato del precetto costituzionale non può essere superato per via ermeneutica, perché non si tratterebbe di una semplice rilettura del sistema o di abbandonare una mera prassi interpretativa, bensì di procedere ad un’interpretazione creativa.
          Si deve ribadire, dunque, che la norma non prese in considerazione le unioni omosessuali, bensì intese riferirsi al matrimonio nel significato tradizionale di detto istituto.”

          Insomma, finché vige l’art. 29 così com’è, è impossibile che una coppia omosessuale acceda al matrimonio civile.

  14. …a parte il fatto che, come da voi lamentato, si fanno sempre meno figlioli, per ragioni di crisi economico-antropologico-culturali eccetra, la legge, fino a ora, garantisce anche i diritti delle coppie senza figlioli, quali che siano i motivi per cui sono senza figlioli. Quando venissero i figlioli lo Stato dovrebbe dare, tutti siamo d’accordo più aiuti alle famigle coi figlioli. Mettiamo (in ipotesi) (voglio anche io fare il conto dei vantaggi o svantaggi economici) il caso di una coppia omosessuale: sarebbe pur sempre una coppia, almeno dal punto di vista del numero, di due cittadini che si uniscono insieme in un legame non solo affettivo, ma anche, in mancanza di qualsiasi sussidio da parte dello Stato, di aiuto e contribuzione reciproca alla nuova famiglia (o è uno scandalo?) Allora in questo caso, siccome secondo voi è per regioni di sola potenza riproduttiva che esiste la famiglia che si possa meritare qualsiasi aiuto da parte dello Stato, due cittadini, non riproduttivi, non dovrebbero non avere nessun diritto come ce lo hanno gli altri riproduttivi, E questo anche nel caso, ovviamente, che malaugaratamente, fosse loro consentita l’adozione?

    1. Alessandro

      Alvise,

      “Mettiamo (in ipotesi) (voglio anche io fare il conto dei vantaggi o svantaggi economici) il caso di una coppia omosessuale: sarebbe pur sempre una coppia, almeno dal punto di vista del numero, di due cittadini che si uniscono insieme in un legame non solo affettivo, ma anche, in mancanza di qualsiasi sussidio da parte dello Stato, di aiuto e contribuzione reciproca alla nuova famiglia (o è uno scandalo? [no, non è uno scandalo, non sono d’accordo – come immagini – nel chiamarla “famiglia”, ma trovo interessante seguire il tuo discorso]) Allora in questo caso, siccome secondo voi è per ragioni di sola potenza riproduttiva che esiste la famiglia che si possa meritare qualsiasi aiuto da parte dello Stato, due cittadini, non riproduttivi, non dovrebbero non avere nessun diritto come ce lo hanno gli altri riproduttivi, E questo anche nel caso, ovviamente, che malaugaratamente, fosse loro consentita l’adozione?”

      Guardiamo alla realtà. In Italia non esiste un riconoscimento legale delle coppie omosessuali, ma non accade che i componenti di siffatta coppia di fatto non “abbiano alcun diritto”.

      In quest’articolo i diritti che oggi in Italia i componenti di coppie omosessuali hanno:

      http://www.campariedemaistre.com/2013/01/coppie-di-fatto-la-botte-piena-e-la.html

      1. Mi sembra che sia giusto che i non sposati abbiano anche loro i diritti degli sposati.
        Ma qualcuno, nel blog era lagnato del fatto che i non sposati passano (talvolta) avanti agli sposati in qualche graduatoria assistenziale.
        Come, immagino, alcuni sposati passino avanti a altri sposati…
        p.s. io non sono radicale, ovviamente (del partito radicale, voglio dire)

    1. fortebraccio

      esproprio parziale dei beni di chi non ha mai fatto o adottato un figlio?
      Esproprio totale se anche single?
      😉

  15. “Quello che sta succedendo in questi mesi in Russia è la dimostrazione non solo che la democrazia in quel Paese è ancora lontana, ma anche che la strada verso il riconoscimento dei diritti di tutti è ancora riserva di poche nazioni. In Russia, infatti, è in atto un vero e proprio genocidio sociale della popolazione gay e lesbica.

