Testimone dei testimoni di Cristo

Daniel_Ange

di Andrea Piccolo

Conobbi Padre Daniel Ange quand’ero adolescente. Veniva ogni tanto a Torino, dove sono nato, invitato dalle comunità ecclesiastiche locali, per portare l’annuncio. Non succedeva spesso, ma ogni volta che c’era l’occasione di sentirlo non si poteva mancare. Non si voleva mancare. A volte capitava di incontrarlo a qualche raduno in giro per l’Europa, quando era la comunità a spostarsi.

E dopo averlo sentito parlare non si riusciva a dimenticare. Non si dimenticava il messaggio nelle sue parole e non si dimenticava lui. Era difficile dire che età potesse avere, con quel volto da eterno ragazzo e il sorriso sereno della saggezza matura. L’ho sempre sentito parlare ai giovani e ha sempre parlato di giovani. Un prete innamorato dei giovani. Alternava periodi di vita eremitica a periodi di missione in giro per il mondo, dove aveva modo di conoscere tante vicende della Chiesa perseguitata, tante storie di giovani innamorati come lui di Gesù, disposti a seguirlo sulla croce, martiri per la fede.

Diceva di sé stesso che lui era soltanto un testimone dei testimoni di Cristo. Quando raccontava le storie dei giovani che aveva conosciuto, che lo avevano edificato nella fede, si sentiva nella sua voce l’emozione di chi è testimone dei santi, e lo zelo di chi arde d’amore e vorrebbe che l’Amore potesse ardere in tutti.

Un mistico. Non ne ho conosciuti molti. Durante una Santa Messa nella cappella della Sindone al Duomo di Torino, terminata la preghiera che precede la comunione, tenendo la particola sollevata e concedendosi un momento di adorazione ci disse: “E’ un’impossibilità fisica e biologica che il mio corpo possa decomporsi, dopo essersi nutrito per tanti anni del corpo di Dio”.

Terminata la funzione, quando era il momento di partire, rimaneva sempre a disposizione di chi desiderava salutarlo, condividere una sofferenza o magari confidare una pena per affidare un’intenzione di preghiera. Regolarmente gli organizzatori dell’incontro dovevano portarlo via quasi strappandolo ai fedeli, perché lui non si sottraeva a nessuno. Diceva che tornava al suo eremo, ritirato dal mondo, per gridare a Dio quello che gli uomini avevano sussurrato al suo orecchio.

E’ passato da Milano alla fine del 2012. L’ho saputo per caso e all’ultimo momento, ma non ho potuto mancare. Un prete innamorato dei giovani ancora oggi, a ottant’anni compiuti. Con internet è stato facile scoprire la sua vera età!

Ci ha raccontato dei giovani vittime degli attacchi sferrati alla famiglia, del veleno inoculato nella società dalle pratiche di chirurgia sessuale su bambini a partire dai sette anni, e non parlava dell’infibulazione in Africa, ma del cambio del sesso in nord Europa e Canada. Ci ha raccontato anche della legge sui matrimoni omosessuali in Francia, che stava per essere varata, facendo notare che più del matrimonio omosessuale in sé, è un dramma la teoria di “genere” che l’accompagna e che stravolge la verità, che vuole insinuare che sia normale che un uomo sia femmina e una donna maschio.

Ascoltarlo in quella fine del 2012 era strano, e nonostante abbia parlato quasi esclusivamente della Francia e dell’Europa, sembrava stesse citando fatti e cose lontanissime. Adesso sembrano meno remoti quei fatti, e meno estranee quelle teorie.

Adesso in Francia stanno dando la patente di scienza alla teoria del genere (gender theory) per giustificare la decostruzione obbligatoria a scuola già dai primi anni delle elementari. Decostruzione degli archetipi di sesso, famiglia e società. Il Ministro francese della Education nationale, analogo della Pubblica Istruzione, Vincent Peillon, ha detto che “scopo della morale laica è quello di strappare l’allievo a tutti i determinismi, familiare, etnico, sociale, intellettuale” per “permettere a ogni allievo di emanciparsi”, perché “lo scopo della scuola repubblicana è sempre stato quello di produrre un individuo libero”. Strappare non è un errore di traduzione, il termine francese è proprio arracher, che significa strappare di mano, togliere con forza, di prepotenza, ed è lo stesso temine usato dal Ministro della Giustizia Christiane Taubira quando dice che “nei nostri valori, l’Istruzione mira a strappare i bambini ai determinismi sociali e religiosi per farne cittadini liberi” (http://lavoixducitoyen.overblog.com/le-genre-c-est-vraiment-maintenant).

