La storia (dei Martiri) si ripete…

Santi Martiri Carlo Lwanga e Compagni (memoria odierna)

cicaccjfdi Gianpiero Pettiti 

Fece un certo scalpore, nel 1920, la beatificazione da parte di Papa Benedetto XV di ventidue martiri di origine ugandese, forse perché allora, sicuramente più di ora, la gloria degli altari era legata a determinati canoni di razza, lingua e cultura. In effetti, si trattava dei primi sub-sahariani (dell’”Africa nera”, tanto per intenderci) ad essere riconosciuti martiri e, in quanto tali, venerati dalla Chiesa cattolica.

La loro vicenda terrena si svolge sotto il regno di Mwanga, un giovane re che, pur avendo frequentato la scuola dei missionari (i cosiddetti “Padri Bianchi” del Cardinal Lavigerie) non è riuscito ad imparare né a leggere né a scrivere perché “testardo, indocile e incapace di concentrazione”. Certi suoi atteggiamenti fanno dubitare che sia nel pieno possesso delle sue facoltà mentali ed inoltre, da mercanti bianchi venuti dal nord, ha imparato quanto di peggio questi abitualmente facevano: fumare hascisc, bere alcool in gran quantità e abbandonarsi a pratiche omosessuali. Per queste ultime, si costruisce un fornitissimo harem costituito da paggi, servi e figli dei nobili della sua corte.

Sostenuto all’inizio del suo regno dai cristiani (cattolici e anglicani) che fanno insieme a lui fronte comune contro la tirannia del re musulmano Kalema, ben presto re Mwanga vede nel cristianesimo il maggior pericolo per le tradizioni tribali ed il maggior ostacolo per le sue dissolutezze. A sobillarlo contro i cristiani sono soprattutto gli stregoni e i feticisti, che vedono compromesso il loro ruolo ed il loro potere e così, nel 1885, ha inizio un’accesa persecuzione, la cui prima illustre vittima è il vescovo anglicano Hannington, ma che annovera almeno altri 200 giovani uccisi per la fede.

Il 15 novembre 1885 Mwanga fa decapitare il maestro dei paggi e prefetto della sala reale. La sua colpa maggiore? Essere cattolico e per di più catechista, aver rimproverato al re l’uccisione del vescovo anglicano e aver difeso a più riprese i giovani paggi dalle “avances” sessuali del re. Giuseppe Mkasa Balikuddembè apparteneva al clan Kayozi ed ha appena 25 anni.

Viene sostituito nel prestigioso incarico da Carlo Lwanga, del clan Ngabi, sul quale si concentrano subito le attenzioni morbose del re. Anche Lwanga, però, ha il “difetto” di essere cattolico; per di più, in quel periodo burrascoso in cui i missionari sono messi al bando, assume una funzione di “leader” e sostiene la fede dei neoconvertiti.

Il 25 maggio 1886 viene condannato a morte insieme ad un gruppo di cristiani e quattro catecumeni, che nella notte riesce a battezzare segretamente; il più giovane, Kizito, del clan Mmamba, ha appena 14 anni. Il 26 maggio vengono uccisi Andrea Kaggwa, capo dei suonatori del re e suo familiare, che si era dimostrato particolarmente generoso e coraggioso durante un’epidemia, e Dionigi Ssebuggwawo.

Si dispone il trasferimento degli altri da Munyonyo, dove c’era il palazzo reale in cui erano stati condannati, a Namugongo, luogo delle esecuzioni capitali: una “via crucis” di 27 miglia, percorsa in otto giorni, tra le pressioni dei parenti che li spingono ad abiurare la fede e le violenze dei soldati. Qualcuno viene ucciso lungo la strada: il 26 maggio viene trafitto da un colpo di lancia Ponziano Ngondwe, del clan Nnyonyi Nnyange, paggio reale, che aveva ricevuto il battesimo mentre già infuriava la persecuzione e per questo era stato immediatamente arrestato; il paggio reale Atanasio Bazzekuketta, del clan Nkima, viene martirizzato il 27 maggio.