    Leggo al riguardo dell’ennesima proposta discriminatoria e insensata, presentata alla Duma di recente, che toglierebbe ai genitori omosessuali l’affidamento dei loro figli. La legge segue alla ben nota iniziativa incrociata del Parlamento e del
    Governo che da mesi ha dichiarato fuori legge gay e lesbiche, privandoli dei loro diritti fondamentali, impedendo loro di parlare dell’omosessualità e reprimendo nella violenza ogni manifestazione pubblica del Gay Pride — circostanza, quest’ultima, per la quale la Russia ha già subito una condanna dalla Corte europea dei diritti umani.

    La legge contro la “propaganda omosessuale” si atteggia a moderno strumento di ingiusta repressione, spesso mascherato da ragioni morali o discorsi religiosi.”

    [da “il fatto]

  16. Giancarlo

    Quello che sta succedendo in Russia è quello che dovrebbe succedere ovunque nel mondo. Combatterò con ogni mezzo, lecito ed illecito, che mi suggerirà la mia coscienza, contro la rivoluzione omosessualista. Mai accetterò che sia normalizzata l’omosessualità, mai riconoscerò una famiglia in una coppia omosessuale. Mai accetterò di chiamare “signora” un travestito; anzi, in pubblico, di fronte a chiunque, continuerò a chiamarlo TRAVESTITO, perché, in effetti, è un uomo travestito da donna. Mai consentirò all’ideologia di zittire la mia coscienza.

    Come ha insegnato padre Daniel Ange:
    “Noi cristiani non abbiamo paura degli attacchi alla famiglia e alle basi stesse della società. Non ne abbiamo timore perché è tutto una ideologia.
    E le ideologie, tutte, hanno finito per crollare una dopo l’altra, per quanto fossero potenti, perché non si può costruire una società basandola su menzogne.
    Viene il momento in cui la verità rende liberi.
    Viene il momento in cui la verità vince sulla menzogna.”

    1. @Giancarlo, perdonami, non che io sia fondamentalemte di visione opposta, ma il “travestito” non potresti semplicemente chiamarlo per nome (magari il nome di battesimo quello si, sarei d’accordo) o ti sembra cosa buona andare in giro appellando questo costui o costei per la sua debolezza o il suo (chiamiamolo pure col suo nome) “peccato pubblico”?

      Vai in giro chiamando tizio “ladro”, o “adultero”, o “lussurioso” o “assassina” (in caso di aborto)… non mi pare fosse lo “stile” di Cristo, né ciò che potrebbe avvicinare il peccatore a Lui o alla Chiesa.

      Infine, dato che peccatori, tutti ci siamo e a volte il nostro cuore e maggiormente schiavo del peccato di chi di peccato non è stato convinto, ti piacerebbe esser identificato e appellato con il nome del tuo peccato?

      La Verità sia sempre esercitata nella Carità.

      1. Giancarlo

        E’ per carità che chiamo travestito chi si traveste. Se infatti lo chiamassi “signora”, come lui vorrebbe, riconoscerei essere vero ciò che invece è falso e non farei un atto di carità né a lui né, tanto meno, a me stesso. Ancor meno sarei caritatevole nei confronti dei miei figli, se lasciassi intendere loro che il “quel soggetto” è una donna. Caro Bariom, mi pare che tu non capisca una cosa chiara come il sole: chi si traveste fa violenza. A se stesso, prima di tutto, ma anche a me, ai miei figli ed a tutti coloro che hanno a cuore la verità. E’ nostro dovere smascherare chi si traveste. Accettare il loro travestimento significa accettare la loro rivoltante ideologia.

        Non son tempi per “anime belle” questi.

        1. Non è la prima volta che mi si da dell’ “anima bella” (solo che tu di me sai credo poco o nulla…) e me lo tengo se l’arternativa è essere un “randellatore della verità” 😐

          Toglimi una curiosità (nella libertà ovviamente), mai stato tu immerso nella cacca (uso un eufemismo) del peccato sino al collo se non sin sopra la testa? Forse no o forse semplicemente non ti ci sei mai sentito.
          Il tuo ragionamento mi sa tanto di quello che pregava: “O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, ecc. ecc.”, ma certamente mi sbaglio. 😉

          Per inciso, io mi sono limitato a suggerirti di chiamare quelle persone (che sono persone che Cristo ama – almeno così mi risulta – visto che ha dato il Suo Sangue anche per loro) per nome, non di chiamare “quel soggetto” (modo dispregiativo di chiamare una persona :-|) donna, quando è invece un uomo, quindi travisi il senso delle mie parole, ma se a te piace così.