In pratica, dai sei ai diciotto anni ti confondo su quella che è la tua sessualità, le tue relazioni, il modo in cui ti rapporti alla famiglia e alla società, senza dimenticare la religione, così poi puoi decidere in modo veramente libero ed esente da condizionamenti. Ci vuole un genio per capire che un uomo arrivato alla maturità seguendo questo percorso è in grado di avere la stessa responsabilità personale che si ha scegliendo col lancio di una moneta?

In Italia, ci raccontano, non è di questo che si tratta: vogliono solo introdurre una legge contro la discriminazione. E perché mai, se quello è davvero lo scopo, una siffatta legge dovrebbe ridefinire il concetto di identità sessuale? E perché su Facebook cominciano a circolare pagine che fanno riferimento a psicologi, i quali consigliano di non temere se i maschietti giocano con le bambole perché “non è la scelta di un giocattolo che influenza lo sviluppo dell’identità di genere”?. Chi ha figli sa benissimo che i bambini trovano modo di giocare con tutto ciò che è disponibile e si presta alla loro immaginazione (anche se spesso le Barbie in mano ai maschietti finiscono arruolate in qualche fantasioso corpo di fanteria spaziale), ma da quando devono sviluppare una identità di genere, come se facesse parte della normale età evolutiva? In che modo creare confusione sulla sessualità servirebbe a combattere la discriminazione?

Il profeta Daniel Ange, a Milano, sul finire dell’anno 2012, dopo averci descritto quello che stava avvenendo ha concluso la serata con una stupenda preghiera:

Noi cristiani non abbiamo paura degli attacchi alla famiglia e alle basi stesse della società. Non ne abbiamo timore perché è tutto una ideologia.

E le ideologie, tutte, hanno finito per crollare una dopo l’altra, per quanto fossero potenti, perché non si può costruire una società basandola su menzogne.

Viene il momento in cui la verità rende liberi.

Viene il momento in cui la verità vince sulla menzogna.

49 pensieri su “Testimone dei testimoni di Cristo

    1. Sara

      la Verità con la V maiuscola. Cioè Cristo: “io sono la Via, la Verità e la Vita”.

      1. Sara

        In realtà quel momento è già venuto: la Verità, cioè Cristo, ha già vinto. Definitivamente. Ergo, qualunque cosa accada, “non praevalebunt”.

  1. !Sono costretto a mantenere l’anonimato per non essere espulso dal mio ordine professionale e quindi perdere la possibilità di lavorare e mantenere la mia famiglia.”

    Ma abbi pazienza, anonimo!

    1. Cosa c’entra qui? (!) Da dove arriva questo commento?

      Proprio non puoi resistere da far sepere a chichessia ogni tuo misero commento…
      Ma abbi pazienza, Alvise! 😐

  2. “Ci ha raccontato anche della legge sui matrimoni omosessuali in Francia, che stava per essere varata, facendo notare che più del matrimonio omosessuale in sé, è un dramma la teoria di “genere” che l’accompagna e che stravolge la verità, che vuole insinuare che sia normale che un uomo sia femmina e una donna maschio.”

    Verissimo, è prorpio questo il punto.

    “Noi cristiani non abbiamo paura degli attacchi alla famiglia e alle basi stesse della società. Non ne abbiamo timore perché è tutto una ideologia.
    E le ideologie, tutte, hanno finito per crollare una dopo l’altra, per quanto fossero potenti, perché non si può costruire una società basandola su menzogne.
    Viene il momento in cui la verità rende liberi.
    Viene il momento in cui la verità vince sulla menzogna.”

    Mi permetto di riproporre da questo blog: La Verità torna sempre “a galla”
    http://costanzamiriano.com/2013/06/16/la-verita-torna-sempre-a-galla/

  3. …poteva anche scrivere, che sarebbe stato più drammatico : “e per dare da mangiare ai miei figli”.
    Dubito che l’ordine degli Psicologi potrebbe espellere un membro per delle vedute “scientifiche” diverse da altre. (come dice anche l’anonimo l’Ordine è un organismo solo amministrativo) Resta il fatto, secondo me vergognoso, che uno psicologo scriva una lettera anonima a un giornale per denunciare delle aberrazioni dell’Ordine a cui lui stesso appartiene (perché tiene famiglia).