Alcune ore dopo cade trafitto dalle lance dei soldati il servo del re Gonzaga Gonga del clan Mpologoma, seguito poco dopo da Mattia Mulumba del clan Lugane, elevato al rango di “giudice”, cinquantenne, da appena tre anni convertito al cattolicesimo.

Il 31 maggio viene inchiodato ad un albero con le lance dei soldati e quindi impiccato Noè Mawaggali, un altro servo del re, del clan Ngabi.

Il 3 giugno, sulla collina di Namugongo, vengono arsi vivi 31 cristiani: oltre ad alcuni anglicani, il gruppo di tredici cattolici che fa capo a Carlo Lwanga, il quale aveva promesso al giovanissimo Kizito: “Io ti prenderò per mano, se dobbiamo morire per Gesù moriremo insieme, mano nella mano”. Il gruppo di questi martiri è costituito inoltre da: Luca Baanabakintu, Gyaviira Musoke e Mbaga Tuzinde, tutti del clan Mmamba; Giacomo Buuzabalyawo, figlio del tessitore reale e appartenente al clan Ngeye; Ambrogio Kibuuka, del clan Lugane e Anatolio Kiriggwajjo, guardiano delle mandrie del re; dal cameriere del re, Mukasa Kiriwawanvu e dal guardiano delle mandrie del re, Adolofo Mukasa Ludico, del clan Ba’Toro; dal sarto reale Mugagga Lubowa, del clan Ngo, da Achilleo Kiwanuka (clan Lugave) e da Bruno Sserunkuuma (clan Ndiga).

Chi assiste all’esecuzione è impressionato dal sentirli pregare fino alla fine, senza un gemito. E’ un martirio che non spegne la fede in Uganda, anzi diventa seme di tantissime conversioni, come profeticamente aveva intuito Bruno Sserunkuuma poco prima di subire il martirio “Una fonte che ha molte sorgenti non si inaridirà mai; quando noi non ci saremo più altri verranno dopo di noi”.

La serie dei martiri cattolici elevati alla gloria degli altari si chiude il 27 gennaio 1887 con l’uccisione del servitore del re, Giovanni Maria Musei, che spontaneamente confessò la sua fede davanti al primo ministro di re Mwanga e per questo motivo venne immediatamente decapitato.

Carlo Lwanga con i suoi 21 giovani compagni è stato canonizzato da Paolo VI nel 1964 e sul luogo del suo martirio oggi è stato edificato un magnifico santuario; a poca distanza, un altro santuario protestante ricorda i cristiani dell’altra confessione, martirizzati insieme a Carlo Lwanga. Da ricordare che insieme ai cristiani furono martirizzati anche alcuni musulmani: gli uni e gli altri avevano riconosciuto e testimoniato con il sangue che “Katonda” (cioè il Dio supremo dei loro antenati) era lo stesso Dio al quale si riferiscono sia la Bibbia che il Corano.

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La gloria dei martiri, segno di rinascita

Questi Martiri Africani aggiungono all’albo dei vittoriosi, qual è il Martirologio, una pagina tragica e magnifica, veramente degna di aggiungersi a quelle meravigliose dell’Africa antica, che noi moderni, uomini di poca fede, pensavamo non potessero avere degno seguito mai più. Chi poteva supporre, ad esempio, che alle commoventissime storie dei Martiri Scillitani, dei Martiri Cartaginesi, dei Martiri della «Massa candida» uticense, di cui sant’Agostino e Prudenzio ci hanno lasciato memoria, dei Martiri dell’Egitto, dei quali conserviamo l’elogio di san Giovanni Crisostomo, dei Martiri della persecuzione vandalica, si sarebbero aggiunte nuove storie non meno eroiche, non meno fulgenti, nei tempi nostri? Chi poteva prevedere che alle grandi figure storiche dei Santi Martiri e Confessori Africani, quali Cipriano, Felicita e Perpetua e il sommo Agostino, avremmo un giorno associati i cari nomi di Carlo Lwanga, e di Mattia Mulumba Kalemba, con i loro venti compagni? E non vogliamo dimenticare altresì gli altri che, appartenendo alla confessione anglicana, hanno affrontato la morte per il nome di Cristo.