          1. Giancarlo

            Io non ho nessuna intenzione di usare la verità come un randello. Men che meno però sono disponibile ad accettare per vero ciò che è palesemente falso. Chi si traveste da donna vuole affermare il falso. Non glielo consentirò. Mai.

            Se sono stato immerso nel peccato sin sopra la testa? Si, certo. Come tutti. La differenza tra me e chi si traveste non è nell’essere peccatore: tutti e due lo siamo; io, probabilmente, più di lui. Solo che io so di essere un peccatore e lo confesso; il travestito, invece, nega di essere un peccatore, rifiuta l’ordine costituito e si ribella a Dio. E questo non glielo perdono. Se glielo perdonassi, sarei come lui: un ribelle. Non voglio essere un ribelle. Sono un peccatore, ma confido nella misericordia di Dio. Chi si traveste non confida nella misericordia di Dio, anzi, pretende di ribaltare l’ordine naturale delle cose e di stabilire un nuovo ordine per non dover confidare nella Sua misericordia.

            Mi suggerisci di chiamare il travestito con il suo nome. Non chiedo di meglio! Sono loro che non vogliono essere chiamati con il nome che è stato loro imposto da babbo e mamma (sempre ribelli, mai docili all’autorità questi travestiti.). Prova a chiamare vladimir luxuria con il suo vero nome, poi vedrai come ti tratta. Prova a parlare con un travestito usando pronomi ed aggettivi maschili e poi vedremo se sono io che uso la verità come un randello o se sono loro che vogliono randellare la verità.

  17. “Noi cristiani non abbiamo paura degli attacchi alla famiglia e alle basi stesse della società. Non ne abbiamo timore perché è tutto una ideologia.”

    Perché pigliarsela tanto, allora?

    1. Giancarlo

      Padre Daniel Ange, ed io insieme a lui, ha detto che ” Noi cristiani non abbiamo paura degli attacchi alla famiglia e alle basi stesse della società…”. Non ha detto che non siamo incazzati.

  18. “Solo che io so di essere un peccatore e lo confesso; il travestito, invece, nega di essere un peccatore, rifiuta l’ordine costituito e si ribella a Dio.” (SIC!!!) (o no?)

    1. Giancarlo

      Certo, chi si traveste rifiuta la sua natura, rifiuta di riconoscersi facente parte dell’ordine naturale costituito. Capisci? … qui il problema non è più solo quello dell’omosessualità, che, tra l’altro, non è neanche un peccato. Il problema di chi si traveste è che si ribella in maniera radicale alla sua natura e quindi al progetto di Dio. Quello che spaventa nel travestito non è tanto il suo peccato, cioè l’atto omosessuale, peraltro gravissimo; quanto, piuttosto, la rivendicazione della piena legittimità del suo atto, avendo scelto di essere femmina e dunque “naturalmente” (ri)progettato per fare l’amore con un maschio. L’atto omosessuale è il peccato. Il travestimento va oltre il peccato, è la negazione del peccato, il rifiuto radicale del progetto di Dio e del suo piano di misericordia. Un conto è scoprire di avere incontenibili pulsioni omosessuali, peccare, chiedere perdono a Dio e promettere di non peccare più. Tutto un altro discorso è capire di avere pulsioni omosessuali, peccare, non riconoscere il proprio peccato ed anzi rivendicare il proprio comportamento come normale, cioè rispondente a norme naturali.

      L’ideologia gender è la più spaventosa e radicale ribellione a Dio. Combatterla con ogni mezzo è dovere di ogni cattolico, ma anche di ogni persona onesta.

    2. Si Alvise in questo caso direi DOPPIO SIC!!

      “E questo non glielo perdono…” non glielo perdoni!! E chi sei tu fratello per non perdonare all’uomo ciò che Dio subito perdonerebbe?! E che ne sai tu di quando il travestito o chi sia, chiederà perdono a Dio, di quando la Grazia agirà nella sua vita (e ti passerà davanti nel Regno dei Cieli)? Di certo non sarà il grazie al tuo non-perdono che conoscerà cos’è la Misericordia di Dio. Tu sei nato già perfettamente consapevole di cosa è peccato? E se si, perché lo hai commesso?