    1. Bon ho capito da dove arriva… però Alvise, articola un po’ di più i tuoi interventi (che mi opare il tempo lo hai), non è che si passa dal testo qui riportato, automaticamente e leggere ogni link…

    2. Alessandro

      Alvise, al solito parli senza conoscere, mosso dalla sola faziosità. In data 8 gennaio 2008 l’Ordine Nazionale degli Psicologi – lo ricorda l’anonimo psicologo ospitato dalla Bussola – ha diffuso un documento che si conclude con queste chiare parole: “lo psicologo non può prestarsi ad alcuna “terapia riparativa” dell’orientamento sessuale di una persona”, e questo perché – come ricorda puntualmente l’anonimo, contestando efficacemente questa affermazione – ciò contravverrebbe al codice deontologico della professione (“Lo psicologo non deroga mai ai principi del Codice Deontologico ecc.”):

      http://www.psy.it/archivio/archivio2008.html

      Stante questa perentoria presa di posizione dell’Ordine, e stante che è di tutta evidenza che l’anonimo psicologo ospitato dalla Bussola pratica la terapia riparativa, è ovvio che costui rischia di essere espulso dall’Ordine (e quindi di non poter lavorare più, perché non puoi fare lo psicologo se l’Ordine ti mette al bando). Quindi è del tutto giustificato l’anonimato, per proteggersi dalle sanzioni dell’Ordine.

      Quanto al fatto che l’Ordine non possa sanzionare i suoi iscritti fino a espellerli, è proprio quel documento dell’8 gennaio 2008 che ti smentisce, evocando le “possibili sanzioni (che gli Ordini puntualmente comminano)” per chi contravviene ai princìpi del Codice Deontologico.

      A proposito del quale, faccio notare che l’art. 2 recita:
      “L’inosservanza dei precetti stabiliti nel presente Codice deontologico, ed ogni azione od omissione comunque contrarie al decoro, alla dignità ed al corretto esercizio della professione, sono punite secondo quanto previsto dall’art. 26, comma 1°, della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, secondo le procedure stabilite dal Regolamento disciplinare.”

      http://www.psy.it/lo_psicologo/codice_deontologico.html

      E che cosa dice l’art. 26, comma 1°, della Legge 18 febbraio 1989, n. 56?

      Dice questo:
      “All’iscritto nell’albo che si renda colpevole di abuso o mancanza nell’esercizio della professione o che comunque si comporti in modo non conforme alla dignità o al decoro professionale, a seconda della gravità del fatto, può essere inflitta da parte del consiglio regionale o provinciale dell’ORDINE una delle seguenti sanzioni disciplinari:
      a) avvertimento;
      b) censura;
      c) sospensione dall’esercizio professionale per un periodo non superiore ad un anno;
      d) radiazione.”

      http://www.psicologia.toscana.it/uploads/media/Legge_56_del_11_febbraio_1989_aggiornata_01.doc

      Riassumendo, in buon logica.

      Stante che:

      1) Un documento dell’Ordine Nazionale degli Psicologi afferma che chi pratica la terapia riparativa contravviene ai principi del Codice Deontologico
      2) Il Codice deontologico stabilisce che la contravvenzione ai principi del Codice stesso comporta sanzioni da parte dell’Ordine, che possono consistere anche nella “radiazione” (cioè: espulsione), con conseguente interdizione dall’esercizio della professione

      è del tutto verosimile che accada ciò che l’anonimo psicologo paventa, e cioè che egli, poiché pratica e difende la terapia riparativa, sia suscettibile di essere sanzionato dall’Ordine, e financo espulso.

  4. vale

    già, soprattutto quando il presidente dell’ordine è candidato con vendola.
    io capisco che in toscana si sia abituati ad’insufflare tramite la terza narice guareschiana le parole d’ordine di turno.
    ma se avessi avuto ancora dubbi sul tuo scrivere da finto bastiancontrario con questa tua, me li son tolti.

    1. Sara

      “io capisco che in toscana si sia abituati ad’insufflare tramite la terza narice guareschiana le parole d’ordine di turno”

      ??????

      1. vale

        @ sara
        non so se sei “toscana”, ma parevami evidente fosse risposta satirica all’alvise. e la satira preferisce l’iperbole, l’esagerazione, il lazzo. nulla contro i toscani e le toscane…..ci son stato per quasi 7 anni.ed ho vissuto bene come in tutte le altre parti d’Italia che ho frequentato per lavoro o per diletto.