Questi Martiri Africani aprono una nuova epoca; oh! non vogliamo pensare di persecuzioni e di contrasti religiosi, ma di rigenerazione cristiana e civile. L’Africa, bagnata dal sangue di questi Martiri, primi dell’èra nuova (oh, Dio voglia che siano gli ultimi, tanto il loro olocausto è grande e prezioso!), risorge libera e redenta. La tragedia, che li ha divorati, è talmente inaudita ed espressiva, da offrire elementi rappresentativi sufficienti per la formazione morale d’un popolo nuovo, per la fondazione d’una nuova tradizione spirituale, per simboleggiare e per promuovere il trapasso da una civiltà primitiva, non priva di ottimi valori umani, ma inquinata ed inferma e quasi schiava di se stessa, ad una civiltà aperta alle espressioni superiori dello spirito e alle forme superiori della socialità.

 

Dall’«Omelia per la canonizzazione dei martiri dell’Uganda» di Paolo VI

(AAS 56, 1964, 905-906)

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Grazie a Mario Barbieri per la segnalazione

15 pensieri su “La storia (dei Martiri) si ripete…

  1. Giusi

    Bellissima questa memoria! Avevo letto anch’io stamattina presto sul Messalino di questi martiri. Mi sento sempre un nulla di fronte a loro e mi chiedo se sarei capace di affrontare il martirio eventualità non poi così remota. Mi consolo pensando che persino Pietro prima di ricevere lo Spirito Santo rinnegò Gesù 3 volte. Spero di esserne degna.

    1. Giusi

      Te lo farei volentieri ma tra islamici, lobby omosessualiste e relativismo culturale siamo circondati! E’ solo questione di tempo. Magari muoio prima. Non sono preoccupata per l’esito tanto lo so alla fine chi vincerà ma per la mia forza nell’affrontare certe cose.

    2. vale
      1. …ma io mica santifico il martirio! Vacci te! (a parte che sempre stato messo straniero uomo bianco nei pentoloni o anche peggio cristiano o no)

        1. Giusi

          A Costantinopoli stanno trasmettendo l’ultima puntata della Primavera Araba che finirà come tutte le altre: con la vittoria degli integralisti. Siamo circondati. Ma non c’è bisogno di andare in loco. Caso mai non te ne fossi accorto un leggiadro fanciullo in Inghilterra ha sgozzato un giovane militare in nome di Allah mostrandosi in tutto il suo splendore con le mani insanguinate e la mannaia ancora in mano. Qui in Italia ce ne sono una caterva. Loro si riproducono. Noi tra gay, aborti, pillole del giorno dopo, egoismo e divorzi no. Loro hanno dei valori. Giusti o sbagliati li hanno. Noi no. Quando saranno di più non ci ringrazieranno. Non manca molto. L’alternativa sarà: martiri, convertiti o crociati. Adesso che ci penso tu stai messo peggio di noi: essendo ateo non hai nemmeno la speranza di trovare la forza.

          1. Giusy:
            .
            …a ogni modo derubricherei il martirio a semplice morte da sgozzamento, o altro (allo stesso modo che il femminicidio a omicidio “normale”)

                1. Giusi

                  Se non sei musulmano sei sempre un cane infedele (questi sottili distinguo li facciamo noi non loro….)

                    1. Giusi

                      E anche se fosse cosa cambia? Ammazzano in nome di Allah e comunque tu sei battezzato (o no?) e quindi per loro sei cristiano. A meno che, nel momento cruciale, non ti converti e gli dai una mano…..

  2. vale

    neppure quelli lì. però accade ugualmente.
    insomma, un girettino in siria o repubblica centrafricana, o un po’ di turismo etnico per conoscere i janjaweed del sudan proprio non lo vuoi fare?

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