      Sarà meglio tu rifletta seriamente sul fatto che non il metro con cui giudichi sarai giudicato (non vorrei essere nei tuo panni :-|)

      “Prova a chiamare vladimir luxuria con il suo vero nome, poi vedrai come ti tratta. Prova a parlare con un travestito usando pronomi ed aggettivi maschili e poi vedremo se sono io che uso la verità come un randello o se sono loro che vogliono randellare la verità.” Bene, e tu fatti randellare. Cristo lo ha fatto e Lui E’ la Verità!
      Se ti dici cristiano agisci come Nostro Signore oppure.. olio di ricino e mangalello e raddrizza la schiena a quei debosciati!
      Ti saluto, sennò perdo le staffe e inizio a ragionare come te 😐

  19. Giancarlo

    Non ti scaldare Bariom, forse mi sono espresso male. Quando dico che non glielo perdono intendo dire che respingo la sua pretesa di essere riconosciuto come femmina. Sei d’accordo con me su questo punto?

    Sul perdono hai ragione, mi sono espresso male. Sono sempre disposto a perdonare, purchè chi sbaglia riconosca di avere sbagliato e prometta di non sbagliare più.

    Ok? Va bene così, Bariom? Resta però fondamentale comprendere che chi abbraccia l’ideologia gender è un nemico dell’uomo e come tale deve essere trattato. Nessun “volemose bbene”, per cortesia.

  20. Giancarlo

    Bariom…cos’è? Ti è venuto un accidente? Gradirei da te, almeno, un commento, che spero risolutivo, su questa mia affermazione:
    “L’ideologia gender è la più spaventosa e radicale ribellione a Dio. Combatterla con ogni mezzo è dovere di ogni cattolico, ma anche di ogni persona onesta.”

    1. @Giancarlo, nessun accidente, solo negli orari dei due tuoi ultimi commenti ero, come molti. impegnato in cose più utili… 😉
      Poi c’è sempre la possibilità dell’ “accidente”, come della improvvisa salita al Cielo (leggersi come salita/discesa al Purgatorio nel mio caso…)

      Che vuoi che ti dica… commento risolutivo?
      La tua ultima riassuntiva affermazione può essere in linea di principio essere (da me) condivisa, ma date le premesse da cui siamo partiti, ci sarebbero ancora dei punti da chiarire:
      – “combatterla con ogni mezzo” dipende da quali potrebbero essere questi mezzi
      – più sopra dici “chi abbraccia l’ideologia gender è un nemico dell’uomo e come tale deve essere trattato” come deve essere trattato? Come ci invita il Vangelo a trattare i “nemici”?
      – “è dovere di ogni cattolico, ma anche di ogni persona onesta” ok, condivisibile, ma sono sempre queste demarcazioni di “merito” che mi lasciano un po’ perplesso… persona onesta… non dico non ce ne siano, ma è un po’ come: questi sono i buoni e questi i cattivi. Chi sono i “buoni”, siamo noi i buoni? Nessuno è buono – lo ha detto Gesù Cristo. Tutti siamo peccatori – chi dice che è senza peccato fa di Cristo un bugiardo. Quindi al fine la differenza è tra peccatori che hanno avuto (sottolineo hanno avuto) la grazia di aprire gli occhi sul proprio peccato, e peccatori che questa grazia non l’hanno ancora avuta… Si ribellano alla grazia, la rifiutano? Chi può dirlo? Tu conosci la profondità del cuore dell’Uomo o dell’uomo (fosse anche trans) che hai davanti?