        1. Sara

          Vale, non ti dovevi giustificare! Avevo capito che era una risposta satirica ad Alvise, ma, se mai tu avessi parlato anche a ragion veduta, sarei stata curiosa di capire perché. Scusami!
          Sì, sono toscana (e, ahimé, orgogliosamente!), ma non me la sarei presa in ogni caso: trovo assolutamente simpatico anche quando ci definiscono “toscanacci”, perché infondo anche quello è un apprezzamento delle nostre qualità che io accolgo con mal celata soddisfazione!
          Ciao!

  5. Ne deduco, che in ogni caso, sarebbe molto più indicato, per chi appartenesse a qualche ordine professionale, non tenere famiglia!
    (e pensare che esiste anche l’Ordine dei Giornalisti)

    Mettamo, ora, che un qualche psicologo, o psicologastro, che pari sono, allo scopo di alleviare (o guarire)le sofferenze del suo paziente volesse convincerlo dei benefici del cristianesimo, della credenza nella vita eterna,dei vantaggi, anche in questa vita, di avere la speranza in un’altra eccetra…
    Oppure se lo psicologo fosse musulmano, o buddista, intendesse praticare la via di queste religioni….
    Che fosee meglio, allora, alla fine, uno psicologo, cosiddetto, relativista?

    1. No non “fosse” meglio…

      Sono molti gli studi scientifici e statistici (fatti da organismi “laici”) che portano all’evidenza di come il malato fisico o psicologico, reagisce meglio alle cure, ha maggior aspettativa di vita e di guarigione, ha, in ultima analisi, una miglior “qualità della vita” per tutta la durata della malattia.

        1. Si, hai ragione ho dato troppo per scontato…

          Sono molti gli studi, ecc, ecc, …che mettono in evidenza che il malato “credente”, ecc, ecc.

          Questo va da sé per quanto riguarda la fede del malato, che non può certo essergli trasmessa dal medico come cura, ma potremmo dire, è un ulteriore aiuto (psicologico-spirituale in senso molto ampio) il fatto che il “medico” porti un “valore aggiunto” (mi si passi il termine) oltre alla sua, non scontata e non subordinata, professionalità.

    2. L’ordine dei giornalisti? Una delle tante trovate del famigerato Ventennio che la democrazia rediviva (chissà perché?) si è ben guardata dall’eliminare… Sarebbe ora e passata di eliminarlo, eccome!

      1. …webmrs:

        …proprio così, ma c’è ancora una sentenza della Corte Costituzionale (degli anni 50, o 60, mi sembra) che ne stabilisce la costituzionalità!

  6. ….e scrivo quanto sopra perché, siccome voi intendete la omosessualità come non facente parte (per così dire ) dell’ hard.ware, ma del soft ware, così come presumo lo sia per voi la religione (o invece la religione è hard ware?)allora sia possibile intervenire sul programma per modificarlo, sia religioso chje omosessuale.

    1. Il software senza l’hardware come l’hardware senza il software, non hanno alcuna ragione d’essere, né svolgono funzione alcuna, caro Alvise 😉

  7. Ehi, attenzione a non prendere abbagli! Le più attente correnti di pensiero e le testimonianze di persone con trisomia sessuale sono contrarie a che si intervenga sui bambini. Si chiede di non “forzare” l’individuo, o meglio il bambino, ad entrare “necessariamente”, ossia grazie a terapie ormonali e o interventi chirurgici, in uno dei due sessi che si ritiene (dall’esterno) che sia più facile ottenere chirurgicamente o farmacologicamente. Alcune di queste persone, poi in età adulta, hanno vissuto come una violenza tale imposizione e chiedono di poter scegliere loro se e come intervenire per la loro “definizione”

  8. E poi ci sarebbe da dire (per dire) che se gli psicologi (per campare famiglia) si sono impegnati a rispettare il codice deontologico bisognerebbe che rispettassero il codice deontologico. (come qualcuno diceva che chi avesse firmato una lettera d’intenti poi dovesse rispettarla.

    1. Alessandro

      l’anonimo psicologo sostiene che il codice deontologico lo rispetta lui, non i suoi censori:

      “il documento “Lo psicologo non deroga mai” contraddice, in realtà, il Codice Deontologico degli psicologi italiani ecc.”