      Forse la rifiutano perché non vedono brillare alcuna grazia nella vita o nell’atteggiamento di chi dice di “possederla” questa grazia… (una possibilità non remota), forse è una scusa. Quante scuse accampiamo noi per non abbandonarci completamente alla grazia, diversamente ogni battezzato praticante “trasuderebbe santità da tutti i pori” e ci sarebbe ben poco da “combattere” per “convincere gli altri di peccato”, perché il peccatore si sentirebbe profondamente amato (il peccatore non il suo peccato, dovrebbe essere inutile ribadirlo…).
      E l’Amore che cambia il cuore dell’Uomo, l’Amore di Cristo che noi portiamo come in vasi di creta (me lo dico spesso che sono un… cretino :-)), non le “leggi”, non la morale (pessima cosa il “moralismo”), non il gridare allo scandalo… e la spada lasciamola alla Parola di Dio, che come lama affilata scende sino nella profondità del nostro male e ne tagli le radici. Taglia e nello stesso tempo risana.

      Se non riusciamo ad andare da un peccatore (trans, omo, assassino, ladro, bestemmiatore, chi ti pare…) senza il profondo giudizio che ci dice che siamo migliori di lui e senza riuscire a dirgli non dico “ti amo” (ovviamente nel senso evangelico ;-)), ma neppure “Sai che Cristo ti ama?”, il nostro amore per Cristo è ipocrisia, o ancora molto immaturo e se è immaturo, diamo tempo al tempo e lavoriamo su noi stessi perché questo amore cresca e sradichi prima di tutto il NOSTRO peccato… ma si sa la “trave” è sempre nell’occhio dell’altro e noi abbiamo al massimo una pagliuzza. 😉

      Mi dispiace Giancarlo, come vedi ho avuto tempo ed è partito il “pistolotto”, ma l’ho scritto anche per ricordarlo a me stesso.
      Sono convito che a furia di parlarle, io e te, ci troveremmo in accordo e in comunione se uno è lo Spirito, ma un blog non è il mezzo più appropriato, nè credo alla fine sia questo lo scopo fondamentale.

      Una Buona, Santa Domenica.

  21. Giancarlo

    …ffffiuuuu…. auff… Alla grande Bariom: siamo d’accordo sui principi. Per un attimo avevo temuto di trovarmi di fronte ad un “volemose bbene”. Su come poi combattere la buona battaglia, ognuno cerchi di fare, in coscienza, del suo meglio. L’importante è condividere i principi. Io e te mi pare che stiamo dalla stessa parte. Questo lo dico perché c’è sempre qualcuno pronto a gioire delle eventuali divisioni nella chiesa, ma questa volta gli è andata buca.

    Per il resto, cosa vuoi che ti dica? Il tuo pistolotto lo posso anche condividere, basta capirci su cosa intendi poi nel concreto. Per esempio, quando dici: “Se non riusciamo ad andare da un peccatore (trans, omo, assassino, ladro, bestemmiatore, chi ti pare…) senza il profondo giudizio che ci dice che siamo migliori di lui e senza riuscire a dirgli non dico “ti amo” (ovviamente nel senso evangelico ), ma neppure “Sai che Cristo ti ama?”, il nostro amore per Cristo è ipocrisia…” Io glielo dico ad un trans che lo amo, ma glielo dico facendogli capire che mi fa vomitare travestito da donna e respingendo categoricamente la sua pretesa di essere riconosciuto come donna. Questo, a mio modo di vedere, non è insultarlo ma amarlo con tutto l’amore che posso. Se tu hai un altro modo di amarlo, benissimo, fai come credi. L’importante è che partiamo dallo stesso principio che l’ideologia gender è una follia a cui, noi cattolici, non concederemo mai un millimetro di spazio: da parte nostra c’è il muro (all’ideologia, non alle persone che chiedono aiuto).

    Piccola precisazione finale. Hai detto: “@Giancarlo, nessun accidente, solo negli orari dei due tuoi ultimi commenti ero, come molti. impegnato in cose più utili… ”. Guarda che anche io, ieri, ho fatto digiuno ed ho detto il rosario. Questo lo dico perché ci tengo a far sapere che mi sento cattolico al cento per cento, amo il papa e seguo le sue indicazioni e l’ultima cosa che mi passa per la mente è fare cose di cui Gesù mi rimprovererebbe. Ciao.

    1. Siamo direi quasi alla chiusura del cerchio… 😉

      Mi permetto un’ultima pratica osservazione. Tu dici: “Io glielo dico ad un trans che lo amo, ma glielo dico facendogli capire che mi fa vomitare travestito da donna…”

      Se uno viene da me e mi dice: “Guarda ti voglio un gran bene, ti amo, ma mi fa vomitare come ti vesti (o come parli, o come ti muovi, o…), crederò al suo amore – che già è difficile crederci quando uno te lo dice così “a parole” – o sentirò semplicemente che mi sta giudicando, che gli faccio schifo?
      Forse che il nostro peccato non dovrebbe far “vomitare” Cristo, quando ci accostiamo a Lui o quando Lui viene a noi? Ci ha amato quando eravamo peccatori, quando a ragione, dovevamo fargli schifo”… Forse che all’adultera ha detto “Anch’io non ti condanno, ma mi fai vomitare per quello che hai fatto…”

      Nel concreto, le persone percepiscono molto chiaramente la disposizione del nostro cuore, non le nostre + o – belle parole. E’ c’è un’altra incontrovertibile realtà di fondo: se tu ami una persona, non c’è nulla di lei che ti fa “vomitare”. Se ho capito bene sei sposato e hai dei figli. C’è qualcosa di tua moglie o dei tuoi figli che ti fa “vomitare”? E quando oggettivamente ci fosse, l’Amore ti fa andare oltre, o sbaglio? Ciò non toglie che al momento opportuno e con tutto l’amore che ti sarà possibile, ai tuoi figli insegnerai (come sono certo insegni) a non fare cose “vomitevoli”…
      Che non sia così verso tutto e tutti è umano, ma questo ci dà solo la misura della distanza del nostro “amore” per gli altri, rispetto l’Amore di Cristo per gli “altri” (noi compresi). Per questo la nostra unica speranza è poter arrivare a dire “Non sono io che vivo, me è Cristo che vive in me”…

      E personalmente, “ne devo mangiare ancora dei crostini” per arrivare a dirlo 😀

  22. Giancarlo

    Ok Bariom, dopo qualche piccolo fraintendimento, siamo finalmente arrivati al nocciolo. Te lo dico subito: non sono disponibile a nessun gesto “distensivo” nei confronti di chi si traveste. Ho già provato a spiegarlo. Chi si traveste non è un semplice peccatore come me o te, no. Chi si traveste (non tanto e non solo la notte, quando va a battere) ma anche la mattina, quando va al supermercato a fare la spesa… chi si traveste, dicevo, è uno che vorrebbe dare ad intendere che lui è una donna; pretenderebbe di essere riconosciuto come donna; vorrebbe che fosse statuito per legge la possibilità del cambio di sesso, come se fosse davvero possibile il cambio di sesso; chi si traveste, caro Bariom, dimostra di non avere un briciolo di rispetto verso le donne e la loro meravigliosa femminilità; chi si traveste è una persona oscena che dà pubblico scandalo a tutti, compresi i bambini; chi si traveste, egregio, avrebbe anche l’ardire di entrare in chiesa, in quelle condizioni, ed accostarsi all’altare per ricevere la santa eucarestia, ed è già successo! Bene. Ti dico una cosa, resti tra noi: Dio non voglia che debba mai avere la ventura di incontrare in chiesa un soggetto del genere, perché, se lo dovessi incontrare in chiesa travestito da troia, lo scanno con le mie mani dove si trova, quant’è vero Iddio; che scappi a più non posso e guardi bene di non farsi prendere in chiesa in quelle condizioni, perché lo squarto come un maiale. Fuori faccia pure quello che vuole, se non mi dà fastidio, neanch’io ne darò a lui. Ma non si azzardi ad entrare in chiesa in quelle condizioni.

    ORA BASTA!

    1. Si direi basta… siamo tornati al punto di partenza, anzi peggio… 😐

      Scannalo pure con le tue mani e poi alza le mani lorde di sangue al cielo e prega il tuo dio (secondo me è meglio se ti fai mussulmano…)
      E poi, non se tenta di commettere chi sa quale atto sacrilego, ma se solo si azzarda a entrare in chiesa (dove magari veniva a cercare un confessore…)!!

      Che tu ci creda o no Cristo ha versato il Suo Preziosissimo Sangue anche per quel “travestito da troia”, ma tu ti ergi a custode del Sangue da Lui versato perché tu si sai per chi si e per chi no!
      Tu caro Giancarlo ha dei seri problemi che vanno al di là della fede (se di fede si può parlare…) e se io finirò per essere ai tuoi occhi un “difensore di travestiti” il prossimo destinato allo scanno sono io.