      1. …sì, si era capito. Come anche nell’aborto i medici si vedono obbligati (salvo rifiutarsi) a praticare la nobile arte di Ippocrate secondo le regole della Bonino! Obblighi, divieti, costrizioni, deviazioni, perversioni eccetra…

  9. …bisognerebbe magari riuscire a capire chi dovesse e come interpretare il codice deontologico.
    Per parte mia lascerei allo psicologo la piena libertà di scegliere in che modo dare risposta alle richieste e aspettative (esplicite?) del paziente. Non mi è PUNTO piaciuta, a ogni modo, la frase del’articolo dela bussola dove è scritto:
    “Lo psicologo non deroga mai” semplicemente ignora le sofferenze di pazienti credenti che provano pulsioni omosessuali indesiderate.”

    1. Anche perché il “credente” (usiamo questo termine generico…) dovrebbe poter vedere garantita la possibilità di rivolgersi a psichiatra o psicologo (e potremmo far rientrare altre categorie di professionisti), su note posizioni, ad esempio cristiane o più specificatamente cristiano-cattoliche (penso sia superfluo addentrarsi in esempi concreti in cui le scelte anche medico-scentifiche, sociologiche, legali, di istruzione, formazione e via discorrendo, possano essere diversamente impostate e…)

      Di fatto l’estromissione da un dato ordine, di professionisti che hanno una visione della vita e della professione, diversa da quella dominante (o che si vorrebbe imporre come tale…), nega la libertà di scelta dell’individuo.

      1. Bariom:

        …sono d’accordo con te, ognuno conosce di se stesso il bisogno.
        Il secondo comma del tuo discorso lo cambierei così: “che hanno una propria visione della vita e della professione”,
        con un senso più generale.

        1. Purché il “senso generale” non divenga “senso generico”… personalmente non me ne faccio nulla di uno psicologo che ha una sua (generica) “visione della vita”. Chi non ce l’ha?
          Comprenderai bene che il mio “secondo comma” non era messo a caso 😉
          Anzi era un richiamo al fatto che il cristiano che dovesse servirsi della professionalità di uno psicologo o psichiatra (ad esempio), deve avere la saggia prudenza di mantenere un “orientamento”, soprattutto laddove l’aiuto esterno, può avere un grande impatto su scelte, decisioni o prassi terapeutiche.

  10. Generale voleva dire che riguarda tutti, non solo quelli che fossero d’accordo col pensiero dominante
    (ammesso che esista)

    Un’altra osservazione: l’omosessuale infelice (per così dire) non necessariamente si rivolge allo psicologo in quanto omosessuale infelice che vorrebbe non essere omosessuale, ma semplicemente come UN omosessuale che è infelice, esattamente per le stesse ragioni per cui possono essere infelici gli eterosessuali, Un eterossuale infelice non necessariamente dallo psicologo per farsi diventare omosessuale.

    1. … modificherei: “semplicemente come UN omosessuale che è infelice” con – semplicemente perché infelice (o …semplicemente come UN infelice) e ometterei il “farsi” di – farsi diventare 😉

    1. Avevo ben compreso il senso del “tuo” generale… l’ho preso come pretesto per ribadire un concetto.
      Mi pareva evidente 😉

  11. … non è che di solito uno sia infelice perché omosessuale, ma per le stesse ragioni per cui di solito sono infelici tutti quanti (voi esclusi) e quindi non va dallo psicologo per diventare eterosessuale, ma per stare bene, o meglio (ammesso che lo psicologo riesca a farlo stare bene, o meglio)

  12. “Si tratta della guarigione di chi rimane malato, [sic!] della sanità di colui al quale il male non trova una risoluzione, eppure rimane sanato e guarito lo stesso, perché alle sue ferite si sovrappongono quelle di Cristo e in esse egli trova la sua consolazione perché avverte con più valore quel discrimine di salvezza e di salute che il Salvatore rappresenta per chi ha fede.”

    1. Alessandro

      Anziché scrivere “sic!” a vanvera, sforzati di capire che in quel contesto l’enunciato “guarisce chi rimane malato” non è contraddittorio (contraddittorietà che peraltro non dovrebbe indispettire un relativista come te, cioè uno che si inchina spesso e volentieri alle contraddizoni logiche), giacché in quell’enunciato la guarigione non si riferisce alla malattia nominata nel medesimo enunciato.
      Si sta parlando di una guarigione spirituale (“alle sue ferite si sovrappongono quelle di Cristo e in esse egli trova la sua consolazione”) che non estingue l’infermità fisica. E tuttavia, in un’ottica cristiana, non solo il risanamento spirituale allevia la prova della sofferenza fisica, aiutando a sopportarla, ma dischiude, in una prospettiva di compimento escatologico, alla remissione di ogni infermità, anche fisica.

I commenti sono chiusi.