      Dimmi, se un giorno mai tu trovassi tuo figlio vestito da donna (NO IMPOSSIBILE I MIEI FIGLI MAI…)
      passi allo scannatoio? (!!)

      Ti saluto Giancarlo, non ti aspettare repliche… il Signore abbia di te misericordia!

  23. Giancarlo

    Dunque dovremmo accogliere in chiesa, magari a fare la comunione, i travestiti? Come ha fatto il cardinale Bagnasco? Ma dico, ma stiamo veramente diventando tutti pazzi? Siamo in un blog cattolico di cui, tra l’altro, ho grande stima. Domando a voi tutti, che abitualmente frequentate questo blog, ma ve lo domando col cuore: ma veramente siamo disposti ad aprire le porte delle nostre chiese ai travestiti? Si badi bene, non contesto di aprire le porte agli omosessuali, ci mancherebbe. Gli omosessuali cattolici vengano pure in chiesa, si confessino e facciano la comunione, come, peraltro, hanno sempre fatto; hanno tutta la mia stima ed il mio affetto. Io parlo di uomini che non tengono in alcun conto la nostra fede, ma che vorrebbero entrare nelle nostre chiese vestiti da donne e fare platealmente la comunione, non certo spinti da una sincera fede, ma soltanto dal loro smisurato esibizionismo. Se invece stanno davvero cercando Dio e, magari, un confessore, si ricordino, prima di entrare in chiesa, di vestirsi da persone normali e nessuno li guarderà per il fatto che sono omosessuali. So bene, caro Bariom, che Gesù ha versato il suo preziosissimo sangue anche per i travestiti, MA I TRAVESTITI, SE VORRANNO ENTRARE IN PARADISO, DOVRANNO ENTRARCI VESTITI DA PERSONE NORMALI! E’ CHIARO O NO QUESTO FATTO? Oppure qualcuno pensa che Gesù lascerebbe davvero entrare vladimir luxuria in chiesa?

    Quello che mi sembra di capire è che oggi tanti cattolici, come Bariom, fanno fatica a capire che qui nessuno vuol buttar furi dalla chiesa i peccatori, anche perché io sarei il primo a dover uscire. Restino i peccatori, anzi, tornino a riempire le nostre chiese i peccatori, e tanto più saranno peccatori quanto più amorevolmente saranno accolti nella santa madre chiesa. Non ho mai pensato che siano i peccatori il nostro problema. Il nostro problema sono i nemici dell’uomo, i nemici della chiesa, i nemici di Dio. I SOSTENITORI DELL’IDEOLOGIA GENDER SONO NOSTRI NEMICI. Non possiamo permetterci di guardare a loro come a poveri peccatori. Sono anche peccatori, è vero, MA SONO NEMICI GIURATI DELL’UOMO, e fino a quando non abbandoneranno il loro progetto di morte sull’umanità non possiamo aprir loro le porte. O, meglio: dobbiamo cacciarli fuori dalla chiesa perché, a quel che mi pare di capire, ci sono già entrati alla grande.

    Caro Bariom, non è che i peccatori, per il semplice fatto di essere peccatori, debbano essere automaticamente accolti in chiesa, altrimenti dovremmo spalancare le porte anche alle orde dell’inferno. I peccatori vengano in chiesa, anche i peggiori; anzi, soprattutto i peggiori. MA VENGANO AD IMPARARE IN CHIESA, NON AD INSEGNARE. STIANO ALLE NOSTRE REGOLE (CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA), NON CHE NOI DOBBIAMO STARE ALLE LORO.

    Se qualcuno ancora non l’ha capito, si spicci. L’ho già detto: non son tempi per anime belle. Siamo alla vigilia di qualcosa di grosso. Sveglia!

    P.S. Il Signore abbia misericordia di TUTTI. Oppure qualcuno pensa di poterne fare a meno?

    1. admin

      Giancarlo non sei te né siamo noi che possiamo aprire e chiudere le porte della Chiesa e non sarai te né saremo noi che apriremo e chiuderemo le porte del Regno dei Cieli. E con questo possiamo veramente dire basta perché la cosa sta rasentando il delirio.

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